venerdì 7 agosto 2015

VALLE DEL CAFFARO



La Valle del Caffaro è percorsa dall'omonimo fiume che nasce nel territorio di Breno dal Cornone di Blumone e si immette nel Chiese.

Attraversa l'intero territorio di Bagolino fino al lago d'Idro. Una parte del territorio montano della valle, nel comune di Bagolino, appartiene al comprensorio del Maniva.

Dal punto di vista orografico separa le Alpi Retiche meridionali, a nord, dalle Prealpi Bresciane e Gardesane, a sud.

Quando il clima glaciale lascia posto a quello temperato, che da origine a foreste di conifere, betulle e querce, le valli cominciano a coprirsi di boschi e gli animali assumono l’aspetto attuale.
L’ambiente, così trasformato e migliorato, è pronto ad accogliere l’uomo che si dedica alla caccia e alla raccolta di frutti.

La raccolta di cereali spontanei induce l’uomo alla loro coltivazione e di conseguenza al primo addomesticamento di animali.
In Italia questo processo di sviluppo tarda a venire cosicché l’uomo specialmente nell’arco alpino mantiene ancora, sino al quinto-terzo millennio a.C., il suo arcaico stato di raccoglitore di frutti e di cacciatore.
Nella valle si hanno tracce dell’esistenza dell’uomo dall’era paleolitica.
A questo punto la ricerca di una collocazione delle genti che abitavano il territorio di Bagolino, mancando al riguardo notizie attendibili, può ricalcare le orme di un popolo che, sin dalla preistoria, documenta l’esistenza di una civiltà che va organizzandosi in una valle vicina: la Valle Camonica.
Questo popolo infatti potrebbe aver dato i natali al primo nucleo di uomini, cacciatori e pastori, che si fermeranno poi stabilmente nella valle di Bagolino.

I graffiti camuni che dagli esperti sono fatti risalire al 6000-5000 a.C. raffigurano solo animali. Non è ancora possibile sapere se in questa epoca l’uomo si sia già stabilito in Valle Camonica o vi arrivi sporadicamente per battute di caccia.

Con il passare del tempo le incisioni rupestri diventano sempre più complesse. Con l’avvento in Italia delle colonie greche e romane ha inizio per la civiltà camuna il lento decadimento, che culminerà con la conquista e la sottomissione di questo popolo da parte dei dominatori romani.

Verso il 170 a.C. i Romani arrivano anche in territorio bresciano e sottomettono i Galli Cenomani, probabili fondatori di Brescia, che da tempo (360 a.C. circa) sono diventati i signori dei luoghi.
Questi avevano vinta la popolazione bresciana, non tutta, poiché alcune tribù al comando di Reto si erano ribellate. Codeste, inferiori di forza devono ritirarsi sulle Alpi, da loro chiamate Retiche, dove Finirono per l’unirsi alle genti che già abitavano i nostri monti. Trascorsi alcuni decenni, verso l’89 a.C., i Galli Cenomani completano la loro fusione con i conquistatori ottenendo così la cittadinanza romana. Nel territorio bresciano vi sono però alcune popolazioni montane, i Camuni i Triumplini e i Vennoni, abitatori questi ultimi della Valle Sabbia, che fedeli alle loro antiche tradizioni non vogliono sottostare al dominio romano.
Valorosa e tenace è la difesa dei valligiani che, dopo anni di durissime battaglie, devono piegare il capo davanti alle aquile romane dei generali Livio Druso e Tiberio mandati dall’Imperatore a conquistare le Valli bresciane.
I Romani, seppure vincitori, rendono onore a queste popolazioni alpine incidendo anche i loro nomi sul trofeo di Turbia, presso Monaco, eretto in onore dell’Imperatore Augusto.
Su questo trofeo compaiono i 44 nomi dei popoli vinti e tra questi sono annoverati i Triumplini ed i Camuni. Non compaiono i Sabini.

Fra gli dei adorati nella vallata del Caffaro si ricordano, Tunol, Saturno, Tor, Bergino, il dio Pane, cui venivano sacrificati i più bei capi d’agnello, la dea Cerere, alla quale venivano offerti i frutti della terra e il dio Termine. A quest’ultima divinità si dice che fossero consacrate le montagne e le vette; questo dio proteggeva anche i confini delle proprietà. Si racconta come le vittime, a lui immolate, venissero legate a grossi anelli fissati su altissime rupi e che uno di questi anelli fosse stato ritrovato presso la Berga (cima Caldoline).

Con l’instaurazione del potere ecclesiastico la chiesa trasforma gli usi dei tempi fino a sostituirsi all’Impero Romano in decadenza.

Gli antichi Pagi romani diventavano Pievi, chiese plebane, circoscrizioni territoriali con il compito di sovraintendere la vita religiosa ed amministrativa dei paesi sotto la loro giurisdizione, mentre i Municipi mutano in Diocesi.
I primitivi dei adorati nelle vallate sono così “sostituiti” dal Dio di Gesù Cristo e dai Santi che vengono a prendere, in certo qual modo, le difese del Paese.

Il territorio italiano nel frattempo è diviso da lotte interne fra i guelfi ed i ghibellini.

La città di Brescia ed i suoi territori vengono conquistati dalla casa Viscontea il cui dominio dura fino all’anno 1404 quando subentra al potere il ghibellino Pandolfo Malatesta.

Bagolino che ha combattuto al fianco di Galvano da Nozza passa dopo la pace di Ferrara avvenuta nel 1443, in cui i Visconti riconoscono a Venezia il territorio bresciano, sotto il governo veneto.

I Conti di Lodrone riprendono il loro potere su Bagolino (1441 e segg.)
Nonostante che parecchi bagossi abbiano preso parte alle battaglie in favore della Repubblica Veneta, il Doge F. Foscari vuole ricompensare i Lodroni, suoi valenti alleati, donando loro il feudo di Muslone, la contea di Cimbergo, il Passo di Baremone e, esaudendo le aspettative dei Conti, la tanto ambita terra di Bagolino (ducale 11-41441).
La Serenissima però si riserva la piena sovranità sul paese e quindi anche il diritto di una eventuale revoca del feudo ai Lodroni.

Bagolino passa nuovamente alla Repubblica Veneta (1472 e segg.)
Il Doge Nicolò Tron poichè i Signori di Lodron, che nel frattempo con il Diploma Comitale del 6 aprile 1452 erano stati insigniti del titolo di Conti, vengono meno ai loro impegni, ascoltando le ragioni dei bagolinesi revoca loro, nel luglio del 1472, il dominio del paese restituendo così a Bagolino la sua indipendenza.
Ai Lodroni la Repubblica di Venezia, come riconoscimento dei servigi resi, dona la Valle di Vestino.

I Tedeschi calano in Italia attraverso il Piano d’Oneda (1509 e segg.)
Dal 1509 al 1517 la Repubblica di Venezia entra in guerra contro i Francesi e gli Spagnoli e subisce delle sconfitte.

Bagolino si ribella ad un ennesimo sopruso dei Conti di Lodrone (1540 e segg.)
L’astio ed i bocconi amari ingoiati nel tempo, uniti all’ennesima angheria dei Conti di Lodrone, porta i bagossi ad una sanguinosa rivolta (1554).
Il sopruso è fatto dai Conti ai danni di alcuni mercanti del paese, Battista e Bese Benini e Vincenzo Gogella, per questioni finanziarie.

In quei secoli il paese non ha pace; oltre alle innumerevoli guerre nelle quali viene coinvolto in seguito ai mutamenti politici, Bagolino è stremata anche da terribili epidemie (1347-1478-1577-1630) e dalla grande carestia in cui perdono la vita migliaia di persone.

I Conti nel 1673 tentano di reimpossessarsi di Bagolino e tanto maneggiano e brogliano che riescono temporaneamente a riottenerne la signoria. La Serenissima informata dal Comune su particolari maneggi che i Conti vogliono in danno del paese, restituisce a Bagolino la sua indipendenza.
I Conti per reazione fanno bandire tutti i bagossi dal territorio trentino con un editto imperiale che viene letto nella piazza di Lodrone.

Con la decadenza della Repubblica di Venezia della quale il trattato di Campoformio del 7 ottobre 1797 decreta la fine, i territori del bresciano passano sotto il dominio di Napoleone che, combattendo contro gli austriaci, conquista la Lombardia.
Il 26 maggio 1796 Napoleone è a Brescia. Parte dei bresciani e dei bergamaschi ribelli, segretamente appoggiati dai francesi, costituiscono la Repubblica Provvisoria Bresciana aggregata nel 1801 alla Cisalpina. Le Valli e la Riviera che parteggiano per la Repubblica di Venezia sono costrette ad arrendersi alle truppe dei generale Chevallier che mettono a ferro e fuoco i paesi di Barghe e Vestone.

Durante le alterne vicende e le lotte tra franco-austriaci, in una delle tante battaglie, una compagnia di croati in ritirata si ferma a Bagolino per circa una mese, presso il ponte Prada. 1 soldati si uniscono poi al loro generale, il Wunser, che con altri 30.000 sta attraversando il Pian d’Oneda per combattere contro i francesi.
Nelle battaglie di Lonato, di Castiglione e Montichiari i tedeschi vengono sconfitti.
Durante la ritirata, una compagnia alemanna si ferma in paese e fissa il campo nella chiesa di S. Rocco e nel prato del Consiglio (Riva dei Bus). La compagnia rimane fino a che le truppe francesi giunte a Storo, non la obbligano a ritirarsi.
Partiti i tedeschi arrivano in paese i francesi. Gli ufficiali trovano alloggio presso case benestanti mentre la truppa si ferma a palazzo Stagnoli, (che allora era del Comune), nella Chiesa di S. Rocco, dell’Adamino e nei prati vicini.

La Cisalpina è sostituita dal Regno Italico, nato il 7 marzo 1805, e i territori bresciani conoscono un periodo di relativa pace.
Durante il Regno Italico la provincia viene divisa in dipartimenti; Bagolino fa parte del distretto di Vestone compreso nel dipartimento del Mella.

Quando Napoleone I è costretto ad abdicare la Lombardia passa sotto l’impero austro-ungarico. Bagolino viene presidiata dai tedeschi sino al 1815.
Sotto la dominazione austriaca vengono costituite le province divise in distretti ed in comuni. Le strade della valle che durante l’ultimo periodo della dominazione veneta erano rimaste pressoché abbandonate, vengono restaurate.
La strada che da Monte Suello porta a Bagolino viene assunta a totale carico dello Stato con decreto del Vicerè Ranieri. In occasione della venuta in Valle Sabbia dell’arciduca Ranieri viene posta, nel 1823, la prima pietra per la costruzione del ponte Prada di Bagolino.
Di questi anni è anche un originale progetto per l’ampliamento della mulattiera che da Bagolino porta al Maniva.

Il territorio bresciano è percorso da una ventata di idee liberali e patriottiche.
I patrioti continuano a cospirare ed a fomentare la popolazione fino alla rivoluzione del 1848. Anche i valligiani si armano, pronti a difendere la patria.
Il 5 aprile si diramò l’ordine di “cancellare ogni stemma o segnale che alluda all’espulsa tirannide” e che “su tutte le torri abbia a sventolare la bandiera nazionale” (U. Vaglia).
Arrivati i Sardo-Piemontesi in Provincia, sul Caffaro si deve proteggere, alle spalle l’esercito impegnato sul Mincio.
Al comando del colonnello piemontese Allemandi partono numerosi valsabbini che il 9 aprile varcano il confine trentino; occupano Condino e arrivano a Stenico. Qui le truppe ricevono l’ordine di retrocedere ed i soldati, come continua il Vaglia: “stanchi e logori, stremati dalla fame, privi d’ogni materiale bellico, consci d’essere usati in movimenti d’azione senza ordine e senza un piano minimamente studiato”, vanno all’attacco ma vengono costretti, dagli austriaci, a piegare sino a Ponte Caffaro dove un battaglione, al comando del Beretta, occupa Prada e Bagolino.

A pochi anni dall’armistizio di Salasco dell’agosto 1848 Bagolino, alla ripresa delle ostilità (1859), si trova ad essere sulla linea di demarcazione dei due eserciti. La linea” passa dal paese, continua per Idro e Lavenone e, attraverso la cresta che separa la Valle Degana dalla valle di Toscolano finisce a Maderno.
I valligiani, provati dalla triste esperienza del 1848 e dalle dure condizioni economiche, accolgono la ripresa delle ostilità con entusiasmo e responsabilità; si sperano, sotto le patrie bandiere, tempi migliori.
I “Cacciatori delle Alpi” al comando del generale Cialdini combattono per conquistare la Rocca d’Anfo ed il presidio dei confini tirolesi.
Una colonna della divisione Cialdini dopo aver espugnato alla baionetta il Maniva discende alle spalle della Rocca dove, unendosi alle altre truppe che arrivano per la strada di Anfo, occupa parte della fortezza.

Dopo la costituzione del Regno d’Italia del 1861 si vuole liberare il Veneto dal dominio asburgico. I valligiani superato lo scoraggiamento, il ricordo delle battaglie e i disagi economici, finiscono con ben accogliere i combattenti garibaldini.
Nella zona del Caffaro le operazioni militari iniziano il 25 giugno e si protraggono sino al 4 luglio, giorno della battaglia di Montesuello.

Non sono ancora spenti gli echi delle battaglie del Caffaro che i valligiani devono partire per la guerra “d’Africa” combattuta tra Italia e Abissinia.
I nostri vengono reclutati per lo più nel Corpo degli Alpini, istituito con legge 12 ottobre 1872, che riuniva 15 compagnie reclutate in zone montagnose con il compito di guardia ai valichi e, assegnati al quinto reggimento, come battaglioni Vestone, Edolo, Tirano, Morbegno.

Le vicende degli ultimi anni hanno provato duramente i bagolinesi che hanno visto i loro territori, specialmente quelli di Ponte Caffaro, interamente devastati. Ma non basta.
L’Italia, reduce dalla conquista libica, viene coinvolta nella prima guerra mondiale. Gli italiani, prima neutrali, cedono agli interventisti: Partito Repubblicano, Partito Socialista, Fascio d’Azione Rivoluzionaria, Partito Radicale, Movimento Futurista ecc..
Il 23 maggio 1915 a mezzanotte l’Italia si schiera contro l’Austria.
I monti di Bagolino e la zona del Caffaro che si trovano sulla linea di confine sono i primi teatri di combattimenti.
La guerra, in prevalenza di trincea, attua il principio ‘Ai fare l’aquila” cioè di conquistare e tenere le vette per essere padroni delle valli.
Verso il Passo Termine, al confine con il territorio trentino, ancora oggi sono visibili i resti di costruzioni militari, di trincee e di reticolati arrugginiti muti testimoni di una lunga guerra di logoramento.
La frazione di Ponte Caffaro nella notte dei 24 maggio 1915 vede passare sul suo ponte, posto a confine con l’Austria, i bersaglieri seguiti dagli alpini (5 battaglione) e dal fanti (62 reggimento) che si avviano alla conquista dei trentino.
Gli abitanti del Piano sono costretti a rifugiarsi, quando le battaglie si fanno più cruente, nel capoluogo.
Come quella volta che sono obbligati a rientrare a Bagolino per evitare il fuoco incrociato dei cannoni austriaci piazzati sul Forte Cariola, sul Forte Lardaro e sul Forte Corno, e dei “pezzi” italiani che tirano dal Forte Baremone e dalla Rocca d’Anfo.
Il 1918 è un anno tragico per gli abitanti di Ponte Caffaro. 1 cannoni dislocati su Forte Por vomitano un fuoco continuato sulla piccola frazione posta a confine.
La gente è svelta a fuggire ed a rifugiarsi in aperta campagna, nelle cantine, a Bagolino.
Le case vengono distrutte, la chiesa ed il paese bersagliati dal fuoco; miracolosamente tra gli abitanti non si contano vittime.
Dopo i “caldi” giorni dell’estate del 1918, finita la guerra, la gente di Ponte Caffaro può tornare a varcare il ponte che questa volta congiunge le sponde in uno stesso Stato che, come scrive il Biati “aveva sì rivendicato la sua frontiera, ma allo stesso tempo, aveva ingigantito i suoi problemi, portando la popolazione ad un esasperato malcontento, preparatore di nuove, deleterie avventure”.

Tra le due guerre l’Italia conosce il regime dittatoriale fascista di Benito Mussolini

Dopo vent’anni di pace relativa inizia un’altra terribile guerra: la Seconda Guerra Mondiale il cui ricordo è ancora vivo e bruciante nei superstiti. A Bagolino la popolazione soffre i dolori, i disagi e le privazioni che sempre accompagnano tristi eventi.

Il territorio ecomuseale  della valle del Caffaro corrisponde all’intera estensione territoriale del Comune di Bagolino, comprendendo anche la frazione Ponte Caffaro.

Dominato dall’imponente corno del Blumone, il territorio di Bagolino è attraversato dal fiume Caffaro, che nasce al Passo del Termine e, scendendo nella conca del Gaver in un alternarsi di ripidi pendii e falsi piani, giunge al paese, per poi affluire nel fiume Chiese nei pressi del Lago d’Idro.

Caratteristica peculiare del centro storico di Bagolino è la disposizione delle case, di notevole altezza, addossate una all’altra con portici, sottopassaggi, piccole terrazze, ballatoi, inferriate in ferro battuto, affreschi murali, solai in legno.
Le vie che percorrono il borgo sono strette, selciate con acciottolato e porfido, interrotte da numerose scalinate che conducono alla parte alta del paese.

Elementi del patrimonio culturale immateriale di Bagolino sono il Carnevale, il Bagoss (formaggio locale) e il dialetto.


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