lunedì 23 febbraio 2015

ANDIAMO IN BORSA

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L.O.V.E., comunemente nota come “Il Dito” è una scultura posta al centro di Piazza degli Affari a Milano, opera dell’artista italiano Maurizio Cattelan. L’opera è collocata di fronte a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa. Il nome è un acronimo di libertà, odio, vendetta, eternità. La scultura è alta 4 metri e 60, che diventano 11 complessivi contando il basamento, ed è realizzata in marmo di Carrara.

L'opera raffigura una mano intenta nel saluto fascista ma con tutte le dita mozzate - come se erose dal tempo - eccetto il dito medio. Il gesto irriverente, che contrasta ironicamente con lo stile classico e monumentale dell’opera, sembra così rivolgersi sia all’architettura del ventennio di Palazzo Mezzanotte sia al mondo della finanza che esso rappresenta. È stata inaugurata il 24 settembre 2010 dal sindaco Letizia Moratti. Inizialmente si era previsto che la scultura rimanesse nella piazza soltanto per due settimane, ma nel 2012 la giunta Pisapia decise di lasciare la sua collocazione nel cuore della finanza italiana, grazie all’intervento dell’assessore alla cultura Stefano Boeri.

La scultura è stata spesso associata ai temi della crisi economica e della protesta contro l'alta finanza, associazione che Cattelan non ha mai avallato esplicitamente. Il 23 febbraio 2013, in occasione della Settimana della moda, degli attivisti di Greenpeace hanno coperto il dito con un guanto verde per chiedere all’industria della moda maggiore attenzione ai temi ambientalisti.

La borsa valori di Milano è sorta nel 1808 per volontà del napoleonico viceré del Regno d'Italia Eugenio di Beauharnais e venne inizialmente collocata presso il Palazzo del Monte di Pietà. Sebbene le contrattazioni fossero ridotte, lo spazio era troppo ristretto e così già nel settembre del 1809 si decise di trasferire gli scambi in Piazza Mercanti presso il Palazzo dei Giureconsulti, oggi sede della Camera di Commercio di Milano e che ospitò la Borsa di Milano per quasi un secolo.

Dopo il periodo napoleonico Milano ritornò a essere controllata dagli Austriaci, parte del Regno Lombardo-Veneto e un decreto imperiale del maggio 1816 ribadì i compiti e finalità della Borsa.

Con la nascita dell'Italia unita, sulla Borsa vennero quotate, con l'intermediazione di banche su base azionaria come il Credito Mobiliare e la Banca Generale e molte case bancarie private milanesi, come Achille Villa, Burocco Casanova, Giulio Belinzaghi, Zaccaria Pisa, Vonviller & C., Weill-Schott, ingenti quantità di titoli di debito statali, necessari a ripagare gli sforzi finanziari sostenuti per l'unificazione, a cui si aggiunsero titoli di poche grandi società private come banche, compagnie ferroviarie e assicurazioni.

Tra i maggiori titoli industriali tra il 1862 e il 1894 le azioni e le obbligazioni Società per le strade ferrate meridionali, Società ferrovie del mediterraneo, Navigazione generale italiana, Acciaierie e fonderie di Terni, Società generale immobiliare, cui si aggiungevano i titoli della Banca Nazionale nel Regno d'Italia e del Credito Mobiliare.

La seconda rivoluzione industriale in Italia si manifestò con un po' di ritardo anche a causa della mancanza di materie prime e della non facilità di capitali mobilitabili. Nonostante questo gli ultimi due decenni dell'Ottocento, in particolare dal 1895, furono caratterizzati da una crescita economica e industriale molto intensa, sospinta dal governo e coadiuvata da banche milanesi come la Banca Commerciale Italiana (1894-5), il Credito Italiano (1895) e altre banche e banchieri; la Borsa venne scelta quale via per il coinvogliamento di capitali nelle grandi imprese e alcune banche si specializzarono appunto in questa funzione di intermediazione e garanzia verso il pubblico. Così i titoli azionari quotati a Milano aumentarono da 23 del 1895 a 54 del 1900, per toccare i 160 titoli nel 1913.

La rapida crescita del mercato mobiliare già sul finire del XIX secolo, rese il Palazzo dei Giureconsulti non più sufficiente ad accogliere tutti gli operatori, così fu deciso di realizzare un nuovo edificio specificatamente destinato a questo in Piazza Cordusio. Palazzo Broggi (opera di Luigi Broggi, oggi sede centrale milanese delle Poste Italiane) venne inaugurato nel 1901.

Nel corso del XIX secolo si erano diffuse anche piazze di scambio minori e con funzione prettamente regionale come la Borsa Valori di Roma, la Borsa Valori di Torino, la Borsa Valori di Bologna, la Borsa Valori di Genova e la Borsa Valori di Firenze.

La Borsa di Milano emerse su tutte le altre poiché su di essa erano quotate le principali società industriali italiane, e per questo i volumi degli scambi aumentarono ancora considerevolmente. Alla metà degli anni venti Palazzo Broggi si decise che non bastava più e nel 1928 venne assegnata a Paolo Mezzanotte la realizzazione della nuova (e ultima) sede: Palazzo Mezzanotte (1932) in Piazza Affari.

La forte riduzione della liquidità, attuata dalla Banca d'Italia su ordine del governo, a partire dall'estate del 1927 tuttavia iniziò a riverberarsi sull'economia e sulla Borsa. La crisi finanziaria del 1929 e seguenti depresse foremente i valori dei titoli industriali, rivalutando il reddito fisso. La volontà del governo di indirizzare il risparmio privato verso il titoli del debito pubblico si realizzò negli anni seguenti al 1929.

Con l'avvento dello stato imprenditore e banchiere (IRI e più tardi IMI) e con altri provvedimenti dirigistici, tra cui la chiusura dell'Italia nei confronti del mercato internazionale dei capitali, la funzione della Borsa quale intermediaria del capitale privato per le imprese perse di importanza, fatti salvi ancora alcuni titoli come Edison, Bastogi, Fiat, Pirelli, Ras, Assicurazioni generali.

Nel dopoguerra il paese visse il boom economico e anche la borsa milanese per tutti gli anni cinquanta visse un periodo di ritrovata espansione domestica, nonostante il fatto che l'Italia perseguisse la continuazione della chiusura al mercato internazionale di capitali; in cui questa fase si assistette anche alla comparsa di rampanti speculatori come Michelangelo Virgillito (scalate alla Liquigas, Lanerossi, Assicuratrice Italiana) e poi la vicenda di Michele Sindona. Sia in parte per la responsabilità di personaggi del genere, sia di più per la perdurante disattenzione del governo ai temi dell'investimento borsistico in titoli industriali che di fatto privilegiava i titoli del debito pubblico, cui si aggiungevano i perduranti ostacoli normativi alla libertà di movimento di capitali, nei due decenni successivi la borsa vide una fase di stagnazione.

Nel 1978 su impulso della Banca d'Italia nasce Monte Titoli con lo scopo di avere un deposito unico degli strumenti finanziari di diritto italiano.

Nel 1983 furono quotati i primi fondi comuni di investimento di diritto italiano, pratica diffusa in tutti i maggiori Paesi del mondo Occidentale.

Nel 1991 venne approvata la riforma della Borsa che tra le varie innovazione portò agli scambi telematici e alla definitiva abolizione del mercato gridato nel 1994 e all'accorpamento, nel 1997, di tutte le piazze finanziarie italiane in una sola società privata: Borsa Italiana con sede a Milano.

I provvedimenti delle parziali (Eni, Enel, etc) o totali privatizzazioni (Telecom) e quelli sui movimenti internazionali dei capitali dettero nuove possibilità alla borsa.




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