domenica 2 agosto 2015

VISITA SPIRITUALE A GARDONE VAL TROMPIA

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La basilica di Santa Maria, costruita alla metà del Quattrocento per volere di san Bernardino da Siena,  ha subito ingenti danni dopo la soppressione del 1798, che ha comportato il sequestro e la vendita della maggior parte delle opere contenute, tra cui il polittico dell'Assunta del Moretto. Il resto delle pitture murarie ha invece subito un forte degrado a causa degli usi impropri ai quali è stato sottoposto l'edificio. Più volte restaurata, la basilica è comunque ancora oggi aperta al pubblico, mentre il complesso conventuale adiacente è di proprietà di privati.

La chiesa e l'annesso convento vengono costruiti, secondo la tradizione, per volontà di san Bernardino da Siena, che giunse a Gardone nel 1442 durante la sua impegnata opera di evangelizzazione che occupò l'ultima fase della sua vita. La sua predicazione ha notevole successo, stimolando le genti con un nuovo fervore religioso, e la richiesta di opere caritatevoli rivolta ai potenti del luogo si concretizza infine nella donazione, da parte dei nobili Giacomo e Bernardino Avogadro, di un terreno di loro proprietà nei pressi dell'abitato, ceduto con atto notarile il 20 aprile 1442.

La facciata, originale del Quattrocento, è preceduta da un ampio portico costruito successivamente. Appena sotto la copertura, in legno e cotto, di questo atrio si possono osservare da sinistra a destra le figure affrescate di santa Chiara, san Bonaventura, san Luigi da Tolosa e santa Caterina, due a sinistra e due a destra del portale centrale. Notevole, nel registro inferiore, il frammento raffigurante cinque francescani, facente parte probabilmente dell'abside della cappella originaria. Sopra il portale in pietra scura è posta una lunetta recante il monogramma di Bernardino da Siena e sant'Antonio da Padova.
L'interno si sviluppa su un'unica navata arricchita sul muro di sinistra da tre cappelle poligonali coperte da volte a ombrello. La copertura attuale della navata ripropone l'originale struttura a capanna in tetto a vista. L'abside è decorato da una lunetta centrale con una Madonna col Bambino affiancata da tre coppie di angeli, datata 1502. L'immagine della Vergine, sovrastata da una vela nella quale compare il Padre Eterno, è affiancata da quelle di Bonaventura e Ludovico da Tolosa. Fra gli altri affreschi dell'abside è interessante un Ecce Homo attribuito a Paolo Caylina il Giovane. Sull'angolo destro fra il presbiterio e la navata è posta invece una Sacra conversazione con la Vergine col Bambino, seduta in trono, affiancata dai Santi Lorenzo e Francesco D'Assisi, datata 1506. Nella prima cappella dall'ingresso è conservata la Stigmatizzazione di san Francesco, nella seconda una Natività datata 1514 e una Flagellazione, mentre nella terza è custodito un trittico con i Santi Antonio abate e Antonio da Padova. Nella basilica, prima della spoliazione napoleonica, esistevano due importanti opere del Moretto: il polittico dell'Assunta e una grande pala con la Madonna col Bambino in gloria con santi, opere eseguite tra il 1530 e il 1540 circa. Del polittico, oggi smembrato tra il Museo del Louvre e la Pinacoteca di Brera, rimane oggi solo la l'originale cornice lignea, riempita con fotografie che riproducono i dipinti trasferiti. Un altro polittico, raffigurante la vita di Gesù e di san Pietro, è ora ospitato in parte nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, forse altra opera di Paolo Caylina il Giovane. Fra le tele ancora presenti nel tempio si segnalano la pala di controfacciata, di scuola gandiniana e raffigurante la Madonna col Bambino e santi, e una Crocifissione di Bernardo Podavini del 1774. Notevole è anche il grande Crocifisso cinquecentesco esposto nell'omonima cappella.

Sul pavimento dell'abside è collocato un organo a canne costruito dalla ditta di Crema Inzoli-Bonizzi nel 1985.

Lo strumento, a trasmissione elettrica, presenta una consolle con due tastiere di 61 note, una pedaliera concavo radiale di 32 note. La mostra è composta da canne di Principale disposte in cuspide unica con bocche a mitria allineate orizzontalmente.

Il chiostro maggiore, l'unico sopravvissuto nella sua integrità, si svolge su due piani: quello inferiore è retto da pilastri ottagonali in cotto in successione, poggianti su un basamento continuo, mentre il piano superiore è caratterizzato da un loggiato a pilastri quadrati sui quali poggiano archi ribassati.

La Chiesa Parrocchiale di S. Marco Evangelista (SEC. XVI) risale alla fine del Cinquecento, epoca nella quale lo si ricostruì completamente. I lavori terminarono agli inizi del Seicento e il tempio fu consacrato il 14 aprile 1606. Tra il Seicento ed il Settecento inoltrato si provvede alla collocazione o al rifacimento in marmo dell’altare maggiore e di quelli laterali e alla costruzione di una bussola d’entrata.
 Tra il 1939 ed il 1945 si aprirono le cappelle delle Madonna e di S. Giuseppe, si rivestirono in marmo le colonne del presbiterio e si modificò l’altare maggiore che assunse l’aspetto che ancor oggi conserva. Per talune soluzioni ed elementi architettonici adottati nella costruzione del tempio, autorevoli studiosi ritengono probabile che al rifacimento dell’edificio sacro, attuato tra i secoli XVI e XVII abbiano almeno parzialmente contribuito artisti quali il Bagnatore ed il Todeschini, due fra gli architetti più celebrati del Bresciano. Nella facciata piuttosto piatta, si distinguono tuttavia paraste e riquadri avvicinabili al gusto del Bagnatore. Sopra il frontone triangolare che sovrasta la bussola settecentesca, un oculo rotondo è fiancheggiato da due nicchie vuote sopra le quali il frontone è raccordato con la zona inferiore da una voluta. Il campanile originariamente in pietra a vista, s’innesta sul lato destro della facciata, accentuandone l’asimmetria.

L’interno è diviso in tre navate da due ordini di pilastri a sezione cruciforme sui quali poggiano archi a tutto sesto. La navata centrale presenta una volta a botte e quelle laterali sono coperte da volte a crociera. Un piccolo transetto che attraversa le navate all’altezza del presbiterio, determina la pianta a croce latina dell’edificio. Il presbiterio è sormontato da una cupola semisferica che si raccorda alla pianta quadrata per mezzo di quattro pennacchi. La parte affrescata è tutta le Novecento e si deve ad Eliodoro Coccoli che tra il 1924 ed il 1930 decora con triadi di angeli la navata centrale, dipinge il Battesimo di Gesù nella cappella del Battistero e raffigura nei quattro pennacchi della cupola i SS. Rocco, Sebastiano, Carlo Borromeo e Francesco d’Assisi. Di notevolissimo interesse la quadreria che vede opere di Francesco Paglia L’Ascensione di Gesù, pala dell’altare maggiore affiancata nella zona absidale dalla Presentazione di Gesù al tempio, attribuita a Pietro Ricchi detto il Lucchese e Il martirio di S. Pietro da Verona, datato 1599 e firmato da Gian Battista Galeazzi, opere più volte concesse in esposizione per mostre nazionali ed estere.

Nelle navate laterali si vedono due pale di Francesco Lorenzi La comunione di S. Luigi e la Pala del S. Cuore cui si può aggiungere il Sacrificio di Melchisedech attribuito a Grazio Cossali ed inoltre il Martirio di S. Pantaleone datato 1628 e firmato da Antonio Gandino. Segnalabili inoltre un S. Francesco e un Angelo assegnato a Francesco Maffei, alcuni quadretti, copie del Moretto e due superstiti dipinti delle storie di S. Rocco d' incerta attribuzione. Per quanto riguarda le opere scultoree che impreziosiscono il patrimonio artistico della chiesa ricordiamo particolarmente la Soasa lignea dell’altare maggiore, opera in parte di Clemente Zamara ma dovuta soprattutto agli scalpelli di Clemente Tortelli, scultore clarense tra i più noti del Cinquecento bresciano.

Questa ancona ricomposta nel 1723 secondo la struttura attuale utilizza statue e figure ordinate nel secolo XVI per l’antico altare del Corpo di Cristo dell’omonima scuola. Degne di nota sulla controfacciata, sistemate in distinte nicchie che si collocano ai lati del portale principale, le statue di S. Domenico e S. Caterina, probabilmente collocate originariamente all’altare della Madonna del Rosario, opera di Giambattista Carboni databili con sicurezza al 1750. L’intervento del medesimo scultore è forse ravvisabile anche nel monumentale altare delle reliquie sistemato nella prima cappella della navatella che si pone a destra rispetto a chi entri dal portale maggiore.

Da segnalare ancora il coro ligneo della cappella maggiore e l’altare liturgico, opere dovute alla bottega artigiana di Martino Sandrini da Ponte di Legno, condotte a compimento tra il 1982 ed il 1985 in stile moderno ma con una impaginazione compositiva e figurativa che si richiama ai modelli classici. Una citazione specifica merita il grande organo sistemato nella cappella di S. Giuseppe, completamente rinnovato dalla ditta Inzoli di Crema. Lo strumento, dotato di 50 registri e 3262 canne, è stato inaugurato il 13 settembre 1982.

La Chiesa di S. Carlo Borromeo fu eretta in uno degli angoli più caratteristici dell’antico centro storico a ricordo della visita apostolica compiuta dal santo nel 1580 e quale compimento del voto formulato dalla popolazione gardonese nell’imperversare della pestilenza del 1629-1631, la chiesa già cominciata nel 1634 è completata negli ultimi decenni del secolo, mentre il campanile è terminato nel 1706.
Tra il 1748 ed il 1756 si costruisce la cappellina laterale di S. Gaetano, si colloca l’organo, opera di Giuseppe Cadei da Paratico e si posa l’altare maggiore, eretto con i proventi di un lascito di Giovanni Battista Beccalossi. Nel 1773 Pietro Scalvini firma e data gli affreschi della cupola che sovrasta il piccolo presbiterio. Nel 1919 Giuseppe Trainini dipinge i medaglioni della navata. Importanti lavori di restauro alla copertura del tetto ed alla torre campanaria si compiono nel 1968, anno nel quale si provvede anche all’attuale pavimentazione della chiesa e alla sistemazione dell’altare maggiore, in conformità con le nuove esigenze liturgiche. Gli ultimi interventi di ripristino dell’edificio sacro, conclusi con la nuova tinteggiatura esterna del tempio (Fratelli Martelli) e la sistemazione in acciottolato del piccolo sagrato sono ultimati nel 1995.
Un protiro, con frontone triangolare, si articola con la facciata mediante un accordo curvilineo. Sopra il portale, inclinato sulla facciata, un medaglione reca lo stemma di S. Carlo e il suo motto HUMILTAS ed è accompagnato dalla raffigurazione delle insegne cardinalizie del santo titolare. Il campanile con la sua originale cupola orientaleggiante reca la data del 1706. L’ingresso laterale che, per chi guardi la facciata, si apre sull’angolo sinistro dell’edificio, è preceduto da un portichetto stretto ed alto formato da due colonnine corinzie sulle quali poggia un elegante arco a tutto sesto. A fianco di questo ingresso notevole l’antico altare del Corpo di Cristo, datato 1539, che il Falsina dice proveniente dalla parrocchiale. Internamente l’aula, a croce latina, presenta una sola navata, piuttosto corta e larga. Il presbiterio sovrastato da una cupola ovale si apre ai lati in due ampie cappelle che determinano un piccolo transetto.Il ciclo affreschivo più importante si deve al ricordato Pietro Scalvini, che nella cupoletta del presbiterio celebra la gloria del Borromeo e nei quattro peducci presenta le virtù cardinali. Al medesimo artista possono con ogni verosimiglianza attribuirsi anche i due medaglioni delle cappelline laterali al presbiterio: in quella che si colloca alla destra di chi guardi l’altare maggiore è raffigurato San Carlo che assiste gli appestati, nel piccolo transetto sinistro si riconosce S. Carlo che distribuisce le sue ricchezze ai poveri. Nei medaglioni della navata centrale il Trainino dipinge le virtù teologali.
Di notevolissimo interesse è la pala maggiore della chiesa opera di Francesco Paglia databile alla fine degli anni Ottanta del Seicento – secondo la storica dell’arte Stradiotti – ma forse riferibile anche ai primi anni Novanta perché la soasa lignea che la comprende è sicuramente datata 1692. L’opera d' intaglio è assegnata a Gaspare Bianchi da Lumezzane, uno dei più validi scultori bresciani del sec. XVII. Degna di nota anche la pala dell’altare laterale di S. Gaetano ora collocata sulla parte sinistra della navata. Nel dipinto opera certa di Bernardo Podavini, databile al 1775, compaiono oltre al titolare dell’altare, i santi Filippo Neri, Andrea Avellino e Luigi Gonzaga. Segnalabile inoltre, sulla medesima parete il Martirio di un Santo Vescovo, opera di buon artista bresciano del Seicento. Sopra l’altare di S. Gaetano si vedano infine le statue di S. Giuseppe e S. Antonio da Padova, opere di Martino e G. Luigi Sandrini offerte al tempio dal prevosto emerito mons. Giuseppe Borra nel 1990. Nella nicchia centrale una modesta statua del S. Cuore opera del Righetti.

La Chiesa di S. Rocco eretta in onore di S. Rocco sul colle omonimo, per voto polare formulato durante la pestilenza dl 1575-1577, risulta completata nella sua struttura originale, nel 1582. Il 17 agosto 1738 è trasportata nella chiesetta una reliquia del Santo. L’oratorio è mantenuto da un’antica Confraternita della quale si ha notizia a partire dal 1606.
E’ officiato da un cappellano, stipendiato dal sodalizio. La Disciplina di S. Rocco ha vita fino agli inizi del Novecento e a questa associazione di laici si devono in gran parte la dotazione e l’arredo più antico della chiesetta, compresa la collocazione dell’organo – ora smontato – opera di Giuseppe Cadei pagato nel 1752. Il 27 aprile 1768 padre Antonio Beccalossi, capo della Confraternita di S. Rocco, ottiene dal comune il permesso di trasferire nel piccolo tempio un affresco seicentesco dipinto sotto le due arcate della scomparsa loggetta della parrocchiale. L’affresco trasportato il 29 seguente è collocato sopra un nuovo altare maggiore, offerto dal medesimo Beccalossi, determina il nuovo titolo della chiesetta che da allora è indicata come santuario della Madonna del Popolo. Con spontanea ed efficace sintesi la pietà popolare riassume ancor oggi la storia antica e più recente di questa chiesa indicandola come “Santuario della Madonna di S. Rocco” Tra il 1834 ed il 1838 l’edificio sacro si amplia con la costruzione delle due cappelline laterali e del porticato antistante la facciata.

Il 17 agosto 1919 vengono inaugurati gli affreschi e le decorazioni interne del santuario, opera di Giuseppe Trainini e dei fratelli Battista e Giuseppe Mozzoni. Un ulteriore radicale restauro della chiesetta è promesso con voto solenne del 28 febbraio 1943 e realizzato in parte nel 1944. Il 26 luglio 1947 i restauri, che comprendono anche la costruzione di una imponente scala d’ingresso al piccolo sagrato, vengono inaugurati e, nell’occasione, l’immagine della Madonna del Popolo, completamente rifatta su tela dal pittore Pietro Galanti viene cinta da una corona d’oro e diamanti offerta dalle madri gardonesi. A compiere il rito è il cardinal Adeodato Piazza, patriarca di Venezia. L’ultimo intervento conservativo strutturale e del patrimonio artistico avviene nel 1980 per iniziativa del prevosto mons. Giuseppe Borra. La facciata del tempio, secondo un tardo modulo settecentesco, non presenta elementi degni di rilievo. E’ preceduta da un portico sostenuto da colonne poggianti su un basamento continuo. La copertura rifatta nel 1980 sfrutta in parte travature e tabelloni recuperati dalla struttura dell’antico oratorio. Il campanile, semplice e snello, porta un completo concerto di campane. L’interno della chiesa presenta una sola navata, alquanto larga che si apre su due profonde cappelle che formano una specie di transetto, e determina la pianta a croce latina dell’edificio. Vi è un unico altare, in buon stile barocco, con paliotto ricco di marmi policromi che, dovuto alla generosità di padre Antonio Beccalossi, è completato intorno al 1770.

Fino agli inizi del secolo XX, sopra l’altare, in luogo della Madonna del Popolo, stava una pala raffigurante la Madonna con santi di scuola morettesca che fu ceduta dal prevosto Rossi. Dell’affresco della cupola sovrastante l’altare è autore Giuseppe Mozzoni che lo esegue nel 1918. Raffigura la Madonna del Popolo che benedice Gardone di cui è riconoscibile lo stemma civico; sotto la protezione della Vergine sono pure posti i reduci ed i colpiti dalla spagnola. Nei pennacchi della cupola Battista Mozzoni dipinge figure di profeti e nel cartiglio dell’arcone "Matri Populi" che sostituisce la precedente "Santo Rocho Dicatum" La navata ha pareti decorate a stucco e sulla sua volta si notano due medaglioni a fresco, opera di Giuseppe Mozzoni: un putto che regge una corona d’alloro e due angeli che sventolano la bandiera nazionale. Sulla controfacciata, nella cantoria dove stava l’organo, ora ricoverato in luogo sicuro, una "Cena di Emmaus" dipinta nel 1980 dal decoratore Alessio Albini di Pontoglio.

Della Chiesa parrocchiale di S. Giorgio non è possibile ricostruire la storia. Risulta documentato soltanto un non precisato intervento di manutenzione, voluto dall’arciprete Pietro Malatesta, nel 1543.
Negli atti della visita pastorale effettuata dal vescovo diocesano Giovanni Dolfin, in data 25 giugno 1582 si annota che la pieve è lunga 35 passi e larga 21, corrispondenti a mosaico, in parte cementato. Il campanile, rivolto a settentrione, ha due campane. Intorno alla chiesa, secondo l’uso del tempo e verso nord ovest, c’è il cimitero. Gli altari più antichi, oltre il maggiore sono quelli del Corpo di Cristo e della Concezione di Maria, annotato già nel 1567.
Nel primo Seicento si fa menzione degli altari dedicati rispettivamente ai SS. Carlo Borromeo e Lucia. Antichissimo, in ragione della natura battesimale della Pieve, il culto di S. Lorenzo. Nel Settecento Luigi Gonzaga si aggiunge a S. Carlo Borromeo come titolare del medesimo altare. Trasformazioni importanti si attuano in questo stesso secolo: sopra il presbiterio è innalzato un cupolone, il coro della cappella maggiore viene rinnovato e l’altare maggiore si posa in marmo. Tra il 1913 ed il 1914 sono compiute altre notevoli opere di restauro e di abbellimento alla chiesa con la riparazione delle cappelle laterali e la decorazione delle medesime e dell’intero edificio per mano di Giuseppe Trainini.
Nel 1929 la sagrestia, restaurata, è decorata da Andrea Riardi. Nel 1982 Diego Voltolini ripristina alcune opere lignee mentre Romeo Seccamani restaura i medaglioni a fresco dei misteri del Rosario all’omonimo altare già della Concezione. Altri affreschi e tele sono restituiti alle originali cromie tra gli anni Ottanta ed i primi Novanta. L’ingresso principale è preceduto da un piccolo portico rinascimentale formato da tre archi a pieno centro poggianti su esili colonne di marmo bianco. Sopra il portale, una lunetta presenta al centro la SS. Trinità ed ai lati l’Annunciazione. Ancora leggibile una grandiosa riproduzione di S. Cristoforo che, secondo la tradizione, doveva preservare dalla cattiva morte nell’arco della giornata tutti quanti, il mattino, lo vedessero e pregassero. Gli affreschi sono attribuiti a Floriano Ferramola. L’interno a tre navate, con la centrale alquanto più larga che è divisa dalle laterali per mezzo di pilastri cruciformi costituiti da lesene, con archi a pieno centro. Su ciascuna della navatelle laterali si aprono delle cappelle.
Al visitatore che entri dal portale maggiore e si volga alla sua destra si presenta, sopra un confessionale, un olio a tela, raffigurante S. Lorenzo martire, opera attribuita a Bernardino, figlio di Antonio Gandino. Segue, sopra l’altare dei SS. Carlo e Luigi Gonzaga, una pala di Giorgio Anselmi che presenta l’arcivescovo di Milano mentre porge la Comunione al giovane marchese di Castiglione delle Siviere. Sono assegnati ad artista di scuola bresciana del secolo XVI (forse Pompeo Ghitti) i medaglioni a fresco dei Misteri del Rosario , all’altare omonimo. Sconosciuto è l’autore degli oli su tela appesi alle pareti di questa cappella mariana. Il presbiterio, dominato dalla pala maggiore, attribuita a Pompeo Ghitti da Marone, presenta sulla parete destra una tela raffigurante la Madonna in gloria con il Bambino e i SS. Lucia e Carlo Borromeo assegnata ad Antonio Gandino e databile al 1614 e sulla parete sinistra un olio su tela datato 1610 e firmato da Grazio Cossali. Il pittore vi dipinge in alto il Padre eterno lo Spirito Santo e Angeli con l’Immacolata e in basso i SS. Vito e Modesto. Lasciato il presbiterio sulla parete di testa della navatella sinistra, si osserva l’affresco di San Giorgio in lotta con il drago che tipologiacamente si vuole avvicinabile al gotico. Interessante il frammento d’affresco raffigurante la scena della Crocifissione nella Cappella del Corpo di Cristo, già dell’omonima Scuola, assegnabile al sec. XV, epoca alla quale possono farsi risalire anche altri minori dipinti presenti in questa cappella, compresa una Madonna con S. Giovanni Battista datata 1478. Molto modesto un S. Giovanni Battista posto sopra il confessionale che si colloca alla sinistra rispetto all’ingresso principale. Recentissimi studi sostengono sia assegnabile a Giovanni Antonio Italiani.

Il Santuario del S. nome di Maria "Madonna del Castello" ufficialmente dedicato al Nome di Maria, la data 1704 incisa sull’architrave della porta principale si riferisce alla sua primitiva edificazione. Nella relazione predisposta dal pievano d’Inzino in occasione della visita pastorale effettuata dal cardinal Angelo Querini il 15-16 settembre 1765, è scritto che questo oratorio, recentemente costruito e dedicato alla Beata Vergine nella Valle d’Inzino è custodito da un romito tale Giuseppe Bonetti da Corticelle.
Nel 1809, l’arciprete annota che nel Santuario mariano si celebra la messa tre volte l’anno per volere della Comunità e altre volte per desiderio dei devoti. Dalle carte delle visite pastorali dell’ottocento e del primo novecento non si traggono elementi indicativi d’ interventi edilizi di qualche rilievo posteriori ai citati. Sempre viva comunque permane la devozione degli inzinesi e di molti trumplini alla “Madonna del Castello”, alla quale in questi ultimi decenni è ufficialmente intitolata una Associazione che annualmente organizza una serie di manifestazioni comprese nel “Settembre Inzinese”, una tradizionale e lunga sagra che prendendo lo spunto dalla festa mariana fissata dal calendario liturgico al giorno otto di questo mese, propone una essenziale serie di appuntamenti religiosi frammisti a vari momenti culturali e di svago. Gli anni Ottanta del Novecento fanno registrare una radicale opera di risanamento e di ripristino esterno ed interno del Santuario con lavori che riguardano la copertura, la nuova pavimentazione ed il rinnovamento di ogni elemento decorativo.
Secondo lo storiografo Luigi Falsina, che come curato di Gardone dal 1917 al 1928 potè osservare direttamente questo particolare – dietro il dipinto che raffigura la Madonna con il Bambino erano alcuni affreschi ora scomparsi. Attualmente la chiesa presenta al suo interno affreschi con episodi biblici riferiti alla vita di Gesù e Maria di non scarso valore. Interessanti due dipinti conservati in sagrestia e raffiguranti rispettivamente la Natività di Maria e la Nascita di Gesù. Pregevole l’organo sistemato sulla controfacciata. Di fianco al tempio s’erge uno spazioso porticato, un tempo ricovero dei pellegrini e dei viandanti nel centro del quale spicca una grande fontana a turibolo.

L’attuale edificio sacro dedicato come la primitiva chiesetta del paese a S. Martino vescovo di Tours, in relazione all’esistenza in loco già nei secoli dell’alto Medioevo di una comunità di coloni del monastero bresciano di Santa Giulia, è edificato nella seconda metà del Seicento.
Una relazione del 1674, firmata dal parroco del tempo informa che La chiesa parrocchiale è stata consacrata l’anno 1674 alli 9 settembre E’ eretta con navata unica e due cappelle laterali che nel 1755 risultano dedicate rispettivamente alla Madonna e a S. Pietro, martire domenicano e chiuse da leggiadri cancelli di ferro lavorato a Rabeschi e ornato d’abbellimenti di ottone Il campanile di pietra viva e adorno di doppie cornici porta tre campane. Nella seconda metà del Settecento la chiesa è restaurata e dotata di un nuovo portale maggiore recante la data 1779. Il 29 marzo 1793 la “curazia” di Magno ottiene la piena e totale indipendenza dalla pieve d' Inzino, dalla quale si era già separata nel 1646. Importanti lavori di ripristino e abbellimento si compiono nel 1909 con la posa di un nuovo pavimento e nel 1922 per opera di Giuseppe Ronchi che dipinge sei medaglioni. Dal 1953 al 1957 è rifatto il tetto della chiesa, la ditta Papis rinnova il pavimento posandolo in mosaico. Sono collocate sul presbiterio nuove balaustre, si dota l’organo di un impianto elettrico mentre Gabriel Gatti e Giovanni Trainini affrescano il tempio.

La chiesa è dotata di valide opere d’intaglio fra le quali meritano uno specifico accenno il pulpito, ornato dalle statue degli evangelisti e della Madonna e da quelle di un angelo portacroce. E’ attribuito da alcuni studiosi a Pietro e da altri a Carlo Dossena, artisti del secolo XVIII che si richiamano alla scuola dei Fantoni. Le due soase degli altari di S. Pietro Martire e della Madonna sono invece assegnate a Gaspare Bianchi di Lumezzane, del quale si hanno notizie dal 1670 al 1687. L’opera lignea più importante e interessante è comunque rappresentata da una Madonna orante con il Bambino datata 1526 e attribuita a Clemente Zamara da Chiari, sistemata sopra l’altare omonimo. Fra le tele e pale d’altare degne di nota sono una Madonna del Rosario con i SS. Caterina e Domenico firmata da Pietro Scalvini, una Madonna con il Bambino ei SS. Pietro Martire e Antonio da Padova firmata da Pompeo Ghitti cui si deve anche la pala dell’altare maggiore raffigurante il patrono S. Martino che resuscita un fanciullo. Interessanti una Madonna con il Bambino e S. Gaetano da Tiene e la Morte di Andrea da Avellino.

Il Santuario di S. Bartolomeo (Sec. XVIII) è situato nei pressi dell’altura denominata Monte Cimone, ad ovest dell’abitato di Magno, sia stato in origine un eremo che i Benedettini dedicarono alla SS. Trinità e a S. Bartolomeo. L’attuale Santuario è riedificato dal 1737 al 1742 ad opera di Domenico Fiorenza, un capomastro attivo in quegli anni anche a Gardone.
I lavori portano in particolare alla costruzione della nuova cappella maggiore e della spaziosa navata, ingentilita da due eleganti portali e risparmiano l’antico oratorio che forse è l’attuale sagrestia. Una relazione firmata dal parroco Giuseppe Aguzzi e datata 1775 informa che nella chiesetta, custodita da un romito che veste l’abito degli Osservanti di S. Francesco si celebra in alcune feste dell’anno ed altri giorni ancora per i pubblici o privati bisogni ad istanza del pubblico e dei devoti Nel 1885 gli abitanti della frazione di Magno preservati dall’epidemia di colera stabiliscono di celebrare come festa di precetto il giorno 24 agosto dedicato a S. Bartolomeo. Sottoposto ad alcune opere di restauro, soprattutto alle strutture del tetto, sul finire degli anni ’50, il Santuario ha subito l’ultimo notevole intervento di ripristino negli anni Novanta del ‘900.

La pala dell’altare maggiore, firmata da Antonio Paglia e datata 1741 è attualmente ospitata, a scopo conservativo, nel palazzo municipale di Gardone. Raffigura il patrono con la SS. Trinità e Bernardo Abate. Nelle sale del municipio gardonese hanno trovato sistemazione anche altri dipinti provenienti dalla chiesetta. Particolarmente interessanti Il miracolo della Madonna della Neve ed i tondi degli evangelisti Matteo Marco e Luca attribuiti a Fausto Bocchi. Il Santuario presenta sul presbiterio affreschi firmati da Pietro Scalvini e datati 1742. Il pittore raffigura nel lato sinistro il Martirio di S. Panacea e su quello destro Il miracolo di S. Isidoro. Notevole sulla parete sinistra della navata, inserita in una architettura dipinta una Immacolata dovuta ancora allo Scalvini e coeva agli affreschi datati.


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