I tempi storici nei quali stiamo vivendo, ci fanno vedere una figura di "madre" diversa da quella che una volta si aveva.
Quando nasce un figlio, la prima volta che sentiamo che pronuncia il nome “mamma” per noi diventa qualcosa di grandioso e di stupendo.
E’ una gioia indescrivibile, è qualcosa che dal di dentro ti dice che sei stata in grado di mettere al mondo una creatura.
Nei tempi che stiamo vivendo ultimamente l’essere madre sta acquistando colori e significati diversi.
Ci sono mamme per vocazione e madri che vogliono diventarlo per forza, anche mettendo a repentaglio la vita di altri figli, pur di ottenerne uno per se stesse.
Da sempre la madre è colei che mette al mondo il figlio, che si occupa principalmente delle cure da dargli e della sua educazione, soprattutto nei primi anni di vita, anzi possiamo dire che lo faccia già dal grembo.
Pure se oggi c’è una maggiore partecipazione del padre nella crescita ed educazione dei figli, il compito primario resta sempre a lei, alla mamma, perché in fondo è propria della sua vocazione lo svolgere tutto questo.
Nell’epoca della contraddizione colei che non riesce a concepire un figlio ne vuole uno a tutti i costi, senza guardare in faccia a niente ed a nessuno, neppure agli altri figli che butterà via solo per averne uno tutto per sé.
Forse bisognerebbe riguardare cosa sia la maternità, dove nasce ed a cosa tende, perché se per maternità si deve intendere l’avere un figlio per forza, un costruirlo in laboratorio, distruggendo per esso altri figli, allora la maternità non è più questa, non la si può chiamare tale.
Madre è colei che si sacrifica per la vita di suo figlio, ne abbiamo tanti esempi di donne che muoiono per far nascere il loro bambino, che sacrificano la loro vita purché si salvi quella della creatura che portano in grembo.
Qui, per l’appunto, sta la questione: la madre si sacrifica per il figlio ma non sacrifica il figlio per se stessa.
Mettere al mondo un figlio per forza, sacrificandone altri, non è più amore di madre, non è più maternità, ma solo onnipotenza e delirio procreatico, voglia di possedere un figlio come cosa propria e non più come nuova vita da amare e rispettare.
Per quanto possano essere comprensibili le ragioni di coloro che ricorrono a determinate tecniche di procreazione artificiale per avere un figlio, non è certo condivisibile che per essere madre di un figlio si legittimi l’uccisione di molti altri.
Non è più maternità questa: è solo egoismo.
La vita umana è un dono da amare e rispettare, da tutelare e coltivare, ma non da pretendere e costruire artificialmente.
Un bambino non è un bel giocattolo da far costruire come si desidera e da avere a tutti i costi.
La vita umana, racchiusa già in quella monocellula che si è appena formata con la fecondazione umana, va amata sempre, fin da quel primo istante…………altrimenti, se non si ama la vita appena formata, come possiamo aspettarci che si riesca ad amare la vita di chi ci passa accanto?
Essere madre oggi significa essere pronta a dare la vita per i propri figli: ma non è una cosa nuova, è sempre stato così ogni volta che si accetta la vita quale dono da amare, custodire e far crescere.
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