Il tessuto urbano è caratterizzato dal centro di Botteghe e dall'insieme dei nuclei delle antiche e piccole frazioni (Brete, Cadella, Cagnatico, Casa d'Odolo, Cereto, Cete, Colombaio, Forno, Gnavla, Vico e Pamparane).
Il suo territorio, fra i più piccoli della Val Sabbia, è prevalentemente montagnoso. Il territorio del comune è compreso tra i 306 e i 726 m s.l.m. Complessivamente l'escursione altimetrica risulta essere pari a 420 metri.
Il toponimo Odolo con ogni probabilità prende origine dal termine germanico audo che significherebbe ricchezza, possedimento. Effettivamente nell'inventario dei possedimenti del monastero di Santa Giulia di Brescia viene citata una corte di Audalvico, nel periodo compreso tra l'879 ed il 906. Nell'inventario delle chiese appartenenti alla giurisdizione del Capitolo della Cattedrale di Brescia intorno al 1148 viene citata anche la cappella di San Zenone di Odolo. Le origini del paese sono comunque certamente più antiche, come testimoniato da alcuni rinvenimenti archeologici. Lo storico Theodor Mommsen cita infatti il rinvenimento di una pietra denominata basis magna Oduli. Si tratta di un reperto risalente al periodo romano, ora custodito presso il monastero di S. Giulia. Nel 1969 in località Castello venne invece rinvenuta un'ara funeraria, ora visibile presso il museo di Gavardo. Anche lungo la strada che collega Odolo con il vicino comune di Sabbio Chiese furono rinvenute alcune tombe romane. Per certo il reperto romanico di maggior valore che sia stato rinvenuto è lapide di Marco Ulpio Recepto, con ogni probabilità un veterano della XXX legione romana, lasciato dall'imperatore Augusto a presidio delle tribù sottomesse che avevano occupato la Valle Sabbia. Marco Ulpio Recepto una volta congedato era stato lasciato in loco, forse in qualità di magistrato o colono, conservando il titolo onorifico derivante dall'aver militato e dall'essere uscito vincitore nelle guerre sostenute durante il primo periodo dell'impero. Anche tale reperto è attualmente conservato presso il museo di Gavardo. Odolo nell'alto Medioevo probabilmente dipendeva dalla Pieve di Bione (in quegli anni la Chiesa, dopo aver ottenuto il contado e l'amministrazione civile grazie a privilegi regi e imperiali, esercitava la giurisdizione attraverso le Pievi, i Monasteri e l'autorità del Vescovo). Proprio sul colle di San Zeno, luogo ove attualmente è ubicata la chiesa parrocchiale del paese, le carte militari segnalano l'esistenze di un'antica rocca, detta Rocca di Santa Maria, andata completamente distrutta. Tale rocca in passato doveva avere una rilevante importanza strategica permettendo di controllare l'intera "Conca d'Oro", ovvero le terre di Odolo, Preseglie, Agnosine e Bione. A parere dello storico bresciano Antonio Fappani questa rocca risaliva al periodo longobardo e divenne successivamente proprietà di una nota famiglia del palese, i Belegni. Nella tradizione orale locale si narra che il signore della Rocca di Santa Maria venne un giorno attaccato dal vicino signore della Rocca di Bernardo che riuscì a distruggerne la dimora senza però riuscire a sopprimere il rivale. Quest'ultimo a breve distanza di tempo riunì alcuni audaci con il quale pose l'assedio al castello del rivale riuscendo ad espugnarlo ed a raderlo al suolo. Nel XIV secolo Odolo viene inglobato nel dominio dei Visconti di Milano (1337-1426) e con il nome di Othulo entra a far parte della Quadra di Valle Sabbia. Per la posizione geografica che lo rende la località più vicina al valico di S. Eusebio e la fondamentale posizione strategica nel controllo della strada che porta a Brescia nel 1401 è conferito in feudo dal re di Germania, Roberto di Baviera. In quegli anni il paese segue il destino dell'intera Valle Sabbia e diviene teatro di continui scontri e lotte fra Milano e Venezia, periodicamente saccheggiato a causa del continuo passaggio dei diversi eserciti. Nel 1427 Odolo e la Valle Sabbia entrano stabilmente fra i possedimenti della Repubblica di Venezia, che ne individua la posizione strategica per lo sbocco dei propri commerci verso il Trentino ed oltralpe. Con maggiore liberalità rispetto al precedente dominio dei Visconti, e con l'intento di assicurarsi la fedeltà dei nuovi territori, la Serenissima concede riduzioni di imposte e vantaggi per l'industria ed il commercio. Si trattava di un collaudato "do ut des" che garantiva a Venezia la tranquilla fedeltà dei sudditi, ed agli odolesi e valsabbini l'attaccamento di chi permetteva loro un consistente risparmio sulle imposte. Nel 1440 il territorio del comune (unitamente a quelli di Preseglie, Agnosine, e Abbione (Bione)), a seguito di atto del doge di Venezia Foscari, passa in feudo a Galvano da Nozza, distintosi in battaglia per conto della Serenissima[14]. Fra periodi di benessere e prosperità economica, alternati con momenti di miseria e carestia, Odolo si accompagna al dominio veneto fino al 1630, anno in cui qui come in molti altri paesi della Valle Sabbia esplode l'emergenza della epidemia di peste. Anche a Odolo l'infezione unita alle precarie condizioni di vita provoca centinaia di morti. Secondo la tradizione i cadaveri, al fine di impedire un'ulteriore propagarsi dell'epidemia, vengono gettati in località Vergomàs, a nord della chiesa di San Zeno. Giunge il 1796 e le truppe francesi scendono in Italia. Napoleone Bonaparte in persona le guida e, stando a quanto affermato dal Riccobelli, il 15 agosto scortato da 400 dragoni di cavalleria, pernotta ad Odolo presso l'osteria Cà de Odol. L'indomani riparte tornando a risalire la Valle Sabbia. I valsabbini e gli odolesi sono piuttosto freddi nei confronti degli occupanti, preferendo parteggiare per Venezia contro le scelte dei cittadini bresciani (filo francesi), probabilmente nel disperato tentativo di difendere i propri privilegi fiscali. Nei primi mesi del 1797 in Valle Sabbia la guida della resistenza alle truppe di Bonaparte viene assunta da un combattivo don Andrea Filippi di Barghe. A maggio dello stesso anno l'esercito francese al comando del generale Landrieux risale la Val Sabbia. Il 3 e 4 maggio gli abitati valsabbini vengono devastati e saccheggiati. La casa del Filippi viene totalmente demolita dai francesi Odolo unitamente a Preseglie depone le armi presentandosi agli ufficiali con bandiera bianca e nastro tricolore: evitano così i saccheggi, le vendette e gli incendi che invece si abbattono sugli altri paesi vicini. L'organizzazione amministrativa napoleonica inserisce Odolo nel Distretto XV delle Fucine, con capoluogo a Nozza, Dipartimento del Mella. La successiva organizzazione austriaca vede invece Odolo inserito nel Distretto XVI di Preseglie.
Il paese di Odolo dal punto di vista architettonico non presenta nel suo centro un’impronta omogenea. Restano però alcuni nuclei antichi nelle contrade di Cagnatico, Cereto, Colombaio, Cadella, Forno, in cui le case, costruite un tempo una addossata all’altra per risparmiare materiale, spazio e combustibile, conservano caratteristiche unitarie, armoniose e un sapore antico con strette vie, muri e cortili interni, volti suggestivi e icone affrescate. Alcune imponenti abitazioni signorili tramandano il ricordo della prosperità di alcune famiglie locali, come il palazzo dei Conti Mazini a Cagnatico, dotato di ampio cortile, porticato con affreschi, scala di marmo, scuderia e brolo antistante, il palazzo a Cereto, già Bonibelli, dallo splendido loggiato volto a meridione, il palazzo di Vico, prossima sede municipale, dal caratteristico schema a corte delle case padronali di fine Ottocento, il palazzo Zinelli al Colombaio, recante sul portale d’ingresso la scritta “Federicus Zinelli 1706”, casa Cominotti in via Cete che riporta ancora sulla facciata lo stemma dell’antico casato e “Cà de Odol”, costruzione quadrangolare di solida impronta con alti portici, la stessa forse segnata nelle carte dell’Archivio Vaticano del 1580. I quattro edifici di culto presenti sul territorio, anche se privi di rilevante spessore architettonico e artistico, hanno una valenza storico-affettiva significativa. La chiesa parrocchiale di S. Zenone fu eretta nel 1667 sullo stesso luogo dove preesisteva una costruzione risalente al XIV secolo. La venerazione del santo è probabilmente da attribuirsi all’influenza dell’antico monastero benedettino di S. Zeno di Verona e al fatto che il personaggio assicurava con la sua benevolenza una protezione contro le insidie e i pericoli delle acque, in particolare del Vrenda (secondo il Guerrini la denominazione del torrente deriva dal latino Verenda, cioè “temibile” per i disastri e le rovine che compie ingrossandosi). L’attuale edificio, da poco restaurato esternamente, conserva al suo interno il presbiterio, riccamente decorato a stucchi e pitture, una statua lignea della Madonna col Bambino del 1641, raccolta in una seicentesca cornice dorata e un pregevole affresco del Paglia in sacrestia raffigurante S. Zenone col demonio, oltre che un crocifisso ligneo seicentesco. La chiesa di S. Maria Bambina in Cagnatico compare solo nel 1556 negli atti della visita del vescovo Bollani, anche se il Guerrini la definisce quattrocentesca. La tradizione vuole che sia stata parrocchia con il cimitero annesso e che vi abbia sostato S. Carlo Borromeo nel 1580. Pregevoli opere seicentesche sono le tele dei tre altari: raffigurano la Natività di Maria, S. Antonio da Padova e la processione penitenziale di S. Carlo per la peste, opera del 1617 di Galeazzo Capra, detto il Capretto da Cremona. La chiesa di S. Lorenzo al Forno probabilmente era un’antica diaconia della Pieve di Bione ed era sorta come cappella della vicina fortificazione del "Castel". Sul luogo sorgeva una chiesa quattrocentesca, di cui l’attuale costruzione risalente al Seicento ha conservato il muro meridionale. Oltre alla pala dell’altare con il martirio di S. Lorenzo di G. Camozzono (1645), sono stati ritrovati pregevoli affreschi datati 1504 e 1520 con figure di Santi e della Madonna. La chiesa di S. Bartolomeo che sorge in centro al paese, dove prima vi era una chiesa più piccola con ugual dedica risalente all’anno 1449, è del 1531. Negli Atti della visita di S. Carlo Borromeo del 1580 appare come la chiesa di S.Bartolomeo de Fosina. Completano il patrimonio religioso del paese la piccolissima chiesa di S. Apollonia a Cereto, già segnalata nel 1646 nelle visite pastorali e la santella della Madonnina della strada, posizionata sull’antica strada regale che collegava Brescia al Trentino, senza passare per l'attuale centro del paese.
La fucina di Pamparane (dal nome della contrada), di proprietà comunale in seguito a donazione, risulta essere anteriore al secolo XVIII. Ottimamente conservata, è ubicata nel centro storico di Odolo. Allinterno sono presenti due magli completi di ruote idrauliche, depositi, tromba idroeolica e altre macchine a corredo.
Il progetto museale intende proporre la fucina come museo di se stessa percorrendone interni e livelli, arricchito da un'ampia esposizione ad illustrare la vicenda economico-sociale di Odolo, così legata alla lavorazione del ferro.
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