Broni è un comune che si trova ai piedi delle colline, nell'Oltrepò Pavese.
Sul sito dell'odierna Broni si trovava probabilmente la località romana, citata in due itineraria come Comillomagus, o Cameliomagus, trascrizioni trascurate di un probabile originario Camillomagus; anche se è da taluni identificata con Redavalle, luogo di notevoli ritrovamenti d'epoca romana, le distanze indicate dai suddetti itineraria maggiormente si confanno a Broni.
Potrebbe non esserci continuità tra Camillomagus e Broni, che sorse nell'alto medioevo. Anche se la prima citazione (da un placito piacentino dell'859 in cui intervenne un certo Teopertus de Breonis) non sembra proprio potersi riferire a Broni, e anche se la supposta appartenenza al comitato dell'Aucia appare inverosimile (trovandosi questo tra Piacenza e Parma), è indubbio che Broni appaia attorno al 1000 come un luogo di una certa importanza, dotato di una vasta pieve appartenente alla diocesi di Piacenza, e sede nel 1047 di un placito presieduto dal giudice imperiale Rainaldo. Nel 1164 è citato nel diploma con cui l'imperatore Federico I poneva l'Oltrepò sotto la giurisdizione pavese. Fu quindi sede di una podesteria o squadra, che si estendeva su molti dei paesi circostanti, nucleo del futuro feudo. Con Pavia tenne la parte ghibellina, cosicché la lega delle città guelfe la diede alle fiamme nel 1216. Un'altra distruzione avvenne nel 1372, a opera di Giovanni Acuto.
Nel 1249 giunse a Broni, diretto a Santiago de Compostela, il giovane principe san Contardo d'Este; ammalatosi gravemente, morì a Broni, dove è tuttora sepolto e dove ben presto, anche in seguito ad alcuni prodigi (la leggenda narra che, al momento della sua morte, le campane delle chiese si misero a suonare da sole e attorno al suo corpo si accesero splendenti fiammelle), si creò una intensa devozione verso la sua figura, tanto da farne il santo patrono cittadino.
Indubbiamente Broni fu uno dei capisaldi della potenza pavese, e nel 1290 cadde sotto la diretta signoria della famiglia che aveva allora il predominio in città, i Beccaria. Probabilmente la signoria su Broni finì per essere spartita tra alcune delle linee in cui questa casata si era suddivisa, e ciò rende abbastanza difficile ricostruire esattamente la storia del feudo, che è comunque assai complessa. Nel 1406 questo feudo, che già era molto esteso, comprendendo Casanova Lonati, Barbianello, parte di San Cipriano Po, Redavalle e forse altri luoghi verso la collina, fu ulteriormente accresciuto quando gli intrighi dei Beccaria fecero sì che (nel 1406) venissero confiscati e dati a loro i grandi feudi dei Sannazzaro, signori della valle Scuropasso; così al feudo bronese si unirono temporaneamente anche luoghi come Cigognola e Pietra de' Giorgi. Già nel 1415 però, essendo coinvolti alcuni dei Beccaria nella congiura contro il duca di Milano, Filippo Maria Visconti, costui confiscò a costoro metà del feudo di Broni, dandolo alla famiglia del giovane che aveva rivelato la congiura, Giorgi Aicardi. Questa parte del feudo comprendeva in particolare Cigognola; Giorgio e il fratello Alessandro furono nominati Conti di Broni, e assunsero il cognome Visconti Scaramuzza (da Alessandro discese la linea bronese). Tuttavia nel 1466 i redditi dell'intero feudo di Broni furono assegnati a Giovanni Bolognini Attendolo, da cui passarono ad altri (Manfredi, Trotti) e furono infine (attorno al 1530) acquistati da Carlo Visconti Scaramuzza, nipote di Alessandro. Poco dopo, nel 1536, morì Pietro Beccaria, l'ultimo discendente del ramo della famiglia che aveva mantenuto l'altra metà del feudo di Broni: essa fu allora acquistata da Pietro Paolo Arrigoni di Milano, che successivamente rilevò dai Visconti Scaramuzza le loro quote del feudo di Broni: da allora essi restarono solo nominalmente conti di Broni (di fatto erano solo signori di Cigognola), mentre feudatari effettivi erano gli Arrigoni (con il titolo anch'essi di Conti di Broni dal 1708); e tali rimasero fino all'abolizione del feudalesimo nel 1797, anche se la loro signoria fu resa difficile da liti tra le varie linee in cui si era divisa la famiglia.
Dobbiamo notare che gli Arrigoni, benché feudatari di Broni, non erano grandi possidenti nel comune: massimi proprietari erano invece i Mandelli, feudatari di San Damiano al Colle, mentre nel vicino comune di Vescovera (oggi frazione di Broni) i Gambarana, feudatari di Montesegale, possedevano praticamente l'intero territorio.
In questo periodo Broni continuò a essere un centro importante (all'inizio del XIX secolo contava circa 2700 abitanti), e sotto i Savoia (che avevano annesso l'Oltrepò nel 1743) fu sede (insieme a Voghera e a Varzi) di uno dei tre cantoni giudiziari in cui l'Oltrepò era stato diviso. Nel territorio dell'attuale comune di Broni esistono alcune località che furono a loro volta comuni:
Pirocco, che era una grande cascina appartenente ai Paleari di Pavia, fu unito a Broni all'inizio del XIX secolo.
Cassino Po (CC C035) era anch'esso costituito, nel suo nucleo originario, da una vasta cascina a corte quadrata. Fu comune fino al 1869, poi fu unito a Broni.
Vescovera, che come si è detto era costituito da una grande tenuta appartenente ai Gambarana, rimase un comune autonomo fino all'inizio del XIX secolo, e poi fu unito a Cassino (e con esso a Broni nel 1869).
Sul territorio comunale è presente un cementificio della Italcementi, che lo ha acquistato nel 1987 dalla Fibronit. La Fibronit è stata a lungo l'industria più importante della provincia pavese. Dal 1919 al 1984 ha prodotto dapprima cemento e poi cemento amianto. La fabbrica, nata agli inizi del Novecento, fu situata esternamente al perimetro della cittadina di Broni, però col passare del tempo la periferia si è espansa, portando così l’azienda sempre più a contatto con case e luoghi frequentati quotidianamente dai cittadini. Attualmente la strada su cui sorge la Fibronit è chiamata Circonvallazione N°21. In totale il territorio occupato è di 140.000 m2, di cui il 35% sono palazzine e uffici, il resto dell'area è costituito da ex siti di produzione attiva in cui sono stoccati residui di lavorazione e vasche di liquami ad alto tenore di cromo e rifiuti pericolosi. Tutta la produzione di amianto durò fino al 1994, nonostante che la legge impedente la creazione di questi prodotti (257/92) fosse stata emanata un anno prima, con la concessione però di continuare a produrre tubi e lastre fino al 28 aprile del 1994. I primi interventi di bonifica furono imposti dall’assessorato regionale della sanità nel 1999. La zona è stata ad oggi solo parzialmente bonificata. Il tasso di mortalità per mesotelioma a Broni è il più alto d'Italia, superiore anche a quello di Casale Monferrato.
Il suo centro storico, racchiude la chiesa parrocchiale dove si trova l'Arca lignea che racchiude il corpo del Beato Contardo d'Este, patrono di Broni e qui morto mentre si recava in pellegrinaggio a San Gacomo di Campostella.
La vita del Beato viene narrata in alcuni affreschi che sono presenti nella chiesa, dove si trova anche un quadro del Nuvolone raffigurante il martirio di San Pietro.
A Broni sorge un piccolo complesso termale che sfrutta una sorgente di acqua sulfurea e ferruginosa utile per la cura delle malattie dell'apparato digerente, del fegato e delle vie biliari.
Di interesse storico meritano una visita anche la chiesa di Santa Marta edificata nel 1249 con all'interno importanti affreschi, e la Basilica di S. Pietro Apostolo che invece si trova vicino alla chiesa che abbiamo appena citato.
La Cappella della Madonnina del Rio Frate costruita verso la fine del 1600 e riedificata nel 1912, il Palazzo Arienti edificato nella seconda metà dell'800 dove ha sede il Palazzo Comunale e dove al suo interno è possibile ammirare importanti affreschi.
Villa Gallotti costruita per uso privato e che diventa nel 1940 un albergo con sala da ballo e campi da tennis. Solamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale ritorna ad essere una residenza privata.
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