Idilliaca valle alpina che allaccia il canton Grigioni all’Italia, il nord con il sud. Un paesaggio intatto, semplicemente autentico, che offre non solo meravigliose escursioni, ma anche la possibilità di conoscere una cultura affascinante. Valle natia dell’artista Alberto Giacometti, la Bregaglia, grazie ai suoi sereni panorami rupestri, ospitò e ispirò vari artisti, tra cui Giovanni Segantini e Varlin.
La Val Bregaglia è una valle attraversata dal fiume Mera che sfocia nel Lago di Como, la valle incomincia dal Passo del Maloja o Passo del Maloggia (1.815 m) e finisce alla confluenza del Liro nel Mera; è per la maggior parte svizzera e solo l'ultima parte è italiana.
La popolazione è interamente di lingua italiana e parla un dialetto lombardo molto influenzato dal romancio, la religione è cattolica nella parte italiana e protestante nella parte svizzera dopo l'adesione alla riforma nel 1522.
La lingua dell'intera valle è l'italiano, viene comunque anche parlato il dialetto bregagliotto parte dei dialetti lombardi, molto influenzato dal romancio.
La parte svizzera è in maggioranza evangelica protestante, la parte italiana cattolica.
La parte svizzera già parte dei patrimonio degli Asburgo d'Austria fino al 1367, dal 1367 entra a far parte della Lega Caddea contro gli Asburgo, che nel 1498 diventerà parte dei Grigioni, cantone alleato alla Confederazione Svizzera, dal 1798 al 1815 fa parte della Repubblica Elvetica, e dal 1815 della Svizzera, di cui segue completamente la storia.
Parte Italiana:
La parte italiana già parte del Ducato di Milano fino al 1512, dal 1512 al 1797 assieme alla Valtellina fa parte dei Grigioni, dal 1797 al 1802 fa parte della napoleonica Repubblica Cisalpina, poi dal 1802 al 1805 della napoleonica Repubblica Italiana, dal 1805 al 1814 fa parte del napoleonico Regno d'Italia, dal 1815 al 1859 è parte dell'austriaco Regno Lombardo-Veneto, dal 1859 al 1861 è parte del Regno di Sardegna e dal 1861 al 1943 del Regno d'Italia, dal 1943 al 1945 fa parte della Repubblica Sociale Italiana, dopo la liberazione segue la storia d'Italia.
Il solco della valle è compreso tra due dorsali montuose con andamento abbastanza lineare e piuttosto definite: nella destra idrografica la dorsale Piz Lunghin-Piz Duan-Pizzo Galleggione, che la divide dalla Val d'Avers; nella sinistra idrografica la dorsale dei monti della Val Bregaglia, oltre la quale vi è il bacino della Val Masino. In esse si sviluppano le tre principali valli laterali della Bregaglia: a destra la Val Maroz, che si diparte dal fondovalle presso la località di Casaccia e s'incunea tra la mole del Piz Duan, 3131 m s.l.m., massima vetta di questo lato, e la cresta dei monti d'Avers; a sinistra la Val d'Albigna, in buona parte occupata da un grande bacino artificiale, e la più nota Val Bondasca, che penetra tra i celeberrimi gruppi montuosi delle Sciore e del Cengalo-Badile, dominata dalle imponenti pareti nord di essi, teatro di numerose e storiche imprese alpinistiche: in questo caso la massima vetta compresa nel bacino della Bregaglia è il Pizzo Cengalo, 3367 m s.l.m.
Idrograficamente, anche la Valle del Forno, che dal Passo del Maloja s'incunea verso il Passo del Muretto, oltre il quale vi è la Valmalenco, e le vette più orientali del Masino, è da considerare come parte del bacino (sinistro) della Val Bregaglia, tuttavia viene più spesso indicata come facente parte, geograficamente, dell'Engadina.
Si chiama mascarplin in alta Val Bregaglia (ovvero Sopraporta come si dice localmente) e mascarpel in bassa valle (Sottoporta). Il formaggio è lo stesso ma, da sempre, questa piccola valle stupenda e incontaminata del Cantone dei Grigioni, gestita amministrativamente da un solo comune – Bregaglia, che conta poco più di un migliaio di abitanti divisi in sette diverse località – inspiegabilmente gli attribuisce due nomi leggermente diversi. L’assonanza con la mascherpa prodotta nella vicina Valtellina è evidente. D’altra parte la Valtellina è solo a pochi chilometri più a sud, più o meno parallela alla Val Bregaglia, e il nome mascherpa o mascarpa o mascarpin indica anche in Lombardia ricotte e simili, fatti soprattutto con siero di latte vaccino integrato da un poco di latte di capra. Anche in Val Bregaglia il mascarplin non è la produzione principale dei pastori locali, proprio come in Valtellina, ma qui si lavora solo con il latte delle capre allevate sui maggesi oppure in alpeggio. Le razze maggiormente presenti sono la camosciata delle Alpi, la striata grigionese, la cosiddetta grigia e la colomba e si nutrono da sei a dieci mesi l’anno di erbe dei pascoli e fieno locale.
Le produzioni principali dei piccoli produttori locali sono formaggi di varie tipologie, non necessariamente tradizionali. Successivamente alla lavorazione principale si procede con quella del mascarplin: il latte viene scaldato ad alta temperatura, sopra in 90 gradi, poi il casaro aggiunge la cosiddetta maestra che non è altro che un avanzo del siero del giorno prima (quella che i pastori italiani chiamano agra), integrato con un poco di acido citrico, mentre un tempo era prodotta con per lo più aggiungendo al siero frutta secca e fermentata, bacche, radici, conservato e rinnovato per mesi. La maestra innesca la coagulazione e quindi l’addensamento della residua massa caseosa che viene posta a sgocciolare per circa otto ore in piccoli contenitori cilindrici forati. Quindi le forme sono estratte e salate a secco e poi poste ad asciugare un giorno al fresco (anche all’aperto) nella moschiera. Le piccole forme, alte circa 8/10 centimetri con diametro di circa 10 centimetri pesano da 250 a 500 grammi.
La stagionatura deve essere almeno di due, tre settimane: il periodo di affinamento ideale per apprezzare al meglio il mascarplin. Ma purtroppo va a ruba ben prima. Un tempo veniva conservato anche più a lungo, sviluppando però un sapore che è troppo forte per i palati moderni.
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