martedì 3 maggio 2016

I ROHINGYA

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Dei Rohingya, in Italia e in generale anche in Europa, ignoriamo probabilmente anche l’esistenza.

Il termine "Rohingya" deriva da Rohang, denominazione in lingua Rohingya dello stato di Rakhine (precedentemente Arakan), dove vive la maggior parte dei Rohingya. Alcuni storici di etnia Rohingya, come Khalilur Rahma, sostengono invece che questo termine possa derivare dalla parola araba Rahma, che significa "misericordia". Anche se altri sostengono che quest'ultima interpretazione sia improbabile, esiste comunque un riferimento storico che potrebbe porsi come origine di questo soprannome. Si narra, infatti, che dopo un naufragio dell' VIII secolo d.C., essendo affondata una nave araba nei pressi dell'isola di Ramree, il re arkanese ordinò che i mercanti arabi fossero uccisi. Essi urlarono, appunto, nella loro lingua: "Rahma". In seguito a questo fatto, quelle persone vennero chiamate Rahma, e questa stessa parola gradualmente mutò prima in "Rhohang" e poi in "Rohingya".

Questa storia è stata contestata da Jahiruddin Ahmed e Nazir Ahmed, rispettivamente ex presidente e segretario della Arakan Muslim Conference. Essi sostengono infatti che la popolazione coinvolta in quel naufragio fosse quella musulmana dei Thambu Kya, che attualmente risiedono lungo le rive del mare Arakan. Per cui se il nome deriva dal fatto narrato in precedenza, sarebbero stati i Thambu Kyas ad assumere per primi il nomignolo "Rahma". La tesi dei due Ahmed si fonda su una possibile discendenza dei Rohingya dagli abitanti di Ruha, in Afghanistan. Un altro storico invece, M.A. Chowdhury sostiene che il termine Mrohaung (nome di un antico regno arakanese) si sia modificato tra le popolazioni musulmane del Myanmar fino ad arrivare a "Rohang", termine che ha dato poi il nome alla regione abitata dai Rohingya.

Storici del Myanmar, tra i quali Khin Maung Saw, affermano che il termine Rohingya era sconosciuto in quelle zone prima del 1950. Anche lo storico Aye Chan, dell'Università di Kanda afferma che quel termine non è mai esistito in nessuna lingua prima del 1950, quando è stato importato probabilmente da dei bengalesi emigrati in Arakan durante il periodo coloniale. Tuttavia egli ammette che numerose popolazioni musulmane hanno per secoli vissuto in quella zona, stabilendosi lì durante il Regno di Mrauk U, quando Arakan era in contatti politici, militari e commerciali con il sultanato di Bengala. Questo punto di vista è stato ripreso dall'ex ambasciatore britannico Derek Tonkin:"In assenza di qualsiasi documentazione archivistica britannica nei 112 anni della loro gestione di Arakan, posso solo concludere che Rohingya è una denominazione entrata in uso dopo la seconda guerra mondiale". Egli sostiene inoltre che:"La campagna internazionale per sostenere l'etnia Rohingya ha avuto tale successo da generare un effetto controproducente e contrario". Egli propone un'alternativa a usare il termine Maomettisti di Arakan per riferirsi alla minoranza. Come via per risolvere l'impasse egli esorta gli abitanti indigeni di Rakhine ad accettare la realtà storica della presenza continua di musulmani in Arakan per un periodo molto lungo, mentre i Rohingya dovrebbero riconoscere che la particolare denominazione "Rohingya" non ha avuto validità storica prima dell'indipendenza nel 1948.

L'esperto di storia Arakan dr. Jacques P. Leider sottolinea che Rooinga è stato invece utilizzato in un rapporto di fine XVIII secolo pubblicato dal britannico Francis Buchanan-Hamilton. Nel suo articolo del 1779 "Vocabolario comparativo di alcune delle lingue parlate nell'Impero Birmano", egli dichiara:"Vorrei ora aggiungere tre dialetti, parlati nell'Impero di Birmania, ma evidentemente derivati dall'Hindu. Il primo è quello parlato dai Musulmani, che da tempo si stabilirono in Arakan e che si definiscono Rooinga, o nativi di Arakan." Leider aggiunge anche che l'etimologia della parola non dice nulla di politica e che l'utilizzo del termine come etichetta politica per dare identità risale solamente al 20° secolo. Ora perché questo termine è usato solo dal 1950? Evidentemente le persone che lo utilizzano vogliono fortemente dare identità alla comunità che vive lì.
La lingua Rohingya è la moderna lingua scritta dei Rohingya di Arakan (Rakhine) Stato del Myanmar (l'ex Birmania). Proviene dalla corrente Indo-ariana che è un sub-ramo della grande famiglia delle lingue indoeuropee. Essa è strettamente legata alla lingua chittagong parlata nella parte più meridionale del Bangladesh al confine con il Myanmar. Nonostante sia la lingua Rohingya e sia quella chittagong siano legate al bengalese, non sono mutuamente intelligibili con quest'ultima, a dispetto di ciò che viene spesso proposto nella narrazione nazionale del Myanmar. Studiosi del rohingya hanno scritto correttamente questa lingua in varie scritture, tra cui l'arabo, l'Urdu, il romano, e il birmano e in Hanifi, che è un alfabeto di nuova concezione derivato dall'arabo con l'aggiunta di quattro caratteri dal latino e del birmano.

Più recentemente, è stato sviluppato un alfabeto con caratteri latini, con tutte le 26 lettere dell'alfabeto inglese A alla Z e due lettere supplementari Ç (per retroflessa R) e Ñ (per il suono nasale). Per rappresentare accuratamente la fonologia Rohingya, si utilizzano anche cinque vocali accentate (á-é-í-ó-ú). La lingua rohingya è stato riconosciuta dall'ISO con il codice ISO 639-3 "rhg".

I Rohingya sono musulmani di stampo sunnita. Il governo birmano limita molto la loro libertà di culto, visto il contrasto che crea con la tradizione buddhista dello stato Rakhine.

Insediamenti musulmani sono esistiti in Arakan dopo l'arrivo di Arabi lì nell'VIII secolo d.C. Si ritiene che i diretti discendenti dei coloni arabi abbiano vissuto in Arakan presso le civiltà di Mrauk U e Kyauktaw, piuttosto che nelle zone di frontiera del Mayu (vicino all'attuale Chittagong, Bangladesh). Anche se alcune popolazioni musulmane hanno vissuto in Arakan a partire almeno dal XIV secolo, gli storici non hanno comune consenso se l'attuale minoranza discenda da ondate migratorie prima della colonizzazione britannica, dopo questa o se siano frutto dell'unione di entrambe. Oltre all'etnia Rohingya, in quella zona sono presenti minoranze musulmane Kamein (inizialmente insediatisi dall'impero Mughal) e Thet attualmente in Rakhine che sono ufficialmente riconosciute come gruppi etnici indigeni ed hanno la cittadinanza birmana.

Il primo segno di insediamenti bengalesi musulmani in Arakan è all'epoca di re Narameikhla (1430-1434) che governava il regno di Mrauk U, che nel 1430 aveva riguadagnato il possesso del trono arakanese nel 1430 con l'assistenza militare del Sultanato del Bengala. I Bengalesi venuti con lui formarono i primi insediamenti della regione. Narameikhla cedette alcuni territori al sultano del Bengala e riconobbe la sua sovranità su quelle aree. Come riconoscimento del suo vassallaggio il re di Arakan ricevette i titoli islamici e la possibilità di utilizzare la moneta bengalese. Narameikhla coniò le proprie monete con scritte da un lato in alfabeto persiano e dall'altro in alfabeto birmano. Questo vassallaggio fu però di breve durata: dopo la morte del sultano Jalaluddin Muhammad Shah, avvenuta nel 1433, i successori di Narameikhla occuparono Ramu nel 1437 e Chittagong nel 1959, quest'ultima sarà posseduta da Arakan fino al 1666.

Anche dopo aver conquistato l'indipendenza dai Bengalesi, i re arakanesi continuarono comunque a mantenere i titoli musulmani. I sovrani buddisti iniziarono così a ritenerli alla pari dei sultani e li considerarono successori dei Moghul, anche perché continuarono a inserire persone musulmane nelle alte cariche amministrative. La popolazione musulmana aumentò poi in Birmania durante il XVII secolo, quando molti vennero importati in Arakan come forza-lavoro, molti di loro furono infatti scribi in lingua arabo, persiano o bengalese nelle corti arakanesi, le quali, pur rimanendo prevalentemente di cultura buddista, ha importato anche alcune tradizione musulmane dal vicino Sultanato del Bengala. L'etnia Kamein, che è attualmente riconosciuta tra le etnie musulmane insediatesi in Birmania, discende proprio da questi musulmani.

Successivamente alla conquista birmana di Arakan, avvenuta nel 1785, circa 35.000 Arakanesi fuggirono verso la vicina Chittagong per sfuggire alla persecuzione birmanica e trovare rifugio presso i britannici, che controllavano quella regione del Bengala. I governanti birmani uccisero in massa i musulmani che abitavano in quella zona e altri ne deportarono in Birmania, lasciando quella regione spopolata nel momento in cui arrivarono gli Inglesi.

Secondo un articolo pubblicato su "The Burma Empire" dal britannico Francis Buchanan-Hamilton nel 1799, i Maomettani, che da tempo si sono stabiliti in Arakan, chiamano loro stessi "Rooinga", o "nativi di Arakan". Sir Henry Yule, mentre era in quei luoghi in missione diplomatica, disse che molti musulmani erano impiegati come eunuchi durante la dinastia Konbaung in Birmania. Questi eunuchi musulmani venivano da Rakhine.

La politica britannica favorì il ripopolamento delle fertili valli di Arakan, dove numerosi abitanti del Bengala andarono a trasferirsi, lavorando come braccianti agricoli. La Compagnia britannica delle Indie Orientali estese l'amministrazione bengalese anche su Arakan, eliminando ogni possibile barriera tra appunto quest'ultimo e il Bengala e favorendo, perciò, le migrazioni di popoli. Nel XIX secolo migliaia di bengalesi si trasferirono dalla regione di Chittagong in Arakan in cerca di lavoro; questo processo migratorio fu anche contrario, nel senso che molte persone di etnia Rakhine andarono invece in Bengala.

Il censimento britannico del 1891 segnalò la presenza di 58.225 musulmani in Arakan. Nel 1911, la popolazione musulmana più che raddoppiò, raggiungendo quota 178.647 unità. Queste ondate migratorie si dovettero principalmente alla forte necessità, da parte dei britannici, di manodopera da impiegare nelle risaie del territorio. Molti immigrati birmanici si trasferirono da Chittagong fino in Arakan, specialmente nella zona occidentale di questa regione, anche se questa immigrazione è comunque da considerarsi un fenomeno nazionale, e non solo legato a piccole zone della Birmania.

Lo storico Thant Myint-U scrive: "All'inizio del XX secolo gli indiani arrivavano in Birmania al ritmo di non meno di un quarto di milione all'anno, con questi numeri che sono aumentati ogni anno fino a raggiungere il proprio picco massimo nel 1927, quando con 480.000 immigrati, Rangoon superò New York come maggiore centro di immigrazione al mondo". Da allora, nelle maggiori città birmane, quali Yangon (allora Rangoon), Sittwe, Pathein e Moulmein, la popolazione indiana superò in numero quella musulmana. Questi ultimi, ovvero gli indigeni birmani, si sentirono impotenti rispetto al dominio britannico e denunciarono questa politica di ripopolamento della zona come un razzismo che combina sentimenti di superiorità e paura.

L'immigrazione fu tuttavia molto più sentita in Arakan, dove i conflitti interni tra la popolazione musulmana e i Rakhine buddisti spinsero, nel 1939, le autorità britanniche a istituire una speciale commissione d'inchiesta guidata da James Ester e Tin Tut per discutere della questione dell'immigrazione musulmana nello stato di Rakhine. Questa commissione si pose come obbiettivo quello di fissare un confine che dividesse i due popoli; tuttavia, con l'inizio della seconda guerra mondiale, gli inglesi si ritirarono da Arakan, lasciando incompiuto il progetto.

Durante la seconda guerra mondiale, le forze giapponesi invasero la Birmania, allora sotto il dominio coloniale britannico. Le forze britanniche si ritirarono e nel vuoto di potere lasciato, scoppiò una notevole violenza tra i Rakhine e i Rohingya. I britannici armarono i Rohingya nel nord Arakan, al fine di creare una zona cuscinetto che proteggesse la regione da un'invasione giapponese quando loro si sarebbero ritirati del tutto. Il periodo di violenza vide anche scontri tra i gruppi fedeli ai britannici e i nazionalisti birmani.

Aye Chan, uno storico della Kanda University, ha scritto che a seguito di acquisizione di armi dagli inglesi durante la seconda guerra mondiale, i Rohingya hanno cercato di distruggere i villaggi degli Arakan invece di resistere ai giapponesi. Il 28 marzo 1942 i Rohingya dal nord hanno ucciso circa 20 000 Arakanesi. In cambio, circa 5 000 Rohingya nelle città di Minbya e Mrohaung sono stati uccisi da Rakhine e Karenni.

I giapponesi si resero responsabili di innumerevoli atti di stupro, omicidio e torture contro migliaia di Rohingya. Durante questo periodo, circa 22 000 Rohingya si ritiene abbiano attraversato il confine con il Bengala, allora parte dell'India britannica, per sfuggire alle violenze. Sconfitti, 40 000 Rohingya infine fuggirono a Chittagong dopo ripetuti massacri da parte dei birmani e delle forze giapponesi.

Il partito Mujahid è stato fondato dagli anziani Rohingya che hanno sostenuto un movimento Jihad nel nord Arakan nel 1947. L'obiettivo del partito Mujahid era quello di creare uno stato islamico autonomo nell'Arakan. Era molto più attivo prima del 1962, quando ci fu il colpo di stato dal generale birmano Ne Win. Egli ha effettuato alcune operazioni militari contro di loro per un periodo di due decenni. Quella più estesa fu l'operazione "Re Drago", che ha avuto luogo nel 1978; di conseguenza, molti musulmani nella regione sono fuggiti nel vicino Bangladesh come rifugiati. Oltre al Bangladesh, un gran numero di Rohingya sono migrati anche a Karachi, in Pakistan.

Durante il Movimento Pakistano negli anni 40, i musulmani Rohingya in Birmania occidentale provarono a separarsi dallo stato e ad unire la loro regione al Nord-Pakistan. Prima dell'indipendenza della Birmania nel gennaio del 1948, i leader musulmani di Arakan si sono rivolti a Mohammad Ali Jinnah, il fondatore del Pakistan, e chiedendo la sua assistenza per attaccarsi alla regione Mayu in Pakistan considerando la loro affinità religiosa e la vicinanza geografica con il Pakistan orientale. Due mesi più tardi, la Nord Arakan Muslim League venne fondata nel Akyab (capitale dello Stato Arakan), che, fra le altre cose, richiedeva l'annessione al Pakistan. Tuttavia, la proposta non si concretizzò mai, da quando fu riferito che non sarebbe mai stata accettata e che la Lega non era in grado di interferire nelle questioni birmane.

I mujahideen Rohingya sono ancora attivi nelle aree remote dell'Arakan. Le relazioni tra mujahideen Rohingya e mujaheddin del Bangladesh sono state significative, questi gruppi hanno esteso le loro reti a livello internazionale e in altri paesi, negli ultimi anni. Raccolgono le donazioni e ricevono un addestramento militare-religioso al di fuori del Myanmar.

La giunta militare che ha governato la Birmania per mezzo secolo, ha fatto affidamento su un mix di nazionalismo birmano e buddismo theravada per rafforzare il suo dominio, e, a parere di esperti governativi degli Stati Uniti, discriminando le minoranze come i Rohingya, popolazioni cinesi come i Kokang e i Panthay (musulmani cinesi). Alcuni dissidenti pro-democrazia di etnia birmana non considerano i Rohingya compatrioti.

I governi birmani successivi sono stati accusati di aver fomentato rivolte violente contro le minoranze etniche, come i Rohingya e cinesi musulmani.

Nel 2009, un alto diplomatico birmano, in viaggio a Hong Kong, ha bollato i Rohingya come "brutti come orchi" e "un popolo che non ha nulla a che fare con il Myanmar".

I Rohingya sono stati descritti come "il popolo meno voluto al mondo" e "una delle minoranze più perseguitate al mondo". Per una legge sulla concessione della cittadinanza del 1982, essi non possono prendere la cittadinanza birmana. Non è consentito ai Rohingya di viaggiare senza un permesso ufficiale, di possedere terreni e, inoltre, sono tenuti a firmare un impegno a non avere più di due figli.



Secondo Amnesty International, la popolazione musulmana Rohingya continua a soffrire per violazioni dei diritti umani da parte della dittatura militare birmana dal 1978, di conseguenza molti sono fuggiti nel vicino Bangladesh.

« La libertà di movimento dei Rohingya è fortemente limitata e alla maggior parte di loro è stata negata la cittadinanza birmana. Essi sono anche sottoposti a varie forme di estorsione e di tassazione arbitraria; confisca delle terre; sfratto e distruzione delle loro abitazioni; e restrizioni finanziarie sui matrimoni. I Rohingya continuano ad essere utilizzati come lavoratori-schiavi sulle strade e nei campi militari, anche se la quantità di lavoro forzato nel nord dello stato Rakhine è diminuita negli ultimi dieci anni.
Nel 1978 oltre 200 000 Rohingya sono fuggiti in Bangladesh, in seguito all'operazione Nagamin (Re Drago) dell'esercito birmano. Ufficialmente questa campagna aveva lo scopo di "controllare ogni individuo vivente nello stato, distinguere i cittadini e gli stranieri in conformità con la legge e intraprendere azioni contro gli stranieri che si sono infiltrati nel paese illegalmente." Questa campagna militare era mirata direttamente contro i civili e ha portato a omicidi diffusi, stupri e distruzione di moschee e ad ulteriori persecuzioni religiose.
Durante il 1991 e il 1992 una nuova ondata, di oltre un quarto di milione di Rohingya, è fuggita in Bangladesh. Hanno riferito che spesso erano costretti a sopportare il lavoro forzato, ma anche esecuzioni sommarie, torture, e stupri. I Rohingya sono stati costretti a lavorare senza paga da parte dell'esercito birmano su progetti infrastrutturali ed economici, spesso in condizioni difficili. Molte altre violazioni dei diritti umani sono state commesse dalle forze di sicurezza riguardo al lavoro forzato di civili Rohingya. »
(Rapporto di Amnesty International del 2004)
A partire dal 2005, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha insistito per il rimpatrio dei Rohingya dal Bangladesh, ma le accuse di violazioni dei diritti umani nei campi profughi hanno reso ancor più difficile lo sforzo.

Nonostante i molti sforzi da parte delle Nazioni Unite, la stragrande maggioranza dei rifugiati Rohingya è rimasta in Bangladesh, non essendo in grado di resistere all'atteggiamento aggressivo del regime al potere in Myanmar e per la paura di persecuzioni. Ora si trovano ad affrontare gli stessi problemi in Bangladesh, ma qui ricevono più sostegno da parte del governo. Nel febbraio 2009, molti rifugiati Rohingya sono stati salvati dai marinai di Aceh nello stretto di Malacca, dopo 21 giorni in mare.

Nel corso degli anni, migliaia di Rohingya sono fuggiti in Thailandia. Ci sono circa 111 000 rifugiati ospitati in 9 campi lungo il confine tra Thailandia e Myanmar. Ci sono state accuse che sostengono che alcuni gruppi siano stati spediti e trainati in mare aperto dalla Thailandia, e lasciati lì. Nel febbraio 2009 si è riscontrato che l'esercito thailandese ha trainato una barca di 190 profughi Rohingya verso il mare. Un gruppo di rifugiati sono stati salvati nel febbraio 2009 dalle autorità indonesiane e questi hanno raccontato storie strazianti sulla cattura e sulle violenze subite dai militari thailandesi, e poi dell'abbandono in mare aperto.Il primo ministro della Thailandia Abhisit Vejjajiva il 2 febbraio 2009 ha confermato che ci sono stati "alcuni casi" in cui gruppi di Rohingya sono stati spinti verso il mare. Egli ha anche aggiunto che si rammarica per "eventuali perdite" e che sta lavorando per risolvere il problema.

I passaggi per rimpatriare i profughi Rohingya sono iniziati nel 2005. Nel 2009 il governo del Bangladesh ha annunciato che rimpatrierà circa 9 000 Rohingya che vivono nei campi profughi all'interno del paese, dopo un incontro con i diplomatici birmani.

Il 16 ottobre 2011, il nuovo governo della Birmania ha accettato di prendere indietro i rifugiati Rohingya. Tuttavia, la violenza, la persecuzione e i disordini nella comunità continuano senza sosta contro la minoranza. Il 29 marzo 2014, il governo birmano ha vietato la parola Rohingya e ha chiesto che la loro registrazione avvenisse sotto il nome di bengalesi e così è stato nel censimento del Paese per tre decenni.

Il 7 maggio 2014, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato una risoluzione semplice, sollecitando il governo della Birmania a porre fine al calpestamento dei diritti umani e il rispetto dei Rohingya riconosciuti a livello internazionale per tutte le minoranze etniche e religiose in Birmania (A.RIS. 418; 113 ° Congresso). Il governo statunitense ha invitato il governo della Birmania a porre fine alla discriminazione e alla persecuzione.

Il 28 maggio 2012 è avvenuto lo stupro e l'omicidio di una ragazza buddhista e tre ragazzi rohingya sono stati accusati di esserne i responsabili. La già difficile convivenza tra le due diverse etnie ha subito, per questo avvenimento, un duro colpo che ha portato ad una rapida degenerazione del rapporto. Alcuni giorni dopo un gruppo di buddhisti ha assalito a Rakhine un pullman che trasportava pellegrini musulmani provenienti da Rangoon, uccidendo una decina di persone. Il governo birmano è stato costretto a dichiarare lo stato d'emergenza nella provincia di Rakhine l'11 giugno, poiché a quell'episodio di violenza seguirono altri scontri tra buddhisti e rohingya, che hanno portato alla morte di 29 persone. Siccome la situazione era diventata insostenibile e le autorità non avevano preso una posizione forte neppure dopo l'intervento delle Nazioni Unite, che chiedevano di aprire le frontiere del Bangladesh ai profughi, migliaia di rohingya hanno cercato di lasciare la Birmania in barca, attraversando il fiume Naf.

Quando la maggior parte degli occidentali pensa al buddhismo, immagina uomini sorridenti e panciuti e citazioni ispiratrici alla Phil Jackson. “Neo-nazisti buddhisti” sembra una contraddizione di termini, ma in Birmania cresce un feroce sentimento anti-musulmano. Estremisti buddhisti aggrediscono i musulmani e bruciano case e moschee, una situazione ignorata fino a quando Anonymous non ha lanciato una campagna su Twitter per denunciare il genocidio del popolo Rohingya, i musulmani ufficialmente privi di nazionalità che secondo molti potrebbero essere massacrati se il mondo non reagisce.

Secondo il Dottor Muang Zarni, attivista birmano per i diritti umani e ricercatore presso la London School of Economics, gran parte della responsabilità della situazione attuale in Birmania va attribuita al gruppo 969, un’organizzazione neo-nazista di istigatori all’odio razziale che usa tattiche hitleriane per “purificare” il paese sbarazzandosi dei musulmani. A suo parere è anche uno dei movimenti che sta crescendo con maggiore velocità.
"I leader del gruppo 969 sono birmani vestiti da monaci. E’ difficile considerarli davvero dei monaci, visto che diffondono un messaggio di odio anti-musulmano e di islamofobia incompatibile con quello buddhista di gentilezza universale. Il numero 969 significa tre cose: il 9 allude agli attributi speciali di Buddha, il fondatore della religione, il 6 si riferisce agli insegnamenti del dharma e l’ultimo 9 a speciali caratteristiche o attributi dei monaci. Uso il termine neo-nazista perché hanno un proposito genocida: tutti i musulmani della Birmania, compresi quelli di etnia birmana, sono considerati sanguisughe, come lo erano gli ebrei nel Terzo Reich dominato dai nazisti.  Esiste un parallelismo tra ciò che abbiamo visto nella Germania nazista e quello che sta accadendo oggi in Birmania. Il movimento 969 e i suoi leaders incitano ad attaccare i musulmani – non solo i  Rohingya della parte occidentale del paese, descritti in modo erroneo come immigrati illegali provenienti dal  Bangladesh, ma tutti i musulmani. I buddhisti che cercano di aiutarli o fanno acquisti in negozi musulmani vengono picchiati, minacciati o esclusi da altri buddhisti. I militari sono coinvolti in questo movimento. Nel migliore dei casi le autorità militari tollerano il suo messaggio di odio, nel peggiore – e credo che sia così – alcuni elementi lo appoggiano in modo passivo. Negli ultimi cinquant’anni, da quando hanno preso il potere, i militari hanno delegato a varie organizzazioni all’interno delle comunità birmane il compito di incitare alla violenza contro gruppi ben precisi: prima erano i dissidenti, poi i cinesi e ora sono i musulmani. I capi militari hanno sostituito le uniformi con gli abiti civili, ma il loro atteggiamento autoritario e dittatoriale non è cambiato. Sono ossessionati dalla sicurezza e alcuni di loro ritengono che le attuali riforme siano eccessive. Vogliono rallentare e limitare il processo riformista e per questo devono creare insicurezza sociale e usare situazioni instabili per poter dire: “La gente non à matura per la libertà di espressione, di movimento e di organizzazione, dunque noi dobbiamo gestire la situazione per assicurare l’ordine e impedire che si uccidano a vicenda. Noi birmani tendiamo a nutrire pregiudizi nei confronti della gente con la pelle più scura. E’ un atteggiamento tipico dei paesi dell’Estremo Oriente o del Sud-Est Asiatico, dove la pelle più chiara viene considerata più prestigiosa e desiderabile. Il movimento 969 approfitta dei pregiudizi storici e culturali della nostra società verso la gente con la pelle più scura. La Birmania è un paese fondamentale nella nuova politica estera di Obama, che tenta di riequilibrare gli interessi e il potere americani. Si trova infatti tra due grandi potenze, l’India e la Cina ed è anche vicina alla Thailandia, ossia il fulcro strategico degli Stati Uniti per ogni operazione diplomatica, economica e dei servizi segreti nel Sud-Est Asiatico. Le compagnie americane ed europee sono in cerca di nuovi mercati per uscire dal loro declino economico e la Birmania possiede ingenti risorse di petrolio, gas, uranio e legname. Non dipingeranno certo il loro nuovo socio in affari in un mercato emergente come un paese dove si sta praticando un genocidio. Se l’Occidente definisse un genocidio ciò che sta accadendo in Birmania, la comunità internazionale esigerebbe un intervento e chiederebbe che i colpevoli vengano portati davanti alla giustizia. Per questo penso che la comunità internazionale stia usando la mano leggera con i militari birmani."


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