mercoledì 23 dicembre 2015

SAN GIACOMO FILIPPO



San Giacomo Filippo è un comune situato nella Valle Spluga, detta anche Valle di San Giacomo. Nel suo territorio si trova uno dei più noti santuari mariani della provincia, il Santuario della Madonna della Misericordia di Gallivaggio con un alto campanile non annesso al santuario.
La Val San Giacomo dall'inizio del Duecento fino al 1815 era un comune unico diviso in tre terzieri:
terziere di dentro di Isola con i quartieri di Isola, Madesimo, Pianazzo e le squadre di Teggiate e Rasdeglia;
terziere di mezzo di Campodolcino, con i quartieri di Campodolcino, Fraciscio, Starleggia, Vhò e Portarezza;
terziere di fuori di San Giacomo, con i quartieri di San Giacomo (con le squadre di San Giacomo, Mescolana, Dalò, La Motta) Monti di San Bernardo [con le squadre Streccio, Pos Costa, Martinon, Scanabèch (oggi San Rocco), Drogho, Filigheggio, Ronchascio, Valesegna] Monti di Olmo e Sommarovina (squadre di Olmo, Sommarovina, Albareda, Costa), Lirone (squadre di Lirone, Cimaganda o Somganda, Gallivaggio o Gallivascio, Avero).
La suddivisione in terzieri viene ripresa nella bandiera della Val San Giacomo divisa in tre fasce orizzontali, ognuna delle quali è a sua volta divisa in quattro strisce di colore nero, verde, rosso e giallo che simboleggiano i quartieri di ogni terziere. Al centro compare uno scudetto rettangolare con l'immagine di San Giacomo, con la scritta “Vallis San Jacobi” (la bandiera originale è conservata presso la chiesa di San Giacomo Filippo).

Il Santuario di Gallivaggio fu costruito per ricordare l'apparizione della Madonna in cui la Vergine Maria apparve il 10 ottobre 1492 a due fanciulle mentre raccoglievano castagne.
Era allora, come oggi, un luogo orrido rinserrato tra le rupi di altissimi monti, ai piedi di una precipite e spoglia scogliera che non per nulla la gente chiama "móta séca". Dal ciglione roccioso cadevano massi ciclopici, come testimoniano quelli di cui sono disseminate le selve appena a monte della chiesa.
Allora, nel Quattrocento, la località di Gallivaggio era isolata, poco sopra l'alveo del Liro, che rumoreggia sul fondovalle cercando una via tra il materiale alluvionale che reca con furia il torrente Avero quando è gonfio d'acqua. Nei castagneti, sotto lo spoglio strapiombo, si arrivava per ardui sentieri più adatti alle capre che agli uomini.
La tradizione racconta che in quello scenario selvaggio la Madonna della Misericordia affidò alle due giovani un messaggio accorato. "Se i peccatori non si convertiranno, il mondo non potrà durare a lungo". La punizione divina sarebbe stata certa se i peccatori non si fossero ravveduti e se non si fosse osservato il precetto festivo. Infatti la Vergine raccomandò ancora di rispettare la domenica, in suo onore e di suo Figlio, a iniziare dai vesperi del sabato. "E così egli esaudirà le mie suppliche a vostro vantaggio ed io non mi stancherò di pregare con maggiore ardore per i peccatori".
Seguirono numerosi prodigi. Sul luogo dello straordinario avvenimento fu costruita una cappella, presto sostituita da una prima chiesa che fu poi abbattuta per erigere l'attuale santuario consacrato nel 1615.

Il Santuario di Gallivaggio, detto "Santuario della Madonna della Misericordia" è considerato il centro spirituale della Valchiavenna. Situato a 800 mt. di altezza il Santuario è raggiungibile dalla Strada Statale dello Spluga, pochi chilometri oltre il centro abitato di S.Giacomo Filippo. La costruzione attuale è la terza sorta sul luogo in cui il 10 ottobre 1492 la Madonna apparve a due ragazze che si erano recate nelle selve a raccogliere castagne, affidando loro un messaggio di pace e speranza. Subito dopo l'apparizione fu eretta una cappella lignea sostituita poi con una in muratura.
L'attuale Santuario fu eretto tra il 1598 e il 1603, mentre il campanile, isolato rispetto all'edificio venne costruito nel 1731. La facciata è semplice con tetto a capanna, l'interno è a tre navate con volta a crociera sostenute da colonne monolitiche di granito. Al suo interno sono due pregevoli oli su tela: l'Incoronazione della Madonna di Paolo Camillo Landriani detto il Duchino (1606) e la Crocefisso tra frati francescani e cappuccini di Cesare Ligari (1739). Il presbiterio e le cappelle sono decorate da affreschi di Domenico Caresana di Cureglia in Ticino (1605-1606), mentre l'aula fu decorata da Luigi Tagliaferri di Pagnona (Lecco) nel 1884.
Di particolare interesse è l'organo donato nel 1673 da valligiani emigrati a Palermo. Ai piedi dell'altare nel 1970 è stato posto il masso di granito su cui è apparsa la Madonna. L'altare maggiore è opera Barocca e nella nicchia che vi sta sopra è collocato un pregevole gruppo ligneo dorato e dipinto raffigurante l'apparizione, una Madonna con Bambino e due fanciulle realizzato nel 1631, incoronato nel 1742 e successivamente resturato nel 1993. Le due corone poste sul gruppo ligneo sono delle imitazioni; le originali si possono ammirare visitando il Museo del Tesoro a Chiavenna presso la Collegiata di San Lorenzo. L'ampio piazzale antistante la costruzione è stato lastricato nel 1992 in occasione del quattrocentenario dell'apparizione.
E' possibile accedere al Santuario anche attraverso una scalinata di settantadue scalini in granito con in cima una croce, anch'essa in granito con un Cristo in bronzo. Particolare è l'ambiente naturale in cui è collocato, caratterizzato da una parete strapiombante che lo sovrasta, chiamata dagli abitanti del luogo "mòta séca”.

La Chiesa di San Giacomo, nominata nel 1119, con fonte battesimale a partire dal 1460. Ancora nel 1178 essa figura come unica chiesa esistente in tutta la val San Giacomo.
Nella chiesa parrocchiale si segnalano l’altare maggiore in legno scolpito e dorato, quello laterale destro della Madonna, di lavorazione simile con telette dei misteri del Rosario, pregevoli affreschi sulla controfacciata, attribuiti a Pietro Bianchi di Como (1700) e sulla volta, opera di Eliseo Fumagalli di Delebio (1915). Sulla parete destra il pittore Giovan Battista Macolino, originario di Gualdera di Fraciscio, eseguì nel 1644 un dipinto con la Madonna, il bambino e personaggi locali. Un raro affresco della seconda metà del '400 è sulla facciata della casa parrocchiale: raffigura la Madonna con il bambino tra i santi Giacomo e Guglielmo, mentre nell'angolo è inginocchiato l'offerente, il vice curato Pietro della Maria di Prata.

Il santuario di San Guglielmo di Orenga (o di Orezia), eremita lariano vissuto nel XIII secolo e morto nel 1290, situato sulla riva destra del torrente Liro.
La frazione di San Bernardo ai Monti.
Il ponte di ferro lungo la strada Statale a pochi metri da Gallivaggio, che è stato recentemente sostituito da un più moderno ponte prefabbricato a due corsie.
Gli alberi di castagno in cui la zona è molto ricca.

Càrden è il nome che viene dato in Valle Spluga agli edifici costruiti in legno e sormontati da un tetto a due falde ricoperto da piote locali, lastre grezze ottenute dallo gneiss e deriva dal nome dialettale chjardàn che vuol dire incastro. L’origine del termine si rifà alla definizione latina di opus cardinatum , tecnica costruttiva che utilizzava travi lignee o tronchi grezzi, sovrapposti e incastrati negli angoli, così a formare un blocco autoreggente ed elastico che Vitruvio descrive “simile a pira, intrecciata alternando travi trasverse” . Il termine tedesco “Blockbau” (costruzione a blocco) è analogo e del tutto appropriato. A seconda della disponibilità locale si utilizzavano alberi di abeti, larici o castagni a quote più basse. Sulla base della lavorazione dei tronchi si può riconoscere la destinazione d’uso del càrden: tronchi scortecciati per il fienile e tronchi squadrati per le abitazioni. Sul territorio interessato dal progetto si possono incontrare diverse tipologie costruttive di questi affascinanti edifici rurali. Diverse sono le condizioni che determinano la varietà tipologica: la destinazione d’uso, la conformazione del territorio e la convivenza con altre forme strutturali (gli edifici compositi). Non è facile classificare tipologicamente questi edifici, a grandi linee possiamo distinguere i fienili semplici o sovrastanti una stalla o altro spazio destinato ad attività rurale (cantina, casera, deposito attrezzi, locale per la macellazione e lavorazione delle carni,ecc. ), le dimore semplici a tutto legno o solo in parte e poi gli edifici compositi dove la parte residenziale convive con la parte destinata a fienile, a stalla e ad altre attività rurali.


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