mercoledì 21 settembre 2016

VITA REALE E VIRTUALE

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L'immersione totale nello schermo e nel computer del soggetto può implicare che la realtà possa scomparire in un generico non-luogo.
Ciò che viene chiamata la realtà virtuale ha senza dubbio un carattere generale e in qualche modo ha assorbito, si è sostituita alla realtà nella misura in cui nella virtualità tutto è il risultato di un intervento, è oggetto di varie operazioni. Insomma tutto si può realizzare di fatto, anche cose che in precedenza si opponevano l'una all'altra: da una parte c'era il mondo reale, e dall'altra l'irrealtà, l'immaginario, il sogno, eccetera. Nella dimensione virtuale tutto questo viene assorbito in egual misura, tutto quanto viene realizzato. A questo punto la realtà in quanto tale viene a perdere ogni fondamento, davvero si può dire che non vi siano più riferimenti al mondo reale. E infine tutto vi si trova in qualche modo programmato o promosso dentro una superformula, che è quella appunto del virtuale, delle tecnologie digitali e di sintesi. Accade effettivamente che a un certo punto il reale ci sta pur sempre di fronte, e noi ci confrontiamo con esso, mentre con il virtuale non ci si confronta. Nel virtuale ci si immerge, ci si tuffa dentro lo schermo. Lo schermo è un luogo di immersione, ed ovviamente di interattività, poiché al suo interno si può fare quel che si vuole; ma in esso ci si immerge, non si ha più la distanza dello sguardo, della contraddizione che è propria della realtà. In fondo tutto ciò che esisteva nel reale si situava all'interno di un universo differenziato, mentre quello virtuale è un universo integrato. Di certo qui le care vecchie contraddizioni fra realtà e immaginazione, vero e falso, e via dicendo, vengono in certo modo sublimate dentro uno spazio di iper-realtà che ingloba tutto, ivi compreso un qualcosa che sembrava essenziale come il rapporto fra soggetto e oggetto. Nella dimensione virtuale non c'è più né soggetto né oggetto, ma entrambi, in via di principio, sono elementi interattivi.

La virtualizzazione della società si fa sentire in molti aspetti della nostra vita quotidiana. Uno degli ambiti in cui è più presente e spesso ha effetti più limitanti è quello della comunicazione fra mezzi d’informazione e pubblico, fra istituzioni e cittadini, fra cittadini e altri cittadini.

Si è sviluppata moltissimo la comunicazione virtuale, on-line o comunque non dal vivo. Essa però ha diversi difetti. Il primo è che tende a limitare l’accessibilità per determinate categorie di utenti, escludendoli molto più di quanto non accada nel caso di incontri fisici e diretti. Questo aspetto è direttamente collegato al fatto che per comunicare oggi bisogna avere la possibilità e la capacità di utilizzare strumenti tecnologici.

Anziani, bambini, indigenti e chiunque non abbia le competenze o le risorse – anche economiche – per accedere ad essi è tagliato fuori dalla comunicazione. Il terzo problema è che le interazioni virtuali non sono complete, poiché difettano di tutta la parte non verbale – quella cosiddetta analogica – e questo rende impossibili un dialogo e un’organizzazione reciproca dei rapporti fra le persone. Quando si comunica si ascolta, se va bene, il contenuto e non si tiene conto del tipo di relazione che c’è fra coloro che stanno dialogando.

C’è anche un quarto aspetto, cioè il fatto che il mondo virtuale rende la comunicazione spesso divisa in canali paralleli, che non si incontrano. Ciascun utente comunica solo con chi vuole e non con tutti quelli che ci sono. Insomma, è fortemente selettivo, proviene da un mondo frammentato e conduce a un mondo ancora più frammentato, sotto il profilo delle percezioni, dei punti di vista e così via. La realtà in cui viviamo è costituita da tanti aspetti, spesso divergenti o addirittura antitetici, ma questo tipo di comunicazione esaspera tali differenze, amplificandole e allontanando le persone le une dalle altre, isolandole.

Il quinto problema è il venir meno dell’interazione fisica con il mondo. Nel momento in cui gli strumenti comunicativi diventano sempre più virtuali, immateriali e astratti, siamo costretti a comunicare attraverso rappresentazioni sempre più semplificate ed evanescenti di ciò che vogliamo dire. Ridurre tutto il nostro mondo a qualcosa di incorporeo, riduce anche il nostro rapporto con ciò che è fisico, limitando la nostra capacità di intervenire sulla realtà e di modificarla. In questo modo si perde da un lato la socialità più conviviale, dall’altro la capacità di decidere e creare la forma del mondo in maniera condivisa.



C’è un sesto e ultimo aspetto negativo, cioè il fatto che gli strumenti di comunicazione virtuale sono quasi sempre gestiti da organismi centralizzati, che sfruttano le nostre informazioni e, a livelli molto alti, organizzano le politiche economiche globali e decidono il destino dei paesi. Inconsapevolmente concorriamo all’eterodirezione delle politiche nazionali e mondiali, ma questo è risaputo. Se la comunicazione virtuale ed eterodiretta risponde più a logiche centralistiche e di concentrazione di potere e di capitale, la comunicazione diretta funziona al contrario e in un certo senso è più vicina a un concetto di libertà individuale e di sovranità popolare.

Nella comunicazione diretta c’è un controllo reciproco da parte delle stesse persone che interagiscono. Questi aspetti non vengono mai evidenziati, ma sappiamo che è così. Tutto questo avviene in maniera silenziosa, ma sulle nostre vite ha un peso enorme. Le politiche nazionali e locali non riescono a emanciparsi da meccanismi più grandi di loro e questo è possibile grazie all’utilizzo di strumenti di cui ci serviamo solo perché sono più comodi nel momento in cui li usiamo.

Internet ha permesso il costituirsi di una vastissima rete sociale. I social network sono uno strumento per favorire lo scambio di informazioni e la conoscenza reciproca tra le persone. E’ tuttavia un tipo di relazione sociale completamente nuovo e lontano dai modi finora vissuti tra le persone.

Manca il rapporto faccia a faccia, cui gli uomini sono abituati per relazionarsi tra loro. E’ assente la gamma di comunicazioni trasmesse dal contatto personale, con lo sguardo, la mimica facciale, i gesti.

Manca la voce, che manifesta l'espressività della persona e le emozioni.

Il rapporto avviene esclusivamente attraverso la parola scritta, che non corrisponde però a quella usata nella corrispondenza tradizionale. E’ la trascrizione di un linguaggio orale contratto, abbreviato, spesso appartenente a gerghi sociali. Ortografia, grammatica, proprietà lessicale, correttezza sintattica non rientrano nelle regole del gioco dei social network e dei blog, quindi le persone impoveriscono la propria lingua madre.

Inoltre è una comunicazione scritta che nasce da impulsi emotivi più che dalla ragione, da una spontaneità analoga a quella che dà vita alla conversazione informale tra conoscenti o amici.

Predomina l'emozione, ma è un'emozione senza volto e senza voce, come vedevamo prima, non c'è l'altro di fronte che può rispondere alle mie emozioni e le può modificare. Quindi l’emozione diventa egocentrica, chiusa in se stessa. “I dialoghi nei social network sono spesso caratterizzati da estremo egocentrismo: le emozioni di ciascuno sono espresse in modo esagerato, e si assiste al classico “dialogo tra sordi”. Sono espresse soprattutto le emozioni di base, come paura, rabbia, disgusto, gioia o tristezza. Vengono invece inevitabilmente a mancare sentimenti più complessi ed emozioni squisitamente sociali, come vergogna, senso di colpa, pudore: nello spazio virtuale, a differenza di quello reale, non si può perdere la faccia, proprio perché non la si mette in gioco come in un incontro vero" (S. Bonino, La folla telematica: le reti sociali in internet, in Psicologia contemporanea, n. 218, p 35).

Infatti l’anonimato è un'altra caratteristica della relazione in rete. Se non rivelo la mia identità, posso affermare quello che voglio, posso giudicare, esprimere pareri assurdi e anche provocare e insultare, senza assumermi alcuna responsabilità. Si eludono così le norme morali e sociali che regolano i rapporti tra le persone nella vita ordinaria.

Per una persona molto giovane, che non ha difese immunitarie di esperienza e di ragionamento come un adulto, gli aspetti descritti costituiscono un pericolo. Le numerose ore trascorse a chattare, presentandosi con uno pseudonimo, e a intessere conoscenze in rete con sconosciuti, fissa il giovane nel mondo virtuale, allontanandolo da quello reale. Di conseguenza si preclude l’apprendimento delle abilità sociali, o se ne limita lo sviluppo, indispensabili nella formazione della persona e nelle relazioni sociali.


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