giovedì 12 novembre 2015

CASTELLO D'AGOGNA

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Castello d'Agogna è un comune situato nella Lomellina settentrionale, a breve distanza da Mortara, alla sinistra del fiume Agogna.

Castello d'Agogna appartenne nel medioevo all'Abbazia di Santa Croce di Mortara; nel 1387 venne infeudato ad Antonio Porro, conte di Pollenzo e signore di Robbio, ma ritornò probabilmente poco dopo allo Stato e forse non fu più infeudato, se non nel XVIII secolo, quando i Tarsis ebbero il titolo di Conti di Castel d'Agogna.

Nel 1713 passò con tutta la Lomellina sotto i Savoia, e nel 1859 entrò a far parte della provincia di Pavia.

Nei documenti antichi il luogo è nominato come il Castello d’Agogna, sorto tra il XII e il XIII secolo, forse sul luogo di un’antica postazione romana, come vero e proprio complesso militare fortificato (castrum), costituito da una cintura esterna che racchiudeva alcuni edifici; in età rinascimentale si trasforma in castellum signorile, sede di residenza del feudatario e le case diventano il borgo del Castello d’Agogna.

I primi possessori del castello, di cui si ha notizia, sono i Della Torre che cedono le terre ai monaci dell’abbazia di Santa Croce di Mortara; nel 1360 passa di pertinenza ai Visconti, che confiscano i beni ai monaci di Mortara; il feudo è poi ceduto nel 1392 all’ospedale di Biella, acquistato in seguito dal nobile genovese Antonio Porro a cui seguono i Crotti, i Tettoni, i Tarsis, i Ricci, i Miglio, la Regia Camera di Milano e, nel corso del 1700, gli Isimbardi che nel 1909 vendono il castello e le sue pertinenze ai Gregotti, facoltosi agricoltori locali, di cui Vera Coghi è stata l’ultima erede.
Castello d’Agogna nel 1644 è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina.

Il 23 febbraio 1707 è pubblicato l’editto che annuncia lo scorporo della Lomellina dallo Stato di Milano, secondo il trattato di Torino dell’otto novembre 1703, stretto tra il duca Vittorio Amedeo II di Savoia e l’imperatore d’Austria Leopoldo. Castello d’Agogna come tutta la Lomellina è aggregato al Piemonte.

Nella relazione del primo novembre 1707 dell’Intendente Generale di Alessandria Gian Battista Fontana, incaricato di censire i comuni della Lomellina dal duca di Savoia, Castello d’Agogna conta 490 anime.

I francesi giungono nel 1796 dando vita alla prima Repubblica Cisalpina. Costretti, nel 1799, a cedere il controllo della regione agli austro-russi, lo riprendono alcuni mesi più tardi, nel 1800. Negli anni successivi dominano un territorio che si chiama dal 1800 al 1802 seconda Repubblica Cisalpina, dal 1802 al 1805 Repubblica Italiana, dal 1805 al 1814 Regno d’Italia.

Il primo decreto napoleonico del 1800 emanato per la Lomellina sancisce che il dipartimento dell’Agogna è diviso in 17 distretti, o circondari comunali, Mortara è capoluogo del quinto distretto e Castello d’Agogna ne fa parte.
Nella compartimentazione del 28 aprile 1806 fa parte del dipartimento dell’Agogna, distretto di Vigevano, cantone quinto di Mortara, come comune di terza classe, con popolazione di 477 abitanti.
Per mezzo del Regio Editto del 10 novembre 1818, portante una nuova Circoscrizione Generale delle Province dei Regi Stati di Terra Ferma, Castello è inserito nel Mandamento di Mortara, nella Provincia di Lomellina, che per la prima volta nella storia unisce l’intera regione sul piano amministrativo.
La prima e la seconda guerra di Indipendenza toccano da vicino la Lomellina. Agli abitanti incombe l’obbligo di dare ospitalità e rifornimenti alle truppe.
Prima il Radestky e poi il Giulay visitano, nella loro marcia, numerosi paesi, operando ovunque pesanti requisizioni, lasciando alle spalle lacrime, miseria e violenze.
Di quel lungo periodo di occupazione resta traccia negli archivi.
La documentazione registra dettagliatamente le requisizioni di guerra. Si tratta di somministrazioni di viveri e di animali (fieno, paglia, pane, salumi, riso, vino, buoi e mucche) di suppellettili varie (lenzuola, indumenti, stoviglie).

Il conseguimento dell’Unità rimette in discussione l’assetto del territorio, Castello e tutta la Lomellina sono unite alla Lombardia attraverso la formazione della Provincia di Pavia.
Durante la seconda guerra mondiale, nel mese di dicembre del 1944, il castello è occupato dai tedeschi, ritenendo Castello d’Agogna un punto strategico per il controllo del ponte e per il passaggio delle truppe. Alla fine di aprile del 1945 è liberato grazie all’azione dei partigiani di Mortara, Robbio, Olevano e Ceretto.

Nella stanza delle meraviglie della Fondazione Vera Coghi è conservato l’archivio del castello che conserva documentazione a partire dal secolo XIII.

E’ composto dalle carte prodotte e ricevute dai feudatari e nobili residenti nel castello di Castello d’Agogna, relative a beni in Castello d’Agogna, in Ceretto, in Granozzo, in Mortara, in Robbio, in Olevano, beni acquistati, alienati, affittati, esenzioni ed immunità, ragioni d’acque (numerosi sono i documenti che riguardano la roggia Cacciesca, la roggia Regola, l’Agogna, la Baraggiona, il Roggione di Olevano, il cavo Zermagnone, il canale Cavour), costruzione di cavi, convenzioni, inventari di beni e di scorte, catasti, imposte e tasse, migliorie e riparazioni, piste e trebbiatoi, requisizioni militari e danni delle guerre…

Diverse pergamene e una ricca cartografia a colori lo completano e arricchiscono, rendendolo unico e prezioso per indagini storiche sul territorio.
Attraverso le carte si snoda la storia dei principali possessori del castello e delle loro proprietà estese a buona parte del territorio lomellino e novarese, ad iniziare dai Della Torre sino al 1909 quando gli Isimbardi vendono il castello e le sue pertinenze ai Gregotti, facoltosi agricoltori locali, di cui Vera Coghi è stata l’ultima erede.

L’archivio è stato riordinato, dispone di un inventario manoscritto, riguardante la documentazione dal 1219 al 1872, e di un inventario informatizzato che racchiude anche la documentazione del XX secolo.
La documentazione è condizionata in 120 buste, collocate su scaffalatura idonea, in eleganti contenitori. La struttura è attrezzata per la consultazione e per la didattica.
Nelle carte c’è la vita di una azienda agricola nel corso di centinaia di anni, dal 1219 al XX secolo ed è una storia che ancora continua.


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