lunedì 11 luglio 2016

PERCHE' LO FAI?

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Le persone assumono droga perché vogliono cambiare qualcosa nella propria vita:
Per inserirsi
Per evadere o rilassarsi
Per ammazzare la noia
Per sembrare più grandi
Per ribellarsi
Per sperimentare
Loro pensano che le droghe siano una soluzione. Ma alla fine le droghe diventano il problema.

Anche se è difficile affrontare i propri problemi, le conseguenze dell’uso di droga sono sempre peggiori del problema che si sta cercando di risolvere. La vera risposta è quella di informarsi e di non far uso di droga in primo luogo.

Il modo più semplice con cui un individuo diventa tossicodipendente è il contatto con un gruppo che fa uso di droghe e nel quale, in maniera più o meno consapevole, sperimenta il desiderio di divertirsi e di provare sensazioni fuori dalla norma. Lo scopo apparentemente ricreativo dell'assunzione di droghe finisce spesso per mescolarsi con le dinamiche di gruppo, con il desiderio di essere accettati all'interno di un certo ambiente, di migliorare persino le proprie “prestazioni” sociali all'interno del gruppo (come avviene per esempio nella tossicodipendenza da cocaina) e magari di soddisfare le aspettative di una figura che viene riconosciuta come il capobranco. Il salto da un uso sporadico a quello abituale di droga – come ben sappiamo – è facile e frequente e, nel momento in cui le sostanze stupefacenti hanno innescato un meccanismo di dipendenza fisica, anche quella psicologica subentra: la persona tossicodipendente finisce per credere che senza la droga non potrà più reggere la gara con se stesso per l'appartenenza al gruppo e teme che il rifiuto possa causare l'estromissione dal gruppo stesso. 
Esistono poi tutta una serie di difficoltà esterne, che possono essere ricondotte ai rapporti familiari o più semplicemente interpersonali, al lavoro e alle aspettative dell'ambiente di lavoro, alle delusioni emotive, economiche e via discorrendo, che possono essere addotte come responsabili di un ricorso all'assunzione di droga. Di fatto si tratta di difficoltà comuni a molte persone e che da sole non possono spiegare l'inizio di una tossicodipendenza. Ecco perché qui si inseriscono fattori interiori, che fanno capo al disagio della persona.

La teoria di origine psicologica che cerca di spiegare la dipendenza dall'alcol e che ha fatto scuola nell'analisi delle altre forme di dipendenza vuole che il consumo di sostanze stupefacenti serva a rinforzare le esperienze piacevoli e ad allontanare quelle negative. Sotto gli effetti della dipendenza, il soggetto perde la consapevolezza che nessuna droga può farlo star meglio se non sta bene con se stesso e che la droga altro non fa che amplificare i propri stati d'animo. Depressione, ansia, impulso alla trasgressione, eccessiva sensibilità, insoddisfazione verso la propria vita, paura di affrontare la vita stessa, con le sue difficoltà e le sue responsabilità sono tutte motivazioni che possono spingere a cercare una soluzione nella droga, una risposta artificiale al proprio disagio. La droga diventa una forma di automedicazione e di rifugio da conflitti interiori, ammessi o non, ed esteriori.

L’adolescenza è un periodo molto particolare per lo sviluppo dell’identità, ci si allontana dalla famiglia, con cui si entra spesso in opposizione, ci si identifica con il gruppo dei pari, il corpo matura con una velocità maggiore rispetto alla psiche, e si muovono i primi passi verso l’autonomia.
I genitori accettano con difficoltà questa fase, perché vengono a perdere un ruolo di primaria importanza nella vita dei figli, si rendono conto che anche per loro il tempo passa, e che tutte le attenzioni spese nella cura dei figli, vanno rimodulate se intendono favorire il processo che li porterà allo svincolo.




Questo processo che dovrebbe essere naturale e sano, può avvenire in modo problematico per differenti motivi: difficoltà da parte dei genitori a favorire lo svincolo; insicurezza da parte dei figli nello svincolarsi; presenza di malattie fisiche o psichiche in uno dei membri; esperienze di un lutto o di separazioni improvvise, etc… Il non riuscire svincolarsi dalla propria famiglia, equivale a restare in una posizione di dipendenza, questa è in genere la caratteristica di chi inizia a far uso di droghe.
Naturalmente solo una minima parte di adolescenti che hanno una problematica di dipendenza potrebbe diventare un tossicodipendente, anche perché non è detto che provare una sostanza, porterà conseguentemente alla dipendenza da essa.

Sono molteplici i motivi per cui ci si avvicina all’uso di una droga e in genere avviene con molta superficialità, poiché le viene attribuita la funzione di fornire delle risposte immediate ai seguenti bisogni e desideri personali:
 alterare gli stati di coscienza e espandere i livelli di consapevolezza personale;
sperimentare nuove sensazioni per ricercare una dimensione diversa da quella della quotidianità;
facilitare l’integrazione col gruppo dei pari;
rendere più soddisfacente l’immagine di sé favorendo sentimenti di maggior efficacia e controllo personale;
rafforzare l’autostima, riducendo autovalutazioni negative o favorendo la definizione dell’identità;
essere aiutati ad affrontare differenti esperienze personali di disagio.
Nonostante sia abbastanza frequente la possibilità di entrare in contatto con le droghe, non tutti diventeranno dei consumatori abituali. La tossicodipendenza è una malattia che si fonda sull’intenso desiderio psichico della droga, la cui funzione è simile a quella di un farmaco.
Gli studi sulle famiglie dei tossicodipendenti, fatti secondo un’ottica relazionale, hanno permesso di evidenziare che il disagio psichico di uno dei membri costituisce il segnale di un malessere più esteso che riguarda il gruppo familiare rispetto ai compiti evolutivi del ciclo vitale. In questa prospettiva il fenomeno della tossicodipendenza è visto come un modo per perpetuare la storia familiare in maniera ripetitiva, dove le posizioni dei singoli membri si trovano in una configurazione relazionale immobile.

Il drogarsi assume una duplice funzione relazionale: da una parte permette al tossicomane di essere distante e indipendente, dall'altra lo rende dipendente in termini di danaro, di mantenimento e fedele alla famiglia.

Malgrado la voglia di indipendenza, la maggioranza dei tossicomani tende a mantenere stabili legami con l'ambiente familiare restandovi a vivere a lungo nel tempo. Nella fase in cui si dovrebbe attuare lo svincolo adolescenziale, l’esterno viene avvertito come minaccioso e si ha la percezione della casa come microcosmo sociale in cui rinchiudersi.
Per il tossicodipendente l’uso della sostanza, con le sue qualità anestetizzanti, può impedire di pensare e di sentire il disagio presente dentro di lui. La presenza di un figlio con problematiche di tossicodipendenza può avere un beneficio secondario per una coppia genitoriale in crisi, poiché può servire a mantenere insieme i genitori o a raggiungere l’obiettivo di far interrompere un litigio tra loro. Si può parlare di una frequente triangolazione del paziente in un rapporto preferenziale col genitore che sente più in difficoltà in una coppia in crisi.
Egli ha il ruolo, emotivamente difficile, di mediare la tensione latente tra i genitori e di colmare artificialmente un vuoto affettivo.

In questi giochi di triangolazione il figlio svolgerebbe la funzione di contenimento e di mascheramento di conflitti genitoriali perché focalizzando l’attenzione sul proprio disagio, li permette di rimandare la ricerca di nuove soluzioni per superare i motivi di insoddisfazione reciproca. Il paziente sembra accentrare su di sé le tensioni familiari poiché è demandato a lui di rappresentare un centro focale intorno a cui la famiglia si aggrega. Il tossicomane e la famiglia hanno difficoltà a trattenere i contenuti mentali emozionanti che spesso vengono trasformati in agiti, questo è il motivo per cui spesso le emozioni appaiono sotto forma di aggressività fisica o verbale. Riuscire ad uscire da questo stato di malessere, è difficile ma non impossibile.



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