mercoledì 21 ottobre 2015

CAVA MANARA



Cava Manara è un comune situato presso il Po, alta sul bordo del terrazzo alluvionale, non lontano dalla confluenza del Ticino, al confine tra la Lomellina e la piccola regione del Siccomario.

Cava è nota fin dal XIII secolo, quando apparteneva al territorio soggetto a Pavia, incluso nella podesteria o squadra di Sommo, nella regione della Lomellina; amministrativamente però la squadra di Sommo era aggregata all'Oltrepò Pavese. Era allora detta Cava Taverna. Nel 1466 fu infeudata alla famiglia Eustachi di Pavia, passando attorno al 1650 ai marchesi Olevano, che terranno il feudo sino all'abolizione del feudalesimo nel 1797. Il territorio di Cava apparteneva allora alla Lomellina, ai confini con il Siccomario; nel 1707 esso passò con la Lomellina ai Savoia, mentre il Siccomario, con l'Oltrepò da cui dipendeva amministrativamente, restava allo Stato di Milano. Nel 1743 anche questo territorio, che comprendeva alcune delle attuali frazioni di Cava, passò al territorio sabaudo. Sotto i Savoia continuò a far parte della provincia di Lomellina, e dal 1859 fu incluso nella Provincia di Pavia. Nel 1863 prese il nuovo nome di Cava Manara in onore di Luciano Manara, che vi aveva combattuto nel 1849. Nel 1871 al comune di Cava Manara furono aggregati i soppressi comuni di Torre de' Torti e di Gerrechiozzo.

Torre de' Torti (CC L266), di origini medievali, fece parte dello stesso feudo di Cava, appartenente agli Eustachi e poi agli Olevano. Divenne particolarmente nota nel XVIII secolo, poiché, situato com'era ai confini tra la Lomellina e il Siccomario, insieme ad altri tre piccoli centri (San Fedele e Travedo, frazioni di Sommo, e Campomaggiore, fraz. di Carbonara al Ticino), quando la Lomellina passò ai Savoia, l'Austria (padrona del Milanese) rifiutò di consegnare queste quattro terre, ritenendole parte del Siccomario. Per un certo tempo (1710-1738) dunque questa zona rimase senza padrone, divenendo un rifugio di malviventi. Solo dopo alcuni anni, grazie alla mediazione inglese, la questione fu risolta a vantaggio dei Savoia. Nel 1871 il comune fu aggregato a Cava Manara.
Gerrechiozzo, o Gerre Chiozzo (CC D992), sorse probabilmente dall'unione di due paesi (era detto infatti Gere e Chiozzo), di incerta localizzazione (infatti quello che attualmente è detto Gerrechiozzo si chiamava un tempo Rotto di Rea). Era uno dei numerosi piccoli comuni del Siccomario, infeudato fino al XVIII secolo ai Beccaria. Tra il 1707 e il 1743 il confine di Stato tra lo stato sabaudo e il Milanese austriaco passava tra Gerrechiozzo e Cava: dal 1743 anche Gerrechiozzo passava ai Savoia. Nel XIX secolo, aperta la nuova strada del ponte sul Po (attuale statale dei Giovi), su di essa si andò sviluppando il nuovo centro di Tre Re, così detto da un'osteria di tale nome, che divenne capoluogo del comune. Nel 1838 a questo comune venne aggregato quello di Mezzana Corti, ma nel 1871 fu abolito e unito a Cava Manara.
Mezzana Corti ebbe una storia molto tormentata a causa del vicinanza del Po. Esso formava, all'inizio del XVIII secolo, un'ampia ansa a sud di Mezzana, fino a comprendere un tratto dell'attuale comune di Bressana Bottarone, e all'interno di essa sorgeva un grosso paese detto appunto Mezzana Corti, presso l'attuale Cascina Bella di Bressana; tale comune comprendeva anche Bottarone, oltre il Po. Verso la metà di quel secolo il Po tagliò l'ansa, e solo un breve territorio rimase a nord del Po; quando poi i confini amministrativi (1800) furono riportati sul Po, al comune di Mezzana Corti rimaneva solo una piccola parte del territorio originario, quello appunto rimasto a nord del Po. Qui si era andato nel frattempo sviluppando il nuovo paese. Esso rimase un comune solo fino al 1838, poi fu unito a Gerrechiozzo.

La Chiesa parrocchiale di Cava, sorta sulle rovine dell'antico Oratorio dei martiri Cosma e Damiano, sorge nella vasta piazza del paese, ed è dedicata a Sant'Agostino. Narra infatti la leggenda che, durante il passaggio delle spoglie del Santo dirette a Pavia, egli appare a quaranta pellegrini, che lo vedono uscire dalla chiesa in abiti pontificali dicendo "Io sono Agostino"; i cavesi allora lo eleggono a loro patrono.

A fianco della chiesa, a sinistra della strada provinciale, su un cucuzzolo dal quale si dominano le colline dell'Oltrepò e la vallata sottostante, sorge il palazzo Olevano, residenza dell'omonima famiglia, spesso citato come castello. Edificato nel più rigoroso ed elegante stile barocco, in origine comprendeva i settori abitati dalla servitù, scuderie, parco e altri edifici di compendio. Frazionato nella proprietà, alterato in più parti, l'edificio, di grande valore architettonico e di notevole interesse, non presenta però tracce di fortificazione.


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