martedì 20 ottobre 2015

I MONOPOLI DI STATO



Il monopolio di Stato o pubblico è un tipo di mercato in cui il solo produttore (o fornitore) di un determinato bene o servizio è lo Stato. Esso impedisce tramite leggi l'entrata nel mercato da parte di soggetti privati.

Tre sono i motivi principali per cui lo Stato attua questo tipo di mercato:

Lo Stato si fa carico di fornire un determinato bene o un determinato servizio in un settore essenziale per il cittadino nel quale le aziende private non hanno nessuna possibilità di guadagno.
Lo Stato si fa carico di fornire un determinato bene o un determinato servizio in un settore essenziale per il cittadino nel quale le imprese potrebbero creare forti speculazioni.
Lo Stato impone il monopolio su un bene di largo consumo per aumentare il suo gettito fiscale. Per esempio per molti anni in Italia sale e tabacchi.
Il prezzo del bene o del servizio può modificarsi, da cittadino a cittadino, in base a criteri di sussidiarietà per le persone meno abbienti, quindi con prezzi differenti in base al reddito ovvero può costituire un prezzo calmierato uguale per tutti.

Per un gioco come il Gratta & Vinci, con 17 milioni di giocatori che spendono 9 miliardi e 320 milioni di euro all’anno, non dovrebbero esistere dubbi. Il meccanismo deve essere perfetto, cristallino. Invece, se vai grattare, ti imbatti in controlli scarsi, regole non sempre chiare, situazioni a rischio di conflitto di interesse e stranezze nella gestione dei conti correnti. Ma soprattutto, ai giocatori non sono fornite tutte le informazioni essenziali per giocare.

In Italia il gioco d’azzardo è controllato dallo Stato attraverso l’Amministrazione dei Monopoli. Il fiume di soldi delle giocate, per legge, finisce insieme alle tasse, in percentuali che variano da un gioco all’altro. Siamo il paese occidentale dove si punta di più: fra biglietti da grattare, videopoker, lotterie e scommesse, si spende una cifra colossale, circa 70 miliardi di euro, secondo i dato Agicos, paragonabili al prodotto interno lordo di paesi come il Kuwait o il Qatar.

Le “lotterie istantanee”, nome tecnico dei Gratta&Vinci, sono il gioco di maggiore successo. E’ difficile pensare a un business più redditizio, la gestione costa poco e rende cifre strepitose, stampare biglietti è come amministrare una fabbrica di soldi. Un decreto del 1991 specifica addirittura che “i biglietti delle lotterie istantanee costituiscono valori" e che "la stampa è riservata alla Zecca”.

Eppure i Gratta&Vinci, dal 2003, non sono gestiti dallo Stato, ma da un privato, e i Monopoli conservano solo un ruolo di controllo. Per il resto la fabbrica di soldi è affidata in concessione a Lottomatica, controllata dal gruppo De Agostini. Da “Maxi Miliardario” a “Una Barca di Soldi”, tutti i biglietti legali, di qualsiasi prezzo, sono distribuiti da Lottomatica, che incassa le vendite e paga le vincite. Alla fine della fiera la torta è spartita fra concessionario, tabaccai e Stato.

Non è più la Zecca, quindi, a stampare i biglietti, ma neppure Lottomatica. Se ne occupa una società “terza”, che svolge un ruolo di garanzia: Scientific Games, azienda americana con sede ad Atlanta, in Georgia. Perciò i tagliandi, per arrivare in Italia, affrontano lunghi viaggi in nave. Ma il problema è un altro: Scientific Games sforna 9 miliardi di “valori” all’anno per conto dello Stato, ma fuori dalla giurisdizione italiana. Il che rende oggettivamente difficili i controlli per assicurare, ad esempio, che tutti i biglietti vincenti siano effettivamente stampati. La Guardia di Finanza si limita a contrastare le contraffazioni, che è tutt’altra cosa.



Della sicurezza si occupano i Monopoli, perciò abbiamo chiesto di parlare con un responsabile dell'ufficio ispettivo. Non è stato possibile per due buoni motivi: «non c’è alcun responsabile - rispondono dai Monopoli - e non esiste un ufficio ispettivo». Ma allora chi ci va in Georgia? «I nostri dirigenti – è la risposta – sono andati a vedere i processi produttivi. Da allora non è più necessario inviare funzionari». Vale a dire che, stando alle informazioni ufficiali, negli ultimi otto anni, dopo la visita inaugurale, nessuno ha messo piede ad Atlanta. Resta da capire chi fa le ispezioni: «Sono previsti controlli a campione da parte di Lottomatica». La vigilanza su un aspetto fondamentale della concessione, quindi, è affidata allo stesso concessionario. Oltretutto Scientific Games, lo stampatore, ha un difetto: fa parte del Consorzio lotterie nazionali, che è a sua volta controllato da Lottomatica e di cui fanno parte anche i tabaccai con una piccola quota. Perciò in Georgia, secondo i Monopoli, Lottomatica dovrebbe fare «controlli a campione» su se stessa. L’altro fornitore di biglietti è Gtech: anche questo stampa all’estero ed è controllato direttamente da Lottomatica.

Superato l’Oceano, finalmente, i “grattini” vengono messi in vendita dai tabaccai. Quanto si può sperare di vincere? Ecco, questo è un mistero. I giocatori del Gratta&Vinci, per legge, hanno diritto a una quota chiamata “restituzione”: è la percentuale degli incassi destinata ai premi. Di tutto il denaro speso dagli italiani per comprare i tagliandi, una parte deve essere restituita con le vincite. Alcuni giocatori, magari, scoprono i premi più ghiotti, altri beccano pochi spiccioli, ma il rapporto fra incassi e premi non può cambiare. È tutto deciso a tavolino: dalla quantità di biglietti stampati e al numero di biglietti vincenti, quindi la percentuale destinata alla “restituzione” resta invariata.

«La percentuale massima di restituzione, in un anno, in media, è il 75%». Strane espressioni (“circa”, “in media”, “percentuale massima”) per un gioco senza elementi casuali. Fra l’altro, il 75% è solo un limite massimo, un tetto alla “fortuna”. E per la “sfortuna”? Esiste un minimo garantito per i premi? «Ad oggi – dicono i Monopoli - non sono previsti limiti minimi».

Resta difficile credere, in ogni caso, che la prima lotteria al mondo in ordine di incassi, voce fondamentale nel bilancio dello Stato, sia regolata con approssimazione. Qualche punto fermo si trova nei documenti ufficiali, fra i decreti di indizione delle lotterie.

I decreti di indizione, oltretutto, ogni tanto vengono prorogati, ma non tutti insieme e neppure a scadenze regolari. In questo modo, chiaramente, tenere traccia delle entrare e delle uscite diventa complicatissimo, praticamente impossibile. Il resto viene da sé, ed è sconcertante. I miliardi di incassi dei Gratta&Vinci sono raccolti da Lottomatica in un conto privato, presso Banca Intesa: i Monopoli si limitano a ricevere “rendicontazioni periodiche” da parte del concessionario. E gli interessi? La fiumana di soldi che transita per il conto Intesa, sicuramente, frutta cifre notevoli. Ma i Monopoli e Lottomatica preferiscono «non fornire informazioni in proposito. Comunque – garantiscono – gli interessi vengono liquidati regolarmente allo Stato». Più che giusto. Però chi li ha negoziati? “Lottomatica”.

Gli interessi sono concordati fra privati, ma per conto dello Stato. E ancora: i Monopoli conoscono perfettamente la quota di incassi destinata ai tabaccai (l’8%) e a Lottomatica (il 3,9%), ma non sanno specificare il dato più importante, ovvero, quanto tocca allo Stato. Insistono che «è il residuo, la parte restante». Ma di cosa? Difficile dirlo, anche perché, come abbiamo visto, la quota destinata ai giocatori «è impossibile saperla». Quindi è impossibile sapere cosa resta.

Per finire: che fine fanno tutti i biglietti vincenti smarriti o cestinati per errore? Succede con una certa frequenza: i giocatori non si accorgono di avere in mano un tagliando fortunato e lo buttano nell’immondizia. I premi non riscossi restano a Lottomatica? «No, vengono liquidati allo Stato», assicurano dai Monopoli, ma non comunicano le cifre, perché «per conoscerle bisogna aspettare il rendiconto finale, che si fa alla chiusura di ogni lotteria». Ma trenta lotterie su quarantacinque, da otto anni, sono costantemente prorogate, sicché, anche stavolta, nessuna risposta è possibile.

In conclusione i Monopoli, che dovrebbero svolgere un ruolo di controllo, non sono dotati di un apposito ufficio ispettivo, non sono in grado di conoscere esattamente la quota dell’incasso destinata allo Stato, non sanno quanto andrà ai giocatori e ignorano l’ammontare delle vincite non riscosse, perché l’organizzazione del gioco, che dovrebbe essere chiara e lineare, è estremamente tortuosa e ostacola, di fatto, la raccolta di informazioni. Per questo motivo Lottomatica, che dovrebbe essere sottoposta al controllo pubblico, gode di una libertà d’azione impressionante: tiene traccia dei numeri di serie dei biglietti vincenti, gestisce in autonomia il conto corrente, negozia gli interessi per conto dello Stato e scrive i rendiconti, si occupa delle ispezioni sullo stampatore (con cui è consorziata) e “propone” le percentuali di vittoria per ogni lotteria. Ora, senza dubbio Lottomatica merita il massimo della fiducia. Ma è proprio questo il punto. Si può gestire sulla fiducia un business da 9 miliardi e 320 milioni di euro?

Interpellati da una testata giornalistica, dai Monopoli di Stato rispondono che «Le società produttrici di tagliandi e lotterie sono sottoposte agli standard di sicurezza più elevati in tutti i processi che riguardano la pianificazione, la programmazione, la realizzazione e la spedizione». «Lottomatica Group», spiega ancora l’Aams, «è certificata secondo i Security control standard della World Lottery Association per la gestione delle lotterie istantanee». Sulla variabilità dei parametri relativi alla raccolta, alla restituzione e alle probabilità di vittoria dei vari concorsi, invece, i Monopoli osservano che «Ogni lotteria indetta è costituita da: numero di biglietti stampati, prezzo per biglietto, montepremi che genera il cosiddetto payout (espresso come percentuale sull’incasso complessivo derivante dalla vendita dei biglietti stampati), categorie di premio e numero di premi per ciascuna categoria distribuiti all’interno dei biglietti stampati. Tutti questi valori, insieme al regolamento, sono chiaramente riportati nei decreti di indizione di ciascuna lotteria pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sul sito istituzionale dell’Aams, e variano da lotteria a lotteria per rispondere alle diverse tipologie di giocatori nonché alle tematiche che di volta in volta ispirano la lotteria stessa».



Dicembre 2012 segna una svolta per i casinò online: le slot machine entrano a far parte dell’offerta delle case da gioco virtuali. E l’azzardo legalizzato sarà a portata di mano anche in versine touch, con le app prontamente realizzate, destinate a tablet e smartphone.
Con quest’ultimo nulla osta, infatti, l’Aams ha autorizzato 53 operatori a offrire slot online sulle proprie piattaforme di casinò games, per un’immissione totale sul mercato di 1409 giochi.

L’introduzione delle slot machine a soldi veri nei casinò online italiani rappresenta un momento lungamente atteso dagli operatori del gaming nazionale: questi giochi sono infatti molto apprezzati e richiesti dai giocatori di tutto il mondo, tanto che in alcuni paesi si calcola che il 60% di quanto raccolto dai casinò virtuali arrivi proprio dalle slot.

E se l’industria dei giochi ha fatto segnare una lieve flessione della febbre da azzardo, con una spesa al netto delle vincite di 11,2 miliardi nei primo otto mesi del 2012 (-4,8% dopo anni di crescita inarrestabile) ed entrate per l’erario di 5,5 miliardi (-9,6%), l’interesse per i giochi online, invece, è aumentato.

Una scommessa vincente per lo Stato, che intende andare a recuperare quei 70 milioni di euro circa, che secondo i calcoli  equivalgono alle imposte sul business delle slot che coinvolge gli italiani su siti offshore: 5,2 miliardi di incassi e 156 milioni di spesa (un dato che si ottiene sottraendo le vincite dagli incassi).
In cambio, l’Aams (recentemente incorporata nella nuova Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), che verifica le transazioni attraverso il cervellone di Sogei, si impegna a prevenire le truffe e a garantire che le vincite siano pagate.
Un tentativo per arginare il proliferare di siti non autorizzati alla raccolta di gioco: l’ultimo aggiornamento della black list dei Monopoli segnala 4.209 domini oscurati, un dato in costante aggiornamento, dal momento che pare siano gli stessi gestori dei siti (spesso all’estero) che informano i giocatori dell’eventuale cambio di dominio.

Il miraggio di una supervincita spinge gli italiani afflitti dalla crisi economica a spendere per tentare la sorte. Al punto da richiamare l’attenzione delle associazioni dei consumatori, allarmate per il rischio della dipendenza da gioco. Soprattutto quelli online destano particolare preoccupazione poiché in questi casi il rischio di ludopatia è più che mai elevato: le slot diventano ancora più pericolose e generano un maggiore senso di isolamento davanti allo schermo di un pc.
E se da una parte la "ludopatia" è stata riconosciuta ufficialmente, entrando nell’elenco delle malattie, il fondo a questa dedicato è saltato. Così come sono saltati i provvedimenti del decreto Balduzzi sulla Sanità, che cercavano di dare una stretta al mercato delle slot.

Nel 2005, il bottino di concessionari e gestori è stato di 4 miliardi e 300 milioni, mentre quello dello Stato di 6 miliardi e 200 milioni. Ne consegue che dal 2005 al 2011 gli incassi dello Stato sono aumentati del 40,3%, mentre quelli di concessionari e gestori addirittura del 125,6%. Basterebbero queste ultime due cifre a spiegare la cuccagna alla quale partecipano le varie Lottomatica, Snai, Sisal e tutte le altre decine di operatori che si spartiscono il ricco mercato del gioco nostrano.

Ferma restando l'incredibile escalation delle entrate registratasi tra il 2005 e il 2011, è particolarmente significativo l'incremento dei denari messi in cascina dalle società concessionarie tra il 2010 e il 2011. Si è passati da 7,6 a 9,7 miliardi di euro (erano 7,4 miliardi nel 2009 e 7,2 nel 2008).

E quanti soldi siano stati persi dai giocatori italiani (tecnicamente si parla della cosiddetta spesa effettiva). Sottraendo dal dato sulla raccolta complessiva quello della restituzione in premi, infatti, viene fuori che gli italiani hanno "buttato via" 10,5 miliardi nel 2005, diventati 18,4 miliardi nel 2011.

Nel frattempo sul tema del contrasto al gioco illegale on line spunta fuori un elenco lungo un chilometro che fa un po' discutere. Al suo interno compaiono i nomi della bellezza di 4.620 siti internet "inibiti" dai Monopoli di Stato. Si tratta, in sostanza, di indirizzi per giocare on line non autorizzati dalla struttura guidata da Magistro. La black list, quindi, dovrebbe servire a contrastare il gioco on line illegale, rimuovendo le offerte fuori norma.

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