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giovedì 12 marzo 2015

IL LAGHETTO DI BRINZIO

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Il laghetto di Brinzio è un piccolo lago italiano, dal 1984 riserva naturale orientata, situato nella zona orientale del territorio comunale di Brinzio, in provincia di Varese, a un'altitudine di circa 510 metri s.l.m.. Presenta una profondità media di 3,5 metri ed un bacino complessivo di 1,5 ettari.

Prima delle glaciazioni avvenute nel corso del Pleistocene non esisteva il colle della Motta Rossa e la val di Rasa scendeva verso sud, solcata dall'alveo del fiume Olona. Durante il Pleistocene i ghiacciai alpini sono avanzati numerose volte, invadendo le principali valli prealpine, compresa la Valcuvia e la Valle di Brinzio, e colmandole quasi completamente. Sui monti che circondano Brinzio si trovano tracce delle avanzate glaciali fino a 900-1000 metri di quota: solo le cime dei principali rilievi (Monte Campo dei Fiori, Monte Martica, Monte San Martino, Monte Nudo) emergevano dai ghiacci per poche centinaia di metri, come dei piccoli e freddi isolotti.

L'ultima avanzata glaciale, denominata Wurm, ha avuto il suo culmine circa 18.000 anni fa ed è stata un po' meno rigida delle altre. Ciò nonostante il ghiacciaio verbano ha invaso nuovamente la valle di Brinzio e il bacino del torrente Intrino, trasportando nuovamente grossi massi erratici strappati alle Alpi alcune decine di chilometri più a monte.

Quando il ghiacciaio ha incominciato a ritirarsi ha abbandonato i materiali che trasportava con sé. In corrispondenza della Motta Rossa i materiali sono stati abbandonati repentinamente, dando luogo a un deposito allungato, che prende il nome di morena; essa è riconoscibile proprio in corrispondenza del passo, a destra della strada provinciale (provenendo da Brinzio). La morena ha bloccato la strada dell'acqua verso sud, creando uno spartiacque; da quel momento si è formato un corso d'acqua con direzione nord, verso la Valcuvia, ovvero il sistema Rio di Brinzio-Brivola. Nella valle dell'Intrino il ghiacciaio abbandonò invece grosse quantità di materiali sparsi, anche di grosse dimensioni ("massi erratici"), ben visibili lungo la strada per il Passo Varrò. Questi materiali furono facilmente preda dell'erosione da parte delle acque, soprattutto immediatamente dopo la glaciazione, quando la vegetazione non aveva ancora stabilizzato i versanti. L'Intrino e gli altri corsi d'acqua provenienti dal versante settentrionale del Campo dei Fiori cominciarono quindi a trasportare grandi quantità di sedimenti, formando, alla base dei versanti, dove la pendenza diminuisce, dei grossi accumuli, denominati conoidi di deiezione. Essi sono ben riconoscibili, in quanto corrispondono ai prati situati a sud di Brinzio, sui quali si sviluppa la pista di sci nordico. Queste strutture si sono formate rapidamente (in senso geologico) durante le alluvioni; i materiali trasportati hanno invaso il torrente Brivola, sbarrandolo e formando così il lago di Brinzio.

Fino al XIX secolo il lago di Brinzio era alimentato esclusivamente dal Rio di Brinzio e da alcune sorgenti sublacuali. In data non precisata venne deviato il percorso dell'Intrino, che fino a quel momento sfociava nel Brivola in vicinanza del ponte presso il lavatoio. Probabilmente l'intento era quello di rivitalizzare il laghetto, oppure di allontanare l'Intrino, con le sue alluvioni, dal centro abitato e dai campi. La deviazione dell'Intrino causò effettivamente un grave problema per la vita del laghetto, ovvero l'inizio del suo interramento da parte dei sedimenti trasportati ancora in abbondanza dal torrente. Il fenomeno di interramento si accentuò anche a causa dell'apertura della cava di porfido: il taglio della vegetazione, l'asportazione del suolo e la messa a nudo della roccia determinarono l'aumento del trasporto solido del Rio di Brinzio, contribuendo al riempimento del lago. Per limitare questo fenomeno, a fine anni novanta la società proprietaria della cava realizzò delle vasche di decantazione, in grado di ridurre il problema.

Alla fine degli anni settanta il lago aveva approssimativamente la forma attuale, con una profondità massima di quattro metri. L'interramento nell'ultimo trentennio del XX secolo è tuttavia avanzato rapidamente: una prima operazione di dragaggio venne effettuata dalla provincia a metà anni novanta. L'incremento delle piogge violente, avvenuto a partire dal 1990, ha tuttavia determinato un aumento della velocità di interramento: un nuovo rilievo batimetrico, effettuato nel 2003, ha evidenziato un riempimento consistente del lago, con tutto il settore di valle avente profondità massima di 70 cm, formazione di un isolotto di fronte alla foce dell'Intrino, invasione dello specchio lacustre da parte della vegetazione.

Gli interventi effettuati nel corso del 2004 hanno riguardato due settori: il bacino dell'Intrino e il laghetto stesso. Nella valle dell'Intrino sono state realizzate una serie di opere di ingegneria naturalistica, necessarie per stabilizzare le frane e le erosioni di sponda che continuano a fornire al corso d'acqua nuovi materiali da trasportare a valle, nel laghetto, durante le piene. Nel laghetto è stata ridotta la vegetazione palustre; sono stati dragati il fondo, fino a una profondità massima di un metro, e il canale in uscita, ovvero il Brivola, fino al lavatoio, sito circa 300 metri più ad ovest.

Al lago è altresì associata una leggenda, attestata dai primi del '900: nel corso di un furioso temporale, qualcuno avrebbe avvistato nel lago una sagoma nerastra, simile a un grosso pesce. Subito si gridò al miracolo: quella sagoma altro non poteva essere che una balena! Un gruppo di giovani ardimentosi accorse al lago e si diede a pescare la balena, che non dava segni di vita. Tuttavia bastò tirare a riva il supposto cetaceo per capire che altro non era se non un grosso tronco abbattuto dalla tempesta. I paesani seppellirono di risate i mancati balenieri, ma da allora il laghetto rimase noto come "lago della balena" e anche gli abitanti di Brinzio vennero soprannominati "balena". Il simbolo del cetaceo è stato recuperato nei primi anni novanta come logo della locale pro loco.


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PARCO REGIONALE CAMPO DEI FIORI

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Il Parco regionale Campo dei Fiori è un'area protetta italiana sita nella provincia di Varese, in Lombardia. Istituito nel 1984 con la legge regionale n.17 del 19.03.84, si estende essenzialmente sui territori occupati dal Massiccio del Campo dei Fiori e dal Massiccio del monte Martica. Il Parco è delimitato a Nord e a Nord-Ovest della Valcuvia, ad Est dalla Valganna e a Sud dalla città di Varese e dalla strada statale che conduce a Laveno-Mombello. I due massicci sono separati dalla Val di Rasa che unisce la Valcuvia alla Valle dell'Olona.

Il Parco è gestito dall'Ente Parco Regionale Campo dei Fiori che ha la propria sede a Brinzio.

Il Massiccio del Campo dei fiori fa parte della catena delle Prealpi Varesine. I rilievi che lo costituiscono sono formati in gran parte da rocce calcaree che hanno permesso lo sviluppo di fenomeni carsici: in tutto il parco si contano 130 grotte, con un'estensione totale delle relative gallerie di 30 km. Presenta due facce differenti: il lato settentrionale è costituito da aspri pendii e pareti verticali mentre il lato meridionale da pendii più morbidi ricoperti da foreste di latifoglie.

I pendii sono dominati da boschi di latifoglie: fino a 600 m prevalgono i castagni, con frassino, tigli e acero montano nei valloni più umidi. Sulla parte sommitale del Massiccio del Campo dei Fiori vengono sostituiti dal faggio, mentre i versanti aridi del Monte Martica sono dominati da betulle e dal pino silvestre. Nella parte nord-occidentale si trovano ancora numerose selve castanili, testimonianze della popolazione contadina che un tempo occupò il massiccio. Gli spazi aperti sono dominati dall'ambiente rupicolo e dai prati aridi su substrato calcareo, impreziositi da primule orecchia d'orso e da decine di specie di Orchidee selvatiche, come vesparia, moscaria e Gentiana pneumonanthe.

I boschi della Riserva ospitano due tra i più maestosi ungulati, il cervo ed il Capriolo, oltre a decine di altre specie come il Cinghiale, in rapida via di espansione, la Volpe rossa, la Lepre, la Faina, il Tasso e lo Scoiattolo rosso. Diversi sono anche i rapaci presenti: alcuni stanziali come il Nibbio bruno, il Falco pecchiaiolo, la Poiana, lo Sparviero, l'Astore ed il Falco pellegrino, altri in migrazione, Biancone e Falco di palude. Di notevole importanza è la presenza di un gran numero di varietà di chirotteri, tanto che la Cee ha finanziato un programma di conservazione. Tra gli invertebrati è presente il Duvalius ghidinii, un coleottero endemico della parte sommitale del massiccio.

Storicamente, il Campo dei Fiori è "la montagna dei varesini ": per via della vicinanza al centro di Varese e dell'estrema rapidità con cui se ne possono raggiungere i crinali, è una delle località di turismo più popolari del territorio. Da fine 1800 fino agli anni 1950 si saliva alla montagna con una rete di tramvia e funicolare; per i turisti più facoltosi era a disposizione il Grand Hotel Campo dei Fiori, monumentale struttura in stile liberty opera dell'architetto Giuseppe Sommaruga. Con la diffusione dell'automobile, l'attenzione turistica si è spostata sulle montagne alpine, facendo perdere fascino ed importanza al Campo dei Fiori (che subì anche la chiusura di buona parte delle strutture ricettive). Per rilanciarne l'immagine, valorizzandone le notevoli ricchezze naturalistiche, storiche ed architettoniche, l'amministrazione regionale lombarda, d'accordo con le autonomie locali, decise verso la fine degli anni 1970 di proteggere tutta l'area includendola in un Parco Naturale Regionale. Il progetto si concretizzò nel 1984.

Il Parco ha da allora notevolmente esteso il suo territorio ed ampliato le sue finalità, rivelandosi uno strumento formidabile per la promozione turistica e la salvaguardia del suo territorio. La sede del Consorzio di gestione, all'inizio posta a Luvinate, fu poi trasferita a Brinzio, l'unico comune a quel tempo totalmente incluso nel territorio del Parco.

Nel territorio coperto dal Parco si trovano importanti complessi storico-architettonici, tra cui spiccano il Sacro Monte di Varese (importante santuario dedicato alla Madonna nera, dichiarato Patrimonio dell'Umanità UNESCO) ed un notevole insieme di edifici in stile liberty di grande pregio, tra i quali svetta per maestosità il Grand Hotel Campo dei Fiori (con annesso Ristorante Belvedere). Da menzionare è altresì la vetta delle "Tre Croci", una delle più alte del massiccio, che trae il suo nome dall'altare ivi posto nel 1600, e da allora più volte rinnovato, a memoria del sacrificio di Gesù Cristo sul Golgota.

Sulla vetta più alta del Massiccio, la Punta Paradiso (1226 m), è stata costruita nel 1956 la "Cittadella di Scienze della Natura Salvatore Furia" che attualmente comprende l'Osservatorio Astronomico "G.V. Schiaparelli", il Centro Geofisico Prealpino, con le stazioni meteorologiche e l'Osservatorio Sismologico, il Parco "L. e M. Zambeletti" e il Giardino Botanico "R.Tomaselli". La Cittadella nasce come centro di divulgazione scientifica, gestito da volontari.


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