giovedì 5 novembre 2015

MATRIMONI TRA PARENTI

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Nell’Europa di qualche secolo fa il matrimonio familiare era consueto, ora invece questa tradizione riguarda sopratutto gli immigrati.
Fino al diciannovesimo secolo il matrimonio tra cugini era piuttosto diffuso in Europa. Molti nobili si sposavano tra di loro, si pensi alla famosa coppia formata dall’imperatore Francesco Giuseppe e la principessa Sissi, così come anche noti scienziati come Einstein o Darwin avevano come moglie la loro cugina. Il matrimonio consanguineo, tra parenti, è invece l’eccezione in questo momento, mentre in Asia è piuttosto diffuso. In India spesso uno zio sposa la propria nipote, mentre in Turchia, Iran o gli altri paesi arabi è piuttosto diffuso il matrimonio tra cugini. Simili legami però hanno un problema, ovvero aumentano i rischi di malattie genetiche dei figli di queste coppie.

La consanguineità  é tra gli impedimenti alla valida celebrazione del matrimonio (cf can. 1091), e consiste nel vincolo dovuto al legame di sangue: le persone generate l’una dall’altra sono consanguinei in linea retta, mentre quelle che hanno un capostipite in comune sono consanguinei in linea obliqua o collaterale. A secondo della linea e del grado di consanguineità é possibile chiedere ed eventualmente ottenere dall’Ordinario Diocesano la necessaria “dispensa”.
Prima di entrare nel merito della domanda, é tuttavia opportuno chiarire anzitutto il metodo di computo della consanguineità che avviene per “linee” e per “gradi”:
a) “linee”, ovvero la serie continua delle persone che traggono origine dal medesimo capostipite, che é “retta” quando le persone discendono le une dalle altre (padre, figlio, nipote) e  “collaterale” o “obliqua” quando, pur avendo lo stesso capostipite, non discendono le une dalle altre (fratello e sorella, cugini ...,
b) “gradi”, ovvero la distanza di parentela esistente tra le persone consanguinee e il capostipite, che é la persona dalla quale discendono immediatamente o mediatamente.

Il grado di consanguineità, poi, si computa nel seguente modo:
a) nella linea “retta” tanti sono i gradi quanto sono le generazioni, escluso il capostipite (es. tra padre e figlio: 1° grado, tra nonno e nipote: 2° grado, tra nonno e pronipote: 3° grado);
b) nella linea “collaterale”, tanti sono i gradi quante sono le persone coinvolte in tutte e due le linee insieme, escluso il capostipite (es. fratello e sorella: 2° grado, tra zio e nipote: 3° grado, tra cugini primi: 4° grado, tra cugini secondi: 6° grado).

Quanto alla possibilità di contrarre matrimonio tra persone consanguinee, possiamo distinguere i seguenti casi:

a) La consanguineità in linea retta rende nullo il matrimonio
b) La consanguineità in linea collaterale nel 2° grado (fratello-sorella) rende nullo il matrimonio.
c) La consanguineità in linea collaterale nel 3° grado (zio-nipote) e 4° (cugini primi) é impedimento che rende nullo il matrimonio, ma da tale impedimento può dispensare l’Ordinario del luogo.
d) La consanguineità oltre il 4° grado in linea collaterale non costituisce impedimento alla valida celebrazione del matrimonio.
La consulenza genetica in questi casi non potrà escludere la presenza di mutazioni silenti, ma con lo studio dell’albero genealogico e con l’esecuzione di tests accurati, ridurrà al minimo possibile tale rischio.

Il matrimonio tra consanguinei, che si stima verificarsi in circa 1 unione su 100, è una delle indicazioni principali della consulenza genetica.
Infatti ciascun individuo ha nel proprio genoma alcune dozzine di mutazioni, di cui si è portatori sani senza che questa condizione sia evidenziabile (mutazioni recessive).

Facendo parte della stessa famiglia aumentano le probabilità che i due partner siano portatori di mutazioni comuni e che un figlio possa ereditare quella certa mutazione da entrambi i genitori, diventando così omozigote per la patologia recessiva a cui si riferisce la mutazione, e tale probabilità aumenta con l’aumentare il grado di consanguineità tra i due genitori che hanno ereditato questo assetto genetico da un avo in comune.



Questo è il motivo per il quale il rischio di malformazioni e di ritardo mentale è di due volte superiore nei matrimoni tra consanguinei, rispetto al rischio della popolazione generale. e non è nemmeno possibile escludere che queste omozigosi possano spesso causare aborti precoci, quando si tratti di alleli la cui presenza in doppia copia risulti letale per l’embrione.

I genetisti smontano una delle credenze più antiche e diffuse: quella che i figli nati da matrimoni fra primi cugini abbiano un alto rischio di andare incontro a malattie genetiche. Da sempre, nella maggior parte delle civiltà e delle culture, la consanguineità è vista come sinonimo di maledizione e di tara. In effetti la probabilità di trasmettere malattie genetiche, presenti in un certo gruppo familiare, è maggiore quando ci si sposa fra parenti, soprattutto se di primo grado. Ma, secondo un nuovo studio americano pubblicato sul Journal of Genetic Counseling, non c’ è una valida ragione biologica per scoraggiare il matrimonio fra primi cugini o il loro desiderio di avere figli. I ricercatori hanno analizzato di nuovo le sei ricerche più importanti condotte, fra il 1965 e il 2000, su alcune migliaia di bambini nati da matrimoni fra primi cugini e hanno dimostrato che è vero che il rischio quasi raddoppia, ma rimane entro limiti accettabili: l’ importante è che i genitori lo sappiano, per poter scegliere liberamente. Nella popolazione generale, il rischio che un bambino nasca con difetti come la spina bifida, una malformazione dell’ ultima parte del midollo spinale, o la fibrosi cistica oppure un ritardo mentale è del 3-4 per cento; fra consanguinei questo rischio può arrivare fino al 7 per cento. Secondo l’ autore dello studio, il genetista dell’ Università di Washington Arno Motulski, il rischio è accettabile e comunque va lasciata ai genitori la possibilità di scegliere. I risultati della ricerca sono particolarmente interessanti per la realtà americana, dove, in almeno 24 Stati, molti del Sud, la legge proibisce il matrimonio fra consanguinei e in altri sette ci sono limitazioni quali, per esempio, la richiesta di un consulto genetico prima dell’ autorizzazione al matrimonio. «Un rischio quasi doppio non è cosa da poco - commenta Paolo Vezzoni, genetista del Cnr di Milano - ma probabilmente non giustifica, da un punto di vista biologico, un divieto di legge. Gli americani ne fanno una questione di libertà e di libera scelta per i genitori. Il rischio comunque rimane. Se in un determinato gruppo familiare circola un certo difetto ereditario, aumenta la probabilità che si sposino due persone portatrici del difetto e che il figlio erediti i geni difettosi da entrambi i genitori, ammalandosi». In tutti i Paesi europei, Italia compresa, il matrimonio fra primi cugini è permesso dalla legge civile. «Per il diritto canonico invece - precisa l’ avvocato milanese Cesare Rimini, esperto di diritto di famiglia - esiste un divieto che produce nullità, ma che è dispensabile dal vescovo. In altre parole, i primi cugini che vogliono sposarsi devono ottenere la dispensa perché il matrimonio sia valido». L’ Italia, fino a una ventina di anni fa, era citata nei libri di testo come uno dei Paesi occidentali dove i matrimoni fra consanguinei erano più frequenti. «I motivi - spiega Vezzoni - sono da ricercare nelle condizioni sociali di isolamento di alcune aree geografiche soprattutto al Sud, nelle isole o nelle valli, anche del Nord Italia. Oggi noi genetisti, che riusciamo a studiare meglio la trasmissione di alcuni geni di malattia fra i consanguinei, facciamo fatica a trovarli. Siamo costretti a ricercare queste famiglie nella popolazione di origine turca, dove è ancora radicata questa abitudine. La situazione in Italia è molto cambiata: il numero di matrimoni fra consanguinei si è ridotto perché la gente si muove di più e le condizioni di isolamento geografico sono ormai molto limitate». In altre parti del mondo, come in alcuni Paesi del Medio Oriente, dell’ Africa o dell’ Asia, invece, sposarsi fra cugini è quasi un’ abitudine e dai due ai sei matrimoni su dieci sono di questo tipo.





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