La Valtellina è un’ampia regione alpina che corre tra Italia e Svizzera, Lombardia e Cantone dei Grigioni, per quasi 200 Km, proprio al centro delle Alpi, ideale confine tra il Nord e il Sud dell’Europa. Il territorio della provincia di Sondrio, che comprende Valtellina e Valchiavenna, le due vallate principali, si divide in cinque aree, ognuna delle quali ha caratteristiche e peculiarità proprie, pur mantenendo una cultura comune e condivisa: l’Alta Valtellina, con Bormio, Livigno e Valfurva; la Media Valtellina, con Tirano, Teglio, Aprica e Grosio; il Sondriese, con il capoluogo e la Valmalenco; la Bassa Valtellina, con Morbegno e le sue valli, la costiera dei Cech; la Valchiavenna, con Chiavenna, il lago di Novate Mezzola e la Valle Spluga. Fiumi, torrenti e laghi alpini sono una costante del paesaggio valtellinese. I due versanti, quello retico e quello orobico, sono molto diversi tra loro. Le alpi Retiche, a Nord, raggiungono quote elevate, fino ai quattromila metri del pizzo Bernina, e accolgono poche ampie vallate, tra cui la Valmasino, la Valmalenco, la Valgrosina e la svizzera Valposchiavo. Alle pendici i monti sono caratterizzati da una vasta zona di vigneti terrazzati. Sul versante Sud le prealpi Orobie contano numerose vallate laterali, un ambiente più selvaggio, fitti boschi e una quota media delle cime che non supera i tremila metri. L’area del Distretto Culturale non è estesa all’intera provincia di Sondrio bensì limitata alla Valtellina, con esclusione della Valchiavenna, e comprende 65 dei 78 comuni.
La vallata fu colonizzata, fin da epoche antichissime, da popolazioni di origini celtiche, liguri ed etrusche. In particolare Virgilio, Plinio il giovane (comasco) e Marziale narrano di come, in età pre-romana, i primi insediamenti ligustici ed etruschi avevano importato in Valtellina la vite dalle zone delle Cinque Terre e della Lunigiana.
L'antichissimo popolo dei Liguri si stanziò appunto, oltre che su una lunga costa che andava da Marsiglia a Luni, lungo la dorsale appenninica settentrionale, su entrambi i versanti delle Alpi Occidentali. Raggruppati in stirpi o tribù, in particolare i Liguri Stazielli, acquisirono - dato che conoscevano già la vite - dai Greci i primi rudimenti di vinificazione.
Potrebbero dunque essere stati dei Galli Liguri ad introdurre il vitigno "Nebbiolo" in Valtellina, quando la colonizzarono. Il loro passaggio attraverso la Val Chiavenna diede allora l'appellativo "chiavennasco" al vitigno originale. Ma questa è solo una mera ipotesi.
La Valtellina dopo aver fatto parte dell'Impero Romano finì nel 568 d.C. sotto il dominio longobardo. Numerosi gruppi arimannici si stanziarono in queste terre, fra i quali i Crotti potenti arimanni Longobardi, cioè guerrieri Longobardi a cavallo, che nell'Alto Medioevo da Bergamo si stabilirono in questo territorio, contribuendo con il proprio nome alla toponomastica di varie zone della Valtellina. In seguito fu la volta del dominio del popolo dei Franchi, per poi passare sotto i vescovi principi.
Durante il Medioevo la Valtellina seguì le sorti della restante Lombardia. Essa fu sempre soggetta dal punto di vista ecclesiastico ai vescovi di Como, mentre civilmente dopo essere stata soggetta al Comune di Como e al vescovo di Como venne incorporata verso la metà del XIV secolo nel Ducato di Milano. Gli abitanti dei vicini Grigioni, che già erano entrati più volte in Valtellina, nel 1512, approfittando delle invasioni straniere che avevano preso avvio nel 1494, la occuparono tutta pur garantendo alle popolazioni locali il rispetto degli antichi privilegi e consuetudini. Il 27 giugno 1512, con il Giuramento di Teglio, la Valtellina venne ufficialmente annessa ai Grigioni. Gli svizzeri istituirono una struttura amministrativa costituita da un capitano di valle che risiedeva a Sondrio e che veniva sostituito ogni quattro anni, mentre gli altri due terzieri venivano retti da un podestà di durata biennale. A parte erano governati il ricco contado di Chiavenna e quello di Bormio che avevano alle spalle una lunga storia di indipendenza e autogoverno.
Il dominio grigione durò dal 1512 al 1797. Anzi, fino al 1525-1526 il dominio delle Tre Leghe comprendeva anche le tre pievi del Lario superiore (Dongo, Gravedona e Sorico, con i comuni circostanti), la pieve (disabitata in buona parte dopo un'alluvione) di Olonio (grosso modo corrispondente all'attuale Pian di Spagna) e la zona tra Colico e l'abbazia di Piona. Questi territori furono riconquistati da Giovanni Giacomo de' Medici, castellano di Musso, e ceduti dalle Tre Leghe con il trattato di Ilanz, concluso nella primavera del 1526 con la mediazione di Francia, Venezia e del papa. Nello stesso periodo le Tre Leghe accolsero la riforma protestante, ed il cattolicesimo divenne minoritario (sebbene consentito) a nord delle Alpi.
Durante questo periodo la Valtellina fu teatro di gravi scontri tra cattolici e protestanti. Anche in Valtellina erano numerosi i cristiani che avevano abbracciato la confessione riformata; questi protestanti valtellinesi potevano beneficiare anche della protezione dei magistrati inviati in valle dai Grigioni, come pure dell'arrivo di libri e di pastori attraverso le vie commerciali. I Grigioni vedevano con favore un allontanamento religioso della valle dalla Spagna, allora dominatrice del Ducato di Milano e una delle potenze principali dell'Europa cattolica nel XVII secolo.
Da Poschiavo la prima stamperia grigionese, nonostante il volere contrario del papa e del re di Spagna, distribuiva opere di autori riformati che giungevano in tutta Italia; la Valtellina era peraltro notoriamente aperta a quegli italiani che erano costretti a fuggire per sospetto di eresia: ad esempio Camillo Renato che fu a Traona, a Chiavenna e in altre località della valle negli anni quaranta del XVI secolo.
A confronto con la dominazione esercitata dai Confederati elvetici su quella parte di Lombardia che oggi costituisce il Canton Ticino, il governo dei Grigioni sulla Valtellina si mostrò in alcuni momenti più rigido e assunse anche chiare tendenze anticattoliche. In effetti, mentre i Confederati, cattolici per i 9/12simi, consideravano i territori acquisiti come terre sottomesse ma autonome, i Grigioni, vivendo in territori più poveri, ambivano all'annessione vera e propria della molto più fertile Valtellina. In questa prospettiva, anche l'elemento religioso poteva assumere valenze politiche, dal momento che un'adesione massiccia della Valtellina alla riforma poteva separarla dalla sua antica rete relazionale lombarda, comasca e cattolica.
Fu per questa ragione che le Tre Leghe appoggiarono l'adesione di diversi loro sudditi valtellinesi alla riforma (che, si noti, generalmente non proveniva dal nord delle Alpi, ma soprattutto da ex-ecclesiastici cattolici italiani che trovavano rifugio nelle vallate alpine). In alcuni casi i provvedimenti, formalmente volti a garantire la pacifica convivenza tra le due confessioni, finirono con l'avere ricadute particolarmente vessatorie per la parte cattolica. Soprattutto, la maggioranza della popolazione rimasta cattolica non tollerò di dovere condividere con i riformati le chiese parrocchiali, o di cedere alle comunità protestanti alcuni edifici di culto secondari, di proprietà pubblica, cui spesso era anche annesso un beneficio ecclesiastico (ciò poteva accadere anche in comunità dove i riformati erano molto pochi: bastava che ci fossero otto membri di Chiesa perché fosse garantito loro l'uso di un luogo di culto e il mantenimento di un pastore).
Con l'andare degli anni, l'avversione dei cattolici verso i protestanti, rinfocolata dai predicatori francescani e domenicani inviati in Valtellina da san Carlo Borromeo, raggiunse livelli critici. Fu la morte, in seguito a tortura, dell'arciprete di Sondrio Nicolò Rusca a sancire definitivamente la rottura tra la comunità riformata e quella cattolica. I cattolicissimi spagnoli avevano peraltro un forte interesse a transitare liberamente per la Valtellina, potendo così mettere in diretta relazione i possedimenti italiani degli Asburgo di Spagna con quelli imperiali degli Asburgo d'Austria aggirando la sempre più potente Venezia. Il governatore spagnolo di Milano finanziò largamente un gruppo di valtellinesi, guidati da Gian Giacomo Robustelli di Grosotto che si pose a capo di una congiura che nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1620 sfociò nel cosiddetto Sacro Macello di Valtellina.
In quella sola notte tutti i protestanti di Tirano, Teglio e Sondrio vennero trucidati o bruciati vivi dalle milizie cattoliche (solamente un piccolo gruppo di 70 persone di Sondrio riuscì a salvarsi rifugiandosi in Engadina). In totale perirono tra i 600 e i 700 protestanti valtellinesi. Questo funesto massacro segnò la fine dell'interventismo grigionese in campo religioso e della predicazione riformata in Valtellina: di conseguenza, anche il dominio delle Tre Leghe smise di essere fonte di rancore per i valtellinesi. Al contrario, parte delle élite locali spinsero per fare della valle una quarta Lega al pari con le altre tre: queste speranze non si concretizzarono mai per la freddezza al riguardo delle prime tre Leghe, e poi per l'arrivo di Napoleone Bonaparte che pose termine al dominio grigionese.
Durante il tardo Cinquecento e il primo Seicento in Valtellina si diffuse, più che in ogni altra zona dell'arco alpino italiano, la coltura del grano saraceno, che conserva tuttora un ruolo importante nella cucina locale. Secondo una leggenda, riportata dal folclore locale, la diffusione di questa pianta originaria dell'Asia minore, fu favorita dalla presenza di schiave circasse o turche (poi prese in moglie) presso il comune di Grosio.
Nel 1797 Napoleone Bonaparte separò definitivamente la Valtellina dai Grigioni e la unì alla Repubblica Cisalpina. La valle seguì quindi, durante l'epoca napoleonica le vicende dell'intera Lombardia quale parte poi della Repubblica Italiana (1802-1805) e, in seguito, del Regno d'Italia guidato da Napoleone stesso e dal viceré Eugenio di Beauharnais.
Con la sconfitta di Napoleone gli Svizzeri tentarono di riprendersi la Valtellina (insieme alla Valchiavenna). Per contrastare tale operazione, i valtellinesi inviarono al Congresso di Vienna due delegati e quando dopo molti tentennamenti, il 27 aprile 1814, le truppe svizzere cercarono di scendere dalla val Bregaglia su Chiavenna, la valle risultò essere ormai già occupata dagli austriaci. Gli Svizzeri si ritirarono pertanto senza combattere.
Nei mesi seguenti, al Congresso di Vienna sembrò inizialmente che le pretese degli Svizzeri alla restituzione della Valtellina trovassero il consenso dei vincitori. Alla fine la valle fu lasciata tuttavia al Regno Lombardo-Veneto e, dunque, in sostanza all'Austria, la quale, probabilmente, voleva assicurarsi il controllo dei passi alpini, in primis lo Stelvio. A tale esito contribuirono anche le lentezze degli Svizzeri, motivate dai dubbi sullo status da accordare alla valle (cantone autonomo o parte del Canton Grigioni) e sull'ostilità dei protestanti ad ammettere nella Confederazione un ulteriore cantone cattolico.
Nel 1859 a seguito della seconda guerra di indipendenza italiana la Valtellina fu annessa al Regno di Sardegna e, dunque, nel 1861 divenne parte del nuovo Regno d'Italia.
L'alta Valtellina fu marginale teatro di scontri durante la prima guerra mondiale (in particolare passo dello Stelvio e Ortles). Documenti dell'esercito elvetico stilati tra il 1870 ed il 1918 (come per esempio il rapporto del colonnello Arnold Keller) indicano piani avanzati d'invasione della Valtellina (così come della val d'Ossola) sia a livello di tattiche difensive che offensive. Con queste manovre gli elvetici intendevano difendere i fianchi del Canton Ticino in caso di conflitto italo-svizzero. Prima e durante la Grande Guerra, fu costruita una linea difensiva italiana per impedire un eventuale sfondamento del fronte attraverso la neutrale Svizzera (linea Cadorna).
Alla fine della seconda guerra mondiale doveva diventare l'ultima roccaforte della Repubblica Sociale Italiana: si pensava infatti di raggruppare tutte le forze repubblichine in Valtellina creando il "Ridotto Alpino Repubblicano", cosa che non avvenne, perché tutto l'apparato militare e paramilitare fascista si sciolse dopo il 25 aprile 1945.
Nell'estate del 1987 la Valtellina fu sconvolta da una serie di drammatici eventi naturali che causarono alcuni morti e numerosissimi danni all'intera valle. Il giorno 28 luglio 1987 l'abitato di Sant'Antonio Morignone, frazione del comune di Valdisotto, rimase sepolto sotto una vastissima frana staccatasi improvvisamente dal vicino Pizzo Coppetto. L'enorme quantità di rocce e detriti accumulatisi sul fondovalle a causa della frana ostruì il letto del fiume Adda. Per garantire il regolare deflusso delle acque, nei mesi seguenti la Protezione Civile fu costretta a realizzare un percorso in gallerie sotterranee come alternativa all'originale letto del fiume, mentre per assicurare un costante controllo della situazione la Regione Lombardia decise di installare una rete di osservazione, progettata e realizzata da una società di monitoraggio ambientale, costituita da 14 stazioni di monitoraggio.
Settore molto tradizionale, attualmente legato a figure del passato come lo spazzacamino e l'arrotino, che scendevano nelle città (come Milano) a trovar fortuna.
Attualmente si può considerare fiorente l'attività di produzione del pezzotto, un tappeto costituito di scarti di tessuto intrecciati con filo di canapa.
Estratto e lavorato fin dai primi secoli dopo l'anno mille, il serpentino scisto della Valmalenco è stato oggetto di un fiorente commercio, che continua tuttora, che lo identifica da sempre con la zona geografica della Valtellina.
I principali valichi della Valtellina, sono lo Stelvio (che con i suoi 2758 metri è il più alto d'Italia e il secondo in Europa), spesso protagonista del Giro d'Italia, che porta in val Venosta (Alto Adige), il passo del Gavia (2621 m) verso l'Alta val Camonica, il passo San Marco verso la val Brembana e quello dell'Aprica (1200 m) verso la val Camonica di Edolo, il Passo del Mortirolo (1.852 m) verso la Val Camonica.
La montagna valtellinese offre numerosissime opportunità sia per gli escursionisti sia per gli alpinisti, tradizionali e free climbers. In valle si trovano numerose rinomate stazioni sciistiche quali Aprica, Bormio, Caspoggio e Chiesa in Valmalenco.
Infine, una località turistica e stazione sciistica è Livigno che in termini strettamente geografici, si trova al di fuori della Valtellina, essendo al di là del crinale delle Alpi, ma che è parte integrante della provincia di Sondrio. Altre stazioni sciistiche di più piccole dimensioni, facilmente raggiungibili da Morbegno e Sondrio, come Pescegallo e Prato Valentino, consentono la fruizione dell'offerta in un contesto più raccolto e familiare.
In questa valle si trovano anche diverse sorgenti termali calde, una ai Bagni di Masino e una con sette sorgenti ai Bagni di Bormio. In queste località vi sono quattro stabilimenti termali, uno nella prima e tre nella seconda.
La Valtellina accoglie il settore lombardo del Parco nazionale dello Stelvio (dai laghi di Cancano a tutta la Valfurva), nonché il Parco regionale delle Alpi Orobie.
La Valtellina, assieme ai territori di Monferrato, Langhe e Roero è stata ufficialmente candidata per essere inclusa nella lista del Patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO, ma a differenza dei citati territori vinicoli piemontesi alla fine non è stata inserita.
Alcune tra le più rinomate località sciistiche, quali Bormio, Livigno, Santa Caterina, Madesimo in Valchiavenna, Chiesa Valmalenco e Aprica si trovano in questo territorio ed offrono oltre 400 km di piste dedicate allo sci alpino e più di 200 km allo sci nordico.
Ricca di arte e cultura, la Valtellina testimonia il suo glorioso passato di crocevia per l’Europa con numerose chiese, palazzi, torri e castelli.
Le sue vallate sono l’ideale sia per la mountain bike sia per chi è alla ricerca di itinerari storici o naturalistici.
Per chi ama lo sport la Valtellina offre bellissimi scenari per dedicarsi all’ alpinismo e all’ arrampicata, al nordik walking e numerosi torrenti dove poter praticare il canyoning e il rafting.
La gastronomia riveste un ruolo di primo piano con, su tutti, i famosi Pizzoccheri, la Bresaola e il Bitto. Famosa per la produzione vinicola che terrazza gran parte dei suoi pendii e per quella di mele, la Valtellina è ricca di sapori che sapranno soddisfare ogni palato.
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