Non sanno ancora andare in bici, ma utilizzano alla perfezione smartphone e tablet.
Il grido d'allarme arriva da alcune mamme su forum specializzati. Sono sempre più i genitori preoccupati perché i propri pargoli – dagli 0 ai 13 anni – passano sempre più tempo con computer, smartphone, tablet e altre diavolerie elettroniche.
Il termine nativi digitali venne coniato dallo statunitense Mark Prensky, sociologo ed esperto di educazione statunitense, per indicare la prima generazione di bambini cresciuta a pane e computer (o altri dispositivi elettronici come console e videogame). I bambini digitali, invece, nascono un decennio dopo circa, con l'arrivo dell'iPad. Il tablet Apple, a differenza degli smartphone, aveva uno schermo sufficientemente grande e luminoso da attirare l'attenzione dei piccoli e permetter loro di giocare senza affaticare troppo la vista. Dall'altro lato era molto più semplice e intuitivo da utilizzare rispetto a un pc o laptop: già a 18 mesi i bambini potevano capire il funzionamento di questi dispositivi e iniziare a utilizzarli con un genitore al loro fianco.
Se i nativi digitali erano quei bambini cresciuti nell'era dell'informatica di massa e della diffusione di computer casalinghi, i bambini digitali appartengono alla cosiddetta terza generazione digitale: quella cresciuta tra smartphone e tablet, ADSL e Internet mobile, touchscreen e app.
Una ricerca commissionata da AVG, celebre software house che realizza antivirus e altri programmi per la sicurezza del computer, oltre il 50% dei bambini tra i 2 e i 5 anni di età sa già come giocare con un gioco per tablet di livello base, mentre appena lo 11% di loro sa come ci si allacciano le scarpe.
Ormai gran parte dei bambini, anche di pochi anni, riesce ad utilizzare con apparente disinvoltura il sistema touchscreen dello smartphone o del tablet quasi si trattasse di un sesto senso innato. Capita spesso di vedere piccoli che muovono a difficoltà i primi passi senza il sostegno dei genitori, ma già capaci di giocare con le loro app preferite o perfettamente in grado di cambiare schermata e lanciare un episodio di Pippi Calzelunghe o Peppa Pig che i genitori sono soliti mostrargli.
Secondo lo psicologo Jerome Bruner è tutto merito della cosiddetta capacità di rappresentazione enattiva. Nei primi anni di vita, quando il linguaggio non ha assunto il ruolo pervasivo che ha a partire dai 5-6 anni di età, i bambini classificano gli oggetti del mondo con parole o simboli, ma con le funzioni per cui vengono utilizzati e i gesti compiuti solitamente nel corso del loro utilizzo. Le loro mani sono il prolungamento dei loro pensieri – le mani sono gli strumenti dell'intelligenza umana, avrebbe detto Maria Montessori – e ciò gli permette di utilizzare con assoluta naturalezza il touchscreen di questi dispositivi.
Vista la crescita costante del fenomeno, sempre più scienziati sociali e psicologi si interessano al fenomeno. E, a dispetto degli allarmismi solitamente generati da notizie del genere, ci tengono a sottolineare che i vantaggi dell'utilizzo di smartphone e altri dispositivi digitali sono superiori rispetto ai rischi. A patto, naturalmente, di non esagerare.
"Cominciano a essere utili – afferma il professor Giuseppe Riva, docente di psicologia dei nuovi media presso l'Università Cattolica di Milano – dai 18 mesi, ma solo sfruttandone l'interattività. Se si usano solo per guardare i cartoni, diventano tv portatili, con tutti i rischi dello stare tante ore immobili davanti a uno schermo". I rischi principali individuati dal docente universitario milanese possono essere raggruppati in tre macroaree. Da un lato il pericolo che il prolungato utilizzo di smartphone e tablet porti ad un affaticamento eccessivo della vista; dall'altro il pericolo che il piccolo si isoli psicologicamente e crei un mondo popolato dagli eroi dei giochi e delle app che utilizza solitamente; infine un problema legato ai costi di alcune app e dei sistemi di acquisto in-app.
Al netto di ciò, però, la precoce capacità di utilizzare dispositivi tecnologicamente avanzati permette ai piccoli di sviluppare capacità cognitive fuori dal comune. “È vero che il multitasking comporta una diminuzione della capacità di attenzione; d'altra parte però stimola lo sviluppo di una maggiore capacità di integrazione cognitiva delle informazioni che si gestiscono contemporaneamente, con una maggiore produttività. Tutto dipende dal compito che si deve svolgere”.
Stringersi a gruppetti per guardare inebetiti uno schermo non è la stessa cosa che giocare a nascondino, rincorrersi, giocare a palla bollata, a guardia e ladri o a bandiera. Non agevola la condivisione, è un intrattenimento passivo.
In mano a bimbi piccolissimi, variante hi-tech del ciuccio, è anche più dannoso. A quell’età scoprono il mondo attraverso il corpo. Le mani riescono a compiere quel che la testa comanda, afferrano con più precisione, si coordinano coi piedi. Impilano costruzioni, incastrano forme, fanno barchette di carta, aeroplanini, scarabocchiano fogli bianchi. A quell’età si superano ostacoli grandi come montagne, e dopo una giornata di esplorazione si arriva a sera sporchi ed esausti.
I bambini sotto ai dodici anni non dovrebbero essere sovraesposti alle nuove tecnologie. Questo il parere dell’American Academy of Pediatrics e della Canadian Society of Pediatrics.
Secondo i ricercatori, i bambini da 0 a 2 anni non dovrebbero essere esposti affatto alla tecnologia, dai 3 ai 5 anni l’esposizione dovrebbe limitarsi a un’ora al giorno, dai 6 ai 18 non dovrebbe superare le due ore al giorno.
Invece, i nostri figli usufruiscono delle nuove tecnologie nella misura di almeno 4/5 volte in più delle ore raccomandato. E le conseguenze possono essere molto serie.
Il cervello dei bambini, tra 0 e 2 anni, triplica le sue dimensioni e si sviluppa rapidamente fino ai 21 anni di età. Lo sviluppo precoce del cervello è determinato da stimoli esterni o dalla mancanza degli stessi. Secondo studi scientifici, se un cervello in sviluppo viene sovraesposto alle nuove tecnologie – cellulari, internet, iPad, TV – , può maturare deficit delle funzioni esecutive e dell’attenzione, ritardi cognitivi, difficoltà di apprendimento, aumento dell’impulsività e dell’aggressività.
L’uso della tecnologia, sotto i 12 anni, è dannoso per lo sviluppo e l’apprendimento del bambino perché limita il movimento.
Il mancato movimento porta conseguenze nefaste come l’obesità infantile, sempre più frequente nel mondo occidentale.
Il 75% dei bambini ha apparecchi tecnologici in camera e li utilizza da soli, senza controllo e spesso di sera. Il 75% dei bambini di 9 e 10 anni non dorme abbastanza, fattore che influisce negativamente sul rendimento scolastico.
L’uso eccessivo della tecnologia alimenta patologie mentali come la depressione infantile, l’ansia, il deficit di attenzione e persino l’autismo, il disturbo bipolare e certe forme di psicosi.
I contenuti violenti dei media – soprattutto di alcuni videogiochi – possono scatenare aggressività nel bambino.
Lo sviluppo del deficit di attenzione e il calo di concentrazione e di memoria possono essere alimentati dai contenuti sempre più veloci dei media; questo avviene perché il cervello elimina le tracce neuronali dalla corteccia frontale.
Gli apparecchi elettronici diventano dei surrogati dei genitori e creano dipendenza.
L’Organizzazione Mondiale per la Sanità, nel 2011, ha classificato i dispositivi mobili come potenzialmente cancerogeni, a causa dell’emissione di radiazioni.
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