San Giorgio di Lomellina è un comune situato al centro della Lomellina, nella pianura presso il torrente Arbogna, affluente dell'Agogna.
Simbolo del paese è il campanile della chiesa parrocchiale, completato nel 1767, visibile a diversi chilometri di distanza grazie ai suoi 76 metri di altezza.
L’abitato ha origini antiche: esisteva infatti già in epoca romana, come provano le tombe rinvenute nel centro del paese, che lo storico Francesco Pezza ritenne d’età tarda, comunque non posteriori al IV secolo.
Per quanto riguarda il toponimo, c’è chi pensa che il nome San Giorgio sia dovuto ai Longobardi, che avevano un nucleo fiorentissimo nel vicino Lomello e veneravano il Santo con particolare devozione, tanto da proclamarlo loro patrono unitamente a S.Giovanni Battista e all’Arcangelo S. Michele.
Padre Francesco Pianzola, altro insigne storico lomellino, ipotizzò invece che, agli inizi, San Giorgio fosse una dipendenza del convento benedettino di S. Maurizio, facente parte di un piccolo borgo limitrofo chiamato Monticello, la cui importanza andò diminuendo nel tempo a favore di San Giorgio. A questo, proposito egli ricorda una carta del 988, nella quale si parla di terre che erano “in Ponticello, in finibus Sancti Georgici… in comitatu Laumellense”. In un altro documento del 1129 si dice che il monastero di Ponticello era “non longe a loco qui nominetur Sanctus Georgius”. Una bolla di Papa Innocenzo IV del 1246 cita la chiesa di S. Maurizio: “in dioecesi Papiensi ecclesiam Sancti Mauricij sitam in territorio villae Sancti Georgici”. Sempre secondo Padre Pianzola, Monticello fu abbandonato dai monaci e, sul finire del secolo XV, assorbito dall’espansione di San Giorgio, il cui castello garantiva maggiori protezioni agli abitanti. Di Monticello non rimase che la chiesa di S. Maurizio, divenuta cadente a tal punto che nel 1583 dovette essere abbattuta per ordine del vescovo di Pavia. Ancora oggi la campagna ove essa sorgeva è chiamata “S. Maurizio”.
San Giorgio nacque probabilmente come dipendenza di un vicino monastero benedettino, nella scomparsa località Monticello; San Giorgio divenne ben presto il centro più importante della zona, dotato di un castello. Nel 1250 appare tra le località incluse tra i domini di Pavia, e fu assoggettato per qualche tempo ai Beccaria, poi, all'avvento dei Visconti e degli Sforza, ebbe diverse infeudazioni (Giovanni Simonetta nel 1477, Alberico Malletta, Pietro Birago nel 1483, Scolari di Parma). Il rapido passaggio di feudatari sembra legato al fatto che i Duchi non vogliono perdere a lungo il controllo del luogo: data la sua posizione centrale e la sua relativa importanza, l'hanno infatti elevato a sede del Capitano della Lomellina (come Casteggio lo è per l'Oltrepò). In epoca sforzesca ne divenne signore feudale Giacomo Bernardino Visconti (pronipote di Bernabò Visconti, signore di Milano), i cui discendenti ebbero anche diversi feudi nell'Alessandrino (Sezzadio, Gamalero, Brignano-Frascata). Essi, divisi in più linee, tennero il feudo in condominio. Nel 1687 Ercole Visconti fu nominato Marchese di San Giorgio, ma la dinastia si spense con il nipote Galeazzo, morto di vaiolo nel 1724. Nel 1725 il feudo fu incamerato, e non si ha notizia di altre investiture. Nel 1713 intanto era passato, col resto della Lomellina, ai Savoia, e nel 1859 fu incluso nella provincia di Pavia.
La Chiesa Parrocchiale è, ovviamente, dedicata a San Giorgio. Ultimata nel 1772, fu eretta sul luogo di un precedente edificio che minacciava di rovinare. E’ in stile barocco ed ha una sola navata. Le dimensioni grandiose sono la caratteristica che colpisce maggiormente; altrettanto imponente è il suo campanile, alto 75 metri. Vi si conservano una bella tavola quattrocentesca in legno, rappresentante la Madonna col Bambino, ed una statua lignea della Madonna Immacolata, opera degli inizi del XVIII secolo.
La Chiesa di San Rocco si trova su una piccola altura al centro dell’abitato, dove un tempo sorgeva l’antico castello, di cui non rimane più traccia: per questo è detta anche “chiesa in castello”. Il tempio, nel quale officiava la fiorente Confraternita dei SS. Rocco e Sebastiano, presenta una sola navata con un ampio coro. Più volte rimaneggiato, risale, nella sistemazione attuale, al ’700. Recentemente è stato chiuso al culto e sconsacrato.
Le Chiesette di San Paolo e di San Bernardo, ubicate nella campagna circostante, sono frutto della pietà popolare; vennero costruite rispettivamente nel 1847 e nel 1902, dopo aver demolito quelle preesistenti, cariche di storia ma pericolanti.
La chiesetta del cimitero è di proprietà privata. Fu costruita nel 1962, su progetto dell’Ingegner Enrico Pellegrini di Torino.
Il Convento e la Chiesa di San Francesco si incontrano all’entrata del paese provenendo da Mortara. Terminati nel 1609 e devastati da un incendio nel 1849, sono ora proprietà privata. La chiesa aveva cinque altari e tre navate. Nel monastero risiedevano i Frati Minori Riformati, che dovettero abbandonarlo in seguito alla soppressione napoleonica; nel 1817 il complesso fu messo a disposizione dei Frati Minori Osservanti, i quali lo tennero fino al 1866, cioè fino alla nuova confisca e definitiva alienazione.
L’edificio che attualmente chiamiamo “Vecchio Mulino” non è altro che il locale costruito nel 1905 per ospitare la “molazza”. Questa è una macchina complementare della pila da riso che allora venne installata e non è altro che un tipo di mulino, costituito da rulli (mole) che rotolano sul fondo di una vasca, usato per macinare sostanze grossolane, come ad esempio la lolla, a quei tempi impiegata come detergente.
Questo edificio è l’unico scampato alla totale distruzione dell’antico mulino, avvenuta nel 1983.
Il monumento ai caduti della 1^ guerra mondiale, cui furono aggiunti i nomi di quelli della 2^ guerra mondiale, fu fatto erigere da un apposito comitato locale.
E’ composto da un basamento con finitura di marmo e cemento in graniglia, da una parte mediana in arenaria, da una colonna di granito bianco di Montorfano e termina con una statua in bronzo.
Questa è opera dello scultore vigevanese Berengario Ubezio (1863-1945) e rappresenta la Vittoria che trasporta un soldato morente.
Fu inaugurato solennemente il 21 ottobre 1923 in quello che era denominato “il gerbido dei frati” e che da allora, opportunamente sistemato, è divenuto “Piazza 4 novembre 1918”, “a ricordo della gloriosa data della nostra Vittoria”.
Di questo Comune occorre ricordare un elemento naturalistico assai importante: i dossi.
Si tratta di un’estensione di sabbie eoliche finissime di colore giallo, modellate in piccole dune la cui vegetazione erbacea (corineforo) ed arborea (farnie) è originaria e spontanea.
Anche la fauna merita considerazione, perché costituita da specie ormai rare. Un tempo i dossi erano diffusi in tutta la Lomellina, ma col progredire della bonifica agraria, sono ormai quasi scomparsi.
Quelli di San Giorgio sono i più integri, ridotti però ad una piccola isola tra le coltivazioni, motivo per il quale il Comune ed altri enti pubblici stanno cercando di promuoverne la conservazione.
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