sabato 22 agosto 2015

LA VALLE SABBIA

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La Valle Sabbia è una valle prealpina situata nella parte orientale della provincia di Brescia.

Fisicamente costituisce un'unica valle con la Val di Chiese, appartenente alla Provincia autonoma di Trento.

Il suo territorio è compreso tra il Lago di Garda ad est, la Val Trompia ad ovest, le Valli Giudicarie a nord e la Pianura Padana a sud..

La Valsabbia attraversata dal fiume Chiese è bagnata dal lago di Garda e dal lago d'Idro.

Dall'ondulato altopiano carsico ai dolci rilievi morenici, dalla dura e nuda dolomia alle guglie slanciate e suggestive.
Una morfologia estremamente diversificata, quella sabbina, che trova il proprio indiscutibile fascino proprio in questo mutare dolce, graduale, raramente brusco e comunque sempre armonico.
Ne consegue una varietà e vivacità di presenze arboree ed animali, oltre che minerarie.
Interamente solcato dal fiume Chiese e dai suoi affluenti, il territorio della Valsabbia a sud si presenta come un'ampia conca. Percorrendo la strada statale che da Brescia (attraverso Virle Tre Ponti) porta verso il lago di Garda ed il Trentino, ben visibili sono le "ferite" a cielo aperto che la tradizionale attività estrattiva ha inferto agli ondulati rilievi. Il lato opposto, più a nord-est, è invece governato da alture meno pronunciate, più dolci.
Con Serle e Paitone, arroccati ad occidente, si entra nella Valle Sabbia amministrativa vera e propria. Quella che terminerà solo a Bagolino, sul confine con il Trentino, abbracciando ben 25 comuni e poco meno di 60 mila ettari di territorio.

E già a Serle si incontra la prima, importante peculiarità sabbina: l'altopiano "carsico", con le sue impenetrabili grotte, i suoi stretti inghiottitoi, le sue bianche doline.
La morfologia della zona è altamente accidentata, con una fitta rete di cunicoli sotteranei nei quali scorre abbondante l'acqua, mentre l'arida superficie, per l'assoluta mancanza di strati impermeabili, lascia filtrare le piogge erosive.
Suggestiva l'alternanza di verdi pascoli, densi boschi ed ampie radure con una presenza significativa di faggete (alcune dotate di esemplari secolari) favorite da fattori climatici specifici legati proprio all'arido microclima carsico, talora umido laddove le doline si incuneano verso il sottosuolo.
L'altopiano di Cariadeghe, così come viene chiamato, è stato dichiarato "riserva naturale" per tutelare il peculiare patrimonio ambientale e naturale (si pensi ad esempio ad una densità di doline pari a 250-300 per kmq).
Escluso dalla "riserva" è il territorio di Paitone, sebbene anch'esso presenti grotte e fenomeni carsici similari.

Seguendo il manto d'asfalto diretto verso il golfo di Salò, lasciato sulla sinistra l'altopiano di Serle, si entra nel territorio di Gavardo. Ad occidente, introdotta da una strettoia all'altezza del nucleo abitato di Sopraponte, si apre la conca di Vallio Terme, dove scorre il torrente Vrenda (omonimo di quello che percorre, più a nord, la Conca d'Oro). Sullo sfondo la cima della rocca di Bernasco ed il colle di San Eusebio.
Subito dopo, un verde lussureggiante e, in qualche caso, selvaggio, è intervallato dagli ultimi segni che manifestano il contatto con l'area carsica, più a sud, ed il gruppo montuoso del Magno, a nord.

Dal punto di vista della "costituzione" del territorio si registra infatti un graduale passaggio da stratificazioni calcaree e selciose, con interstrati marnosi, a grandi bancate della dolomia principale, responsabile di gran parte del "disegno" paesaggistico che caratterizza la zona più a nord.

Dopo Vobarno, sulla destra, sorgono i nuclei abitati di Pavone e Sabbio Sopra, che poggiano su un ampio terrazzo di origine fluvio-glaciale e mostrano, ben evidenti, massi duri scoperti dal dilavamento delle acque del fiume.

Sul lato opposto, all'altezza di Sabbio Chiese, si distende la cosiddetta Conca d'Oro, che ospita i nuclei di Preseglie, Odolo, Agnosine e Bione e che confina con Lumezzane in Valle Gobbia (valle laterale della Valle Trompia).
E' senza dubbio una delle zone più fertili dell'intera Valsabbia (e, per ironia della sorte, nella parte centrale anche una delle più industrializzate) dove scorre il torrente Vrenda.
Questo territorio è formato da una serie di falsopiani e dolci pendii; sullo sfondo, poggia su un substrato di arenarie tufacee, talvolta marnose.
Attorno, numerose cime montuose, spesso custodi di piccoli, ma secolari santuari, ancor oggi meta di pellegrinaggi devozionali.

Da Sabbio Chiese, proseguendo lungo la strada principale, si incontrano, stavolta sulla sinistra, nuovi ed ampi terrazzi fino a Barghe. Qui, sulla destra, inizia la strada che porta a Provaglio Valle Sabbia, mentre, poco più avanti, si incrocia la stretta di S. Gottardo, una delle più suggestive "forre" che, seguita da quella di Nozza, conduce a Vestone, capitale del comprensorio sabbino.
Anche in questa zona il paesaggio offre ampi terrazzi pleistocenici alluvionali, formatisi grazie al materiale che, trasportato dalle acque dell fiume, si è prima depositato e poi sedimentato ai lati del corso idrico.

Da Vestone si dipartono quattro valli laterali segnate da altrettanti corsi d'acqua: il Savallese con il torrente Nozza (che porta anche le acque del ridente laghetto di Bongi), Pertica Bassa e Pertica Alta con i corsi del Tovere e del Degnone, mentre ad oriente il territorio di Treviso Bresciano è solcato dal Gorgone.

Lasciato Vestone ale spalle, si sale a Lavenone dove si dirama la valle "selvaggia" bagnata dall'Abbioccolo.
Questo corso d'acqua segna il confine con il comprensorio lacustre dell'Eridio (o lago d'Idro), l'elemento naturalistico e morfologico che caratterizza l'alta Valle.
Scavato quasi interamente nelle rocce della dolomia principale mostra, lungo la costa, tratti particolarmente suggestivi, ed anche ameni, come il fianco orientale, verso il centro di Vesta (lascia senza fiato la vista di quelle guglie slanciate verso l'alto), ai quali si alternano tratti meno irti, come la sponda occidentale, interamente segnata dalla carreggiabile ad alto traffico che collega all'ormai attiguo territorio trentino.

Una strada, ad est di Idro, porta ai centri di Treviso Bresciano e Capovalle ed invita al giro dei tre laghi: lago d'Idro, lago di Valvestino e Lago di Garda.

Sulla sponda occidentale del lago "regna" invece il centro di Anfo, con la splendida rocca che domina l'Eridio.
Piccolo e caratteristico borgo, vanta anche, alle sue spalle, l'oasi del Baremone, raggiungibile dopo diversi chilomerti di stretta e sinuosa strada.

A nord del lago d'Idro si incontra Pian d'Oneda, l'ampia distesa, un tempo paludosa, formatasi nel corso dei secoli per accumulo di detriti e anticamente bonificata.

Ponte Caffaro, il borgo che vi si appoggia, separa il territorio bresciano da quello trentino e proprio qui il fiume Chiese si apre per confluire nell'Eridio, dopo aver accolto le risorse idriche del Caffaro, il torrente che solca l'omonimo comprensorio ricco di peculiarità naturalistiche.

Alla Valle del Caffaro, che ospita il centro suggestivo di Bagolino, vengono infatti rivolti ammirazione e sempre più qualificato interesse, soprattutto dal punto di vista ambientale e scientifico.
Di particolare rilevanza sono i laghetti alpini, come quello di Dasdana, di Vaja, del Mignolo e del Bruffione, nonché la presenza di specie rare e rarissime che, unitamente all'intrecciarsi del ricco sistema di valli e convalli, cime suggestive ed altopiani erbosi, fanno del territorio sabbino una preziosa "congerie" di sorprese.
La Valle Sabbia fa parte del comprensorio delle Tre Valli bresciane: Valle Sabbia, Valle Trompia con la laterale Valle Gobbia o Valle di Lumezzane e Valle Camonica.

Sin dal lontano Medioevo, i Valsabbini hanno attivamente partecipato agli avvenimenti della Città di Brescia, collegandosi molto spesso alle iniziative dei vescovi per condizionare l'influenza delle grandi famiglie di stampo feudale.
In tutto il periodo che va, all'incirca, dal mille fino all'affermarsi del dominio della Signoria viscontea prima e della Serenissima Repubblica poi, è un susseguirsi di vivaci interscambi tra la Valle Sabbia e la Città di Brescia, con il consolidarsi di un forte legame.
Ed anche con il progressivo estendersi dello Stato veneto, la terra valsabbina si vede riconosciuto un ruolo misurato nelle agevolazioni che ottiene nel campo economico e nell'amministrazione.
Per comprendere meglio la "vocazione" al confronto, tipica di questa terra, e la disponibilità a ricevere messaggi innovativi, bisogna far riferimento alla geografia.
La Valle Sabbia, o meglio l'insieme delle convalli che la compongono, a sud si salda al circondario bresciano, sino a confondersi con il suburbio.
A est si affaccia sulla Riviera di Salò, diventandone quasi naturale coronamento, vicino agli orizzonti veneti.
A nord si distingue dalle Valli Giudicarie più per una convenzione politico-amministrativa che per una reale diversità geografica.
Se a tutto ciò si aggiunge la strada di fondovalle, di grande comunicazione, che fino al secolo XVI è stata una delle vie più battute per il collegamento fra la Val Padana ed il mondo germanico, il quadro risulta completo.

Appare così un territorio continuamente coinvolto nelle vicende di Brescia e della Val Padana in generale, sensibile agli influssi veneti per la vicinanza a Verona e, nel medesimo tempo, aperto verso il Trentino e le suggestioni nordiche in senso lato.

La storia valligiana va letta tenendo sempre presente quest'ottica che è di fondamentale importanza per capire l'indole della gente, l'esperienza stessa del "vivere valsabbino" attraverso i secoli.
E naturalmente il patrimonio artistico locale, notevole per qualità e diversificato, risente di questa posizione geografica privilegiata, cosicché è possibile, attraverso un'analisi complessiva, cogliere influenze diverse nelle molte testimonianze di ingegno che ancora costellano i paesi.
Prioritariamente da questa analisi emerge un aspetto. Nel suo complesso la Val Sabbia è sempre stata capace di dare risposte in termini di produzione artistica anche autonoma.
L'ingegno finissimo della sua gente ed, in specie, dei suoi artisti si è sempre mosso con celerità nel riferirsi al mutamento dei gusti, sollecitato da correnti esterne, ma nel medesimo tempo ha saputo elaborare in maniera autonoma ed originale ogni spunto, ogni "provocazione" culturale.
È una produzione che attinge a ciò che si muove nel più vasto panorama extravalligiano e nel contempo è pure l'espressione di una "vocazione" locale per il gusto del bello, concretizzato nella realizzazione di opere importanti in tutto quel vasto contesto che va sotto il nome di "mondo artistico" e che abbraccia le manifestazioni di un altissimo artigianato nella lavorazione della pietra, del ferro e del legno.

Così il patrimonio artistico valligiano, non adeguatamente valorizzato e conosciuto, annovera, accanto ad espressioni popolaresche e locali, mai banali, autentici capolavori che, ad uno studio attento, permettono di far rivivere quella sottile e persistente maglia di intrecci ed influenze che hanno, nel corso dei secoli, legato la "valle dell'arte" al più vasto contesto dell'alta Italia, sconfiggendo così l'ipotesi di una "provincialità" del territorio valsabbino.

Delle antiche chiese delle Pievi rimane quasi nulla, perchè le trasformazioni successive ed, in particolar modo, la foga costruttiva dal Concilio di Trento in poi hanno sepolto, sotto le movenze di un barocco elegante, le severe linee delle primitive costruzioni.
Qualche traccia però sopravvive e basta per riportare la memoria del visitatore nel tempo in cui, nelle città della pianura Padana, sorgevano le grandi cattedrali romaniche, emblemi di una robusta concezione spirituale e nel medesimo tempo sintesi ideale del vivere civico.
Certo il romanico della Valle Sabbia, come nei diversi contadi, si piega ad una intuizione più popolare o, per meglio dire, campagnola.

Anche l'architettura civile residua dei secoli XIII e XIV abbonda di richiami a tipologie ed a motivi decorativi tipici in un'epoca come quella che segna il passaggio fra il mondo comunale, dominato dalle grandi moli romaniche, e l'affermarsi delle Signorie con il primo affacciarsi di elementi stranieri ed umanistici.
Valgano, come esempio assai significativo, le case torri di Ono Degno che presentano, frammisti insieme, decorazioni romaniche, elementi gotici ed affreschi quattrocenteschi, il tutto dominato da sculture-simbolo, enigmatiche teste di raffigurazioni umane e fantastiche, quasi a suggellare l'attività delle famiglie che vollero lacostruzione.

Il Trecento ed il Quattrocento sono straordinari per la Val Sabbia.
Per le sue contrade si spostano artisti di diversa provenienza. Specialmente nella pittura abbondano le testimonianze di presenze assai qualificate.

Arroccata tra i monti, aperta verso la Val Trompia e la Valcamonica attraverso passi impervi e spesso impediti, la comunità di quel borgo, assai ricca di commerci, chiama, di volta in volta, nel corso dei secoli, artisti di diversa provenienza, operanti nell'ambito di diverse scuole, non fermandosi all'offerta che avanza dalla città di Brescia e dai suoi circoli culturali.

Mentre le chiese poste in località significative per geografia e per importanza economica si arricchiscono di cicli pittorici importanti, per tutto il Quattrocento e per gran parte del Cinquecento c'è un'autentica esplosione di ex-voto, dovuti certo quasi sempre a pittori locali o di passaggio, ma operanti sotto l'influsso di correnti artistiche ben definite ed individuabili.

Con l'entrata della Val Sabbia nel dominio veneto, prima in maniera più duttile e poi, dopo l'esperienza dell'occupazione francese con l'apocalisse del sacco di Brescia, in modo definitivo e codificato, anche gli influssi artistici giungono mossi dalle pieghe di quell'universo veneto".
Venezia viene vista come coagulo di tutte le iniziative, splendida capitale, qualche volta odiata per la tassazione e l'immobilismo di uno status-quo volutamente mantenuto, ma sempre sognata per la sua ricchezza e per il suo enorme potenziale artistico e culturale.

La Valle Sabbia partecipa in qualche modo al Rinascimento bresciano, sia affidando opere a grandissimi artisti per decorare chiese, cappelle di confraternite o altro, sia contribuendo egregiamente con artisti propri a quella ricca e attiva pinacoteca che è la Brescia del Cinquecento.

Purtroppo un'alienazione nella seconda metà del 1800 ha fatto perdere le tracce dell'opera, privandola agli sguardi del fedele e dell'appassionato di cose d'arte.

La lezione del Moretto e degli altri grandi del "Rinascimento bresciano" lascia molte opere in Valle Sabbia attorno alle quali corrono i nomi di molti artisti.

Le chiese della Valle Sabbia abbondano di quadri di autori più o meno noti, manieristi nel senso migliore del termine che si muovono sui modelli dei grandi Foppa, Savoldo, Moretto e Romanino o che si rifanno alla scuola veneta.

Nel Cinquecento compaiono le prime sculture lignee, inaugurando quella vastissima serie di opere che, a partire da questo secolo sino a tutto il Settecento, andranno progressivamente ad arricchire le chiese della Val Sabbia.
Nella scultura lignea si è cimentato con maggior originalità l'ingegno dei valsabbini. Abituati a lavorare il legno, una materia offerta abbondantemente dai boschi, per diletto o per necessità, hanno liberato la loro potenzialità in una ininterrotta trama di creazioni che giunge sino ai nostri giorni.
Questo campo, dimostrandosi congeniale ai montanari, non è rimasto a livello di pura spontaneità, ma è cresciuto attingendo a spunti, a motivi culturali ed artistici di robusta levatura.

Dal santuario di Visello in quel di Preseglie, viene l'originalissimo gruppo scultoreo del Pianto per la Morte di Maria ora conservato nella Parrocchiale.
È una inconsueta rappresentazione sacra, un po' fuori dalla tradizione della pietà locale; richiama invece una devozione tutta orientale.
C'è qui un segno tangibile, e tutto da studiare, di influssi culturali impensati ed una considerazione non ancora approfondita.
Altre statue, rappresentanti la Vergine con il Bambino, concepite in maniera più confacente alla tradizione locale, sono pure da collocare nel secolo XVI, seppur con aggiunte posteriori che ne snaturano un po' l'originale purezza.

Appaiono anche sulla scena i primi intagliatori valsabbini che assurgono subito a sicura fama. Basti ricordare, fra i tanti, quel Lodovico da Nozza che, trasferito si a Ferrara nel 1530, vi lascia una testimonianza di altissimo livello nella scultura lignea, raffigurante S. Giorgio, posta in cattedrale e quell'Andrea Baruzzo di Sabbio Chiese, celebre fonditore di bronzo a Roma nella prima metà del Cinquecento.
Come conseguenza si affermano le prime scuole dovute ad imprese familiari come quei Ginamni di Vestone che incominciano a scolpire soase e statue nelle diverse chiese.

Il Seicento ed il Settecento sono i secoli delle grandi costruzioni, del rinnovamento edilizio ed anche due secoli di pittura e di scultura.
Aprono la serie due grandi opere: la chiesa parrocchiale di Bione che matura in una concezione ancora tutta classica e che si fa risalire ad un disegno della cerchia del Richino; e l'imponente facciata della chiesa di Vestone, non ancora sufficientemente studiata, ma sicuramente tassello importantissimo nella storia dell'arte valligiana per l'armonia dell'insieme e la purezza delle sue linee.
Una ricerca approfondita sulla presenza di molte famiglie di artisti comaschi riserverebbe sorprese e permetterebbe sicuramente di dar risposte esaurienti ad alcuni interrogativi.

Il Seicento ed il Settecento vedono in Valle Sabbia una lunga serie di artisti, gli stessi che operano nel più vasto contesto bresciano.
Nel campo dell'architettura è quasi d'obbligo il riferimento ad alcune grandi chiese. In ordine cronologico la prima a sorgere è la parrocchiale di S. Giorgio a Bagolino, opera documentata del Lantana, uno degli architetti del Duomo Nuovo di Brescia.
Questa chiesa, quasi cattedrale, è un po' il vessillo della disponibilità all'apertura artistica dimostrata dalla Valle Sabbia.
Qualche tempo prima, lo stesso Lantana è all'opera ad Ono Degno, tracciando il disegno del santuario della Madonna del Pianto, altro gioiello di quel gusto barocco che andava diffondendosi in Valsabbia, equilibrato e misurato nelle forme tanto da apparir classico.

Verso la fine del secolo a Mura sorge l'altra importante costruzione, cioè la chiesa plebana di S. Maria Assunta, grandiosa per dimensioni e per armonia delle forme.
Qui operano "magistri" comacini su uno schema d'insieme che si ispira alle costruzioni ideate dal Bagnadore.

Si giunge così al Settecento ove il fervore edilizio, anche sotto le precise indicazioni del cardinale Querini, raggiunge il massimo.
Ogni paese modifica o ricostruisce la sua chiesa. È una vera costellazione di opere d'arte.
Tra tutte spiccano però alcune, vere perle in questo firmamento artistico.
In particolare la parrocchiale di Preseglie, dovuta all'abate Gaspare Turbini, quella di Vobarno sempre dello stesso autore, la parrocchiale di Serle, quella di Comero di Carlo Corbellini ed, infine, quella di Ono Degno, la più bella chiesa tardo barocca di tutta la Valle Sabbia per unitarietà di stile architettonico ed armonia di decorazioni.
La chiesa è terminata nel 1770 su un disegno al quale verso il 1733 potrebbe essere stato interessato Antonio Biasio, altro architetto della fabbrica del Duomo Nuovo di Brescia, ad Ono per altri lavori nel santuario proprio in quegli anni.

Concludono la serie delle grandi chiese quella di Provaglio Valsabbia e quella di Lavenone, dovuta in parte al Turbini, esempio grandioso del gusto neoclassico e certamente la testimonianza più nobile di questo stile in Valle Sabbia.
Pure alcuni scultori assai noti a Brescia lasciano opere in Valsabbia come il Calegari che adorna di statue particolarmente espressive la chiesa di Vobarno.

Come in architettura, così in pittura è tutto un susseguirsi di testimonianze che si squadernano per due secoli. Parrocchie, confraternite e privati fanno a gara nell'adornare chiese, specialmente dopo la terribile pestilenza del 1630.
In Val Sabbia ci sono opere di molti degli artisti che animano la vita pittorica bresciana in quegli anni.

Nella seconda metà del Seicento la Valle Sabbia subisce l'ingegno versatile e splendido di Andrea Celesti che si protrae anche nei primi anni del Settecento.

Il Settecento vede gli impegni di Sante Cattaneo, di Pietro Corbellini e di molti altri validi e meno validi che si muovono nell'ambito delle scuole che dominano il mercato dell'arte.
Impera il clima veneto nelle forme e nei colori. Le chiese della Valle Sabbia, anche se in dimensioni più ridotte, si accostano a quelle della città lagunare, temperate però nelle linee da quel radicato realismo che le rende più essenziali, secondo una concezione tipica dei bresciani, ma ancor più delle valli montane.

Il Settecento, dopo tanta esplosione di creatività, si esaurisce lentamente insieme al dominio veneto, vittima in un certo senso del proprio immobilismo e dell'incapacità, dopo tanta passata saggezza, ad immaginare novità significative.
Se le maggiori espressioni artistiche si trovano naturalmente nelle chiese, anche l'architettura civile abbonda di esempi notevoli.
Nonostante le manomissioni, le trasformazioni spesso assurde ed una "massificazione" del gusto e dei materiali usati negli ultimi anni, i paesi conservano ancora molte dimore dei secoli XVII e XVIII, degne di essere conservate e rivalutate per la bellezza dei loro insiemi.
Nella media e nella bassa Valsabbia sono diffusi loggiati eleganti unitamente ad una concezione degli spazi più distesa.
Nell'alta Valle Sabbia invece le dimore tendono ad occupare meno spazio e si sviluppano in altezza.
Sono queste dimore che ancor oggi perpetuano il ricordo di una borghesia mercantile non banale nelle scelte e non digiuna di nozioni culturali.
Questa stessa borghesia, che traeva i proventi per una discreta agiatezza da un'economia integrata tra le rendite delle campagne e dei boschi ed i proventi del commercio della "ferrarezza", aperta e dinamica con frequenti spostamenti sui mercati di diverse città, chiamò in Valle Sabbia architetti ed affreschisti per avere dimore degne di un prestigio sociale acquisito.

Nell'architettura civile, nel passato, la Vallesabbia ha mostrato più autonomia, più originalità di oggi.
Ora, nonostante un tenore di vita complessivamente più elevato, c'è quasi l'assuefazione a mode sopportate, ma non vissute veramente.

Se si vuole però ricercare la vera "anima" della valle artistica, quella più autentica e locale, quella meno condizionata dalle mode esterne, anche se non chiusa e refrattaria alle innovazioni, bisogna riferirsi al vasto campo dell'intaglio ligneo.
L'antica consuetudine a lavorare una materia locale per ottenerne attrezzi utili e abituali ha favorito l'attitudine particolare dei montanari a trasformare il legno, a "piegarlo" all'intuizione, a ricavarne cioè oggetti artistici.
Quando poi a "piegare" questo legno sono stati artisti veri, ne sono nate cose eccelse, che si accompagnano degnamente alle altre manifestazioni artistiche, quali l'architettura, la pittura o la scultura del marmo.

La Valle Sabbia, ancor più di altre terre del Bresciano, è la valle dell'intaglio ligneo.
Le testimonianze di questa continuità di ispirazione e di ricerca di nuove forme vanno dal 1500 sino al 1800 o, per meglio dire, sino ai nostri giorni.
È il settore più genuino dell'espressività artistica valsabbina e anche qui è evidente l'abitudine di questa gente a non chiudersi mai in schemi troppo rigidi e localistici, ma ad assimilare e trasformare con la propria sensibilità ed esperienza motivi e spunti offerti da artisti di grande fama o da canoni consolidati dal buon gusto.
Se per gli autori che operano nel Cinquecento qualche elemento di riferimento è ancora dubbio, a partire dai primi anni del Seicento il panorama si fa più chiaro.
Nascono autentiche scuole locali, quasi sempre, all'origine, dovute all'iniziativa di un versatile valligiano, che ha imparato da artisti di passaggio l'arte dell'intaglio.

L'elenco è lungo e assai vario. Vale però la pena di ripercorrerlo per avere un quadro esauriente.
Agli inizi del Seicento opera la famiglia Ginamni di Vestone che lascia intagli a Bione, ad Avenone ed in altre chiese sparse per la Valle.
Questa è la prima bottega locale anche se molti altri artisti hanno lasciato testimonianze significative lungo tutto il Cinquecento.
Poi la produzione abbonda. Degli inizi del 1600 è la splendida porta della chiesa parrocchiale di Gavardo.
Artisti locali che hanno iniziato la loro carriera come umili "marengoni" si affermano e assumono commesse, alternandosi ad artisti che vengono da fuori.
È il caso dei Bonomi di Avenone che, attivi già verso la metà del Seicento, raggiungono il periodo di maggior splendore negli anni a cavallo tra il 1600 ed il 1700; oppure dei Montanino di Brescia presenti, in Valle Sabbia, a Ono ed a Bione ed in altri paesi dal 1667 in poi.
Ed infine dei più celebri Pialorsi di Levrange, noti come "Boscaì", che iniziano la loro attività in tono minore già nei primi anni del 1600 per avere poi un periodo di straordinario fervore artistico dal 1690 al 1750.

Accanto a queste famiglie, altre, seppur in tono minore, si affermano. Sono i Prandini di Nozza, attivi alla fine del 1600 e per buona parte del 1700, Marchiondo Bonomini di Bione, gli Arici di Mura ed i Bertoli di Prato.
Ma altri intagliatori, meno noti, ora sepolti nella dimenticanza per mancanza di documenti, devono essere stati presenti in molte parti della Valle Sabbia.

Le opere sono tante e tutte belle. I Bonomi hanno lasciato il meglio della loro arte nelle chiese delle Pertiche, di Bovegno, di Mura e di Bagolino.
Particolarmente importante il connubio tra un robusto trentino, Baldassar Vecchi di Ala di Trento e Gio. Pietro Bonomi, che, fra il 1680 ed il 1688, produce tre spendide soase e precisamente quella dell'altare maggiore della Parrocchiale di Avenone, quella dell'altare di S. Giovanni Evangelista a Bovegno ed infine quella dell'altare della Madonna di S. Luca nella chiesa di S. Giorgio a Bagolino.
La collaborazione artistica fra questi due intagliatori, vero miracolo di ingegno, fonde il realismo del modellato dei corpi di stampo nordico con una fantasia spigliata negli ornati e nelle scenografie d'insieme. La presenza di Baldassar Vecchi è un elemento per approfondire i legami artistici tra la Valle Sabbia ed il Trentino, sebbene tutti e due i territori abbiano risentito moltissimo dell'influsso veneto.
Nell'attività dei Pialorsi "Boscaì" si riassumono quasi tutti i motivi dell'arte dell'intaglio ligneo valsabbino.
Non c'è chiesa della Valsabbia che non abbia avuto qualche contatto con questi intagliatori.


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