Il comune è il simbolo del Rinascimento lombardo, centro ideale per chi ama la natura e l'arte, da scoprire e visitare. La città di Leonardo Da Vinci ma anche la patria del tacco a spillo che fu inventato proprio in questa cittadina a due passi da Milano.
La possibilità, inoltre, di immergersi nei tesori naturali e nella ricca biodiversità del territorio del Parco naturale del Ticino. La città si trova, infatti, nel territorio del più antico Parco Regionale d'Italia, vero “tempio” della flora e della fauna locali, meta ricercata da chi desidera stare a contatto con la natura.
Il Parco è visitato ogni anno da più di 800 mila persone, attirate dalla facilità di accesso e, soprattutto, dalla possibilità di trascorrere qualche ora in mezzo alla natura a pochi chilometri da Milano. Per favorire e diversificare la fruizione dell’area, nel corso degli anni sono state realizzate diverse infrastrutture e una rete di percorsi riservati al transito ciclo-pedonale e più di 50 itinerari, 800 chilometri in totale, per il trekking e il mountain biking, mostre, musei e osservatori naturali.
La cattedrale di Sant'Ambrogio, consacrata il 24 aprile 1612, fu iniziata da Francesco II Sforza nel 1532, su progetto di Antonio da Lonate dopo aver demolito in gran parte quella precedente (della quale fu salvata la parte absidale) risalente alla seconda metà del Trecento, ma edificata su fondamenta ben più antiche. Sono presenti infatti documenti del 963 e del 967 che parlano della basilica di Sant'Ambrogio in Vigevano e pertanto le origini della chiesa primitiva affondano a prima dell'anno mille. Del precedente edificio si conservano alcuni frammenti degli archetti decorativi del cornicione di stile gotico-lombardo, appartenenti all'antica basilica. Francesco II morì poco dopo aver intrapreso la costruzione della cattedrale.
Venuta meno la munificenza del duca, essa poté avere compimento con le offerte dei fedeli, del Comune e dei vescovi, giungendo al tetto nel 1553 e venendo ultimata solo nel 1606 allo stato rustico, sotto la guida del vescovo Giorgio Odescalchi, per poi essere definitivamente terminata alla fine del seicento, allorché fu compiuta la grandiosa facciata barocca ideata dal grande poligrafo Juan Caramuel y Lobkowitz, che fu vescovo della città dal 1673 al 1682. Poiché gli assi del duomo e della piazza Ducale sono differenti (la piazza era infatti scenografico ingresso al castello, e non alla cattedrale), il Caramuel, fece erigere la nuova facciata in forma concava e fece eliminare l'originale rampa d'accesso al castello, completando il porticato sotto la torre del Bramante. L'espediente architettonico rendeva simmetrico il duomo rispetto alla piazza e mutava la "funzione politica" di quest'ultima: da "ingresso" del castello (potere civile) ad "anticamera nobile" del duomo (potere ecclesiastico). Il campanile sfrutta come base una torre trecentesca (probabilmente l'antica torre civica) su cui è stato realizzato un primo sopralzo nel 1450, e un secondo nel 1818 con la costruzione dell'attuale cella campanaria sormontata da merli. Nel 1716 venne completata la cupola con la copertura in rame e nel 1753 venne terminata la sacrestia capitolare.
Durante tutto l'Ottocento si susseguirono numerosi lavori di restauro tra cui la costruzione dell'altare maggiore (1828-1830), a opera di Alessandro Sanquirico, e la decorazione del grandioso e luminoso interno a tre navate a opera di Francesco Gonin, Mauro Conconi, Vitale Sala, Cesare Ferrari e del pittore vigevanese Giovan Battista Garberini.
La seconda cappella della navata sinistra, dedicata ai santi Giacomo e Cristoforo, oltre a un pregevole altare seicentesco ospita il Polittico Biffignandi', di Bernardo Ferrari, mentre nella cappella di San Carlo o del santissimo Sacramento sono conservate altre due opere recentemente restaurate del pittore vigevanese: il Trittico Gusberti e un San Tommaso di Canterbury tra le sante Elena ed Agata. Nelle altre cappelle laterali si conservano interessanti dipinti del '500 lombardo opera di Cesare Magni e Ferdinando Gatti (detto il Soiaro).
Di grande interesse è anche l'organo a canne che si trova in presbiterio, nella cantoria di destra, costruito nel 1782 dai Serassi di Bergamo e recentemente restaurato.
Il duomo di Vigevano è anche divenuto famoso per il tesoro della cattedrale, che in parte risale alle donazioni elargite al capitolo da Francesco II Sforza. Oltre a notevoli calici, pissidi e paramentali, esso conserva anche manoscritti di grande valore miniati da Giovan Giacomo Decio, un pastorale vescovile in avorio di narvalo e "La Pace", una preziosa suppellettile in argento dorato di scuola lombarda. Nella seconda sezione del museo sono conservati una serie di arazzi fiamminghi di Bruxelles (1520) e Auderaarde (seconda metà del XVII secolo) con raffigurazioni sacre e profane, e due pregevoli stendardi cinquecenteschi delle antiche confraternite di Santa Maria del Popolo e dell'Annunziata. Nel tesoro della cattedrale è conservato inoltre un prezioso paramentale ricamato con fili d'oro, utilizzato dal papa per incoronare Napoleone Bonaparte re d'Italia nel duomo di Milano nel 1805.
La chiesa di San Pietro Martire fu eretta nel 1445 con l'annesso convento dei frati domenicani come attestato dalla bolla pontificia conservata presso l'archivio storico di Vigevano, venne consacrata nel 1480. In puro stile gotico lombardo con campanile a base ottagonale, si presenta a croce latina imperfetta con pilastri polistili, terminante con coro poligonale alto con sottostante cripta il cui accesso è dato da due ingressi ai lati del presbiterio rialzato. Nella cripta è conservato il corpo del beato Matteo Carreri, patrono di Vigevano, che visse e morì (1470) nell'attiguo convento.
Nel 1645, durante l'assedio francese alla Rocca Nuova, il campanile viene demolito a metà, in senso verticale, per essere poi ricomposto pochi anni dopo. La facciata, divisa in tre parti corrispondenti alle navate e sormontata nella parte centrale da tre pinnacoli, ha un portale gotico ad anelli racchiuso da una cornice in cotto con un bassorilievo collocato nel 1969. Sul fianco sinistro una scalinata porta all'ingresso secondario posto in testa al transetto, mentre in corrispondenza della navata si trova la traccia di un portale, oggi murato, simile a quello di facciata che, secondo la tradizione locale, era riservato alla corte sforzesca. Fino alla fine dell'Ottocento lungo il lato sinistro si trovava un terrapieno che collegava il livello della piazza antistante con l'ingresso laterale.
Nel 1840 un intervento di costruzione delle false volte, in stile neogotico, ha determinato la modifica dell'aspetto interno. Le volte, realizzate staccate dall'originale tetto a capriate a vista, hanno di fatto nascosto gli affreschi del 1447-50 posti nella parte alta dell'arcone del transetto. Tali affreschi, situati oggi nell'intercapedine tra le volte e il tetto, raffigurano al centro il busto di san Domenico di Guzman, a sinistra un paesaggio con un castello e una chiesa e a destra vari militari con lance e bandiere tra cui un cartiglio con la scritta “britanii”; gli affreschi rappresenterebbero un ex voto fatto dai vigevanesi per la minaccia di scorreria di mercenari allo sbando dopo la dissoluzione del ducato visconteo il cui passaggio venne impedito dalla piena eccezionale del Ticino.
La Chiesa di San Francesco fu edificata fuori dalle mura cittadine nel 1379, un anno dopo la costruzione del convento dei Frati Minori. Era più piccola, orientata diversamente e occupava lo spazio dell'attuale transetto. Ampliata nel 1447, subì una radicale trasformazione con la totale ricostruzione e il cambio di asse tra il 1465 e il 1470. Nel 1475 viene terminato il campanile la cui costruzione era iniziata nel 1448. Nel 1836 furono rifatte le cappelle. Nel 1847, per ampliare la via S. Francesco, venne demolita la cappella dell'Immacolata Concezione, edificata nel 1494 su disegno di Donato Bramante. Tra il 1847 e il 1856 subì un "restauro" che trasformò l'interno in stile neogotico, con la realizzazione delle volte in sostituzione delle capriate a vista e il rialzo del tetto, conseguente al sopralzo di un metro del pavimento che fu portato a livello strada. Tra il 1891 e il 1903, ad opera dell'architetto Moretti, fu ripristinato il disegno gotico lombardo della facciata con il rialzo di alcuni metri, per allinearsi al tetto sopralzato con gli interventi ottocenteschi; inoltre vennero eliminati i piccoli ingressi ai lati del portale di facciata realizzati nel corso del Settecento, allungate le due finestre gotiche e completata la cornice del finestrone tondo rifatto più grande di quello quattrocentesco. A completamento della facciata furono rifatti i pinnacoli. Nel 1931 anche i lati vengono restaurati, riportando all'antica forma la facciata del transetto. Sulla via S. Francesco, dopo il portale del lato destro, si trova un ossario di fattura barocca chiamato "chiesetta dei morti".
La Chiesa di San Giorgio in Strata è situata in via Cairoli, oggi stretta tra le case adiacenti, di origine antica (citata in un documento del 1090), l’edificio fu ricostruito per volere della famiglia Colli nella metà del XV secolo; attualmente si presenta con facciata romanica a capanna di linee molto semplici. l’interno, a pianta rettangolare e navata unica, termina con l’abside semicircolare, coperto da una volta a catino.
Sulla parete destra è conservato un affresco quattrocentesco, raffigurante S. Giorgio che uccide il drago.
L’aspetto attuale è frutto di un delicato lavoro di restauro avvenuto nel corso del ‘900.
Piazza Ducale è una vasta piazza in stile rinascimentale. La sua costruzione iniziò nel 1492 per volere di Ludovico il Moro come anticamera del castello ormai trasformato in palazzo ducale, e fu ultimata nel 1494.
Lunga 134 metri e larga 48, è edificata su tre lati (il quarto è occupato dalla Chiesa Cattedrale di Sant'Ambrogio) con edifici omogenei con facciata e portici uniformi a contorno di un forum che ricalca il modello romano descritto da Vitruvio.
In origine la zona era caratterizzata da una larga strada contornata dagli edifici in gran parte porticati, tra cui quello del Comune, frutto dell’espansione trecentesca sviluppatasi a nord del promontorio fortificato dell’antico borgo scomparso con le trasformazioni viscontee e sforzesche che hanno portato alla realizzazione dell'attuale "castello". Al borgo e al primitivo castello annesso, situati in posizione sopraelevata, si accedeva per mezzo di una rampa o forse di una scalinata posta in corrispondenza dell'attuale torre che funge da ingresso al castello.
La nuova piazza venne realizzata sotto la direzione dell'ingegnere ducale Ambrogio da Corte con la demolizione delle case situate verso la scarpata su cui sorge il castello e il riuso degli edifici a nord e ad ovest, allineandoli con il rifacimento delle facciate. La realizzazione sforzesca aveva il lato sud interrotto, in corrispondenza con la torre, da un’ampia rampa di collegamento tra la piazza e il castello; il lato ovest si prolungava fino alla scarpata del castello (alcune arcate con le colonne originali si trovano inserite nel caffè Commercio) ed era diviso in due parti unite da un arco trionfale posto all’imbocco della via del Popolo, mentre sul lato nord, in corrispondenza dell'aggancio con quello ovest, proprio di fronte alla rampa, si apriva un arco trionfale a tre fornici corrispondente all'imbocco di via Giorgio Silva. Le facciate si presentavano totalmente decorate con affreschi.
La forma attuale è frutto dell’intervento del 1680, realizzato dal vescovo Juan Caramuel y Lobkowitz, in cui viene demolita la rampa e costruito uno scalone inserito nel completamento del tratto mancante del lato sud, parte del lato ovest (verso il castello) viene inglobato nel corpo sud. L’assetto della piazza viene definitivamente modificato dal Caramuel con la costruzione della nuova facciata della cattedrale: una facciata concava, addossata alla chiesa come una quinta teatrale, che abbraccia e accoglie il recinto della piazza ribaltando il rapporto sforzesco piazza-castello trasformandolo in piazza-chiesa.
In epoca sconosciuta, forse nella metà del XVIII secolo, si sostituiscono gli archi trionfali, completando il ritmo delle arcate, con nuove colonne di materiale e fattura diversa da quelle quattrocentesche. Nella prima metà del Settecento gli occupanti austriaci collocano una statua di San Giovanni Nepomuceno, che ancora oggi caratterizza il lato occidentale della piazza.
La pavimentazione con ciottoli e lastre di serizzo risale alla metà dell’Ottocento, quando viene sostituita anche la pavimentazione dei portici, originariamente in mattoni a spina di pesce, con quella attuale. Nel 1911, a opera dell'architetto Moretti, viene realizzato il disegno con ciottoli bianchi e inseriti i lampioni. Tra il 1905 e il 1910 viene realizzato un ampio restauro che riporta alla luce i lacerti degli affreschi sforzeschi, nascosti dalle pitture settecentesche, a opera del pittore vigevanese Casimiro Ottone, che integra i lacerti con una nuova decorazione pittorica in stile rinascimentale; durante i lavori si rifanno i tetti con la realizzazione degli eclettici camini e vengono installati i lampioni attuali. In occasione del 500° della sua costruzione, tra il 1992 e il 1996, viene eseguita la ripittura della decorazione di inizio secolo e il restauro di ciò che resta degli affreschi sforzeschi originari.
Attualmente la piazza è meta di incontro e ritrovo, certamente la preferita dei vigevanesi, e il principale punto di riferimento per i turisti. Accoglie negozi di vario tipo e anche la fermata del trenino turistico della città.
Palazzo Sanseverino, situato ad ovest del centro storico, in fondo al corso della Repubblica che si diparte dall'ingresso neo gotico del castello. Il complesso si presenta fortemente alterato nelle facciate esterne, tanto che non se ne riconoscono le origini rinascimentali e si fatica a coglierne l'aspetto monumentale conservato invece nel cortile interno caratterizzato sul lato nord da un ampio porticato ed un loggiato aereo sorretto da mensole in granito sugli altri lati. In origine gli accessi erano due, uno verso la campagna ad ovest e un altro verso la città ad est, mentre l'attuale ingresso era occupato da uno scalone; un ulteriore passaggio posto sul lato nord conduceva al giardino dove si trovava una scuderia. Costruito nel 1492 sotto la direzione di Sebastiano Altavilla di Alba come abitazione di Galeazzo Sanseverino comandante la guarnigione sforzesca e sposo di una figlia naturale di Ludovico il Moro, nel 1496 viene trasformato dal Moro in fortezza, con la costruzione di una cinta muraria con quattro torri tonde ed un fossato a circuito del palazzo e del suo giardino, che viene quindi chiamata "Rocca Nuova" in contrapposizione alla rocca edificata da Luchino Visconti, situata ad est dell'abitato che viene così denominata "Rocca Vecchia".
All'inizio del Cinquecento, sotto il marchesato di Giangiacomo Trivulzio, si rinforzano gli accessi con la costruzione dei rivellini. Nel 1535, poco prima della sua morte, il Duca Francesco II Sforza fa costruire il porticato con il piano sovrastante e decorare i prospetti sulla corte. Nel 1543, per volontà di Alfonso D'Avalos viene realizzato un terrapieno di difesa esterna che comporta la demolizione di 42 case, soprattutto verso il castello. Nel 1646, dopo la conquista francese dell'anno prima, la rocca viene presa dagli spagnoli che ne demoliscono le strutture difensive. Si salva dalla distruzione il palazzo e parte della muratura edificata da Ludovico il Moro sul lato ovest, di tale muratura ne rimane un ampio tratto con l'originale accesso verso la campagna. Nel 1655 Giovanna Eustachia della Santa Croce riceve in dono dal Re di Spagna il palazzo e le macerie delle fortificazione, che vengono vendute, quindi trasforma l'edificio in un monastero dedicato a S. Chiara con la costruzione di una chiesa addossata al lato sud e consacrata nel 1680, sul sito dell'attuale strada. Nel 1805 il monastero viene soppresso quindi il palazzo viene lottizzato e acquistato da privati che lo trasformano in abitazioni, demoliscono la chiesa e realizzano a loro spese l'attuale strada. Con la costruzione della strada odierna gli ingressi originali vengono chiusi e si realizza quello attuale con la ricostruzione della parte su cui addossava la chiesa e il rimaneggiamento della facciata della parte sud-ovest che viene occupata dall'albergo "della Corona". Verso la fine dell'Ottocento vengono costruiti i due edifici situati tra il palazzo e la superstite muratura della rocca, edifici che fino a pochi decenni fa, insieme a parte del palazzo, hanno ospitato l'albergo "dei Tre Re". Nel 1937 viene ristrutturata la parte sud-est del corpo su strada con il rifacimento della facciata nella forma attuale.
Parte delle mura superstiti della rocca voluta dal Moro vengono ulteriormente demolite con la costruzione di un edificio negli anni sessanta.
Palazzo Crespi è la sede della Civica Biblioteca.
Eretto nel 1893 da Giuseppe Crespi, fondatore dell'omonimo cotonificio, fu acquistato dai signori Gagliardone e poi dai Biffignandi; successivamente venne ceduto al PNF come Casa del Fascio. Nel dopoguerra passò al Comune che, dal 1966, vi ospita la Biblioteca, intitolata nel 1983 allo scrittore vigevanese Lucio Mastronardi. I Musei Civici, che comprendono la Pinacoteca Civica e il Museo della Calzatura, prima situati presso questo Palazzo, sono stati trasferiti dal 2009 presso il Castello Sforzesco.
Le facciate mostrano paraste e tamponamenti a bugnato liscio al primo piano, mentre i piani superiori restano decorati con le sole paraste; le finestre sono incorniciate con timpano a motivi geometrici e si alternano a balconate in pietra con pilastrini al primo piano e in ferro battuto decorato al secondo piano. All'interno lo scalone d'onore si articola in quattro rampe ad andamento ottagonale con gradini in marmo. Alcune delle sale conservano affreschi ai soffitti con temi decorativi e figurativi in stile liberty. Adiacente al palazzo, un giardino cintato conserva antichi alberi ad alto fusto.
Il Castello Sforzesco di Vigevano è un complesso di edifici, inseriti in un perimetro comune, che occupano un’area di più di due ettari sul terrazzo naturale della valle del Ticino, nel punto più alto della città, dove la conformazione orografica del luogo, di altura modesta ma egualmente dominante nella pianura lombarda, ne ha favorito la fondazione. Visibile esternamente solo in alcune parti, totalmente separato dalla città e occultato alla vista dalle case che vi si addossano, appare nel suo insieme grandioso e molto suggestivo solo salendo lo scalone, posto sotto il porticato sud della piazza, e passando oltre l’arco d'ingresso principale della torre visibile dalla piazza, oppure entrando dal portone d'ingresso carraio di corso della Repubblica.
Il complesso è costituito da:
la torre d'ingresso detta del Bramante,
Tre grandi scuderie, di cui quella vicina alla torre detta "di Ludovico",
Un atrio d'ingresso neogotico,
Un corpo con loggiato detto falconiera,
Un ponte con loggia aerea,
L'edificio principale detto maschio,
Due corpi ottocenteschi posti tra il maschio e la torre,
Il grande edificio della strada sopraelevata coperta,
La rocca vecchia posta ad est che racchiude una grandiosa cavallerizza;
edifici tutti legati tra di loro in modo tale da apparire come una struttura unica con molte articolazioni.
La storia del castello collima per alcuni secoli con quella del borgo di Vigevano, chiamato anticamente "Vicogebuin". Fino alla metà del Quattrocento infatti l’area del promontorio, racchiusa dagli edifici che compongono l’attuale castello, era il sito dove sorgevano le case dell’antico borgo con il primo palazzo comunale e le primitive chiese. Il borgo circondato in origine da un rudimentale impianto di difesa in terra e legno, sostituito poi da una muraglia, aveva sul lato est un castello o recetto di forma quadrata, costituito inizialmente da una struttura in legno, sostituita prima del X secolo da muri in mattoni e separato dall’abitato da un fossato. Tale struttura, corrispondente all’attuale maschio, all’inizio svolse le funzioni di ricovero di foraggi e animali e di estrema difesa in caso di pericolo, ma con il passare del tempo e con i continui aggiustamenti e trasformazioni divenne, tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo, sede e dimora signorile dei Visconti, i quali cominciarono a prendere possesso anche delle case dell'antico borgo, iniziandone la demolizione. Svuotamento e demolizione proseguiti e conclusi poi dagli Sforza nella seconda metà del XV secolo, quando il maschio, ulteriormente ampliato e abbellito, diventa un palazzo ducale circondato da scuderie ed edifici di servizio.
Luchino Visconti, podestà di Vigevano nel 1319 e nel 1337, inserisce il villaggio nel suo piano di dominio territoriale, decidendo di farne una roccaforte difensiva inserita nello scacchiere territoriale dei castelli posti lungo l’Adda e il Ticino a difesa del ducato di Milano. In quest’ottica, nel 1341, realizza una rocca di difesa (in origine detta inferiore, prende l'attuale nome di rocca vecchia in contrapposizione alla rocca nuova edificata alla fine del XV sec.), posta ad una certa distanza dal castello, sul limite est del borgo che si stava ormai allargando fuori dal perimetro originale. Nel contempo inizia l’opera di trasformazione del vecchio castello in nuovo fortilizio sede e dimora ducale, edificio che nella nuova conformazione si presenta con pianta quadrangolare formata da muri merlati con tre corpi di fabbrica, torri agli angoli e una torre d'ingresso al centro della cortina anteriore. I lavori di ampliamento ed abbellimento del maschio proseguono poi per tutto il dominio visconteo. Nel 1347 i due fortilizi vengono uniti dalla cosiddetta "strada coperta", un grande edificio fortificato lungo 164 metri e largo 7,50 che, stagliandosi nel panorama cittadino, permetteva un rapido collegamento tra il castello e le campagne circostanti.
Nel 1447, alla fine del dominio visconteo, la stessa popolazione di Vigevano, conquista la libertà comunale e distrugge la rocca esterna. Libertà che finisce già nel 1449, quando Vigevano viene cinta d’assedio da Bartolomeo Colleoni e Francesco I Sforza, marito di Bianca Maria figlia di Filippo Maria Visconti, e nuovo signore di Milano. Dopo la conquista lo Sforza ripara i danni dell'assedio e raddoppia la parte centrale del maschio verso l'esterno inglobando i resti della torre di sud-est distrutta proprio durante l'assedio.
Galeazzo Maria Sforza nel 1466, appena succeduto al padre Francesco, ordina nuovi interventi che trasformano definitivamente il maschio in palazzo ducale e, prendendo atto della cessata funzione difensiva delle mura dell'antico borgo, concede la costruzione di case nel fossato esterno, di altezza non superiore al muro. Nel 1472 il nuovo Duca interviene su due antichi edifici, posti lungo la muratura sud dell'antico borgo e utilizzati a stalla, sopralzandoli e modificandone il piano terra con l'inserimento di un doppio colonnato con volte a crociera e nuove finestre. Nel 1475 realizza il ponte con loggiato, posto a sud del maschio, mentre poco prima della morte dà l'inizio alla costruzione dell'edificio della falconiera , completato poi da Ludovico il Moro, reggente il ducato a nome del nipote Gian Galeazzo Maria Sforza.
Con Ludovico il Moro, nato proprio a Vigevano, il progetto sforzesco si attua in interventi di proporzioni e qualità rilevanti, completando il processo di trasformazione del castello in residenza dinastica. Il cortile, occupato in origine dall'antico borgo, viene svuotato dalle residue costruzioni, si costruiscono la terza scuderia, detta per questo di Ludovico, e l’edificio delle cucine, realizzato con la demolizione dell’antica chiesa di S. Ambrogio e collegato al maschio da un edificio a ponte, chiudendo così il circuito di edifici a contorno dell’ampio cortile. Il maschio viene ampliato sul lato est con la realizzazione di un giardino pensile racchiuso da due edifici porticati progettati dal Bramante e aperto verso est. Del complesso bramantesco rimane oggi, dopo il crollo del loggiato addossato alla strada coperta e lo svuotamento del giardino con l’abbassamento al livello attuale, solo l'edificio sud chiamato “loggia delle dame”. Ad opera del Bramante si deve anche parte della decorazione pittorica che abbelliva il complesso di edifici prospiciente il cortile, di cui oggi rimangono tracce sulle pareti della scuderia di Ludovico, e il sopralzo dell'antica torre comunale, che verso il 1476 era già stata rialzata con nuovi merli e beccatelli per ospitare le campane della demolita chiesa di S. Maria, realizzato in tre parti di cui la seconda con una cella campanaria e la terza con un corpo ottagonale coperto da una guglia. I fasti del dominio sforzesco terminano con Francesco II Sforza il quale completa le decorazioni pittoriche del palazzo ducale.
Dalla prima metà dell'Ottocento si compiono le modifiche più consistenti. Prima del 1824 avviene l’interramento del lato ovest del fossato e la demolizione della cortina muraria del maschio con il rivellino, mentre nel 1824 viene chiusa e soppressa la porta che apriva verso la chiesa di S. Pietro Martire. Nel 1855, a seguito di un crollo di parte del corpo centrale del maschio e dell’antico scalone posto a ridosso della manica sinistra (che non fu più ricostruito), viene riedificata, ad opera dell'ing. Inverardi, la parte crollata con la modifica della parte verso la corte che ha comportato il rifacimento della facciata in stile Tudor, lo spostamento dell'accesso ai piani cantinati da destra a sinistra e la realizzazione di un nuovo scalone posto all'interno; lo stesso ingegnere progetta in stile neo-gotico l'ingresso da corso della Repubblica con un atrio che ingloba una campata della scuderia est. Nella seconda metà del secolo si completa l'interramento del fossato e si attua lo sterramento del giardino pensile, oggi chiamato cortile della duchessa con la ricostruzione del corpo a ridosso della strada coperta, ricostruzione che ha determinato la scomparsa della cappella ducale di epoca sforzesca e il trasferimento di nove affreschi (di cui otto attribuiti a Bernardo Ferrari) nel Municipio.
Altri interventi vengono compiuti per adattare il complesso alle nuove funzioni militari dotandolo di nuove strutture. Nel 1836 nella parte sud della rocca vecchia viene realizzato un grande edificio ad uso maneggio coperto oggi chiamato “cavallerizza”, una seconda cavallerizza (demolita a seguito di un crollo verificatosi nel 1979) di dimensioni minori venne costruita nella parte nord della rocca alla fine dell’Ottocento. Nel corso della seconda metà del secolo i locali del “prestino” (antico forno comunale situato ad est della torre e acquistato dall'amministrazione militare nel 1837) e quelli delle cucine ducali vengono ristrutturati, sopralzati di un piano e adibiti a circolo ufficiali; vengono interrate le parti rimaste del fossato; totalmente trasformato in portico terrazzato il ponte verso le ex cucine, mentre quello verso la falconiera viene rimaneggiato con la realizzazione di tre arconi al posto della muratura; svuotato fino alla quota attuale il giardino pensile, già parzialmente sterrato all'inizio del secolo; ricostruito il corpo addossato alla strada coperta e rimaneggiati gli interni delle scuderie.
Nel 1980, dopo un decennio di abbandono a seguito del cessato uso da parte dei militari, iniziano i lavori di restauro e recupero del grande complesso di edifici chiamato castello.
L'origine della Torre del Bramante, situata nel punto più alto della città, presso il castello, risale al 1198 e fu terminata dal Bramante alla fine del XV secolo, mentre nel XVII secolo venne aggiunto il cupolino barocco "a cipolla" in sostituzione dell'originaria guglia conica. La Torre ha una forma originale che, nell'800, fu il modello per la torre del Filarete nel Castello Sforzesco di Milano; è costituita da sezioni che si restringono avvicinandosi alla cima. DaI terrazzi è possibile ammirare un'ottima visuale della Piazza Ducale, del Castello e di tutta la città.
La cella campanaria, inaccessibile al pubblico, ospita "il campanone", una grande campana seicentesca "fessa" per necessità. Infatti nell'Ottocento non esistevano i moderni sistemi elettronici per controllare le campane, e l'orologio della Torre, all'epoca meccanico, batteva ogni mezz'ora anche di notte. Pare che il suono del "campanone" fosse così forte, che gli abitanti delle case addossate al Castello e alla Piazza fossero praticamente impossibilitati a prendere sonno. Così presentarono in Comune una petizione in cui si chiedeva di "zittire" il bronzeo disturbatore! Alla fine si raggiunse un compromesso: dalla campana, con precisione quasi chirurgica, venne asportato uno spicchio in modo da renderla fessa ed attutire il suono. Ed è così che ancora oggi la si può ascoltare battere i rintocchi ogni quarto d'ora.
Alta ben 75 metri dal livello della piazza, la Torre del Bramante è l'attuale Torre Civica della città di Vigevano, di cui da sempre è il simbolo.
All'interno del Castello Sforzesco sono presenti il Museo internazionale della calzatura e la Pinacoteca Civica. Il Museo dell'Imprenditoria vigevanese è invece ubicato presso le sale dell'ex orfanatrofio Merula, in via Merula 40. L’intero nucleo dei Musei Civici è stato dedicato a Luigi Barni (1º ottobre 1877 – 28 maggio 1952), uomo di grande lungimiranza e passione che contribuì significativamente alla nascita e alla crescita delle collezioni d’Arte esposte.
La stagione della grande pittura italiana ed europea del XIX secolo costituisce il cuore pulsante della Pinacoteca Civica. Una stagione che a Vigevano si apre con la figura di Giovanni Battista Garberini, (1819-1896) maestro riconosciuto della pittura vigevanese moderna ed autore di una imponente galleria di ritratti di esponenti della borghesia cittadina. L’impetuoso sviluppo industriale di Vigevano seguito all’unità nazionale porta alla ribalta una nuova classe imprenditoriale che manifesta uno spiccato gusto per l’arte pittorica: appartengono a quell’epoca gli acquisiti della “Marina” di Pompeo Mariani e della monumentale composizione storica “La morte di Carlo Emanuele II” di Francesco Valaperta. Gli anni settanta dell’Ottocento segnano un rinnovamento formale per la pittura lombarda e quindi, di riflesso, per la pittura vigevanese. Gli esponenti di punta della nuova stagione sono Ambrogio Raffele (1845-1928) e Casimiro Ottone (1856-1942) che suscitarono l’interesse e la menzione di Federico Zeri in occasione di una mostra organizzata nel 1997. Se Raffele si dedica quasi esclusivamente al paesaggio privilegiando le vedute di località alpestri (specialmente della Valle d’Aosta), Ottone si rivolge alla figura come dimostra la folta sequenza di intensi volti femminili che richiamano stilemi tardo scapigliati. La generazione di pittori a cavallo dei due secoli è bene rappresentata da Luigi Bocca (1872-1930), Luigi Barni (1877-1952) e dai fratelli Cesare e Ferdinando Villa. Luigi Bocca è il personaggio di maggior spessore, come testimonia la sua produzione incentrata sul ritratto e sulla composizione con figure umane bene esemplificata nel delicato “Per tua dote”. La stagione del Novecento pittorico ha invece in Mario Ornati (1887-1955) e Carlo Zanoletti (1898-1981) i protagonisti principali. In particolare Zanoletti si distingue per la sua particolare lettura dei paesaggi del fiume Ticino e dei suoi frequentatori (barcaioli, ma anche gente comune). Tra i rappresentanti della scultura di Otto e Novecento a Vigevano, che trovano spazio nel percorso di visita, in un dialogo perfetto tra pittura e scultura, troviamo Pasquale Miglioretti, Alfredo Berengario Ubezio, Giovan Battista Ricci e Cesare Villa.
Il primato di Vigevano quale capitale della calzatura, è un primato che arrivava da lontano per poi emergere in modo significativo a livello industriale nel corso del ‘900, quando a Vigevano si era arrivati a produrre addirittura 20 milioni di paia di scarpe l’anno.
Nel 1866 due fratelli, Luigi e Pietro Bocca, diedero vita al primo calzaturificio modernamente inteso per divisione e specializzazione delle fasi lavorative. Nel 1929 Vigevano fu la prima città italiana ad avviare la produzione di calzature in gomma.
Questa tradizione si trova oggi documentata nel Museo Internazionale della Calzatura, la prima ed unica istituzione pubblica in Italia dedicata alla storia e all’evoluzione della scarpa intesa come indumento e come oggetto di design e moda.
Il Museo della Calzatura, inaugurato nel 1972 per volontà dello storico locale Luigi Barni e dell’imprenditore Pietro Bertolini, cui é dedicato, dopo un’iniziale collocazione presso Palazzo Crespi, a partire dal 2003 si trova all’interno del Castello, al piano primo della seconda scuderia.
Il museo dell’Imprenditoria Vigevanese presenta all’interno delle sue sale, un percorso storico attraverso i due secoli ('800/'900) in cui si è sviluppato il processo di industrializzazione della città e del territorio, con uno sguardo sul futuro, ipotecato dall’utilizzo delle nuove tecnologie.
Da segnalare anche il teatro Cagnoni inaugurato nel 1873, sede ogni anno di una stagione teatrale ricca di eventi e manifestazione.
Tra le svariate proposte di piatti e delizie gastronomiche che impreziosiscono Vigevano e la Lomellina, spiccano insaccati, formaggi e i piatti a base di riso, questi ultimi presenti in tutti i tipi di portate, dagli antipasti ai dolci.
Si dice che il Dolceriso sia stato sfornato per la prima volta nelle cucine del Castello Sforzesco di Vigevano. Era la primavera del 1491, Beatrice d'Este, la raffinata, giovane moglie di Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, voleva un dolce speciale da offrire al "signor suo consorte" e agli ospiti che qui trascorrevano "tutto il die et persino a mezza nocte passata in zoghi e feste". E il dolce è vera espressione rinascimentale. Legato al territorio, perché ripieno di quel riso la cui coltivazione si andava affermando nelle terre del Vigevanasco, e ricercato, perché profumato dall'acqua di rose e ricco di cedri canditi dei confettieri genovesi. Lo stampo inciso con l'impresa araldica dello "scovino", caro al Moro, ne impreziosisce la forma.
Le maggiori realtà calcistiche cittadine sono il Vigevano Calcio e la Pro Vigevano Suardese (militante nel girone A dell'Eccellenza Lombardia e con un fiorente settore giovanile, con il quale partecipa ai campionati regionali con Juniores, Allievi e Giovanissimi, è inoltre un Centro Pilota FIGC e una "Scuola di Calcio Specializzata").
Le altre realtà calcistiche ducali sono:
A.C.D. Gambolò Gifra: frutto dell'unione della vigevanese GiFra Vigor e dell'A.C. Gambolo', milita nel campionato di Seconda Categoria;
G.S. Superga, militante in terza categoria;
Accademia Lomellina, società satellite della Pro Vigevano Suardese di esclusivo settore giovanile.
Vigevano è città dalla grande tradizione cestistica, arrivando con la società Pallacanestro Vigevano, sponsorizzata Mecap, alla Serie A1 nella seconda metà degli anni settanta, annoverando negli anni campioni di grande prestigio come Albanese, Malagoli, Solman, Mayes, Iellini, Polesello, Franzin, Crippa, Delle Vedove, Thomas, Urga, Zanatta, Boni, Dellavalle, Premier e molti altri. Negli anni più recenti la principale realtà cestistica cittadina è stata la Nuova Pallacanestro Vigevano, che nella stagione 2008/2009 è tornata nel basket professionistico (Lega2) dopo 25 anni, passati per la maggior parte in A dilettanti (ex-B1). Nel 2010, a causa di problemi fiscali, la squadra è stata retrocessa dalla Lega Nazionale in Prima Divisione e successivamente non si è iscritta al campionato. Da segnalare tuttavia, nell'estate del 2013, la nascita del progetto Nuova Pallacanestro Vigevano 1955, la cui prima squadra militerà nel campionato di serie C Gold. Esistono molte altre realtà minori, quali la C.A.T. (Congregatio Altae Turris), che dopo aver disputato molti campionati in serie C e D, è ora di puro settore giovanile, fornendo giovani atleti alle maggiori realtà della zona, quindi la Pro Vigevano Parona, la Junior Basket, e il Nuovo Basket Vigevano militanti nel campionato di Promozione, e altre squadre militanti in Prima Divisione e campionati U.I.S.P.
Il team sportivo lomellino che sia arrivato più in alto in qualsiasi disciplina sportiva è la Paolo Bonomi, squadra di hockey vigevanese ma giocante a Castel d'Agogna, la quale ha vinto due scudetti, nel 1972/1973 sponsorizzata dalla ditta vigevanese Co.Ge.Ca, e nella stagione1979/1980. È ritornata nel 2009 in serie A1, lega alla quale è ancora scritta alla stagione 2015/16
La tradizionale gara podistica internazionale denominata "Scarpa d'Oro" si svolge all'inizio della stagione primaverile.
È una corsa di mezzofondo, su strada, nata nel 1980 da un'idea di Lord Sebastian Coe, ex atleta, Pari d'Inghilterra e presidente della candidatura olimpica di Londra per i Giochi organizzati nel 2012.
Il percorso, di circa 8 km, si snoda tra le vie storiche della città con arrivo nella Piazza Ducale.
Dal 2006 la corsa ha ottenuto la denominazione di Half Marathon: in programma tradizionalmente l'ultima domenica di marzo e affiancata alla Family Run, corsa a passo libero per le famiglie, ha negli anni visto un incremento dei partecipanti.
Hip-Hop Zema Contest si svolge tutti gli anni al Teatro Civico Cagnoni di Vigevano
È un concorso di danza Hip-Hop riservato a gruppi di ballerini nata nel 2009 fondata e gestita da un gruppo di amici di Daniele Conversa, ballerino di Vigevano scomparso in un tragico incidente stradale. Il concorso viene gestito dall'Associazione culturale sportiva dilettantistica Art On Stage fondata dagli amici di Daniele al fine di poter ripetere l'evento nell'anno e di conservarne il ricordo. Hip-Hop zema contest riceve ogni anno numerosi gruppi di ballerini provenienti da tutta Italia che si sfidano sul lussuoso palco del Teatro Cagnoni.
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