La posizione dei Testimoni di Geova sull'omosessualità si basa sul principio che le Sacre Scritture siano l'unica fonte universalmente valida anche in tema di morale sessuale. Secondo i Testimoni di Geova, le Sacre Scritture sono Parola di Dio infallibile e il testo biblico, sia nel Vecchio Testamento che nel Nuovo Testamento, esprime una netta condanna dei rapporti omosessuali: pertanto i precetti che ne ricavano sono per essi non discutibili e non negoziabili.
Ritenendo d'essere chiamati a un'opera d'insegnamento, e di doversi confrontare con un mondo in cui l'omosessualità è praticata liberamente, i Testimoni di Geova hanno trattato spesso nelle loro pubblicazioni questo tema, sostenendo che il testo biblico è molto esplicito e contiene molti passi di condanna delle pratiche omosessuali. Essi citano Levitico, Romani oppure Giuda. Ricordano, ad esempio, che nella lettera ai Romani, a proposito delle pratiche omosessuali, si legge (1,24-27): «Dio li ha abbandonati a vergognosi appetiti sessuali, poiché le loro femmine hanno mutato il loro uso naturale in uno contro natura; e similmente anche i maschi hanno lasciato l'uso naturale della femmina, e nella loro concupiscenza si sono infiammati violentemente gli uni verso gli altri, maschi con maschi, operando ciò che è osceno».
Mentre il Levitico (20,13) recita: «Se uno ha con un uomo relazioni sessuali come si hanno con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.» E in Giuda si sottolinea: «Allo stesso modo Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si abbandonarono, come loro, alla fornicazione e ai vizi contro natura, sono date come esempio, portando la pena di un fuoco eterno».
Per i Testimoni di Geova, l'omosessualità, sia maschile che femminile, è una pratica disapprovata da Dio ed è quindi considerata moralmente sbagliata e contro natura, anche per il suo aspetto di pratica sessuale al di fuori del matrimonio.
I Testimoni di Geova citano Paolo, che nel Nuovo Testamento accomunò, nella Prima Lettera ai Corinti (6,9-12), gli omosessuali ad altre categorie di persone che non rispettavano i precetti di Dio, quali «fornicatori, adulteri, idolatri, ladri, avari, ubriaconi, rapinatori...». Secondo i Testimoni di Geova questo passo biblico indica che, nella chiesa o congregazione cristiana primitiva, alcuni che avevano praticato rapporti omosessuali, li avevano cessati spontaneamente per seguire i precetti divini. Di conseguenza i Testimoni di Geova incoraggiano tutti quelli che compiono tali pratiche non accette a Dio ad abbandonarle così come consiglia la Bibbia.
Seguendo un esempio presente negli scritti di Paolo, i Testimoni di Geova disassociano chi si allontani dai principi biblici seguiti dalla congregazione. Di conseguenza, un Testimone di Geova che pratica l'omosessualità e che sia contrario ad adottare forzatamente un orientamento sessuale diverso dal proprio viene sottoposto a un "comitato giudiziario", composto da tre o più "anziani", per conoscere i motivi della sua condotta, prestargli aiuto e valutare i provvedimenti opportuni.
I provvedimenti in questione possono consistere nella riprensione o a volte nella disassociazione dell'omosessuale.
Chi è riconosciuto colpevole di una pratica di peccato, tra cui rientra l'omosessualità, può essere in primo luogo ripreso scritturalmente, e poi disassociato nel caso non sia disposto a rinnegare il proprio orientamento sessuale. Senza distinzione di parentela o di legame affettivo, ai Testimoni di Geova, in assenza di situazioni particolari (lavoro, scuola, vita nella stessa casa, minori, malattia), è consigliato di non fraternizzare con i disassociati e di troncare ogni rapporto con loro. Stesso giudizio tocca a chi persista nella pratica di comportamenti sessuali esterni al matrimonio, come l'adulterio e la fornicazione. I testimoni di Geova non provano nessuna avversione verso gli omosessuali, con cui tengono gli studi biblici e che possono assistere alle loro adunanze. Tuttavia, la pratica dell'omosessualità è incompatibile con l'appartenenza al movimento.
I Testimoni di Geova si dichiarano contro l'omofobia, poiché la Bibbia comanda al cristiano di "amare il prossimo" e di non giudicarlo. In una loro pubblicazione, alla domanda: «I cristiani non dovrebbero trattare tutti con rispetto, al di là del loro orientamento sessuale?», si risponde: «Certo. La Bibbia afferma: 'Onorate uomini di ogni sorta'. O come dice la versione Parola del Signore 'Rispettate tutti' (1 Pietro 2:17). Pertanto, i cristiani non sono omofobi. Mostrano considerazione per tutti, inclusi i gay» (Matteo 7:12). Nella rivista Svegliatevi! (gennaio 2012, p. 29) si legge che «Sebbene gli atti omosessuali siano condannati nella Bibbia, l'odio per gli omosessuali non vi trova riscontro.»
Le associazioni LGBT contestano la posizione e i comportamenti dei Testimoni di Geova in merito all'omosessualità.
Coloro che, a parere dei Testimoni di Geova, adottano comportamenti contrari ai principi biblici (tra cui l'omosessualità) sono sottoposti alla "disassociazione". Questo provvedimento disciplinare, criticato da alcuni come un provvedimento che porta alla "morte sociale", è considerato da alcune associazioni LGBT come un metodo per fare pressione psicologica sulle persone omosessuali, col fine di costringerle a una condotta eterosessuale. Il testimone di Geova omosessuale viene isolato socialmente, con lo scopo di "disciplinarlo", nel presupposto che la sua sia una condotta "deviante".
Gli attivisti LGBT replicano che non esistono evidenze scientifiche che l'omosessualità sia un comportamento deviante. Notano anche che la disassociazione è un provvedimento riservato non solo agli omosessuali, ma a chiunque persista in comportamenti disapprovati dal movimento.
Alla base della "disassociazione" vi è la convinzione che l'orientamento sessuale di una persona possa essere "mutato". Viene replicato dagli LGBT che questa convinzione non è supportata dalla ricerca scientifica, e che in molti Paesi le "terapie di conversione eterosessuale" sono considerate illegali (Brasile, Ecuador, Regno Unito, Stati Uniti d'America). I metodi volti al far cambiare l'orientamento sessuale altrui sono considerati privi di giustificazione medica e lesivi della salute umana, e una delle cause dell'inasprimento del clima e degli stereotipi negativi verso l'omosessualità.
Gli attivisti LGBT hanno spesso denunciato come offensivi e discriminatori i toni usati dai Testimoni di Geova nei confronti degli omosessuali nelle loro pubblicazioni ad uso interno: in particolare hanno lamentato l'analogia comparsa sulla rivista Svegliatevi! fra l'accettazione dell'orientamento omosessuale e l'incoraggiamento a bere rivolto a un'alcolista.
Alcune associazioni LGBT ritengono che la posizione dei testimoni di Geova, secondo la quale l'omosessualità è quasi sempre frutto di una "scelta" del singolo, deliberata o indotta dall'ambiente, e quasi mai una tendenza genetica, non troverebbe riscontro nella ricerca scientifica e incoraggerebbe la pratica di rapporti omosessuali vissuti in segreto, dietro la facciata del conformismo esteriore o di un matrimonio di comodo.
Il matrimonio è un’unione permanente (Matteo 19:6). I Testimoni di Geova considerano il fatto di frequentare una persona dell’altro sesso un passo verso il matrimonio, quindi lo ritengono una cosa seria.
È pronto per frequentare qualcuno solo chi è abbastanza grande per sposarsi e “ha passato il fiore della giovinezza”, ovvero ha superato il periodo in cui gli impulsi sessuali sono più forti (1 Corinti 7:36).
Chi si frequenta dovrebbe essere libero di sposarsi. Alcuni che sono divorziati legalmente non sono comunque liberi di risposarsi agli occhi di Dio, perché dal suo punto di vista l’unico motivo valido di divorzio è l’immoralità sessuale (Matteo 19:9).
Ai cristiani che vogliono sposarsi viene detto di scegliere il coniuge solo tra i compagni di fede (1 Corinti 7:39). Questo comando non si riferisce solo a una persona che rispetta le stesse convinzioni religiose ma a chi le condivide e agisce in armonia con esse come Testimone battezzato (2 Corinti 6:14). Ai suoi servitori Dio ha sempre dato il comando di sposare solo chi ha la stessa fede (Genesi 24:3; Malachia 2:11). Tra l’altro la validità di questo comando è stata riconosciuta anche dai ricercatori di oggi.
I figli dovrebbero ubbidire ai genitori (Proverbi 1:8; Colossesi 3:20). Questo significa che se i figli sono ancora a casa devono rispettare quanto stabilito dai genitori in relazione al frequentare qualcuno, il che può includere l’età alla quale iniziare a frequentarsi e quali attività svolgere.
Nel rispetto dei princìpi della Bibbia, ogni Testimone può decidere se e con chi frequentarsi. Questo è in armonia con il principio che dice: “ciascuno porterà il proprio carico di responsabilità” (Galati 6:5). Ad ogni modo, quando si tratta di frequentare qualcuno molti cercano saggiamente i consigli di Testimoni maturi che hanno a cuore i loro migliori interessi (Proverbi 1:5).
Molte pratiche comunemente accettate quando ci si frequenta sono in realtà dei peccati gravi. Per esempio la Bibbia comanda di evitare l’immoralità sessuale. Questa include non solo i rapporti sessuali ma anche altri atti impuri tra persone non sposate come ad esempio accarezzare i genitali di un’altra persona o fare sesso orale o anale (1 Corinti 6:9-11). Prima del matrimonio anche tenere un comportamento sessualmente eccitante, pur non arrivando all’immoralità sessuale, è una forma di “impurità” che dispiace a Dio (Galati 5:19-21). Anche i “discorsi osceni”, ovvero sconci o indecenti, nella Bibbia sono condannati (Colossesi 3:8, CEI).
Il cuore, vale a dire la persona interiore, è ingannevole (Geremia 17:9). Può spingerci a fare cose che sappiamo essere sbagliate. Per non farsi ingannare dal cuore, due persone che si frequentano possono evitare di stare da sole in situazioni che per loro rappresentano una tentazione. Magari possono decidere di cautelarsi stando in mezzo a sane compagnie o facendosi accompagnare da una persona adatta (Proverbi 28:26). I cristiani che stanno cercando un coniuge riconoscono che frequentarsi su Internet comporta dei pericoli, specialmente quello di legarsi a qualcuno di cui non si sa praticamente nulla (Salmo 26:4).
Frequentarsi include qualunque attività sociale in cui due persone sono sentimentalmente coinvolte. Due persone si possono frequentare in gruppo o da sole, apertamente o di nascosto, di persona, al telefono o scambiandosi messaggi. Per i Testimoni di Geova frequentarsi non è un divertimento come un altro, è un passo importante verso il matrimonio.
La cura del paziente Testimone di Geova presenta complessi problemi etici, legali e medici. Il paziente Testimone di Geova può prontamente aver bisogno di cure mediche, sia in elezione sia in emergenza, e accetterà tutti gli aspetti del trattamento, a parte le trasfusioni. Questo rifiuto del sangue o degli emoderivati, che include il sangue intero, emazie concentrate, bianchi concentrati, piastrine, plasma ed autotrasfusioni di sangue predepositato, crea un frustrante dilemma per il medico, dato che una procedura di routine e potenzialmente salvavita è inaccettabile per il paziente. L’anestesista è particolarmente coinvolto dato che è il responsabile della gestione delle trasfusioni intraoperatorie.
Il dettame dei Testimoni che la trasfusione di sangue violi la legge di Dio fu stabilito nel 1945 ed è basato sul seguente passaggio della Bibbia:
"Ogni animale che si muova e che sia vivo può servirvi da cibo. E così nel caso della verde vegetazione, Io ti do tutto questo. Solo la carne con il suo spirito –il suo sangue- tu non puoi mangiare". (Genesi 9:3,4)
"E verso ogni uomo della casa di Israele o per ogni straniero che vi abiti come colui che ci abiti come straniero nel suo mezzo, che mangi ogni sorta di sangue, Io rivolgerò via il mio viso contro quell’anima che mangi del sangue, e lo taglierò via dal mio popolo." (Levitico 17:10-16)
"Lo Spirito Santo e Noi stessi abbiamo stabilito di non aggiungervi altri obblighi, eccetto quelle cose necessarie, come l’astenersi da ciò che è stato sacrificato agli idoli e dal sangue e da ciò che è stato strangolato e dalla fornicazione. Se voi vi terrete lontani da ciò prospererete." (Atti 15:28,29)
A prescindere dalle circostanze d’elezione o d’urgenza, il Testimone di Geova crede che l’ingiunzione biblica riguardo il sangue contempli anche il sangue umano, e che la trasfusione di sangue attraverso le vene sia equivalente al "mangiare". Anche l’uso del proprio sangue, raccolto e depositato in una banca del sangue in preparazione di un intervento chirurgico programmato, è vietato.
Il dilemma etico è ovvio: i medici sono spinti a preservare e prolungare la vita al meglio delle loro abilità e giudizi, ma, nel caso del paziente Testimone di Geova, è loro vietato il ricorrere all’unico trattamento che può essere necessario a salvare la vita. Il medico può quindi naturalmente trovarsi a combattere una dura lotta con la propria coscienza, quando gli viene richiesto di assistere e di permettere ad un paziente di morire anche se è convinzione certa del medico che il paziente possa sopravvivere se gli fosse praticata una trasfusione.
Da parte del Testimone di Geova, la trasfusione di sangue è una violazione della parola di Dio ed è un peccato grave quanto l’idolatria o una condotta sessuale immorale. Il rifiuto dei Testimoni all’accettare una trasfusione è basato sull’obbedienza ad una "più alta autorità" e sulla convinzione che il loro rapporto con Dio sia messo in pericolo. Quale è il beneficio per il Testimone se, come Gardner El et al. hanno puntualizzato, "la loro malattia corporea è curata ma la loro vita spirituale con Dio, come loro credono, è compromessa, cosa che porta ad una vita senza significato e forse peggiore della morte stessa?".
Da un punto di vista legale, l’interpretazione del tribunale del diritto del paziente di rifiutare o accettare un trattamento è basata sulla legge comune, e perciò è un processo in evoluzione e cambiamento. Le determinazioni delle corti diventano talvolta confuse da fattori come la mancanza di competenza, a seconda che vengano prese in considerazione bambini, minori o situazioni d’emergenza.
Il caso simbolo che ha confermato il diritto di un adulto competente di rifiutare un trattamento avvenne nel 1914 nel caso "Schloendorff contro la Società degli Ospedali di New York". In questo caso, una donna acconsentì ad un esame sotto anestesia ma rifiutò il consenso ad ogni procedura operativa. Una volta sotto anestesia, tuttavia, fu effettuata una procedura operativa. Inoltre, fu scoperto postoperativamente che la donna riportò un danno al plesso brachiale risultante in intenso dolore ed un eventuale amputazione di alcune dita. Benché la donna perdesse la causa perché l’ospedale era un’organizzazione caritatevole e quindi immune da responsabilità, il giudice che presiedeva al caso stabilì che "Ogni essere umano adulto e capace di intendere e di volere ha il diritto di decidere che cosa deve essere fatto del proprio corpo."
È questo il caso che stabilì la premessa sottostante al consenso informato ed al diritto di scelta del paziente. Assieme al diritto del cittadino degli Stati Uniti di libertà di religione, un paziente Testimone di Geova adulto e competente ha il diritto, difeso dalla legge, di rifiutare la trasfusione, anche se il risultato di tale rifiuto potrebbe essere la morte. Appare quindi che i punti chiave nel diritto del paziente a rifiutare un trattamento salvavita sono la "competenza" e "l’età adulta".
Secondo il dr. Phil Fontanarosa ed il dr. Gary Giorgio del Northeastern Ohio Universities College of Medicine in Akron, un paziente può essere incapace di prendere una decisione competente se ha:
Segni vitali anormali o instabili.
Stato mentale alterato
Giudizio evidentemente alterato come per un danno o una malattia del sistema nervoso centrale, o:
Ogni segno di intossicazione alcolica o da farmaci.
Se lo stato mentale di un paziente è normale, il medico dell’Ohio consiglia di eseguire il test di Schiller: "Il paziente è intellettualmente in grado di capire la condizione, la natura e l’effetto del trattamento proposto?". Se le risposte son tutte dei "sì" il paziente è considerato cognitivamente competente. Se no, il medico potrebbe affidarsi ad un altra persona in grado di decidere – in genere il coniuge del paziente, un figlio adulto, o altri parenti stretti od amici.
Inoltre, l’argomentazione che il paziente che rifiuti la trasfusione sia quindi un suicida, e perciò non competente, è una posizione non sostanziata e generalmente non un punto fermo. Il paziente Testimone di Geova vuole vivere e ricerca trattamenti medici che gli permettano di vivere. Infatti, la loro religione attualmente proibisce il suicidio allo stesso modo delle trasfusioni.
Nonostante il precedente Schloendorff, ci sono molti procedimenti giudiziari dove il diritto di un paziente a rifiutare un trattamento fu superato dall’interesse dello stato al benessere del paziente. Per esempio, nel caso "Raliegh Fitkin-Paul Morgan Memorial Hospital contro Anderson", la corte ordinò una trasfusione di sangue in una donna gravida per salvare sia la vita della madre sia quella del feto. Nel caso "Powell contro Columbia Presbyterian Medical Center", il tribunale ordinò una trasfusione in una donna "competente" con figli minori, ritenendo che , nel caso la donna fosse morta, i figli sarebbero potuti diventare a carico dello stato, e quindi porre un indebito carico allo stato stesso.
Riguardo alla definizione di minore, un individuo è generalmente considerato troppo giovane per prendere decisioni riguardo se stesso se di età inferiore ai 18 anni; tuttavia, possono essere fatte eccezioni per i "minori autosufficienti" e i "minori emancipati". Per il Codice Civile della California, sezione 34.6, un minore autosufficiente è chi ha un’età di 15 anni o più e:
Vive separato e diviso dai suoi parenti o custodi legali, sia con sia senza il consenso o il muto assenso dei genitori o dei custodi legali, e
Gestisce i propri affari finanziari, a prescindere dalla fonte di reddito.
Sotto la sezione 62 del Codice civile della California, un minore emancipato è ogni persona sotto i 18 anni di età che:
Ha contratto regolare matrimonio, a prescindere dal fatto che tale matrimonio sia stato o no dissolto, o
Sia in servizio attivo in una qualsiasi delle forze armate degli Stati Uniti d’America, o
Abbia ricevuto una dichiarazione di emancipazione secondo la sezione 64 del Codice Civile della California.
Nelle loro decisioni riguardanti i minori, i tribunali hanno ordinato trasfusioni in bambini in situazioni pericolose per la vita a dispetto delle obiezioni dei loro genitori o tutori legali. I tribunali hanno argomentato che il principio legale della "parens patriae" obblighi lo stato ad assumere un interesse prevalente riguardo la salute e il benessere dei propri cittadini. Di conseguenza, lo stato esercita un controllo sul trattamento dei bambini maggiore di quello sugli adulti. Il caso miliare concernente un bambino minore più frequentemente citato nei casi successivi fu il caso "Prince contro lo stato del Massachusetts" nel 1944. Il caso non riguardò una trasfusione di sangue, ma nel verdetto, la Corte Suprema stabilì il seguente:
"I genitori sono liberi di diventare essi stessi dei martiri. Ma non ne consegue che essi in identiche circostanze siano liberi di fare martiri i propri figli, prima che questi ultimi abbiano raggiunto l’età della piena e legale maturità, quando potranno prendere decisioni riguardo se stessi."
In circostanze nelle quali appaia che "la vita (del minore) non è immediatamente messa in pericolo dalle sue condizioni fisiche", il tribunale ha generalmente stabilito che "lo Stato non ha un interesse di sufficiente peso da oltrepassare le credenze religiose dei genitori precludenti un trattamento medico."
Per quanto riguarda un adulto non competente, viene generalmente applicato lo stesso ragionamento che è stato steso riguardo ai minori incapaci di prendere decisioni riguardo se stessi. Appare che quando una procedura d’urgenza, come una terapia trasfusionale, è necessaria per salvare le vita di un paziente non competente, il tribunale ha prevalentemente stabilito che il medico ha il diritto legalmente riconosciuto di procedere anche contro le obiezioni dei familiari o dei cari del paziente.
Comprensibilmente, la cura dei Testimoni di Geova presenta una serie di sfide per l’anestesista, prima fra tutte la proibizione delle trasfusioni di sangue. Sorge spontanea la domanda: che vantaggi comporta la trasfusione di sangue?
La trasfusione di sangue è principalmente intesa ad aumentare la capacità di trasporto arterioso di ossigeno, e non ad aumentare il volume intravascolare. Benché sia i cristalloidi sia i colloidi siano utili per mantenere il volume intravascolare e siano accettati dai Testimoni di Geova, essi aumentano solo di poco il contenuto di ossigeno. (24) Il contenuto di ossigeno è essenziale nella gestione perioperatoria, benché molti pazienti sani possono tollerare bassi livelli di emoglobina senza una diminuzione misurabile del trasporto di ossigeno ai tessuti.
Le cure anestesiologiche cominciano con i preparativi preoperativi, con la discussione fra il paziente, la sua famiglia, e l’équipe chirurgica. Questo include l’esame di tutte le opzioni per identificare le preferenze o le avversioni del paziente. Una volta che tutte le parti in causa hanno raggiunto un accordo sulla gestione medica, il medico è tenuto eticamente e legalmente ad aderire alle limitazioni che sono state imposte dal paziente, specialmente nel caso del rifiuto di una trasfusione di sangue da parte di un Testimone di Geova.
Allo stesso tempo, il medico e la struttura ospedaliera dovrebbero assicurarsi che il paziente Testimone di Geova abbia firmato un consenso che attesti la richiesta di non trasfondere in ogni circostanza. Molti Testimoni di Geova sono a conoscenza, e talvolta lo portano essi stessi, di moduli standard di consenso come quello sviluppato dalla California Association of Hospitals and Healt Systems, "Rifiutare il Consenso alla Trasfusione di Sangue. Il documento è stato riconosciuto avere valore legale e avere valore protettivo nel caso di procedimenti per negligenza come stabilito dalla Corte Suprema.
In circostanze normali, la preparazione standard all’intervento potrebbe anche includere la pratica di conservare il sangue del paziente per usarlo nel caso dell’intervento, tuttavia i Testimoni di Geova non accettano la trasfusione autologa del sangue predepositato. Come alternativa, per elevare al massimo i livelli di emoglobina, il paziente può essere sottoposto ad un regime di terapia marziale orale per 3-4 settimane prima dell’intervento. Intraoperatoriamente, minimizzare il consumo di ossigeno e massimizzare il trasporto di ossigeno ai tessuti sono fattori che aiutano a ridurre la dipendenza dalle trasfusioni. A tal fine, le tecniche che possono essere impiegate includono l’emodiluizione acuta normovolemica, dispositivi di ripulitura salvacellule come autotrasfusioni, anestesia in ipotensione, e l’ipotermia deliberata. Nessuna tecnica potrà essere soddisfacente, tuttavia, a meno che il chirurgo non dedicherà una scrupolosa attenzione a minimizzare le perdite di sangue operatorie e ad assicurare l’emostasi.
L’emodiluizione acuta normovolemica (ANH) è un metodo che riduce, o può anche eliminare, la necessità di trasfusioni di sangue durante gli interventi. L’ANH è stata usata in pazienti di tutte le età per differenti procedure, incluse, ma non solo: chirurgia ginecologica, ortopedica, craniofacciale, cardiotoracica, e neurochirurgia. Inoltre, questa tecnica è stata usata in interventi su pazienti con emogruppi rari, o in pazienti che desideravano evitare i rischi inerenti talvolta associati con le trasfusioni di sangue come epatiti e AIDS. L’ANH può essere eseguita utilizzando sia sangue venoso sia sangue arterioso e deve essere completata prima dell’intervento chirurgico, dato che una perdita ematica chirurgica durante un’emodiluizione può dare luogo ad un’ipovolemia acuta. Inoltre, l’ipovolemia può interferire con la tendenza dell’organismo ad aumentare la gittata cardiaca, che è il principale meccanismo compensatorio contro il ridotto contenuto di ossigeno ematico. Infine, con una ridotta quantità di emoglobina e la risultante diminuzione nella disponibilità di ossigeno, è importante monitorare la perfusione, i cambiamenti dell’HCT, e lo stato volemico del paziente.
I Testimoni di Geova non accettano il sangue conservato in nessun caso, tuttavia, l’adattare il processo di emodiluizione per effettuare un continuo prelievo e reinfusione, è stato accettato da qualche Testimone di Geova. Questo adattamento è stato effettuato flebotomizzando il paziente da un catetere venoso centrale o da un vaso periferico di grande diametro con un drenaggio per gravità fino ad un’appropriata sacca di recupero, appropriata nel senso che il paziente ritenga che il suo sangue fa ancora parte del suo sistema circolatorio.
I fluidi di reintegro possono essere sia cristalloidi sia colloidi. Se vengono usati cristalloidi, il reintegro si effettua con 3 ml. di cristalloidi per ogni ml. di sangue raccolto. Se vengono usati colloidi, in genere è sufficiente un rapporto di 1 a 1. Il principale svantaggio dei cristalloidi, e la ragione per cui si utilizza un rapporto maggiore, è la rapida ridistribuzione del fluido nello spazio interstiziale, con la conseguente diminuzione del volume vascolare. Lo svantaggio dei colloidi è che sono molto più costosi e possono essere associati con coagulopatie. Tuttavia, possono fornire un’emodinamica più stabile. L’albumina è un colloide che può essere usato in emodiluizione, ma non è accettato dalla maggior parte dei Testimoni di Geova perché derivata da plasma umano.
Bisognerebbe notare che una giudiziosa gestione del sangue autologo è imperativa nel paziente Testimone di Geova dato che una trasfusione prematura potrebbe depauperare l’unico deposito disponibile di sangue. Si può considerare prudente rinunciare al sangue finché permane il sanguinamento chirurgico. Tutto considerato, questa tecnica può essere usata con successo sia nei bambini sia negli adulti, e se usata assieme ad un’anestesia generale ed ad una moderata ipotermia, minimizzerà o preverrà il bisogno di trasfusioni di sangue.
Un’alternativa all’emodiluizione accettabile per qualche paziente Testimone di Geova è l’utilizzo di dispositivi di aspirazione con recupero. Questi dispositivi aspirano il sangue dal paziente, lo filtrano o lo centrifugano, e reinfondono le emazie così trattate. Per quanto riguarda il paziente Testimone di Geova, questo può soddisfare la condizione di un circuito continuo di recupero del sangue, ed è una tecnica utile anche per la chirurgia a cuore aperto. Questa tecnica intraoperatoria di risparmio di sangue è generalmente efficace se si prevede una perdita superiore alle 2 unità. Le complicazioni associate all’uso di questi dispositivi includono disturbi della coagulazione e reazioni emolitiche.
Esiste una varietà di agenti farmacologici che possono essere usati per eliminare o diminuire il bisogno di trasfusioni.
La desmopressina (DDVP) è un analogo sintetico dell’ormone antidiuretico che aumenta i livelli dell’attività del fattore VIII e del fattore di von Willebrand. Essa è stata usata efficacemente nei Testimoni di Geova, sia intraoperativamente sia postoperativamente, per migliorare l’emostasi e ridurre le perdite ematiche. L’acido aminocaproico, che è un altro agente emostatico, e agenti piastrinoprotettivi come l’aprotinina e la prostaciclina, sono potenziali terapie in pazienti con problemi di sanguinamento, dove il risparmio di sangue è una priorità. Inoltre, la produzione di sangue può essere aumentata con l’eritropoietina umana ricombinante, un fattore di crescita glicoproteico che stimola l’eritropoiesi. L’uso dell’eritropoietina è stato documentato in diverse circostanze, nelle quali è stata usata con successo in pazienti Testimoni di Geova.
Infine, sono in corso di sviluppo sostituti degli eritrociti che potrebbero essere usati per trasfondere Testimoni di Geova, tuttavia, essi sono generalmente limitati ai perfluorocarburi (PFC), dato che l’emoglobina libera da residui stromali è purificata da sangue conservato "scaduto", alternativa inaccettabile per i Testimoni di Geova. La generazione iniziale di PFC fu clinicamente un insuccesso a causa della loro limitata capacità di trasportare ossigeno, eccezion fatta per i pazienti da sottoporre ad angioplastica percutanea. Fortunatamente, i PFC di seconda generazione stanno mostrando capacità più promettenti.
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