Terra di confine, ai piedi delle Prealpi, terra d’acqua, di valli e castelli: la provincia di Varese è l’emblema dell’armonia tra uomo e ambiente. La storia degli insediamenti umani in questi luoghi non ha violato il paesaggio ma, se possibile, lo ha arricchito.
Vista dall’alto, la provincia di Varese appare come una tavolozza di colori: monti, valli, boschi, laghi e fiumi. Una terra d’acqua, che offre all’occhio brillanti variazioni cromatiche in ogni stagione. I laghi, di origine glaciale, sono una decina, tra cui il lago di Varese, il lago Maggiore, il lago Ceresio, il lago Verbano, serviti da una miriade di fiumi e torrenti tra cui l’Olona e il Ticino.
Il territorio è montuoso a nord, degrada lentamente con valli e colline, fino a diventare pianeggiante a sud. Il verde è abbellito da ville contornate da giardini all'italiana o all'inglese, dai parchi, dai campanili e dai borghi arroccati.
Le valli sono attraversate da sentieri antichi da scoprire con passeggiate a piedi, a cavallo o in bicicletta, senza fretta, soprattutto nelle stagioni intermedie.
L'attuale provincia di Varese è la indiretta discendente del Contado del Seprio, istituzione feudale di origine longobarda, autonoma fin dal VII secolo, che nel XIV secolo entra a far parte del Ducato di Milano. Nel 1786, sotto la dominazione austriaca, venne istituita la provincia di Gallarate, ma già l'anno successivo il capoluogo viene trasferito a Varese. Tale istituzione durò fino al 1791.
Sotto il Regno Lombardo-Veneto il territorio dell'attuale provincia venne diviso fra la provincia di Como (a cui apparteneva Varese) e quella di Milano (a cui apparteneva Gallarate); i confini rimasero invariati anche con la creazione del Regno d'Italia.
L'attuale provincia venne istituita nel 1927, unendo il territorio dell'ex circondario di Varese (già parte della provincia di Como) a parte della provincia di Milano, comprendente 37 comuni fra i quali Saronno e Gallarate.
Lo stemma della provincia di Varese, adottato nel 2006 per iniziativa del presidente del tempo, Marco Reguzzoni, ed ufficializzato con Decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2007 presenta la seguente blasonatura:
« D'argento inquartato dalla croce diminuita, di rosso: il PRIMO, alla effigie di San Vittore, movente dal braccio orizzontale della croce, il viso e le mani di carnagione, vestito con la tunica di rosso e con la corazza di cuoio al naturale, il capo coperto dall'elmo, dello stesso, il fianco destro sostenente la daga di argento, il Santo tenente con la mano destra l'asta di nero munita del vessillo bifido, di bianco al naturale, caricato dalla crocetta di rosso, con la mano sinistra la palma di verde; il SECONDO, al gallo ardito, di rosso; il TERZO, alla lettera maiuscola B, di rosso, accompagnata in punta dalla fiamma, dello stesso; il QUARTO, al castello di rosso, mattonato di nero, merlato alla guelfa, le due torri ognuna di tre, il fastigio di tre, esso castello aperto del campo, finestrato di sei nelle torri, tre e tre, dello stesso, sormontato dal tortello di nero. Ornamenti esteriori da Provincia »
I simboli presenti nei quattro cantoni attorno alla croce rossa rappresentano quattro tra i principali comuni del territorio: San Vittore per Varese, il gallo per Gallarate, il castello per Saronno e la lettera "B" con la fiamma per Busto Arsizio. La versione iniziale di tale stemma era leggermente diversa: lo scudo presentava un fondo bianco, lo stemma di Busto Arsizio (scudo troncato di rosso alla B bianca e di bianco alla B rossa) era disegnato integralmente, mentre gli altri tre emblemi erano colorati perlopiù in grigio. Questo emblema venne bocciato dall'Ufficio araldica e onorificenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri in quanto presentante proporzioni scorrette tra i vari elementi, colori non consentiti dalle regole araldiche italiane (il bianco sullo sfondo e in una delle B dello stemma bustocco) o non sufficientemente contrastanti (le figure grigie). Lo scudo venne pertanto reso più tondeggiante e colorato d'argento, lo stemma di Busto Arsizio sostituito da una semplice B rossa sovrastante una fiamma e gli emblemi di Varese, Gallarate e Saronno ricolorati in rosso (per maggior contrasto e per richiamarsi alle simbologie storiche delle varie città). Al di sotto dell'insieme venne infine collocata una ghirlanda di alloro e quercia serrata da un nastro tricolore.
Il gonfalone è un drappo bianco caricato dello stemma e dell'iscrizione Provincia di Varese nella parte frontale, mentre sul retro sono ricamati i simboli di altri quattro comuni dell'alto varesotto, uno per ciascuna delle comunità montane (Valceresio, Valcuvia, Valganna e Valmarchirolo, Valli del Luinese) che a quel tempo componevano la parte settentrionale del territorio provinciale.
Lo stemma precedentemente in uso, adottato con Regio Decreto del 20 maggio 1928, conteneva unicamente simboli inerenti alle città di Varese e Gallarate, con la seguente blasonatura:
« Troncato: nel PRIMO di rosso al palo d'argento, addestrato alla figura del martire San Vittore, patrono della città di Varese, nascente dalla partizione e sinistrato da un gallo, ardito, d'argento, membrato, imbeccato, crestato e barbugliato d'oro; nel SECONDO d'argento pieno »
Il gonfalone era un drappo bianco, caricato frontalmente del suddetto stemma, dell'iscrizione Provincia di Varese e dell'effigie di un'aquila circondata da una corona di due ramoscelli d'alloro.
La provincia di Varese, oltre ai sette laghi per cui è molto nota, presenta altri specchi d'acqua minori, alcuni importanti fiumi e numerosi torrenti. Il Lago Maggiore o Verbano segna il confine occidentale della zona centro – settentrionale della provincia. Suo emissario è il fiume Ticino, che si immette nel lago in Svizzera. Il territorio della provincia comprende un'isola sul lago: l'Isolino Partegora, sito in territorio di Angera. Sul lago sono sorte in posizioni strategiche alcune importanti città, quali Luino, Laveno-Mombello, Maccagno, Ispra, Angera ed al termine del lago, dove fluisce il Ticino, Sesto Calende.
Il Lago Ceresio o di Lugano segna il confine orientale, con la Svizzera, della zona centrale della provincia. Sul lago si sono sviluppati alcuni centri, che sfruttano la posizione di confine, come Porto Ceresio e Lavena Ponte Tresa. Quest'ultimo comune è formato dall'unione dei centri di Lavena e Ponte Tresa. A Ponte Tresa, fluisce dal lago la Tresa, che sfocia nel Lago Maggiore. Il Lago di Monate e il Lago di Comabbio segnano il confine tra la zona centrale del Varesotto ed il Gallaratese, che insieme al Bustese ed al Saronnese, rappresenta la parte meridionale della provincia. Emissario del Lago di Monate è l'Acqua Nera, che confluisce nel Lago Maggiore, mentre l'emissario del Lago di Comabbio è il Canale Brabbia, tributario del Lago di Varese.
Il Lago di Varese si trova a sud della città di Varese e riceve abbondanti acque dal Massiccio del campo dei fiori, tra i quali si distingue il Tinella. Nel Lago di Varese, si trova anche una piccola isola, l'Isolino Virginia, sul quale sono state ritrovate importanti testimonianze preistoriche. Vicino al lago si trovano due zone paludose, il Lago di Biandronno e la riserva naturale della Palude Brabbia, un tempo comprese nel Lago di Varese. Emissario del lago è il Bardello.
In Valganna si trovano il Lago di Ghirla ed il Lago di Ganna. Quest'ultimo è uno degli specchi d'acqua più puliti d'Italia. Sempre in Valganna si trovano la Torbiera del Pralugano o Paludaccio di Ganna ed il Laghetto Fonteviva. Emissario dei laghi è il Margorabbia, tributario della Tresa. Il Lago Delio è un bacino artificiale nato per produrre energia idroelettrica. È regolato alle estremità da due dighe.
Altri specchi d'acqua meno importanti sono il Laghetto di Brinzio, il Laghetto Cicogna ad Arcisate, il Laghetto Verde di Viggiù, la Lagozzetta o Lagozza di Besnate (un altro luogo dove sono state ritrovate importanti testimonianze preistoriche), il Paù Majur di Brinzio, lo Stagno Maisa a Caronno Varesino, lo Stagno Gerbo a Morazzone, lo Stagno Madonnetta e lo Stagno di Torba a Gornate Olona, il Carecc di Cuvio, il Laghetto Motta d'Oro a Gavirate e lo Stagno Tagliata ad Induno Olona, il laghetto artificiale dei pescatori di Albizzate ed il laghetto della fornace di Albizzate. I maggiori fiumi sono l'Olona e il Ticino.
L'Olona nasce a nord di Varese ed è alimentato da numerosi affluenti, in seguito attraversa Milano e confluisce nel Po a San Zenone. Questo fiume è stato importantissimo per il decollo dell'industria nel Varesotto, specie in centri come Varese, ma anche nell'Altomilanese, specie a Busto Arsizio e Castellanza. Tra l'inizio del Novecento e gli anni novanta le sue acque hanno raggiunto un notevole grado di inquinamento, causato dagli scarichi delle numerose industrie lungo il fiume. Prima dell'industrializzazione l'Olona ha mosso le pale di numerosissimi mulini ad acqua. Nel Settecento, nel tratto tra Varese e Milano vi erano 116 mulini. La presenza dei mulini era una grande fonte di ricchezza, nel medioevo e favorì lo sviluppo di alcuni centri come Castiglione Olona e Castelseprio. L'antica vocazione del fiume è tuttora testimoniata dai Mulini Grassi e dai Mulini Trotti a Varese, dal Mulino Bernasconi a Malnate, dal Mulino Taglioretti a Lonate Ceppino, dal Mulino Ponti-Bosetti a Fagnano Olona e dal Mulino del Sasso a Olgiate Olona.
Il Ticino fluisce dal Lago Maggiore a Sesto Calende e prosegue con un percorso tortuoso tra Piemonte e Lombardia. In seguito lambisce Vigevano ed attraversa Pavia, confluendo nel Po al Ponte della Becca. Nel suo tratto a valle del lago riceve scarsissimi affluenti ed alimenta numerosi canali. Interessano la provincia il Naviglio Grande, il Canale Villoresi ed il Canale Industriale. Altri fiumi importanti sono la Tresa, il Margorabbia ed il Bardello.
La Tresa è l'emissario del Lago di Lugano ed è di origine artificiale. Fu infatti fatto costruire dai milanesi attorno al 1300, per collegare il Lago di Lugano con il Verbano. Nel tratto finale, tra Luino e Germignaga, scorre in quello che un tempo era l'alveo del Margorabbia, che si immetteva direttamente nel Verbano. Nel Trecento la sezione dell'alveo venne allargata per accogliere la portata della Tresa, ben più importante di quella del Margorabbia. Per cui oggi il Margorabbia è considerato un affluente della Tresa.
Il Margorabbia nasce in Valganna e forma i laghi di Ganna e Ghirla, percorre in seguito la Valtravaglia, ricevendo le acque del torrente Rancina, il suo maggior tributo. Infine, sfocia come già detto nella Tresa. Il Bardello è l'emissario del Lago di Varese e sfocia nel Verbano presso Besozzo.
I maggiori torrenti della provincia sono il Giona, il Boesio, l'Acqua Nera, il Molinera, il Rio di Colmegna (tributari del Lago Maggiore), il Lanza, la Bevera, il Bozzente, la Lura, il Rile-Tenore, il Vellone, la Quadronna, la Selvagna (tributari dell'Olona), l'Arno, lo Strona (tributari del Ticino), il Rancina (tributario del Margorabbia), il Tinella (tributario del Lago di Varese), il Valmolina (affluente del Rancina).
La provincia è interessata dal percorso delle autostrade A8 Milano - Varese, A9 Lainate - Como - Chiasso, A8/A26 - Diramazione Gallarate-Gattico, A36 Pedemontana Lombarda e A60 Tangenziale Sud di Varese.
Le strade statali di interesse sono la 33 del Sempione, 233 Varesina, 336 dell'Aeroporto della Malpensa, 341 Gallaratese, 342 Briantea, 344 di Porto Ceresio, 394 del Verbano Orientale e 629 del Lago di Monate.
Le strade provinciali della provincia di Varese comprendono altresì alcune ex strade statali divenute provinciali in applicazione del decreto legislativo n. 112 del 1998 e la Legge Regionale n.1 del 2000.
I principali nodi ferroviari sono la stazione di Varese, posta sulla linea Porto Ceresio-Milano e Saronno-Laveno e la stazione di Gallarate, posta anch'essa sulla linea Porto Ceresio-Milano, sulla linea Domodossola-Milano e sulla linea Gallarate-Laveno.
La provincia è attraversata anche dalla linea Novara-Pino e dalla linea Cadenazzo-Malpensa Aeroporto.
Nella città sono presenti tre stazioni ferroviarie: la stazione di Varese, lungo la ferrovia Milano-Varese, la stazione di Varese Nord e la stazione di Varese Casbeno, entrambe poste lungo la ferrovia Saronno-Varese-Laveno. Fino al 1966 era in funzione anche la linea Como-Varese sempre delle FNM che collegava direttamente con Como Lago.
Oltre alla rete tranviaria di Varese, costituita da alcune linee urbane e suburbane fra cui la tranvia Varese-Prima Cappella-Vellone di particolare rilevanza turistica, nella prima metà del Novecento erano presenti nel territorio provinciale ulteriori infrastrutture ferrotranviarie quali la Ferrovia della Valganna, la tranvia della Valcuvia e la Tranvia Varese-Angera.
In provincia di Varese è possibile praticare la navigazione lacustre, in particolare sul lago Maggiore, a pochi chilometri da Varese.
Gli imbarcaderi si possono trovare ad Angera, Ranco, Ispra, Leggiuno (Santa Caterina), Laveno (uno dei maggiori scali del lago: oltre al porto turistico, c'è un imbarcadero dal quale partono tutto l'anno traghetti con trasporto di automobili per Intra), Porto Valtravaglia, Luino e Maccagno.
Nella provincia si trovano gli aeroporti di Milano-Malpensa, che serve destinazioni italiane, europee ed internazionali essendo il secondo aeroporto italiano per traffico passeggeri dopo l'Aeroporto di Roma-Fiumicino, quello di Calcinate del Pesce, da tempo utilizzato come aeroclub volovelistico, quello di Vergiate da qualche anno utilizzato esclusivamente dalla società AgustaWestland, unica proprietaria della struttura e quello di Venegono Inferiore sede dell'aeroclub di Varese.
Il territorio provinciale vanta ben quattro siti inseriti nella prestigiosa Lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO. Risale al 2003 il riconoscimento del Sacro Monte di Varese, assieme ai Sacri Monti del Piemonte e agli altri della Lombardia. Costruito su di un luogo di culto medioevale, poi sede di un convento di monache e di un santuario dedicato alla Vergine Maria, il Sacro Monte venne edificato a partire dal 1605 da padre Giovanni Battista Aguggiari.
Il versante italiano del Monte San Giorgio è stato inserito nel 2010 nel World Heritage List, completando così il riconoscimento che il sito in territorio svizzero aveva già ricevuto nel 2007, a seguito degli eccezionali ritrovamenti paleontologici distribuiti su cinque livelli fossiliferi distinti d'età compresa tra 230 e 245 milioni di anni, fatto che ha permesso di studiare l'evoluzione di alcune specie animali e vegetali nell'arco di alcuni milioni di anni.
Nel 2011 è stato riconosciuto luoghi di tutela dall'Unesco il Parco archeologico di Castelseprio, comprendente l'area del castrum con il Monastero di Torba (quest'ultimo nel territorio del comune di Gornate Olona), la Chiesa di Santa Maria foris portas con i suoi affreschi e i ruderi della Basilica di San Giovanni Evangelista (Castelseprio), parte del più ampio riconoscimento dato ai Longobardi in Italia: i luoghi del potere.
Sempre nel 2011 sono stati inclusi nella lista i siti nel complesso dell'Isolino Virginia-Camilla-Isola di San Biagio a Biandronno, Bodio centrale o delle Monete a Bodio Lomnago e Il Sabbione o settentrionale a Cadrezzate, parte del riconoscimento agli Antichi insediamenti sulle Alpi palafitticoli di età preistorica.
Nella città di Busto Arsizio si trovano diversi palazzi storici come il palazzo Marliani-Cicogna e il palazzo Gilardoni (sede comunale) oltre che ville in stile liberty come la Villa Ottolini-Tosi, la Villa Ottolini-Tovaglieri e la Villa Leone-Della Bella. In città i quattro musei custodiscono opere di arte sacra e dipinti di Procaccini, Crespi e Ferrari. Tra le diverse chiese di ogni epoca spiccano il santuario di Santa Maria di Piazza, che presenta un tiburio alloggiato all'esterno e affreschi di Bernardino Luini all'interno, e la Basilica di San Giovanni Battista, dalla facciata barocca e affrescata internamente dal pittore bustocco Biagio Bellotti, che ne progettò anche la sagrestia.
Di notevole interesse, tra gli altri, anche la Rocca di Angera e l'Eremo di Santa Caterina del Sasso Bellaro a Leggiuno.
I dialetti parlati in Provincia di Varese sono tutti varianti del Lombardo occidentale. Intelleggibili fra loro, e basati sull'articolo determinativo maschile ul (contrapposto al el milanese) presentano una grande omogeneità linguistica nella zona centro-settentrionale della provincia e lungo la sponda orientale del Lago Maggiore. Nel basso Varesotto la variante locale è simile al Saronnese.
Nell'Altomilanese, e in particolare nella zona di Busto Arsizio, si parla il dialetto bustocco, caratterizzato dalla presenza di tratti liguri e delle vocali turbate.
Nella giurisdizione ecclesiastica della Chiesa cattolica, la stragrande maggioranza del territorio della provincia è compresa nell'arcidiocesi di Milano e segue il rito ambrosiano. Fa eccezione la Zona Pastorale XVI delle Valli Varesine (Valcuvia e Valmarchirolo), che appartiene alla diocesi di Como e segue il rito romano.
L'economia è principalmente basata sull'industria e, in minima parte, nell'agricoltura specializzata e nell'artigianato.
Un’agricoltura poco sviluppata e la presenza di un territorio montuoso, ma aperto alle comunicazioni verso tutte le direttrici favorisce sin dall’Ottocento la presenza di artigiani (muratori, tagliapietre) che si spostano nei territori confinanti. La produzione tessile di sete e cotoni prospera grazie alla notevole quantità di manodopera femminile che lavora nelle manifatture site lungo i corsi d’acqua – l’Olona in particolare – ma soprattutto grazie al lavoro a domicilio cui le famiglie contadine si dedicano nel tempo lasciato libero dal lavoro nei campi. L’attività economica genera un nucleo di imprenditori i cui interessi sono legati più a Milano che a Como. Di qui una costante richiesta di autonomia amministrativa dal capoluogo lariano che nel 1862 il nuovo stato unitario accoglie parzialmente costituendo nel circondario di Varese un’autonoma Camera di commercio.
Accanto all’industria tessile, il territorio può contare su qualche cartiera, poche miniere, cave di pietra e calcare. L’apporto energetico è dato dalle poche risorse idriche, dai boschi e dalle numerose torbiere. Lo sviluppo dell’industria tessile fa da battistrada allo sviluppo dell’industria metallurgica e meccanica: l’introduzione dei telai meccanici e la conseguente esigenza di manutenerli e ripararli favoriscono il potenziamento di questa branca industriale, con effetti positivi a cascata sugli altri settori. La lavorazione delle pelli e dei cuoi prende le mosse dal patrimonio zootecnico locale, ma si espande man mano che lo sviluppo economico favorisce la meccanizzazione dei trasporti a trazione animale.
Verso la fine dell’Ottocento le bellezze paesaggistiche del territorio avviano un’importante attività turistica che esercita un forte richiamo sulla metropoli milanese. Infine, tra gli anni cinquanta e gli anni ottanta dell’Ottocento nascono i primi istituti bancari che, nel tempo, formeranno un sistema finanziario in grado di supportare lo sviluppo industriale. Questo sistema economico, sufficientemente diversificato e integrato, consente alle famiglie contadine di sperimentare la transizione verso forme di lavoro artigiano e si rivela un incubatore di micro-imprenditorialità. Inoltre, la vicinanza della metropoli milanese offre al territorio ampie opportunità: le grandi imprese locali utilizzano il capoluogo lombardo per ampliare le reti finanziarie, commerciali, relazionali; Milano trova in questo territorio la possibilità di decentrare parti importanti del proprio apparato produttivo.
Il Novecento offre al territorio di Varese la possibilità di un rapido sviluppo: la Prima guerra mondiale favorisce l’incremento quantitativo e qualitativo dell’industria meccanica con l’avvio della motoristica e delle costruzioni aeronautiche. Le attività di Caproni, Macchi fanno di Varese il polo nazionale della nuova industria aeronautica. Negli anni venti anche il settore dei trasporti conosce importanti innovazioni: da sempre limitato nei trasporti ferroviari – le due grandi linee di trasporto ferroviario che collegano il porto di Genova alla Germania e alla Francia passando da Milano escludono Varese – il territorio conosce una importante rivincita nel 1924 con l’apertura della prima autostrada al mondo, la Milano-Gallarate. A supporto delle esigenze dell’industria tessile, si sviluppa l’industria chimica che contribuisce a rafforzare il carattere variegato dello sviluppo economico locale. Per ultimo, alcune attività di tipo artigianale come la lavorazione delle pipe acquisiscono una prima struttura industriale mentre la lavorazione del cuoio decolla pienamente con l’apertura di grandi calzaturifici.
Gli anni del fascismo vedono il decollo industriale della provincia e, parallelamente, il riconoscimento dell’autonomia amministrativa con la nascita nel 1927 dell’ente provinciale. É tuttavia nel secondo dopoguerra che la vocazione industriale del territorio trova piena espressione. L’industria meccanica da un lato subisce le conseguenze negative del conflitto, per cui il comparto aeronautico è soggetto ad un pesante ridimensionamento, dall’altro l’espansione dei redditi e la modificazione dei costumi favoriscono l’industria degli elettrodomestici e la motoristica. L’industria cotoniera raggiunge la massima espansione produttiva, profittando anche della crisi che inizia ad investire i paesi industrialmente più avanzati.
Già dalla fine degli anni sessanta l’apertura dei mercati ai prodotti dei paesi asiatici emergenti determina il ridimensionamento del settore tessile: la grande fabbrica cessa di fare da traino all’economia e inizia una diaspora di personale qualificato che si inserisce con proprie attività autonome all’interno dei vari cicli produttivi. Di lì a breve la trasformazione dell’economia italiana e mondiale determina la contrazione di gran parte dei settori che avevano promosso l’industrializzazione della provincia. La frammentazione delle imprese è la caratteristica più rilevante di questi ultimi decenni e se da un lato esprime la vitalità e le capacità adattive del sistema industriale, dall’altro ne riduce le possibilità di affrontare con efficacia i problemi posti dall’integrazione globale dei mercati.
Altre attività – servizi, trasporti, ricerca scientifica e formazione – conoscono un rilevante sviluppo e la loro affermazione determina l’aumento del peso relativo del settore terziario nell’economia locale: come in tutte le aree avanzate del Paese, si inizia a parlare di un‘economia e di una società post-industriali.
Il ridimensionamento della grande impresa segna dunque sul territorio la fine di un ciclo economico apertosi negli ultimi decenni dell’Ottocento e questo mutamento produce riflessi anche sul piano sociale e culturale. Dinanzi a questa trasformazione epocale, già a partire dagli anni settanta uomini di cultura, imprenditori e istituzioni pubbliche avvertono la responsabilità di raccontare al pubblico, attraverso gli oggetti e gli ambienti della produzione, la storia dell’impresa e dei prodotti inserendola nel contesto della storia dell’economia locale, dell’evoluzione tecnologica, delle modificazioni del costume della società. Con gli anni ottanta e novanta, quando la vastità del processo di deindustrializzazione fa temere che si disperda anche il ricordo del passato industriale del territorio, quel senso di responsabilità culturale spinge imprese, università e singoli soggetti a dar vita a istituzioni culturali permanenti (musei, centri di ricerca, collezioni) che oggi consentono di mantenere viva la conoscenza del passato.
La tradizione industriale di Varese rivive pertanto attraverso queste istituzioni, che svolgono la funzione di ponte culturale tra generazioni e aiutano le comunità locali a razionalizzare la cesura epocale che le ha investite e i cui effetti perdurano tutt’oggi.
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