lunedì 23 maggio 2016

DELEBIO

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Delebio è un comune della provincia di Sondrio.

Il territorio di Delebio vide svolgersi la cruenta battaglia di Delebio che nel 1432 vede i Visconti di Milano contrapposti alla Repubblica di Venezia nel contendersi il dominio della Valtellina.

Pur essendo un piccolo borgo della bassa Valtellina, il paese custodisce importanti opere d'arte, tra cui la chiesa barocca di Badia. Otto tra chiese e oratori, molte edicole e cappellette, diversi affreschi sacri rappresentano il ricco patrimonio artistico religioso di Delebio costituitosi tra il XV ed il XX secolo. I suoi beni culturali si completano con Palazzo Peregalli e con i vari esempi di architettura rurale, che ancor oggi offrono uno spaccato caratteristico con i "Culundei", con i torchi e mulini ad acqua, alcuni dei quali ancora funzionanti. Visitare Delebio significa riscoprire la realtà contadina, artigianale ed industriale che ha caratterizzato nel percorso lungo i secoli l'evolversi di questo dinamico paese della Valtellina.

La chiesa parrocchiale di S. Carpoforo fu iniziata nel 1419, si presenta ad una sola navata con tre cappelle e fu terminata dal maestro Gaspare Aprile di Carona. Al suo interno, di notevole pregio, si possono ammirare due opere di Giuseppe Petrini: a sinistra dell'organo, in alto, la Vergine del Rosario e a destra Pio V che indice la crociata contro i Turchi (sec. XVIII). La parrocchiale conserva anche lavori di: G. Gavazzeni, Fumagalli, e P. Bianchi. Altri due lavori del Petrini: Vergine col Bambino e Vergine col Bambino e una devota si trovano nell'attiguo oratorio di S. Giuseppe (1600).

I recenti restauri hanno ridato tutta la luce settecentesca al grande vano dell'aula e del presbiterio quadrangolare rivelando eleganti decorazioni ad opera di Pietro Bianchi detto il Bustino, già attivo in Bassa Valtellina nell'Insigne Collegiata di San Giovanni Battista, nella chiesa di San Pietro e nella ex chiesa domenicana di sant'Antonio di Morbegno. Il Bianchi è riconosciuto come uno degli antesignani del gusto rocaille in Valtellina.

Una chiesa dedicata a San Carpoforo dovette esistere probabilmente già nel XII secolo (Visita Archinti 1614-1615, note). Essa dipendeva in origine dalla chiesa plebana arcipresbiterale e collegiata di Santo Stefano protomartire di Olonio (Visita Ninguarda 1589-1593, note). Il 4 febbraio 1425 la comunità di Delebio avanzò nei confronti della plebana Olonio la richiesta per avere nella propria chiesa di San Carpoforo un rettore o beneficiale, come risulta dall'atto rogato dal notaio Giacomo Castellargegno. L'1 aprile 1428 venne effettuata la nomina del primo beneficiale. Il 3 dicembre 1429, con atto rogato da Giacomo Castellargegno, vennero stabilite le rendite perché la chiesa di San Carpoforo potesse essere eretta in parrocchia. Nel 1437 risulterebbe che la nuova parrocchia era stata costituita, con territorio smembrato da Cosio (Fattarelli 1986). Si dovrebbe ipotizzare un'erezione della parrocchia prima del 1445, data in cui la chiesa di San Carpoforo compare con le qualifiche di "parochialis et curata" (Collationes Benefitiorum, vol. I, n. 23a; Xeres 1999).
Come "parochialis et curata" compare anche negli atti della visita pastorale del vescovo Gerardo Landriani del 1445. La prebenda curata risultava di nomina comunitaria ("per homines de Adalebio") (Visita Landriani 1444-1445).
San Carpoforo era stata dotata dai vicini di Delebio, di Andalo Valtellino, di Rogolo e delle contrade annesse nel 1429 (Quadrio 1775-1776), ma probabilmente la separazione era stata contestata dal rettore di San Martino a Cosio, chiesa dalla quale le comunità dipendevano, come risulta da una sentenza arbitramentale tra il parroco di San Martino di Cosio e il parroco di San Carpoforo di Delebio che il 7 giugno 1452 definì le relazioni tra le due chiese e i segni dell'antica preminenza di San Martino. Una nuova vertenza intentata nel 1476 dall'arciprete di Sorico, riguardò invece la dipendenza del rettore di San Carpoforo dalla pievana e vide la difesa dei diritti patronali da parte dei vicini di Delebio (Visita Landriani 1444-1445, note).
In data 7 giugno 1452 si ha una sentenza arbitramentale tra il parroco di San Martino di Cosio e il parroco di San Carpoforo di Delebio (Index alphabeticus).
Nel 1589, durante la visita pastorale del vescovo Feliciano Ninguarda, la "ecclesia parochialis" di San Carpoforo di Delebio faceva capo a una comunità di 260 famiglie cattoliche. In Delebio sorgeva anche una chiesa dedicata a Santa Domenica, eretta dai monaci cisterciensi dell'Abbazia dell'Acquafredda di Lenno (Visita Ninguarda 1589-1593). Con atti rogati da Luigi Sala, notaio apostolico della curia vescovile di Como, datati 29 dicembre 1591 e 6 marzo 1595, la chiesa di Santa Domenica di Delebio venne unita in perpetuo alla chiesa parrocchiale di San Carpoforo (Fattarelli 1986).
Alla metà del XVII secolo la parrocchia di San Carpoforo di Delebio era inserita in un vicariato esteso al territorio che costituiva il terziere inferiore della Valtellina, comprendente la squadra di Morbegno e la squadra di Traona, la prima delle quali coincideva con una “congregatio” del clero, la seconda con due “congregationes”, con centro rispettivamente a Traona e Ardenno; Delebio rientrava nella "congregatio prima" (Ecclesiae collegiatae 1651).
Il 17 agosto 1769 il vescovo di Como Agostino Neuroni, dando esecuzione alle lettere apostoliche di Clemente XIV dell'11 luglio 1769, eresse la chiesa di San Carpoforo di Delebio in collegiata ed elevò in essa una dignità prepositurale e nove canonicati (Visita Ninguarda 1589-1593, note).
La chiesa di San Carpoforo di Delebio è attestata come prepositurale con sette canonici alla fine del XVIII secolo "in vicariatu Tertierii inferioris Vallistellinae, Squadrae Morbinii" (Ecclesiae collegiatae 1794). Nel 1811, dopo la soppressione del capitolo, rimasero il preposito con quattro coadiutorie, ridotte a due a causa della tenuità dei redditi (Visita Ninguarda 1589-1593, note).
Nel 1898, anno della visita pastorale del vescovo Teodoro Valfré di Bonzo, la rendita netta del beneficio parrocchiale era di lire 885. Entro i confini della parrocchia di Delebio, di nomina vescovile, esistevano le chiese della Santissima Trinità al cimitero, di Santa Domenica, della Santa Croce nella frazione Tavani, e gli oratori di San Michele, attiguo alla chiesa parrocchiale, quello detto all'abbazia dedicato a San Girolamo, San Placido e al Santissimo Nome di Maria, di Sant'Antonio abate, detto oratorio Bassi, di San Rocco, della Beata Vergine della Neve di Canargo. Nella chiesa parrocchiale di San Carpoforo si avevano le confraternite del Santissimo Sacramento, solo maschile, e del Santo Rosario, solo femminile. Il numero dei parrocchiani era 2050 (Visita Valfré di Bonzo, Vicariato di Morbegno).
Alla fine del XIX secolo il clero di San Carpoforo risultava composto dal parroco e da un coadiutore (Visita Ninguarda 1589-1593, note).
Nel corso del XX secolo la parrocchia di Delebio è sempre stata compresa nel vicariato foraneo di Morbegno fino al decreto 1 gennaio 1938 del vescovo Alessandro Macchi, quando divenne sede di un vicariato comprendente le parrocchie di Andalo Valtellino, Delebio, Piantedo e Rogolo (decreto 1 gennaio 1938 III/b) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1938). Con decreto 29 gennaio 1968, mediante il quale furono istituite le zone pastorali nella diocesi di Como fu assegnata alla zona pastorale XII della Bassa Valtellina e al vicariato di Morbegno (decreto 29 gennaio 1968) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1968). Con il decreto 10 aprile 1984 fu inclusa nel vicariato A della Bassa Valtellina (decreto 10 aprile 1984) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1984).

L'oratorio di S. Girolamo, era cappella privata dei nobili Peregalli, risale alla prima metà del sec. XVIII. Si presume fosse stato fatto costruire su progetto dell'architetto Pietro Solari di Bolvedro. Al suo interno si trovano stuccature di vari autori tra cui G. Coduri detto Vignoli; le tele sono attribuite a G.P. Ligari e a G. Petrini. Nella piazzetta adiacente si trova Palazzo Peregalli (sec. XVIII) ricavato dalla casa conventuale dei monaci dell'Acquafredda. Vi hanno abbellito le sue sale artisti come P. Ligari e G. Romegialli. Al suo interno si può ammirare uno splendido oratorio privato, in stile roccocò, frutto del lavoro di P. Solari e del quadraturista G. Coduri; si presenta ricco di stucchi, marmi ed arredi. Attiguo al Palazzo si trova l'ex filanda della seta costruita nel 1730 al posto della chiesa di S. Agrippino e di parte del rustico della "grangia" dei monaci dell'Acquafredda di Lenno.

Sempre nella piazzetta Peregalli si trovano il Cantinone, il torchio delle noci ed il vecchio maglio. Una passeggiata lungo via Manzoni completa la visione dalla strada del Palazzo Peregalli. Via Torelli, via Cavour e via Roma delimitano i tipici "colundei" o cortili interni a gruppi di case rurali, con attigui stalle e fienili; qui vivevano piccole comunità agricole impegnate nella lavorazione dei fondi appartenenti alla nobiltà locale. Di pregio artistico Palazzo ex Bassi con l'affresco di G. P. Romegialli: il Ratto d'Europa. Andando verso Piantedo è possibile ammirare l'oratorio di S. Rocco del sec. XVIII.
La chiesa di S. Domenica, che sorge nei pressi del municipio, fu fondata nel sec. XII. Nel sec. XVII subì importanti rifacimenti, attualmente si presenta al visitatore abbellita dal prato verde ben curato che la circonda. L'ingresso della vicina casa di riposo presenta un interessante affresco del pittore delebiese Eliseo Fumagalli (sec. XX) raffigurante una Madonna. Spostandosi verso il nord del paese, in direzione del cimitero, si può notare la Rotonda del Cimitero, iniziata nel 1730 dopo la distruzione della chiesetta della Grangia cistercense di Badia. Si presuppone sia stata costruita con le pietre della torre del Carlascio. All'interno sono conservati un affresco del Gavazzeni rappresentante la Deposizione di Cristo ed una tela di Pietro Ligari raffigurante la Crocifissione.

L'economia di Delebio ebbe, fin dal passato, un importante ruolo per l'intera Valtellina. I suoi magli risuonavano nel fondovalle già dal lontano 1500 grazie alla forza motrice dell'acqua del torrente Lesina e numerosi erano i manufatti di rame e ferro che venivano prodotti. Delebio vanta più di un importante primato: qui fu attivata la prima centrale elettrica della provincia di Sondrio, nel 1894, data che segnò la fine dell'artigianato. Iniziò "l'era industriale": due filande della seta e numerose concerie davano lavoro alla popolazione locale e non. Nel 1809 Napoleone permise a Delebio di avere una propria fiera durante il mese di ottobre. In quest'occasione si vendevano soprattutto carri, una produzione che era conosciuta ed apprezzata anche oltre i confini valtellinesi e valchiavennaschi. Una vocazione al commercio che è continuata fino ai giorni nostri. La lavorazione dell'alluminio, la produzione di prodotti sanitari, di fibre sintetiche, di materiale elettromeccanico e di segherie fanno di Delebio un operoso centro artigianale ed industriale. Il settore zootecnico è ancora vivace e la presenza di un grosso caseificio testimonia una vitalità agricola di rilievo per la bassa Valtellina. Numerose sono le superfici coltivate a mais e foraggio che si estendono dalla strada statale verso il fiume Adda, nella parte nord del territorio comunale.


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