Morbegno è un comune posto alle porte della Valtellina, s'adagia sul conoide del Bitto, allo sbocco della Valle del Bitto di Albaredo e della Valle del Bitto di Gerola, estendendosi fino all'opposto versante della valle, la costiera dei Cech.
Situata nella bassa Valtellina, Morbegno è circondata a nord dalle Alpi Retiche e a sud dalle Prealpi Bergamasche. Il fiume Adda divide la città dalle frazioni di Campovico, Paniga e Desco. Il centro storico è attraversato dal torrente Bitto affluente del fiume Adda che scorre invece a nord della città
Sulle origini di Morbegno si sa ben poco. La zona è stata finora avara di ritrovamenti archeologici, unico cenno ad una presenza preistorica alcune incisioni rupestri, per lo più coppelle, ritrovate al cosiddetto dos de la lümaga, piccolo rilievo posto in posizione dominante rispetto alla cittadina. Anche per quanto riguarda l'età romana si hanno riferimenti perlopiù generali alla Valtellina, tanto che è incerta l'appartenenza del territorio alla Regio XI Transpadana.
I primi riferimenti ad un vero centro urbano nella zona si hanno a partire dall'alto Medioevo. Emerge quindi il nucleo originario di Morbegno attorno alla chiesa carolingia di San Martino, e il toponimo Mosergia, comparso in un documento del 724, di dubbia autenticità, con il quale il re dei Longobardi Liutprando cedeva alla basilica di San Carpoforo di Como alcuni territori dell'alto Lario e della bassa Valtellina, tra cui appunto Mosergia. Proprio i possedimenti di monasteri comaschi, ma anche milanesi, caratterizzarono il periodo medioevale della valle. Feudatari religiosi ed ecclesiastici di entrambe le città ambivano ai territori alpini della zona lombarda ben conoscendo l'importanza delle sicure vie di transito dell'alta valle. Comparvero così in Valtellina rappresentanti di facoltose famiglie nobiliari lombarde che, con il passare degli anni, si radicarono nella zona prendendo stabile dimora e andando a costituire la primitiva ossatura della nobiltà locale protagonista del basso medioevo e del Rinascimento della valle.
Durante l'età longobarda Morbegno formava una curtis regia con la vicina Talamona, di cui erano rispettivamente centri religiosi la chiesa di San Martino e la cappella di Santa Maria. Si trattava questo di un complesso fondiario organizzato, un centro economico e amministrativo di cui si sottolinea non tanto l'autosufficienza quanto lo stimolo all'apertura commerciale.
Sembra però che il nome Morbegno, nelle forme primitive di Morbinium, Morbenio e Morbenno, compaia solamente a partire dall'XI secolo. Gli sparuti insediamenti erano assai sparsi, e si sa che sul finire del XII secolo, per sfuggire alla malsana zona acquitrinosa dove era sorto il nucleo originale del paese, la popolazione si trasferì sulle più salutari rive del Bitto, dove ben presto Morbinio divenne un fiorentissimo borgo. Nonostante l'ingombrante presenza delle due estese pievi Olonio e di Ardenno nel fondovalle, e nonostante la bolla papale del 1208 che riconfermò l'appartenenza della chiesa di San Martino al monastero di Sant'Abbondio di Como, la cappella, e di conseguenza l'intero villaggio nel Duecento si impose come centro della sponda sinistra dell'Adda nella bassa Valtellina.
La Morbegno dell'età comunale è perlopiù ignota. Abbiamo solamente notizia di un crescente aumento della popolazione e di un'ulteriore spostamento della popolazione lungo le sponde del Bitto, spostamento che darà vita all'attuale centro storico della città. Nel 1335 con il passaggio di Como sotto la dinastia viscontea di Milano, Morbegno divenne il vero e proprio capoluogo del Terziere Inferiore della valle. Le vicende più ricorrenti durante il periodo milanese del borgo furono le lotte faziose, intervallate da persecuzioni, bandi e incarcerazioni. Nel contempo sorse un primo ospizio domenicano. Nonostante si sappia di assemblee comunali e di Terziere nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo già nel 1363, purtroppo, a causa delle grande autonomia amministrativa di cui godette il borgo fino all'età napoleonica, non ci è pervenuto alcuno statuto comunale.
Il secolo XIV si aprì con la consacrazione della chiesa di S. Antonio e S. Marta nel 1401 e la costruzione di una nuova chiesa dedicata all'Assunta e a San Lorenzo attorno al 1418. In questo periodo è storicamente documentata la presenza del domenicano Andrea Grego da Peschiera, proveniente dal convento di Fiesole, energico predicatore e leggendario operatore di carità e di miracoli.
Mentre la Repubblica di Venezia iniziava ad affacciarsi sul panorama della valle, comparvero i Grigioni, il popolo elvetico che rese assai più precario il dominio sforzesco e s'impadronirono velocemente dell'intera Valtellina, inglobandola nel cantone svizzero. Gli invasori, sconfitti nella battaglia di Caiolo del 1487, concessero la libertà di commercio, pretendendo però un donativo di alcune migliaia di fiorini. Intanto il comune, di cui sappiamo per certezza la normativa sul dazio a partire dal 1435, si era garantito il mercato settimanale e per l'autodifesa aveva proceduto con l'istituzione di milizie proprie. Nel 1457 ottenne la presenza stabile dei domenicani con la fondazione del convento di Sant'Antonio, a fianco dell'omonima chiesa che, ampliata, divenne sede dell'inquisizione. Inquisizione che nel 1438 portò anche ad una condanna capitale.
Nel 1499, Ludovico il Moro, sconfitto dai francesi fuggiva da Milano e nella primavera del 1500 in piazza, a Morbegno, venivano dipinte le insegne del Re di Francia. L'occupazione fu segnata da continue angherie e soprusi, che provocarono anche sommosse popolari; nel 1512 i Grigioni si impadroniscono stabilmente di Morbegno, instaurando un governo di si lamenterà la corruzione ma che lascerà larga autonomia alla comunità morbegnese. Ed è proprio in questi anni turbolenti che Morbegno vive una delle sue stagioni più floride dal punto di vista artistico, soprattutto grazie alla costruzione di una nuova chiesa, quella di San Giovanni nel 1517. Dopo la riforma protestante, Morbegno ospitò alcuni riformatori, ai quali i Grigioni spalancarono le porte. Nel contempo si intensifica la difesa dell'ortodossia e l'attività inquisitoria dei domenicani, esercitata nel borgo anche da Michele Ghisleri, il futuro Papa Pio V. Mentre nel 1559 la chiesa dei SS. Pietro e Paolo venne ceduta ai protestanti e la sede parrocchiale si trasferì in San Giovanni, la carica di parroco fu duramente contesa, probabilmente a causa delle accese rivalità tra le famiglie nobiliari della zona. A seguito del Sacro macello di Valtellina scoppiato a Tirano nel luglio del 1620, i Grigioni dovettero abbandonare la valle, prontamente sostituiti nell'occupazione dagli Spagnoli.
Non esistono dati riguardanti il numero delle vittime della terribile peste del XVII secolo narrata dal Manzoni ne “I Promessi Sposi”. Si ha notizia comunque di un calo repentino della popolazione che tornerà ad aumentare di numero negli anni successivi quando Morbegno fu nuovamente sottomessa ai Grigioni. È in questo periodo che la campagna del borgo cambia aspetto con l'avvento della vite e dei gelsi per l'allevamento del baco da seta. Le chiese sono restaurate con gusto barocco e alcune dimore nobiliari si dotano di cappelle private. Nel 1680 l'arciprete G.B. Castelli Sannazzaro da inizio alla costruzione della nuova chiesa di San Giovanni che sarà conclusa e consacrata solamente cento anni dopo nel 1780.
Nel settecento Morbegno vive un periodo di discreta prosperità e, oltre al florido commercio e alla continua crescita della popolazione, si assiste ad un intensificarsi della vita religiosa comunitaria che tende allo sfarzo e alla teatralità. Viene così costruito il catafalco per la Settimana Santa, su probabile disegno del Ligari, per la novena di Natale, si orna l'altare con centinaia di candeline, si tengono veri e propri concerti durante le funzioni, tanto che i vescovi invitano la parrocchia ad una maggiore parsimonia. Nel 1780 vivono a Morbegno circa trenta preti, una dozzina di chierici, venti frati, Domenicani e Cappuccini, e una quarantina di monache. La chiesa di San Giovanni e il palazzo Malacrida sono sicuramente del gusto settecentesco in campo religioso e civile, ma sono accompagnati dal nuovo ponte di Ganda nel 1778 e da una sobria rivisitazione del centro storico.
Con l'avvento dell'età napoleonica Morbegno diviene capoluogo del Dipartimento dell'Adda e dell'Oglio, un fatto che è di per sé una qualifica storica, del borgo che è ormai trasformato in città. La tradizionale vita dei morbegnaschi cambia radicalmente. I conventi dei Domenicani e dei Cappuccini, e il monastero della Presentazione vengono soppressi.
Con il Congresso di Vienna passa sotto il dominio austriaco (Regno Lombardo-Veneto) fino al 1859 quando viene annessa al Regno di Sardegna, divenuto Regno d'Italia nel 1861.
Di tutta storia morbegnese l'Ottocento, in confronto al secolo precedente, fu uno dei periodi più grigi. Mancavano personalità e famiglie di spicco, l'arte langue, le drammatiche condizioni di vita rendono più dura la vita dei contadini e costringono i borghesi ad una faticosa vita imprenditoriale. Sotto la dominazione austriaca viene costruita in Valtellina la strada nazionale. Durante i moti del'48 la guarnigione asburgica presente in città lascia il presidio, il tricolore è solennemente benedetto in San Giovanni. Nel frattempo la viabilità viene migliorata grazie anche all'inaugurazione, nel 1885, della linea ferroviaria.
Nel 1939 il comune di Campovico viene aggregato a quello di Morbegno.
Il 23 gennaio 1943 a Warwarowka (URSS) il battaglione Morbegno viene massacrato dopo un'eroica resistenza mentre due anni dopo, il 26 aprile 1945 il paese viene liberato dagli Americani.
Nel dopoguerra emerge a livello nazionale la figura di Ezio Vanoni, Ministro delle finanze che sarà fautore della riforma tributaria nazionale. Nel 1966 Morbegno viene insignita del titolo di città. Del secolo scorso, oltre alla crescita esponenziale del comune, che dal 1966 ottenne il titolo di Città, è sicuramente da porre in rilievo l'Alluvione della Valtellina del luglio 1987, evento collegato non solamente alla storia di Morbegno ma a quella di tutta la Valtellina.
Le peculiarità del suo ambiente la rendono un'attrattiva per ogni tipo di turismo: alpino, culturale, artistico ed enogastronomico. Paradiso per alpinisti, sciatori ed escursionisti, culla dell'arte culinaria valtellinese, Morbegno - oltre ad essere il polo fieristico ospitante la quasi centenaria Mostra del Bitto - è anche un borgo ricco di storia e di tradizioni. Il centro storico, con le sue chiese, i suoi palazzi e le sue caratteristiche contrade, invoglia a compiere lunghe passeggiate, con sosta obbligata in qualcuna delle tante osterie, vinerie o dei tanti ristoranti che celebrano i sapori valtellinesi. In un posto come Morbegno, dove la natura è così intimamente legata al gusto e alla cultura locali, trova la sua collocazione ideale il Museo Civico di Storia Naturale, noto come il più importante museo scientifico della provincia di Sondrio ed uno dei più attivi della Lombardia. Sito nel centro storico di Morbegno, in un settecentesco palazzo che sorge sulla sponda sinistra del torrente Bitto, il Museo pone particolare attenzione agli aspetti naturalistici di Valtellina e Valchiavenna. Le due sezioni, scienze della terra e faunistica, contengono una vasta collezione di rocce, minerali, fossili, insetti, anfibi, rettili, uccelli, mammiferi e un erbario.
Il primo ponte sull'Adda nel morbegnese del quale si ha notizia era situato nel luogo dove sorge l'attuale ponte di Ganda e fu costruito a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento. Il ponte, progettato dall'architetto Giovanni Antonio Amadeo, venne però distrutto nel 1772 da una delle innumerevoli piene dell'Adda, una di quelle che contribuivano a rendere la zona acquitrinosa. Immediatamente si pensò alla ricostruzione di un collegamento tra le due sponde del fiume, collegamento di vitale importanza per gli scambi commerciali. Tra il 1775 e il 1778 l'ingegnere milanese Francesco Bernardino Ferrari costruì il nuovo ponte. Quel ponte in grossi blocchi di pietra, dalla particolare struttura dorso di mulo con un'ampia arcata centrale e due arcate inferiori ai lati, che ancora oggi possiamo ammirare. Dal rapporto dell'ingegnere in dell'Adda relativo ai mali cui soggiace il territorio della Valtellina ed alle cause che li producono l'ingegnere Filippo Ferrari nel 1808, riguardo alla forma del ponte spiega: " nell'erezione trent'anni sono del ponte di Ganda si tenne per questo vista profondissima tanto alto l'arco medio quanto bastasse a sotto passarlo a vele gonfie". Per molti secoli il ponte fu l'unico attraversamento stabile e sicuro nella parte bassa dell'Adda, ed era quindi di fondamentale importanza per la vita stessa del borgo. I veneziani, ad esempio, utilizzarono il passo San Marco, Morbegno e, di conseguenza, il ponte, quale via preferenziale per i commerci e i trasporti verso e dal Nord Europa.
Tra i monumenti sono da ricordare il Palazzo Malacrida, più volte definito il più bel palazzo veneziano fuori da Venezia. L'aristocratica dimora spicca per la bellezza dei suoi cicli pittorici e la privilegiata ubicazione nel cuore del centro storico della Città del Bitto.
L'atrio si presenta come una raccolta bomboniera rococò da cui parte lo scalone d'onore arricchito dalle belle balaustre in marmo bianco di Viggiù rifinite in oro zecchino e dal medaglione affrescato sul plafone con Il ratto di Ganimede opera del pittore morbegnese Giovan Pietro Romegialli (1761). Il cuore del palazzo è il Salone d'onore che occupa in altezza due piani del palazzo ed è interamente decorato dalle quadrature di Giuseppe Coduri detto il Vignoli (annoverato tra i più valenti decoratori del Settecento lombardo). Il soffitto è arricchito dal Trionfo della Verità tramite le Arti e le Scienze sopra l'Ignoranza, soggetto illuminista interpretato con squisito gusto veneziano da Cesare Ligari. Il poeta morbegnese Guglielmo Felice Damiani così descrisse l'affresco del salone: “Sul primo piano a sinistra, c'è l'Ignoranza, bendata, che, rompendo l'orizzonte architettonico, precipita dal cielo, colle braccia aperte, le vesti svolazzanti, smarrita, tinte forti in ombra, e particolari assai studiati; è la figura più bella, anche per lo scorcio vigorosissimo. Più su, a sinistra, stanno la Musica, che suona il liuto, e la Pittura in atto di colorire l'arma, già scolpita, di casa Malacrida che un puttino sorregge. Sopra, a destra, è l'Astronomia col telescopio, e l'Architettura, col piombino ed una carta descritta; più in alto ancora, a sinistra, accanto al globo terrestre, la Geografia alata, cinta di stelle azzurre, accompagnata da un putto reggente la sfera armillare; e la Geometria con ali alla testa, reggente una tavola geometrica ed il compasso; un putto graziosissimo la ripara dal sole con un ombrello. Infine più su levasi in cielo la Verità, con la fiaccola ed il libo aperto nelle mani, felicemente scorciata, luminosissima.”. Sempre del Ligari è da segnalare l'affresco delle Tre grazie nell'attiguo saloncello. Altre stanze si presentano decorata da affreschi, stucchi e camini. Infine ma non ultimo è il giardino all'italiana (trascurato nell'assetto originale e bisognoso di un radicale restauro filologico) terrazzato su tre piani da cui si gode uno splendido panorama che si apre su tutto il terziere morbegnese.
La Chiesa di San Pietro, piccolo gioiello sito nel cuore dell'antico borgo, è invece l'edificio con cui si dice essere nata la comunità di Morbegno di cui è stata prima parrocchia. Di notevole interesse è il campanile barocco con copertura a cipolla e un leggiadro balconcino in ferro battuto. L'interno è un piccolo, ma prezioso scrigno perfettamente conservato.
La Chiesa di San Pietro costruita tra il 1337 e il 1341 fu sede parrocchiale fino al 1560 quando venne convertita al rito protestante, in accordo con le leggi grigionesi per la convivenza di Cattolici e Protestanti (fino al 1620, anno del Sacro macello di Valtellina).
L'esterno semplice ed elegante al contempo, mostra un bel portale in marmo nero di Varenna ed un portone ligneo secentesco recante i simboli dei santi a cui la chiesa è dedicata. Di notevole interesse è poi il campanile barocco con copertura a cipolla e un leggiadro balconcino in ferro battuto.
L'interno è un piccolo ma prezioso scrigno perfettamente conservato grazie anche alle amorevoli cure prestate dalla Confraternita del Santissimo Sacramento a cui ancora oggi il tempio appartiene. Da segnalare gli affreschi pre-barocchetti della volta eseguiti da Pietro Bianchi detto il Bustino, le tele di Giacomo Parravicini detto il Gianolo, gli altari in marmi policromi e il ricco corredo di argenterie.
La collegiata di San Giovanni Battista, sede parrocchiale dal 1560, conserva un reliquario della Sacra Spina della corona di Cristo e le spoglie del Beato Andrea da Peschiera.
Il Santuario dell'Assunta rappresenta l'unione perfetta tra l'arte rinascimentale e l'arte barocca. Il campanile è il più alto della città e ai suoi piedi trova posto il settecentesco ossario decorato con scene macabre. All'interno trionfa su tutto la splendida icona lignea.
Secondo un'antica e fantasiosa leggenda, l'antica chiesa di San Martino sorse su un tempio dedicato ad Ercole; in realtà niente della sua struttura si può far risalire a prima del XV-XVI secolo.
La chiesa situata all'interno del cimitero cittadino, si presenta in forme semplici con un grande pronao a tre arcate e una copertura a capanna. L'interno intimo e raccolto è diviso in tre navate da 4 belle colonne in granito locale, al termine delle quali si trovano altrettanti cappelle di cui la centrale maggiore.
Un tempo ricca di suppellettili sacre spedite nel corso dei secoli dagli emigrati a Roma, andate distrutte e disperse a causa dell'alluvione del 1987 (la chiesa fu per un terzo sommersa dalle acque del fiume Adda) restano comunque da ammirare alcuni interessanti dipinti tra cui si segnala la pala d'altare eseguita da Giacomo Parravicini detto il Gianolo, collocata sull'altar maggiore e raffigurante il santo titolare. Sul lato destro è molto venerata una delicata Madonna col Bambino affrescata nel primo Cinquecento.
La Statua di san Giovanni Nepomuceno è collocata sull'antico ponte che attraversa il torrente Bitto sopra un basamento barocco impreziosito dallo stemma del Comune di Morbegno, la statua eseguita dall'artista ticinese Giovanni Battista Adami di Carona (Svizzera) nella seconda metà del XVIII secolo è posta a protezione dell'abitato dalla furia delle acque del torrente che più di una volta nella storia hanno allagato il centro storico della città. San Giovanni Nepomuceno, potente santo boemo, martire del sigillo sacramentale della confessione, è uno dei santi più diffusi in Europa ed è invocato proprio contro le inondazioni essendo stato martirizzato tramite annegamento.
Le cinque frazioni principali sono: Campo Erbolo, Campovico, Desco, Paniga e Valle. Paniga è una piccola frazione di circa 300 abitanti e si trova a nord della città, oltre il fiume Adda e confina a ovest con la frazione di Campovico e a est con quella di Desco. Le frazioni di Campo Erbolo e Valle si trovano invece in valle di Albaredo, a sud della città, ad un'altezza di 800 metri sul livello del mare. Altre località del comune di Morbegno sono Arzo, Cerido, Cermeledo e Categno.
Morbegno è divisa in otto rioni o contrade. A nord ci sono Serta, Bottà e Ganda. Nel rione di Ganda sorge il ponte in pietra eretto da Giovanni Antonio Amadeo. A sud ci sono i rioni di San Rocco, San Pietro e San Giovanni, Scimicà, Sant'Antonio e il rione della Madonna (zona Santuario B. V. Assunta). Fino agli anni '80/'90 si teneva a Morbegno il Palio delle contrade, manifestazione che risale agli anni 50/60, e che si svolgeva nel periodo tarda primavera-estate e coinvolgeva tantissima gente a cimentarsi in diverse discipline sportive. Nel corso degli anni subì diversi cambiamenti sia organizzativi che logistici sino alla definitiva chiusura. Nelle ultime edizioni si concludeva con lo spettacolo dei fuochi artificiali.
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