giovedì 3 settembre 2015

L'OLTREPO PAVESE



L'Oltrepò Pavese nacque ufficialmente nel 1164, quando l'Imperatore Federico I concesse alla città di Pavia il diritto di nominare i consoli nelle località che costituiscono, grosso modo, l'attuale provincia di Pavia. Questo atto seguì peraltro ad un periodo in cui l'ingerenza pavese nelle terre a sud del Po si era andata intensificando; d'altra parte il riconoscimento imperiale non esimeva il comune pavese da una lunga lotta contro le città di Tortona e Piacenza, già dominatrici del territorio, e nemiche di Pavia a causa della diversa collocazione politica (esse guelfe, Pavia ghibellina).

Prima di questo atto infatti l'Oltrepò Pavese non esisteva come unità politica o amministrativa. In epoca romana gli unici due centri non oscuri del territorio, Iria e Clastidium, appartenevano alle aree di influenza di due città vicine, Tortona e Piacenza appunto, situate rispettivamente nelle regioni romane Liguria ed Aemilia.

In epoca longobarda il territorio fu sottoposto ai monaci della potente abbazia di San Colombano di Bobbio.

Ancora all'inizio dell'800 l'Oltrepò era diviso ecclesiasticamente tra le diocesi di Tortona, diocesi di Bobbio e diocesi di Piacenza, con poche sparse parrocchie dipendenti invece da Pavia.

Nel 1359 cadde insieme a Pavia sotto la dominazione dei Visconti di Milano, cui seguirono gli Sforza, famiglie che dominarono anche il confinante Piacentino e Tortonese. Nel 1499 il territorio pavese, comprendente l'Oltrepò, ebbe la qualifica di Principato di Pavia.

Sotto gli Sforza l'Oltrepò era governato da un Capitano con sede a Casteggio. Il territorio comprendeva un certo numero di podesterie, nei borghi e villaggi principali; il numero dei Comuni era grandissimo, poiché erano comuni talvolta anche minuscole cascine. Agli antichi signori locali che la città di Pavia aveva confermato nei loro possessi si erano affiancati nuovi feudatari pavesi, e infine quelli nominati dai duchi di Milano. Alla metà del XV secolo l'intero territorio dell'Oltrepò era diviso in feudi, e questa situazione non mutò fino al XVIII secolo. Bisogna comunque distinguere i piccoli feudi (detti camerali) dell'Oltrepò propriamente detto (l'originario dominio pavese), dotati di scarsa autonomia fiscale e giurisdizionale, dai grandi feudi dell'alta collina e della montagna, assoggettati dai duchi di Milano e aggregati all'Oltrepò, ma ancora dotati di larga autonomia. Questi ultimi erano detti terre diverse, o giurisdizioni separate; avevano ognuno una sorta di statuto speciale e vari privilegi. I principali erano i marchesati di Fortunago, Godiasco, Varzi e Pregola, nati (salvo il primo) dalla disgregazione del marchesato dei Malaspina, cui in gran parte ancora appartenevano; molto importante anche il feudo di Bobbio, appartenente ai Dal Verme. I feudi malaspiniani e vermeschi costituirono le cosiddette "Giurisdizioni separate" che, trattandosi di feudi immediati imperiali, godettero di piena indipendenza fino all'abolizione dei feudi imperiali nel 1797.

Insieme allo Stato di Milano l'Oltrepò passò nel 1535 alla Spagna e nel 1713 all'Austria; nel 1743, col trattato di Worms tra l'Austria e i Savoia, fu separato dal Principato di Pavia e unito al Piemonte. Sotto i Savoia l'Oltrepò conobbe una grande fioritura e venne suddiviso in due province: una con capoluogo Voghera, il centro che era divenuto ormai il principale della zona e che in precedenza aveva a lungo e inutilmente cercato di affrancarsi dal dominio pavese; a sud il territorio fece parte della provincia di Bobbio fino all'unità d'Italia.

Nel 1770 Voghera fu affrancata dal feudalesimo ed elevata a Città regia; il peso dei feudatari fu comunque ridotto ovunque a una funzione quasi solo simbolica. In epoca napoleonica l'Oltrepò, diviso nei due circondari di Voghera e Bobbio, fu unito prima al dipartimento di Marengo e poi a quello di Genova, appartenente all'Impero Francese. Ritornato ai Savoia nel 1814, rimase diviso in due province, Voghera e Bobbio; nel 1859, dopo l'annessione della Lombardia al Regno di Sardegna, le due piccole province ritornarono a Pavia, la cui Provincia ricalcava in gran parte l'antico Principato. Tuttavia nel 1923 il territorio di Bobbio, tra cui i comuni di Trebecco e Caminata, fu staccato da Pavia e unito a Piacenza e in piccola parte a Genova.

Il territorio dell’Oltrepò Pavese appartiene amministrativamente alla Provincia di Pavia. La sua forma ricorda un triangolo, incuneato fra Piemonte, Liguria ed Emilia. Rispetto alle altre aree della provincia (Pavese propriamente detto e Lomellina), l’Oltrepò si caratterizza per la sua collocazione a sud (oltre il Po) e per la prevalenza di terreno collinare.

Il suo confine naturale verso sud è rappresentato dalle pendici dell’Appennino, che raggiunge le sue vette più elevate nel Monte Penice (1460 m) e nel Monte Lesima (1724 m). La superficie dell’Oltrepò, di 1070 kmq, può essere suddivisa idealmente in tre fasce altimetriche:

Una zona bassa (al di sotto dei 200 metri sul livello del mare), comprendente la pianura costiera del Po e i primi rilievi. I maggiori centri abitati di tale fascia sono Voghera, Rivanazzano, Retorbido, Codevilla, Torrazza Coste, Montebello della Battaglia, Borgo Priolo, Redavalle, Torricella Verzate, Corvino San Quirico, Casteggio, Santa Giuletta, Broni e Stradella;
Una zona media ( fra i 200 e i 300 metri sul livello del mare), i cui maggiori centri abitati sono Ponte Nizza, Cecima, Godiasco, Calvignano, Oliva Gessi, Mornico Losana, Lirio, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Castana, Canneto Pavese;
Una zona alta (al di sopra dei 350 metri sul livello del mare), comprendente il territorio montano; i maggiori centri compresi in tale fascia sono Rocca Susella, Montesegale, Fortunago, Borgoratto Mormorolo, Montalto Pavese, Ruino, Canevino, Rocca de’ Giorgi e Varzi.
Il territorio è solcato da 4 fiumi e torrenti maggiori, con andamento sud – nord, affluenti di destra del Po. Procedendo da ovest ad est, i corsi d’acqua più significativi sono il fiume Staffora, che attraversa la città di Voghera, il torrente Coppa, che attraversa Casteggio, il torrente Scuropasso, che lambisce Broni, e il torrente Versa che si immette nel Po a Portalbera, non lontano da Stradella.

I corsi d’acqua citati danno il nome alle corrispondenti valli (Valle Staffora, Val Coppa, Valle Scuropasso e Val Versa).

Il suolo dell’Oltrepò presenta formazioni varie, riconducibili a diverse ere geologiche.

La fascia pianeggiante costiera del Po è di tipo alluvionale (era Quaternaria), mentre la prima fascia collinare, idealmente estesa da Montù Beccaria a Torrazza Coste, risale all’era Terziaria. Le zone di collina e di montagna sono riconducibili al Cenozoico e al Mesozoico.

Molto diffusi sono marne, calcari arenacei e gessi, così come sabbia e argilla.

Il clima è temperato, con eventualità di elevate escursioni termiche. Le piogge sono di media entità, concentrate soprattutto in primavera e in autunno.

I luoghi fortificati dell’Oltrepò Pavese sono 55, secondo il censimento dell’architettura fortificata svolto una decina d’anni fa dalla sezione Lombarda dell’Istituto dei castelli.

I castelli veri e propri, secondo tale censimento, sono 38; il rimanente numero di luoghi fortificati è costituito da torri e caseforti.

Le fortificazioni dell’Oltrepò sorgono per lo più in luoghi elevati, con ampio dominio visivo sulle valli vicine. Ma il luogo elevato non è l’unico parametro riscontrabile.

Esistono infatti allineamenti fra castelli, talora anche lontani fra loro. Gli allineamenti consentivano di creare una vera e propria rete di comunicazione, per mezzo dell’uso di fiaccole, quindi di fuoco.

Di antica origine medievale, il castello di Castana venne trasformato nel 1740 in residenza di campagna dai marchesi Pallavicino Trivulzio. L'edificio, in origine attorniato da un fossato, ha pianta irregolare, presenta una grande balconata panoramica ed una corte interna a livello inferiore rispetto al palazzo principale. Restaurato ad inizio del XXI secolo è proprietà privata.

Il castello di Cecima, citato già nell'anno 943, fu lungamente proprietà dei Vescovi di Pavia; rimangono resti delle mura e due piccole torri.

Dell'antico castello di Cicognola, la cui edificazione risale all'inizio del Duecento, rimane la svettante torre quadrata, dai merli ghibellini, anche se molto probabilmente risistemata e rivista nell'Ottocento, in epoca romantica. Appartenne ai Sannazzaro, ai Beccaria (dal 1406), a Giorgio Aicardi (1415), in seguito denominati Visconti Aicardi Scaramuzza, a Barbara d'Adda (nel Settecento), indi al figlio di lei Alberico Barbiano di Belgiojoso. Sotto Napoleone i beni vennero comprati dai Gazzaniga, da questi agli Arnaboldi Gazzaniga, quindi ai Brichetto Arnaboldi. Il castello è proprietà privata.

Il castello di Montalto Pavese  costruito in pietra e mattoni a vista, caratterizzato da quattro torrioni, edificato nell'anno 1595, su ciò che rimaneva di una preesistente rocca medievale, da Filippo Belcredi ad una altitudine di 466 s.l.m. Il castello è cinto da un vasto parco: da segnalare il giardino all'italiana ed il giardino all'inglese. Montalto fu poi degli Strozzi sino al 1617, poi dei Taverna (sino al 1630), indi dei Belcredi sino al termine del Settecento. Dalla metà circa del secolo XIX appartiene ai conti Balduino, i quali provvidero a restaurarlo.

L'attuale castello di Montebello della Battaglia appare come una villa barocca e risale al Seicento / Settecento, sulla sede di un probabile fortilizio medievale: è di dimensioni considerevoli, con un vasto parco annesso. Proprietà privata.

Il castello di Montecalvo Versiggia è nominato nelle cronache delle lotte di inizio Duecento tra l'imperatore Federico II alleato con Pavia, contro milanesi e piacentini. Probabilmente ne seguì un periodo di declino. Già dal Duecento Montecalvo fu dei Beccaria, rimanendovi sino al Seicento. I Pietragrassa Berio Beccaria lo conserveranno in qualità di dimora di campagna e sede delle proprietà agricole, abitandolo dunque assai di rado. Il castello fu comprato ad inizio del secolo XIX dai pisani Dossi, divenendo poi dei marchesi Brignole Sale di Genova, che lo alienarono nel 1879 a Carlo e Luigi Fiori. Dopo molti anni di in cui fu abbandonato, riassunse una funzione abitativa. È proprietà privata.
La Rocca di Montesegale edificata dai Gamberana su di un'altura del paese: oggigiorno è un complesso di costruzioni e corti risalenti a differenti periodi. Proprietà privata.

Costruito dai Malaspina intorno all'anno Mille, il castello di Nazzano fu potenziato da Gian Galeazzo Visconti, che ne riconobbe immediatamente la strategica posizione, intorno al 1360.

Il castello di Oramala, innalzato anteriormente al Mille, anche se la prima attestazione scritta è dell'anno 1029, fu dei potenti marchesi Malaspina, che ne fecero il fulcro di uno dei più importanti marchesati del nord Italia, e che quasi senza interruzione di continuità lo ebbero sino al termine del Settecento. Ciò che ne rimane è solo una parte del grande complesso (le mura presentano uno spessore di 2,4 metri). Nel 1986 iniziò la lunga e complessa campagna di ricostruzione/ restauro. Proprietà privata.

Il complesso del castello di Pietra de' Giorgi presenta all'interno del suo recinto la rocca (proprietà privata) ed un palazzo attualmente sede del Comune. Il castello, risalente con probabilità all'anno 1012, fu proprietà dei Sannazzaro, e nel 1402 fu distrutto ad opera dei Beccaria, i quali in seguito lo restaurarono. Il paese prese il nome di Pietra Beccaria. Franceschina Beccaria sposò il nobile Antonio Giorgi, portandogli in dote Pietra. Alla morte di questi nominò erede il nipote Pio Beccaria (da quel momento si chiamerà Pio Beccaria Giorgi). Da lì nacque la disputa ereditaria tra il Beccaria Giorgi ed i conti Giorgi di Vistarino. La controversia venne sbrogliata con l'assegnazione della rocca a Pio Beccaria Giorgi ed il palazzo (ora municipio), ubicato all'interno della recinzione del castello, ai Giorgi di Vistarino. Questo palazzo venne alienato dai conti Giorgi di Vistarino a Giuseppina Meardi Leidi nel 1864, e da quest'ultima venduto al comune nel 1877. La rocca di contro passò per eredità agli Eotwos, ai Dal Pozzo e ai Dosi.

Il castello di Romagnese fu costruito dai Dal Verme tra il XIV e il XV secolo sulla sede di un precedente castello eretto nell'alto medioevo. Oggi è sede del municipio e ospita, nella torre, il Museo dell'arte rurale e degli strumenti agricoli.

Rovescala, fortilizio costruito intorno all'XI secolo.

Il castello, che sorge sulla cima di un colle, nel territorio di Borgo Priolo, venne riattato nel 1477, ma la torre monta al secolo XII: è sede di una azienda agricola.
Il Castello Visconteo di Voghera fu eretto tra il 1335 e il 1372, quando divenne residenza di Galeazzo Visconti. Col passaggio di Voghera sotto il controllo dei Savoia, l'edificio fu adibito a ufficio fiscale, sede della magistratura, intendenza, magazzino e, infine, carcere.
Il castello di ZAvatterello, conteso tra Pavia e Piacenza, è citato in alcuni Diplomi del 971 e del 972 come proprietà dei Vescovi di Bobbio che lo infeudarono ai Landi, vincitori sugli Scotti (1264), e, quindi, al celebrato Jacopo Dal Verme di Verona (1385). Da allora fu proprietà del Casato (con le brevi interruzioni legate alle figure di Galeazzo Sanseverino e Bernardino della Corte) sino al 1975, quando i discendenti lo donarono al comune. La rocca, abbandonata dai Dal Verme durante la Seconda guerra mondiale, fu campo di scontri bellici e venne gravemente danneggiata da un incendio nel 1944. Il maniero venne restaurato a partire dal 1987. Attualmente è sede di un museo di arte contemporanea.

Oltre alla produzione di vino, che caratterizza in modo identificativo il territorio, l’economia della zona è tipicamente agricola e si basa su cereali, foraggi, ortaggi e frutta.

Fra i prodotti che qualificano l’Oltrepò Pavese, meritano menzione il Salame di Varzi DOP e i salumi in genere (coppe, pancette, cotechini), i formaggi di vacca e di capra nella zona montana, il miele, i tartufi, funghi, fagioli e ceci, peperoni e cipolle (nei dintorni di Voghera), le mele della Valle Staffora, le mandorle e le noci.

Fra le particolarità si ricorda la coltivazione di erbe officinali (lavanda, salvia, menta e melissa).

La musica dell'Oltrepò pavese, compreso nell'area delle quattro province, è tradizionalmente eseguita con piffero dell'Appennino, müsa e fisarmonica. È possibile ascoltare i suonatori di questi strumenti alle feste da ballo nei paesi e nelle frazioni montane (o in quelli delle tre province limitrofe) o in alcuni festival folkloristici che si tengono in estate.

In occasione di sagre, feste del patrono, festival folkloristici, celebrazioni della Pasqua (Romagnese) o del Carnevale è possibile assistere all'esibizione degli strumenti tipici che eseguono musiche da ballo come la giga (a due o a quattro), la monferrina o l'alessandrina. In particolare il paese di Cegni ha conservato la tradizione del carnevale, con la storia della povera donna che deve sposare l'uomo brutto che viene rappresentata con la partecipazione di tutta la frazione e di molti turisti il sabato grasso e il 16 di agosto. Presente la tradizione del calendimaggio che nell'alta val Tidone prende il nome di galina grisa.

La Comunità montana dell'Oltrepò Pavese si estende nella fascia montana e nell'alta collina dell'Oltrepò, comprendendo la valle Staffora, la parte alta della val Tidone e la parte alta della Valle del Coppa e una piccola porzione in val Trebbia. Dopo la riforma regionale del 2008, è costituita da 19 Comuni: Bagnaria, Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Brallo di Pregola, Cecima, Fortunago, Godiasco Salice Terme, Menconico, Montalto Pavese, Montesegale, Ponte Nizza, Rocca Susella, Romagnese, Ruino, Santa Margherita di Staffora, Val di Nizza, Valverde, Varzi, Zavattarello.


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1 commento:

  1. Dopo anni Mortara e Robbio muovono contro chi usa petardi e botti nelle feste di fine anno, con il divieto di accendere micce e lanciare colpi fino alla fine delle festività. Anche se il sindaco Massimo Depaoli aveva detto di essere favorevole, il comune aveva dichiarato di non avere a disposizione statuine e arredi, Provincia pavese, ma a questo ha provveduto Niutta, che presso l’ultima seduta di Consiglio comunale aveva promosso un’instant question per il ripristino di questa tradizione al palazzo comunale.

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