Sannazzaro de' Burgondi è un comune situato nella bassa Lomellina, ai margini del terrazzo che domina la valle alluvionale del Po, presso la riva sinistra del fiume e vicino alla sua confluenza con il torrente Agogna.
Il toponimo è stato oggetto di dibattute controversie fra molti studiosi. Secondo alcuni il borgo si chiamò Sannazzaro in omaggio al martire milanese Nazarius, che nel I secolo fu evangelizzatore dell'Italia del Nord con il discepolo Celsus. La parrocchiale tardomedievale è dedicata a Nazzaro e Celso e custodisce le loro reliquie. Secondo un'altra ipotesi il toponimo potrebbe arrivare dal nome della nobile famiglia dei "de Sancto Nazario", che compare in documenti pavesi dal XII al XIV secolo. Alcuni, poi, fanno provenire i Sannazzaro dai Salazar spagnoli, giunti in Italia al seguito degli aragonesi (cui appartenne anche il grande poeta napoletano Jacopo Sannazzaro).
Altrettanto controversa è l'origine della denominazione "de' Burgondi" o "de' Burgundi". La dizione completa del toponimo compare molto tardi, nel Cinquecento inoltrato, ed è ufficializzata da un decreto reale del 1863: fino a quel momento su carte, mappe, atti, compare indifferentemente Sancto Nazario, S. Nazaro, San Nazzaro de Lumellina, San Nazaro de Pavia. La specificazione de' Burgondi si ritrova per la prima volta in un atto notarile con riferimento alla famiglia dei Bergondi (Bergondiis, Bergundiorum), che esisteva già nel XII secolo a Pavia e che a partire dal XIV secolo acquisì possedimenti in Lomellina. Di recente, Giuseppe Sannazzaro, discendente dell'omonima famiglia originaria del paese e appassionato di storia medioevale, ha avuto modo di precisare che la famiglia "di Sannazzaro" (o de Sancto Nazario) originaria di Sannazzaro possedeva ampi beni nel territorio già nel secolo X. Nel medioevo, dato che i Sannazzaro diventarono molto numerosi (non esistendo il maggiorascato, le proprietà si spezzettarono molto e molto presto), i vari rami presero ad identificarsi o dal nome del patronimico (cioè fondatore del ramo) o dal nome del feudo di riferimento. Si crearono quindi i Sannazzaro de Burgondi, perchè discendenti da Burgundio (o Burgondo), ramo principale rimasto a Sannazzaro, ma impoveritosi presto; i Sannazzaro de Glaroli, perchè proprietari del feudo di Glarolis (attuale Giarole); i Sannazzaro della Ripa nell'Oltrepò pavese, i Sannazzaro de Marazzi e molti altri. Secondo lo studioso, dunque, la diceria che la famiglia Sannazzaro fosse imparentata o discendente dei Salazar è assolutamente non vera. I Sannazzaro erano attestati in zona, come detto, dal X secolo, periodo in cui non c'erano in Italia famiglie di origine spagnola.
Ma al di là delle diatribe degli studiosi, occorre sottolineare come la tradizione popolare abbia sempre in qualche modo ricollegato quel “de' Burgundi” all'omonima popolazione germanica che nel VI secolo si insediò nella regione del Giura scendendo poi in Italia. Nessuna prova storica né reperti archeologici confermano l'eroica impresa di Epifanio, ma è certo che essa ha affascinato i sannazzaresi e ancor oggi non manca di suggestionarli: ed ecco il “Burgundo”, maschera popolare che anima ancor oggi il Carnevale locale.
Sannazzaro si trova citato attorno al 1000 come cella Sancti Nazari, per cui si può ritenere che abbia tratto origine da un piccolo insediamento monastico. Da qui provenne la potente famiglia Sannazzaro, forse in origine sotto l'alta signoria dei Conti Palatini di Lomello. La potenza dei Sannazzaro si manifestò soprattutto nell'Oltrepò Pavese e nel Monferrato; tuttavia alcuni rami della famiglia rimasero nel luogo d'origine, che governarono in consorzio tra loro e con altri nobili locali (Marazzi, Glaroli). Il nome Burgondi, che corrisponde al moderno cognome Bergonzi, potrebbe derivare da un ramo degli stessi Sannazzaro (Burgondo, ovvero Bergonzo, era nel XII secolo il nome di uno dei quattro capostipite della famiglia).
Nel 1466 il duca di Milano investì di Sannazzaro Giacomo Malaspina, marchese sovrano di Massa, e da lui passò al figlio Francesco, iniziatore della linea dei marchesi di Sannazzaro, cittadini di Pavia, la cui signoria durò fino all'abolizione del feudalesimo (1797). Il marchesato di Sannazzaro comprendeva anche Scaldasole, Pieve Albignola, Ferrera Erbognone e Alagna. Sannazzaro, seguendo le sorti della Lomellina, passò ai Savoia nel 1713 (da qui il nome della frazione Balossa Savoia, attuale Savasini, contrapposto al vicino Balossa Bigli che per il momento rimaneva, con l'Oltrepò cui apparteneva, all'Austria). Attorno al 1600 una violenta piena del Po distrusse in gran parte il paese, che si raccolse in posizione più difesa, sulla costa ovvero al margine del terrazzo alluvionale. Nel 1863, con regio decreto, il comune prese ufficialmente il nome di Sannazzaro de' Burgondi.
Fin dall'ultimo decennio del XIX secolo era stata impiantata a Sannazzaro una piccola centrale elettrica, cosicché il paese fu il primo comune della Provincia di Pavia ad avere una completa illuminazione elettrica delle vie. Nel 1963 iniziò a funzionare la grande raffineria dell'AGIP (prima chiamata Raffineria del Po e ora Agip Raffinazione), che contribuì a trasformare il carattere prevalente dell'economia della cittadina da agricolo a industriale.
Nel dicembre del 2011 a Sannazzaro de' Burgondi è stato ufficialmente conferito il Titolo di Città.
La realtà culturale sannazzarese fa perno sulla locale Biblioteca civica "Carlo Tacconi". La biblioteca, facente parte del Sistema bibliotecario Lomellino oltre alla tradizionale attività di prestito libri, ospita nei suoi locali convegni e mostre. Vengono organizzati corsi di lingua, di informatica di base e si organizzano gite culturali verso mostre e musei.
Ultimamente, particolare rilevanza ha assunto il Gruppo di Interesse Scala, che raccoglie gli appassionati delle attività del Teatro scaligero. Il GIS partecipa ad alcuni spettacoli ed effettua incontri preparatori.
Nell'ambito delle attività riconducibili alla Biblioteca può essere inserito il periodico "L'Eco di Sannazzaro", edito dall'Amministrazione comunale.
Tra i monumenti principali di Sannazzaro vi è la Parrocchiale, del XV o XVI secolo, che fu oggetto nel ‘600 e nel ‘700 di un rimaneggiamento barocco; nel 1933 si operò invece un restauro teso a ripristinare l’aspetto originale, eliminando le sovrastrutture barocche all’interno e all’esterno.
Specchiature marmoree, mosaici in oro, affreschi goticheggianti conferiscono alla chiesa una patina di antico fra il neogotico e il neoromanico. Rimangono a ricordo delle precedenti caratteristiche un altare barocco laterale, quello delle anime purganti, e l’altare maggiore sormontato da una teoria di Santi e vescovi in argento. Particolarmente pregevoli due statue lignee del ‘400, rappresentanti i due patroni, stuccate e dorate, poste ai lati di un grande Crocifisso risalente allo stesso periodo. La facciata a capanna è suddivisa in bande orizzontali bianche e nere, interrotte da un rosone, ed è conclusa da svettanti pinnacoli in cotto.
Un altro edificio sacro di una certa importanza è la Chiesa di San Bernardino, officiata dalla Confraternita dei Disciplinati; esistente già nel '600 ma assai rovinata, fu ristrutturata nel 1782 dal marchese Luigi Malaspina che ne finanziò i lavori.
La facciata è in mattoni a vista con un frontone di stile neoclassico; l' interno è ad aula unica, ritmato da lesene in finto marmo con capitelli ionici in stucco.
La decorazione ad affresco è opera di Paolo Maggi, pittore sannazzarese attivo attorno alla metà del secolo scorso fra Lomellina e Casalese; egli è anche l'autore dei due quadri agli altari laterali: un' Adorazione dei Magi e un dipinto con La Vergine, S. Rocco e San Sebastiano.
Nella Chiesa è conservato uno splendido organo Lingiardi. Il portale, recentemente restaurato, è costituito da formelle dello scultore Gasperini.
La costruzione del Santuario della Madonna della Fontana fu iniziata nel 1710 e completata nel 1786. Un tempo si trovava al limite dell' abitato, oggi è parte integrante del paese.
E' collegato alla tradizione di un miracolo della Vergine, che avrebbe fatto scaturire l' acqua dalla roccia. Una chiesa dedicata alla Madonna doveva esistere già nel XV - XVI secolo a valle; ricostruita una prima volta nel '600 dopo un 'inondazione, rovinò di nuovo nel 1705: i popolani riuscirono a salvare solo l' immagine della Vergine.
Fu decisa allora la costruzione del nuovo edificio dove fu trasportata la Sacra Raffigurazione.
Preceduta da un ombroso giardino chiuso e da una gradevole fontana, la facciata neoclassica si staglia alta nelle sue pulite linee con il superbo frontone sostenuto da semicolonne ioniche su alti plinti e il rilucente mosaico moderno che rappresenta la Vergine.
L' interno, ad aula unica, è arricchito da quattro pale d' altare settecentesche ai lati e da una vivace decorazione ad affresco che si snoda lungo gli archi delle nicchie e sulle pareti con un esuberante repertorio di motivi ornamentali, interrotti solo da medaglioni.
Il gusto rococò si rivela nello splendore dei marmi policromi dell'altare maggiore, al cui centro è incastonato l' affresco che rappresenta la Vergine, databile forse al XVI secolo, ma ampiamente ridipinto.
L'anno 1705 fu per Sannazzaro davvero disastroso. L'inverno era stato particolarmente rigido e in primavera, per lo scioglimento delle nevi e le abbondanti piogge, il Po ingrossò spaventosamente e uno straripamento improvviso colse nel sonno la popolazione sannazzarese.
La terribile inondazione produsse immense devastazioni: grandi estensioni di terreni coltivati furono ridotte a deserti di ghiaie, molti fabbricati delle cascine e case coloniche crollarono sotto l'impeto delle acque.
Proprio durante quella spaventosa piena il Po, contro ogni speranza, spostò altrove il suo letto e i Sannazzaresi, per ricordare ai posteri questo fatto così inatteso e prodigioso, innalzarono nel 1724 all'entrata del paese un arco monumentale, che fu chiamato volgarmente "il Portone".
A fronte di questo arco si leggeva un'epigrafe che, ricordando l'inondazione del 1705, aggiunge che nel 1714 fu eretto "in onore del nome di Maria un più leggiadro Santuario che si vede qui di fronte a presidio del paese".
Si tratta della Chiesa della Beata Vergine della Fontana, che, sempre nel 1724, venne collegata allo stesso Portone tramite un maestoso viale alberato, dai Sannazzaresi sempre chiamato "allea" e che poi divenne Viale Vittorio Emanuele II ed ora Viale Italia.
Conclusa la 1a Guerra Mondiale, che in termini di vite umane costò all'Italia il sacrificio di 600.000 soldati di cui ben 70 di Sannazzaro, il Comitato Generale pro-erigendo Monumento ai Caduti, nel dicembre del 1921, lanciava un appello alla cittadinanza per una raccolta di fondi con cui poter innalzare un monumento " degno del sacrificio dei Morti e del pianto dei superstiti".
E subito i Sannazzaresi risposero all'appello con grande generosità: attraverso concerti, feste di ballo, teatri, gare di calcio, lotterie e raccolte presso le famiglie, si realizzò la cospicua somma di £ 40.000.
Scelta l'ubicazione dell'erigendo monumento, nel piazzale della Chiesa Parrocchiale, e affidata l'opera allo scultore vigevanese Cesare Villa, il 18 dicembre 1923 giunse finalmente il giorno dell'inaugurazione.
Per la solennità della cerimonia il M° Ermenegildo Zecca e il Prof. Raffaele Magnani scrissero un magnifico inno intitolato "Gloria".
Fra le tante autorità presenti all'inaugurazione, vi fu anche il Capitano Giannino Antona Traversi, figlio di Donna Claudia, che tenne una toccante orazione commemorativa. Poi, calate le tele che la coprivano, la superba opera d'arte apparve in tutta la sua austerità e bellezza: una statua in bronzo alta 2 metri rappresentante l'Italia che depone la palma del martirio e della vittoria sul trofeo del Fante martire e vittorioso, anch'esso in bronzo e formato da bandiera, fucile, rami d'alloro, elmetto e targa con dedica. A lato della statua, una colonna in marmo bianco di Carrara, alta 5 metri, decorata con capitello romano e i simboli di una stella e di una croce. Nella parte centrale i nomi dei Caduti (Dopo la 2a Guerra Mondiale vennero aggiunti i nomi degli altri 22 Caduti).
Sono due le principali manifestazioni che si svolgono in paese ogni anno: la Sagra del riso, che ha luogo nel mese di giugno ed il Settembre sannazzarese, variegata rassegna d'arte sport spettacolo e cultura.
Nell'ambito di quest'ultima, particolare rilevanza ha assunto negli ultimi anni la manifestazione culturale, sportiva e gastronomica "Il Fiume, Tre Torrenti, La Lomellina", che nel corso del week-end vede impegnati ben 8 comuni del territorio, proponendo mostre, percorsi tra i castelli e le cascine della zona e per finire la cena tipica pavese che vede protagoniste tutte le confraternite eno-gastronomiche della provincia.
All'inizio del XX secolo Sannazzaro, come il resto della Lomellina, fa da sfondo alle lotte contadine dei braccianti stagionali impegnati nella coltivazione del riso. Le lotte di inizio secolo erano portate avanti dalle leghe contadine che dal 1919 al 1920 (biennio rosso) organizzarono numerose rivolte. Per contrapporsi a questo movimento, nacquero anche a Sannazzaro i Fasci italiani di combattimento, che con la violenza si opposero alle rivolte contadine.
Nel dopoguerra nascono diverse attività, alcune viterie, aziende di produzione di macchine agricole. Una realtà, quella di Sannazzaro, simile in tutto e per tutto ad altri centri lomellini. Il cambiamento avviene a partire dai primi anni '60, generando quella situazione di specificità che ancora oggi differenzia Sannazzaro dal resto della Lomellina.
La società sannazzarese ha subito a partire dagli anni '60 una rapida trasformazione. Origine del cambiamento è stata la decisione di attivare in loco la raffineria AGIP. Questo evento ha comportato un rapido incremento della popolazione grazie all'arrivo di molti lavoratori interessati dalle attività facenti capo alla raffineria.
La trasformazione ha avuto quindi i suoi principali effetti sulla composizione della popolazione, che risulta molto più variegata che negli altri comuni della Lomellina, e sulla centralità della raffineria nella vita del paese. Del resto, mentre in altre realtà di maggiori dimensioni l'arrivo di una grande industria è stata assorbita da un tessuto sociale già predisposto, a Sannazzaro, paese prevalentemente agricolo, l'installazione della raffineria è stata vissuta in modo traumatico.
Attualmente Sannazzaro non è quindi più un tipico centro lomellino agricolo, ma non è ancora una cittadina compiuta, in quanto non ha saputo sviluppare completamente i servizi e le strutture come per l'appunto in altre realtà di maggiori dimensioni. Questo stato di limbo provoca indubbiamente un certo malessere tra la popolazione che ha chiari quali siano gli svantaggi in termini ambientali e sociali derivanti dalla presenza di ENI, ma non ha ancora potuto beneficiare completamente dei vantaggi in termini di servizi e infrastrutture.
Sannazzaro, al centro di quella che viene definita l'area sannazzarese, rappresenta il principale polo produttivo dell'intera bassa Lomellina disponendo anche di servizi che sono utilizzati anche dalle popolazioni dei paesi limitrofi.
Un tempo centro di rilevanza nazionale per la produzione delle viti (in ferro e in legno) e per la nutrita presenza di maglifici, attualmente la maggior parte delle attività produttive fanno perno intorno alla presenza di una delle più importanti raffinerie d'Italia, di proprietà del gruppo Eni. Situata al centro del triangolo Milano-Torino-Genova soddisfa il fabbisogno di prodotti petroliferi di gran parte del nord-ovest d'Italia.
La presenza della Raffineria, alla quale si è aggiunta dal 2006 una centrale per la produzione di energia elettrica a ciclo combinato presente sul territorio del vicino comune di Ferrera Erbognone, ha orientato progressivamente sempre di più l'economia della zona a supporto delle attività della multinazionale energetica. Sono diverse infatti le aziende della zona che lavorano nell'indotto. Dal 2007 è stato attivato anche un Master Universitario di 1º livello per ingegneri neolaureati, organizzato da Eni, Università di Pavia e Comune di Sannazzaro.
Un'altra realtà economica particolarmente rilevante in paese è rappresentata dalle presenza delle cooperative che dalla fine degli anni '80 forniscono servizi in ambito sociale ed educativo.
Settore particolarmente sviluppato è quello dell'edilizia, con numerose imprese edili ed alcuni attività di commercio di materiale edile.
Infine, da non dimenticare, l'attività agricola con coltivazione principalmente di riso e mais.
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