Al pari di quanto succede in Europa e come riferito dall'Osservatorio Europeo di Lisbona, è proseguito anche nel periodo di riferimento, il trend del calo dei consumi di sostanze stupefacenti nel nostro Paese. L'analisi generale dell'andamento dei consumatori negli ultimi 12 mesi, riferiti alla popolazione generale 15-64 anni, conferma la tendenza alla contrazione del numero di consumatori, già osservata nel 2010 per le sostanze quali eroina, cocaina, allucinogeni, stimolanti e cannabis.
Questo il dato generale che emerge dalle indagini campionarie sulla popolazione e dalle analisi delle acque reflue eseguite dal DPA, contenute nell'ultima Relazione al Parlamento 2013 sull'uso di sostanze stupefacenti e tossicodipendenze in Italia, elaborata dal Dipartimento Politiche Antidroga.
"I dati in nostro possesso, provenienti da molteplici fonti indipendenti tra loro, - ha dichiarato Giovanni Serpelloni, capo del DPA - mostrano per le sostanze stupefacenti un trend in contrazione, ma con degli spunti di variazione che riguardano soprattutto le fasce giovanili per droghe quali la cannabis. Tali variazioni devono farci riflettere sulla necessità di adottare nuove forme di prevenzione più precoce e più selettiva per ogni dipendenza, incluso il gioco d'azzardo patologico. La priorità ancora una volta - ha concluso Serpelloni è prevenire precocemente il consumo soprattutto negli adolescenti sviluppando consapevolezza e modelli educativi verso stili di vita sani".
Akb 48, 4 Fma, Metedrone, Mefedrone, Bb22, Mdai, Mexedrone, Mdma. Sono solo alcuni dei numeri e delle lettere che compongono la galassia dello sballo ai tempi di internet. Molecole psicoattive che disegnano la nuova costellazione della tossicodipendenza. Più letali e più tossiche delle droghe classiche e terribilmente facili da reperire. Bastano pochi clic in rete e pochi euro sulla carta di credito per navigare su siti dall’apparenza affidabile e professionale e approvvigionarsi di canabinoidi sintetici, anfetamine o catinoni prodotti in laboratorio.
Carlo Alessandro Locatelli, medico del Centro nazionale di informazione tossicologica della Fondazione Maugeri di Pavia, traccia una fotografia allarmante della situazione che si sta delineando da qualche anno. “La tossicodipendenza come la conosciamo noi, con le vecchie sostanze d’abuso, è un fenomeno che continua ad esserci – spiega -, ormai è ben conosciuto e il sistema sanitario nazionale si è strutturato a dovere e riesce a gestirlo”. Tra le funzioni fondamentali del Cnit c’è quella del coordinamento clinico e tossicologico per il sistema nazionale di allerta rapida per le droghe che fa capo al dipartimento delle Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, è dagli uffici di Pavia che passano tutte le segnalazioni di intossicazioni sospette, è qui che si individuano e si isolano le molecole che poi finiscono nella tabella delle sostanze proibite: “La nuova tossicodipendenza – spiega il dottor Locatelli -, secondo la nostra esperienza riguarda persone lontane dall’immaginario classico del tossicodipendente, nel senso che non sono volti noti dei Sert e delle comunità, persone che a tutti gli effetti sembrano “normali” e che assumono nuove sostanze psicoattive in modo totalmente diverso rispetto a come si assumevano le droghe in passato, anche se appagamento e soddisfazione sono simili”. Oggi l’assuntore cambia sostanze anche tutte le settimane, o tutti i mesi, e anche per questo non si sente tossico in quanto non si sente “dipendente” da una sostanza specifica.
Nel 2015 il bilancio dell’attività antidroga nazionale svolta dalle forze di polizia e dalle dogane si attesterà intorno alle oltre 70/75 tonnellate complessivamente sequestrate di stupefacenti. Una sessantina, in effetti, son già state intercettate nei primi dieci mesi del 2015. Difficile ipotizzare in questi ultimi due mesi il superamento di quello che fu il record dei sequestri di stupefacenti nel 2014 con oltre 152 tonnellate (in gran parte derivati della cannabis). È certo, tuttavia, che già il quantitativo dei sequestri del 2015 ha superato quelli degli anni 2005-2012 mentre con le operazioni antidroga che mediamente sono state intorno alle 22 mila unità l’anno, si registrerà, verosimilmente, un’ulteriore flessione. Infatti, se nel 2014 furono 19.449, il valore più basso degli ultimi dieci anni e nel 2015, al primo novembre 15.596, è facile ipotizzare, alla fine dell’anno, un valore non superiore considerata una media mensile intorno a 1.600/1.800 operazioni. La riduzione delle operazioni nel 2014 avrebbe trovato una “..ragionevole spiegazione nel susseguirsi degli interventi sulla disciplina normativa in materia di sostanze stupefacenti e, in particolare, nelle modifiche operate nel 2014 sul quadro sanzionatorio penale e amministrativo che presidia l’attività di repressione delle forze dell’ordine”(relazione DCSA 2014, pag.41). Nel corrente anno, tuttavia, non vi è stata alcuna modifica all’impianto normativo della legge sugli stupefacenti e, salvo eventi eccezionali, si rileva ancora un calo delle operazioni rispetto agli ultimi dieci anni. La sensazione è che, almeno in alcune aree, ci sia minore attenzione investigativa in parte anche attribuibile ad un comprensibile, progressivo scoramento di chi, poliziotto, carabiniere o finanziere, vede come la lotta alle droghe sia diventata sempre più come una lotta alla leggendaria Idra dalle mille teste che ricrescono appena tagliate. C’è, poi, un aspetto, non secondario ma non ancora sufficientemente approfondito. Ed è quello che il traffico e lo spaccio di droghe producono ricchezza e, insieme a quella prodotta dal contrabbando di sigarette e dalla prostituzione, va ad incrementare, dall’anno scorso, il Pil nazionale. Insomma, quello 0,9% di aumento di Pil di fine settembre può essere imputabile proprio al giro di denaro che viene dalle tre attività illecite suddette. Quindi una minore, non dichiarata, attenzione politicoistituzionale sulla repressione antidroga potrebbe anche far comodo alla classe politica dirigente che sulla “crescita” e sulla “ripresa” basa buona parte della sua azione di governo. Ma, tornando ai dati sulle droghe, se i derivati della cannabis sequestrati evidenziano sempre quelli di maggior consumo (46ton di hashish e 8ton di marijuana), la cocaina, con le 3 ton eliminate dal mercato continua ad essere lo stimolante “gradito”, in particolare, al centro-nord del paese, insieme alle sostanze amfetaminiche. Per queste ultime, Milano e provincia detiene il primato nei sequestri di pillole di ecstasy (metilendiossimetamfetamina), oltre 18mila sul totale complessivo di poco più di 21mila nel corrente anno così come di amfetamine in polvere con oltre 4,5kg sul totale nazionale di 15,5kg. Il centro-sud sembrerebbe meno interessato al consumo di amfetamine e ciò, probabilmente è in relazione a fattori ambientali, di tipo culturale, ma anche alla maggiore offerta, a livello locale, di altre sostanze come la marijuana. Fatto sta che, a parte le 315 pasticche di ecstasy sequestrate a Teramo, le 174 di Lecce e un chilogrammo di amfetamine in polvere a Chieti, nelle altre regioni del Sud non si è annotato nulla di speciale sul punto. Neanche in Sicilia dove ad eccezione di Palermo (22 pasticche di ecstasy), di Enna (8 grammi di amfetamine) e Messina (4 grammi di amfetamine), nelle restanti province non si è registrato alcun sequestro. Un ultimo dato mi pare meritevole di attenzione e riguarda i minori denunciati per spaccio, 870 al 20 novembre scorso (una quarantina dei quali nell’operazione Boston George a Genova, alcuni giorni fa). Si tratta, per lo più, di italiani e le denunce sono in linea con quelle di fine 2014 (1.041) con una lieve flessione rispetto agli ultimi otto anni. Sul totale, infine, delle persone denunciate per delitti collegati alle droghe (21.810) 7.984 sono risultati stranieri.
I rischi sono elevatissimi, la tossicità di queste molecole supera quella delle vecchie droghe classiche: “Nel breve periodo il rischio è legato alle intossicazioni acute, overdose molto gravi che vediamo sempre più numerose nel territorio nazionale. Infarti miocardici in età giovanile o sindrome coronariche acute dovute al banale fumo di uno spice, convulsioni da catinoni sintetici, danni cerebrali irreversibili da ketamine e metossietamine , casi letali da parametossimetanfetamina, un ventaglio di effetti collaterali importantissimi a cui vanno aggiunte allucinazioni, deliri, incidenti stradali o sul lavoro”. A questi vanno aggiunti gli effetti a medio e lungo termine: “Con danni permanenti molto importanti sul sistema cardiovascolare, quelli che ci preoccupano ancora di più sono però i danni sulla psiche, perché queste sostanze stanno determinando la comparsa di psicosi acute molto importanti ed effetti neuropsichiatrici violenti, difficili da gestire nella fase acuta anche da psichiatri abituati a gestire problematiche neuro comportamentali gravi, difficili da contrastare con i farmaci oggi a disposizione per trattare i pazienti psicotici. Sono quadri che cronicizzano e perdurano nel tempo senza recedere. Perché succedano questi effetti, dal punto di vista scientifico, non è ancora sufficientemente conosciuto”.
Contro questo commercio la lotta è difficilissima. Nonostante la procedura sia diventata molto efficiente, dal momento in cui una molecola viene isolata e studiata, al momento in cui entra nella tabella delle sostanze proibite, possono passare anche tre o quattro mesi. Fino a quel momento viene venduta liberamente, senza che nessuno abbia strumenti legali per vietarlo. Delle oltre 550 sostanze immesse sul mercato dal 2010 ad oggi solo 80 sono finite nell’elenco di quelle vietate. E anche quelle vietate spesso continuano ad essere vendute. Un po’ come se tramite internet potessimo acquistare una dose di eroina o di cocaina. I sequestri vengono effettuati, ogni tanto i siti vengono oscurati dalle forze dell’ordine, ma ne ricompaiono di nuovi immediatamente. Oggi i siti individuato sono più di un migliaio e il fenomeno è solo agli albori. “Il dramma è che non c’è più nemmeno bisogno di coltivare una pianta per produrre queste sostanze – spiega Locatelli -, bastano strumentazioni in dotazione a qualunque piccola azienda chimica, basta uno scantinato accessoriato per produrre molecole da vendere in rete con una redditività probabilmente superiore a quella delle droghe classiche”.
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