domenica 30 agosto 2015

PAITONE



Paitone è un comune della Comunità Montana della Valle Sabbia.

Il paese è, dal punto di vista urbanistico, un aggregato di varie contrade: Paitone capoluogo, Bettola, Risoline, Colombaro, Soina e i nuclei montani di Pospesio, Marguzzo, Sarzena.

Preziosi reperti archeologici, rinvenuti negli anni Sessanta sul monte Paitone, testimoniano l'esistenza di un insediamento umano preistorico, risalente all'età del bronzo.
L'esame di tali reperti, ora conservati nel Museo di Gavardo, e un sopralluogo alla località di rinvenimento, hanno accreditato l'ipotesi che sulla dorsale del monte, verso la valletta di Pospesio, sorgesse l'insediamento, costituito da capanne all'asciutto, sovrastanti uno specchio d'acqua interno che occupava la valletta.
Quest'area e l'area montana, a nord dell'attuale paese, dovette essere fin dall'epoca preromana, per la posizione ospitale e di transito, luogo residenziale favorevole.
Fu successivamente meta di migrazione di popolazioni nordiche e montanare, provenienti dall'Alto Chiese.
Furono queste a costruire i cascinali tozzi, sorretti da pilastri bassi e di enorme grossezza, con portali larghi e bassi tipici della zona: i baitù (VII secolo circa); Paitone potrebbe quindi essere un toponimo che deriva dalla denominazione di questi cascinali.
La storia documentata di Paitone è legata alla presenza dei Benedettini del monastero di S. Pietro in Monte di Serle (secolo XI), che presero possesso dei plessi montani di Pospesio e Marguzzo e procedettero alla bonifica delle terre pedemontane, cui seguì la costruzione dei nuclei abitati di Soina e Colombaro.
Nell'XI secolo fanno la loro comparsa i "Capitani de Paitono", signori di Paitone, vassalli feudatari del monastero benedettino di Serle.
Di essi il più celebre è quel Valerio Paitone, al quale a Brescia è intestata una via, congiurato nel 1512 contro i Francesi, ucciso nel 1516 in un'imboscata tesagli a Nave.
Lo stemma che attualmente orna il vessillo comunale (scudo con tre lune falcate d'argento, sormontato da una corona) era lo stemma di questa famiglia di capitani del popolo.
Le vicende storiche dell'epoca moderna e contemporanea hanno visto i Paitonesi protagonisti discreti, apparentemente ai margini degli eventi più eclatanti, eppure presenti nel loro agire concreto e dignitoso, in una dimensione che li ha caratterizzati e li caratterizza come comunità viva e, al di là di contingenti divergenze, solidale.

Marguzzo e Sarzena sono situati a nord del paese, in zona montana, vi si arriva con una comoda strada panoramica che si inerpica in mezzo ad un bosco di conifere.
Sono i nuclei più antichi di Paitone, sorti nel VII -VIII secolo; sono tuttora visibili, anche se compromesse nelle loro caratteristiche architettoniche, le costruzioni basse con pilastri tozzi e robusti.
A Marguzzo sorge la chiesetta di S. Martino, che risale al VII secolo.
In epoca medioevale questi nuclei avevano regolare collegamento stradale con Gavardo e la Valle Sabbia via Gusciana, e, con Brescia via Serle, S. Gallo e Botticino.

Pospesio è un nucleo abitato sorto intorno ai cascinali: si adagia in un'amena valletta il cui fianco sud, costituito dal monte Paitone, è purtroppo butterato a causa delle numerose cave.

Colombaro e Soina sorsero intorno all'XI secolo ad opera dei Benedettini di S. Pietro in Monte di Serle, in zona pedemontana, a seguito delle bonifiche delle terre acquitrinose.
Delle due contrade, Soina è quella che ha conservato un aspetto suggestivo e austero, per la particolare tipologia delle sue costruzioni, alcune delle quali, risalenti al XVI secolo, sono menzionate da Fausto Lechi nel IV volume de Le dimore bresciane (casa Achille, casa Ghio, casa Ghidinelli).

L'architettura delle case del nucleo centrale (finestrelle ogivali, mura possenti) affacciate su via Moretto, testimonia che questo borgo è di origine medioevale.
Vi sono case che, pur ampiamente rimaneggiate, conservano ancora tratti caratteristici (casa CavalIeri in via S. Giulia, villa Basiletti-Martinengo e villa Sorelli in via Moretto).

Bettola sorse intorno a villa Averoldi, la cui parte centrale risale al XVI secolo, sulla strada che a quel tempo univa Paitone a Goglione di Sotto (Prevalle).

La chiesa di S.Martino, è la più antica chiesa di Paitone, fondata in epoca Longobarda risalente al VII secolo. Di fattura molto semplice. All’interno la navata è tagliata ad arco tondo e il soffitto del presbiterio è a vela. La chiesetta è giunta intatta fino ai nostri giorni ed è ben conservata soprattutto per l’attaccamento degli abitanti delle contrade montane di Marguzzo e Sarzena.
La chiesa di S.Giulia, risalente all’VIII è la seconda chiesa sorta in Paitone.
La chiesa di S.Rocco eretta nel XVI secolo quando tra la popolazione imperversava la peste, venne costruito come lazzaretto per accogliere gli ammalati e come voto per supplicare la liberazione dal flagello. La chiesetta di semplice fattura, l’altare ligneo e la pala che raffigura S.Rocco sono di grezza fattura.
La chiesa Parrocchiale risale al 1742 opera dell’architetto Antonio Corbellino. La chiesa presenta una facciata a curvatura a due ordini di cui il superiore è più leggero e più accuratamente studiato. L’interno con i giochi delle curvature è situato su tre campate di cui la centrale è coronata da una vela a spicchi che riallarga leggera e poggia su un’orlatura di merletto.

Il santuario della Madonna di Paitone fu costruita a partire dal 1534 sul luogo dove era miracolosamente apparsa la Madonna due anni prima, è stata più volte abbellita nel corso dei secoli ma ha mantenuto il suo ruolo di santuario devozionale alla Vergine. Contiene un'importante pala del Moretto, l'Apparizione della Madonna al sordomuto Filippo Viotti, da sempre lodata per il fatto di illustrare l'apparizione con grande concretezza, senza ricorrere ad elementi soprannaturali e miracolistici.

La nascita del santuario è legata all'apparizione della Madonna al giovane Filippo Viotti, avvenuta nell'agosto del 1532, sui monti nei pressi dell'abitato. La Vergine avrebbe chiesto al fanciullo di far costruire una chiesa in quel punto e questi, sordomuto, sarebbe poi miracolosamente guarito. La comunità di Paitone, in onore alla richiesta della Vergine, decide quindi di costruire un nuovo santuario a lei dedicato. L'autorizzazione dalla diocesi di Brescia arriva l'11 maggio 1534, redatta da Mattia Ugoni, ausiliario del vescovo Andrea Corner. Fra le altre cose, si legge appunto che "ricevuta l'umile e devota vostra domanda, or ora a noi presentata, per fondare, per erigere, costruire e fabbricare una chiesa in quel luogo ove è apparsa la Santissima Vergine Maria e ove dicesi operare molti miracoli, noi col tenore della presente lettera, concediamo tale licenza e facoltà".

Il santuario viene arricchito da una tela del Moretto, che il pittore avrebbe dipinto basandosi fermamente sulla testimonianza del giovane Filippo. Il Racconto dell'apparizione miracolosa e di come il Moretto si accinse ad eseguire l'opera ci è stato tramandato da Carlo Ridolfi il quale, comunque molto enfaticamente, nel 1648 scrive: "Raccoglieva un contadinello (Filippo Viotti) more silvestri nel seno di quel monte, a cui apparve Maria Santissima in sembiante di grave Matrona, cinta di bianca veste, commettendogli, che facesse intendere a que' Popoli, che al di lei nome edificassero una Chiesa in quella sommità, che in tal modo cessarebbe certo infortunio di male, che gli opprimeva. Ubbidì il garzoncello, et ottenne anch'egli la sanità: Edificato il Tempio, fu ordinata la pittura al Moretto; il quale con ogni applicatione si diede a compor la figura della Vergine, nella guisa che riferiva il Rustico (cioè tentando di attenersi alla descrizione fatta dal contadino): ma affaticandosi invano, pensò che qualche suo grave peccato gl'impedisse l'effetto, onde riconciliatosi con molta divotione con Dio, prese la Santissima Eucharistia, ed indi ripigliò il lavoro, e gli venne fatta l'Imagine in tutto simigliante a quella che haveva veduto il Contadino, che ritrasse a' piedi, col cesto delle more al braccio, onde viene frequentata da continue visite de' Popoli, mediante la quale ottengono dalla Divina mano gratie e favori". L'apparizione della Vergine, cosa che il Ridolfi non dice, avvenne su una pietra, che viene poi utilizzata come base dell'altare maggiore della chiesa.

Il santuario è costruito in circa due anni e viene costantemente abbellito, costruendo il portico in facciata e aprendo il vasto piazzale antistante. Nel corso dei secoli si sono registrati molti altri miracoli legati al santuario, tutti legati a guarigioni improvvise e inspiegabili.

All'esterno, l'edificio si presenta circondato da un portico regolare ad arcate sorretto da colonne di ordine tuscanico, molto semplice. Sul fronte, il porticato si riduce a tre vani e il coronamento è decorato da un timpano triangolare. Vicino all'abside è posto il campanile, mentre davanti al santuario si apre un vasto piazzale.

Internamente, la chiesa è a navata unica ed è riccamente ornata da stucchi dorati. Sul fondo dell'abside è posto il ricco altare marmoreo poggiante sulla pietra dell'apparizione e contenente la tela del Moretto.

Sulla cantoria in cornu Evangelii posta a metà chiesa si trova un organo costruito da Giovanni Bianchetti di Brescia nel 1908.

Lo strumento, a trasmissione meccanica, presenta un'unica tastiera di 58 tasti e una pedaliera a leggio di 17 pedali.

La tela del Moretto eseguita dal pittore nel 1534 circa, è giudicata dal critico d'arte Gustavo Frizzoni, nel 1893, "una delle sue creazioni più delicate e più intimamente sentite". Lo studioso Valerio Guazzoni, nel 1981, analizza invece il rapporto tra il dipinto e il racconto tramandato dal Ridolfi, concludendo che il Moretto abbia davvero voluto fare un'opera che riproducesse con fedeltà il racconto del fanciullo. "Come altrimenti dar conto della grande libertà d'immagine, veramente senza riscontro nell'iconografia sacra, e della particolarità dei dettagli, dal canestrino di more al velo della Madonna? Il carattere soprannaturale dell'avvenimento, che per la sua semplicità si distingue dalle tante, appassionate visioni e esperienze di mistici contemporanei, viene potenziato, proprio sottolineandone la concretezza e la povertà. Il dipinto di Paitone è il contributo più originale dell'artista a quel nuovo fervore nella devozione alla Vergine caratteristico di questi anni ed al quale forse non fu estranea la volontà di contrastare certi spunti antimariani della propaganda protestante". In uno studio successivo del 1986 il Guazzoni tornerà su questi argomenti, osservando che "l'originalità dell'opera  consiste nella soppressione di ogni elemento miracolistico e nella integrale trasposizione del sacro nel reale, attuata seguendo fedelmente il racconto del protagonista, idea questa del sacro che non si rivela in sé, ma si nasconde nell'umano, sotto apparenze quotidiane e comuni".


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