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Passeggiando per Milano possiamo ammirare il Castello Sforzesco.
Il Castello Sforzesco è uno dei principali simboli di Milano e della sua storia. Fu costruito nel XV secolo da Francesco Sforza, divenuto da poco Duca di Milano, sui resti di una precedente fortificazione risalente al XIV secolo nota come Castrum Porte Jovis (Castello di porta Giovia o Zobia), e nei secoli ha subito notevoli trasformazioni. Fra il Cinquecento e il Seicento era una delle principali cittadelle militari d'Europa; restaurato in stile storicista da Luca Beltrami tra il 1891 e il 1905, ora è sede di importanti istituzioni culturali e meta turistica. È uno dei più grandi castelli d'Europa.
La costruzione di una fortificazione con funzioni prettamente difensive fu avviata nella seconda metà del Trecento dalla dinastia viscontea, che deteneva la signoria di Milano da quasi un secolo, da quando nel 1277 l'arcivescovo Ottone Visconti aveva sconfitto nella battaglia di Desio e cacciato da Milano il precedente Signore, Francesco Mucillo. Nel 1354 l'arcivescovo Giovanni Visconti, morendo, lasciò in eredità il ducato ai tre nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò. Tra il 1360 e il 1370 Galeazzo Visconti fece costruire, a cavallo delle mura della città, in corrispondenza della Porta Giovia (o Zobia) una fortificazione detta, appunto, Castello di Porta Giovia, dal nome dell'antico ingresso della cinta delle mura romane dedicato a Giove.
L'edificio venne ampliato dai suoi successori: Gian Galeazzo Visconti, che divenne nel 1395 il primo duca di Milano, Giovanni Maria e Filippo Maria, che per primo trasferì la corte stabilmente nel castello dal palazzo ducale che sorgeva presso il duomo (l'odierno palazzo reale). Il risultato è un castello a pianta quadrata, con i lati lunghi 200 m, e quattro torri agli angoli, di cui le due rivolte verso la città particolarmente imponenti, con muri perimetrali spessi 7 m. La costruzione divenne così dimora permanente della dinastia viscontea, per essere poi distrutta nel 1447 dalla neonata Aurea Repubblica Ambrosiana, fondata dai nobili milanesi dopo l'estinzione della dinastia viscontea avvenuta con la morte senza eredi legittimi del duca Filippo Maria.
Fu il capitano di ventura Francesco I Sforza ad avviarne la ricostruzione nel 1450 per farne la sua residenza, dopo aver abbattuto la Repubblica ed essersi impadronito di Milano quale marito di Bianca Maria Visconti. Non essendo di nobili origini, e non avendo quindi un proprio blasone, mantenne quale stemma del proprio casato la vipera viscontea. All'epoca gli era pari solo il castello Het Steen di Anversa. Nel 1452 Filarete venne ingaggiato dal duca per la costruzione e la decorazione della torre mediana, che difatti tuttora viene chiamata Torre del Filarete, cui successe l'architetto militare Bartolomeo Gadio. Alla morte di Francesco Sforza, gli successe il figlio Galeazzo Maria che fece continuare i lavori dall'architetto Benedetto Ferrini. in questi anni fu avviata una grande campagna di affreschi delle sale della corte ducale, affidata ai pittori del ducato, di cui l'esempio più pregevole è la cappella ducale cui lavorò Bonifacio Bembo. Nel 1476, sotto la reggenza di Bona di Savoia, fu costruita la torre omonima.
Nel 1494 salì al potere Ludovico il Moro e il castello divenne sede di una delle corti più ricche e fastose d'Europa, alla realizzazione della quale furono chiamati a lavorare artisti come Leonardo da Vinci (che affrescò diverse sale dell'appartamento ducale, insieme a Bernardino Zenale e Bernardino Butinone) e il Bramante (forse per una ponticella per collegare il castello alla cosiddetta strada coperta), mentre molti pittori affrescarono la sala della balla illustrando le gesta di Francesco Sforza. Di Leonardo resta in particolare la pittura di Intrecci vegetali con frutti e monocromi di radici e rocce nella Sala delle Asse, del 1498, mentre nulla rimane del colossale monumento equestre a Francesco Sforza, distrutto dai Francesi prima di essere completato.
Negli anni a seguire il castello fu infatti danneggiato dai continui attacchi che francesi, milanesi e truppe germaniche si scambiarono; fu aggiunto un baluardo allungato chiamato "tenaglia" che dà il nome alla porta vicina e progettato forse da Cesare Cesariano, ma nel 1521 la Torre del Filarete esplose, perché un soldato francese fece per sbaglio esplodere una bomba dopo che la torre fu adibita ad armeria. Ritornato al potere e al castello, Francesco II Sforza ristrutturò e ampliò la fortezza, adibendone una parte a sontuosa dimora della moglie Cristina di Danimarca.
Passato sotto il dominio spagnolo, il castello nel 1535 (governatore Antonio de Leyva) perse il ruolo di dimora signorile, che passò al Palazzo Ducale, e divenne il fulcro della nuova cittadella, sede delle truppe militari iberiche: la guarnigione era una delle più grandi d'Europa, variabile da 1000 a 3000 uomini, con a capo un castellano spagnolo. Nel 1550 cominciarono i lavori per il potenziamento delle fortificazioni, con l'aiuto di Vincenzo Seregni: fu costruito un nuovo sistema difensivo di pianta prima pentagonale e poi esagonale (tipica della fortificazione alla moderna): una stella a sei punte portate poi a 12 con l'aggiunta di apposite mezzelune. Le difese esterne raggiunsero così la lunghezza complessiva di 3 km, e coprivano un'area di circa 25,9 ettari. Le antiche sale affrescate furono adibite a falegnameria e a dispense, mentre nei cortili furono costruiti pollai in muratura. All'inizio del Seicento l'opera fu completata con fossati, che separarono completamente il castello dalla città, e la "strada coperta".
Quando la Lombardia passò dalla Spagna agli Asburgo d'Austria, per mano del grande generale Eugenio di Savoia, il castello conservò la propria destinazione militare. L'unica nota artistica del dominio austriaco è la statua di San Giovanni Nepomuceno, protettore dell'esercito austriaco, posta nel cortile della Piazza d'armi.
Con l'arrivo in Italia di Napoleone, l'Arciduca Ferdinando d'Austria abbandonò il 9 maggio 1796 la città, lasciando al Castello una guarnigione di 2.000 soldati, sotto il comando del tenente colonnello Lamy, con 152 cannoni e buone scorte di polvere, fucili e foraggiamenti. Respinto un primo, velleitario, attacco di un gruppo di Milanesi filo-giacobini, subì l'assedio francese, protratto dal 15 maggio alla fine di giugno. In un primo tempo Napoleone ordinò di ripristinarne le difese, per alloggiarvi una guarnigione di 4000 uomini. Nell'aprile 1799 questa dovette subire l'assedio delle rientranti truppe austro-russe ma, già un anno dopo, all'indomani di Marengo, il dominio francese venne ristabilito.
Già nel 1796 era stata presentata una prima petizione popolare, che richiedeva l'abbattimento del castello, interpretato quale simbolo della 'antica tirannide'. Con decreto del 23 giugno 1800 Napoleone ne ordinò, in effetti, la totale demolizione. Essa venne realizzata a partire dal 1801, solo in parte per le torri laterali e in toto per i bastioni spagnoli, esterni al palazzo sforzesco, di fronte alla popolazione esultante.
Nel 1801 venne presentato dall'architetto Antolini un progetto per il rimaneggiamento del castello in forme vistosamente neo-classiche, con un atrio a dodici colonne e circondato dal primo progetto di Foro Buonaparte: una piazza circolare di circa 570 metri di diametro, circondata da una sterminata serie di edifici pubblici di forme monumentali (le Terme, il Pantheon, il Museo Nazionale, la Borsa, il Teatro, la Dogana), collegati da portici sui quali si sarebbero aperti magazzini, negozi ed edifici privati. Esso venne respinto da Napoleone, il 13 luglio dello stesso anno, perché troppo costoso e, in effetti, sproporzionato ad una città di circa 150 000 abitanti.
Venne quindi ripreso in considerazione un secondo progetto, presentato dal Canonica, che limitava l'intervento alla sola parte rivolta verso via Dante (che porta comunque il nome dell'ambizioso progetto: Foro Bonaparte) mentre la vasta area retrostante venne adibita a piazza d'armi, coronata, anni più tardi, dall'Arco della Pace, opera del Cagnola, a quel tempo dedicato a Napoleone.
Pochi anni a seguire, nel 1815, Milano e il Regno Lombardo-Veneto, furono annessi nell'Impero d'Austria, sotto il dominio dagli austriaci del Bellegarde e il castello arricchito di cortine, passaggi, prigioni e fossati, divenne tristemente famoso perché durante la rivolta dei milanesi nel 1848 (le cosiddette Cinque giornate di Milano), il maresciallo Radetzky darà ordine di bombardare la città proprio con suoi cannoni. Durante i tragici avvenimenti delle guerre d'indipendenza italiane, gli austriaci si ritirarono per qualche tempo e i milanesi ne approfittarono per smantellare parte delle difese rivolte verso la città. Quando nel 1859 Milano è definitivamente in mano sabauda e dal 1861 parte del Regno d'Italia la popolazione invade il castello, derubando e saccheggiando in segno di rivalsa.
Circa 20 anni dopo il castello fu oggetto di dibattito: molti milanesi proposero di abbatterlo per dimenticare i secoli di giogo militare e soprattutto per costruire un quartiere residenziale estremamente lucroso. Tuttavia prevalse la cultura storica e l'architetto Luca Beltrami lo sottopose a un restauro massiccio, quasi una ricostruzione, che ebbe come scopo far tornare il castello alle forme della signoria degli Sforza. Restauro che terminò nel 1905, quando venne inaugurata la Torre del Filarete, ricostruita in base a disegni del XVI secolo e dedicata a re Umberto I di Savoia, assassinato pochi anni prima. La torre costituisce anche il fondale prospettico della nuova via Dante.
Nella vecchia piazza d'armi vengono inoltre messe a dimora centinaia di piante nel nuovo polmone verde cittadino, il Parco del Sempione, giardino paesaggistico in stile inglese. Il Foro Bonaparte è ricostruito a scopo residenziale anteriormente al castello.
Nel corso del XX secolo il castello viene danneggiato e ristrutturato dopo la seconda guerra mondiale; negli anni novanta fu costruita in piazza castello una grande fontana ispirata ad una precedentemente installata sul posto che venne smantellata negli anni sessanta durante i lavori per la costruzione della prima linea della metropolitana e non più rimessa dopo il termine dei lavori.
Nel 2005 si è concluso l'ultimo restauro di cortili e sale.
Demolita, come si è detto, nel corso dell'Ottocento, la cinta di fortificazioni più esterna, detta "Ghirlanda", ciò che oggi si vede del castello è la parte più antica, di edificazione trecentesca e quattrocentesca. Questa struttura ha pianta quadrata, con lati della lunghezza di duecento metri circa. I quattro angoli sono costituiti da torri, ciascuna orientata secondo uno dei punti cardinali. Le torri Sud e Est, che incorniciano la facciata principale verso il duomo, hanno forma cilindrica, mentre le altre due, che incorniciano la facciata verso il parco, hanno pianta quadrata e sono dette "Falconiera" la Nord e "Castellana" la Ovest. Tutto il perimetro è ancora circondato dall'antico fossato, ora non più allagato.
La facciata che pospetta verso il centro della città fu edificata alla metà del quattrocento durante la ricostruzione voluta dal Duca Francesco. Di tale periodo conservano il loro aspetto originario le due torri laterali rotonde, rivestite di bugnato a punta di diamante, che furono utilizzate nel corso dei secoli come prigioni, e dalla fine dell'Ottocento ospitano cisterne dell'acquedotto. Al loro interno si conservano ancora tracce delle segrete dove venivano rinchiusi i patrioti durante il periodo risorgimentale. Le merlature medioevali sono frutto del restauro ottocentesco; esse erano state infatti abbattute per far posto ai grandi cannoni e alle artiglierie che erano issate sulla cima delle torri e rivolte a minaccia della città, nei secoli in cui il castello ospitava la guarnigione austriaca, come si può vedere dai dipinti dell'epoca.
Dal 1906 al 1999 ha ospitato
la Scuola superiore d'Arte applicata all'Industria del Castello Sforzesco
Attualmente il complesso ospita:
Pinacoteca del Castello Sforzesco: conserva una ricchissima collezione di dipinti, tra cui opere di Filippo Lippi, Antonello da Messina, Andrea Mantegna, Canaletto, Correggio, Tiepolo
Museo della Preistoria
Museo egizio
Museo d'arte antica, con l'ultima statua di Michelangelo, la Pietà Rondanini.
Museo degli strumenti musicali
Museo del Mobile
Civiche Raccolte d'Arte Applicata
Raccolte Extraeuropee
Rivellino del Santo Spirito (escursione tra i tetti e i passaggi coperti sulla mura esterne del castello)
Biblioteca Trivulziana, che conserva il Codice Trivulziano di Leonardo da Vinci,
Archivio Storico Civico
Biblioteca d'Arte del Castello Sforzesco
Civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli
Libreria del Castello
nonché numerose mostre itineranti.
Curiosa è la rilevante collezione archeologica di arte paleocristiana e precolombiana raccolta da Carlo Dossi durante i suoi anni di attività di scavo sul territorio milanese, greco e sudamericano. La collezione venne in parte trattenuta dallo stesso Dossi (si veda il Museo archeologico Villa Pisani Dossi a Corbetta) e, in gran parte, venne donata al Museo del Castello Sforzesco con l'obbligo di istituirvi un museo, la cui causa venne perorata anche dai discendenti dello scapigliato milanese. È lo stesso Carlo Dossi a parlare più volte di questa donazione all'interno della sua opera Note Azzurre. Attualmente questi reperti non sono esposti al pubblico e continuano a soggiacere negli scantinati del Castello.
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