Gloriosissimo Principe della Milizia Celeste, Arcangelo San Michele, difendeteci in questa ardente battaglia contro tutte le potenze delle tenebre e la loro spirituale malizia.
Venite in soccorso degli uomini creati da Dio a sua immagine e somiglianza e riscattati a gran prezzo dalla tirannia del demonio.
Voi siete venerato dalla Santa Chiesa quale suo custode e patrono, ed a Voi il Signore ha affidato le anime che un giorno occuperanno le sedi celesti. Pregate, dunque, il Dio della pace a tenere schiacciato satana sotto i nostri piedi, affinché non possa continuare a tenere schiavi gli uomini e a danneggiare la Chiesa.
Presentate all’Altissimo, con le Vostre, le nostre preghiere, perché scendano presto su di noi le Sue Divine Misericordie e Voi possiate incatenare il dragone, il serpente antico satana ed incatenarlo negli abissi. Solo così non sedurrà più le anime.
L'origine di questo nome utilizzato in Germania e nei Paesi Anglosassoni è ebraica: ricorda infatti il grido dell'Arcangelo che ha scacciato gli angeli ribelli dal Paradiso. Le sue parole furono 'Michael?!', vale a dire 'Chi è come Dio?!' L'onomastico viene festeggiato in suo onore, cioè dell'Arcangelo Michele, il 29 settembre, giorno della consacrazione del Santuario Gargano effettuata, secondo la leggenda, personalmente da egli stesso.
Per significato ed etimologia, è affine ai nomi Misaele e Michea; la forma ceca e slovacca Michal coincide inoltre con la forma ebraica originale di Micol, ma i due nomi non sono correlati. Il nome inglese Mitchell, infine, è un derivato di Michele.
La figura dell'arcangelo, popolarissima, portò notevole fortuna al nome, che è assai diffuso nell'Europa occidentale sin dal Medioevo, e in Inghilterra dal XII secolo; è stato portato da numerosi sovrani, fra i quali nove imperatori bizantini e svariati re di Russia, Polonia, Romania e Portogallo.
L'onomastico viene festeggiato il 29 settembre in ricordo della consacrazione del santuario dedicato all'arcangelo Michele sul monte Gargano; effettuata secondo una pia leggenda, personalmente da San Michele Arcangelo. Patrono degli agenti di PS, armaioli, arrotini, bancari, commercianti, giudici, paracadutisti, pasticcieri, merciai, radiologi, radioterapisti, di Feletto (To), Caltanissetta, Caserta, Cuneo, Verduno, Argelato, Arisio e Arpaia.
In un’epoca in cui le forze del male hanno enorme libertà di azione, fuorviando e rapendo anime, la figura di San Michele assume un valore di prim’ordine. Il suo nome deriva dall’espressione «Mi-ka-El», che significa «chi è come Dio?» e poiché nessuno è come l’Onnipotente, l’Arcangelo combatte tutti coloro che si innalzano con superbia, sfidando l’Altissimo. Nella Sacra Scrittura è citato cinque volte: nel libro di Daniele, di Giuda, nell’Apocalisse e in tutti i brani biblici è considerato «capo supremo dell’esercito celeste», ovvero degli angeli in guerra contro il male.
Nella Tradizione Michele è l’antitesi di Lucifero, capo degli angeli che decisero di fare a meno di Dio e perciò precipitarono negli Inferi. Michele, generale degli angeli, è colui che difende la Fede, la Verità e la Chiesa. Dante (1265-1321) illustra mirabilmente la bellezza e la potenza di questo Principe celeste e la sua solerzia nel proteggere il genere umano dalle insidie di Satana. Nelle litanie dei Santi pregate in Purgatorio da coloro che in terra furono invidiosi, San Michele è il secondo nominato, dopo Maria Santissima, segno del suo grande potere di intercessione (Purgatorio XIII, 51).
Maria Vergine e l’Arcangelo Michele sono associati nel loro combattimento contro il demonio ed entrambi, iconograficamente parlando, hanno sotto i loro piedi, a seconda dei casi, il serpente, il drago, il diavolo in persona, che l’Arcangelo tiene incatenato e lo minaccia, pronto a trafiggerlo, con la sua spada. Il suo culto è molto diffuso sia in Oriente che in Occidente, ne danno testimonianza le innumerevoli chiese, santuari, monasteri e anche monti a lui intitolati. In Europa, durante l’alto Medioevo, furono edificati in suo onore tre gioielli di devozione, di storia, di architettura ed arte: l’abbazia di Mont Saint-Michel in Normandia, La Sacra di San Michele sul Monte Pirchiriano, in Piemonte e il santuario del Monte Gargano in Puglia. Difensore della Chiesa, la sua statua compare sulla sommità di Castel Sant’Angelo a Roma ed egli è protettore del popolo cristiano, come un tempo lo era dei pellegrini medievali contro le insidie che incontravano lungo la via.
Leone XIII (1810-1903), il 13 ottobre 1884, dopo aver terminato di celebrare la Santa Messa nella cappella vaticana, restò immobile una decina di minuti in stato di profondo turbamento. In seguito si precipitò nel suo studio. Fu allora che il Papa compose la preghiera a San Michele Arcangelo.
Successivamente racconterà il Pontefice di aver udito Gesù e Satana e di aver avuto una terrificante visione dell’Inferno: «ho visto la terra avvolta dalle tenebre e da un abisso, ho visto uscire legioni di demoni che si spargevano per il mondo per distruggere le opere della Chiesa ed attaccare la stessa Chiesa che ho visto ridotta allo stremo. Allora apparve San Michele e ricacciò gli spiriti malvagi nell’abisso. Poi ho visto San Michele Arcangelo intervenire non in quel momento, ma molto più tardi, quando le persone avessero moltiplicato le loro ferventi preghiere verso l’Arcangelo».
Dopo circa mezz’ora fece chiamare il Segretario della Sacra Congregazione dei Riti, ordinandogli di far stampare il foglio che aveva in mano e farlo pervenire a tutti i Vescovi della Chiesa: il manoscritto conteneva la preghiera che il Papa dispose di far recitare al termine della Santa Messa, la supplica a Maria Santissima e l’invocazione al Principe delle milizie celesti, per mezzo del quale si implora Dio affinché ricacci il Principe del mondo nell’Inferno. Tale supplica è caduta in disuso. Nessun Pontefice ha abrogato questa preghiera dopo il Santo Sacrificio e neppure il Novus Ordo la nega, anche se dagli anni Settanta si prese a non più recitarla, privando la Chiesa di una preziosa arma di difesa.
In altre scritture, il dragone è un angelo che aveva voluto farsi grande quanto Dio e che Dio fece scacciare, facendolo precipitare dall’alto verso il basso, insieme ai suoi angeli che lo seguivano.
Michele è stato sempre rappresentato e venerato come l’angelo-guerriero di Dio, rivestito di armatura dorata in perenne lotta contro il Demonio, che continua nel mondo a spargere il male e la ribellione contro Dio.
Egli è considerato allo stesso modo nella Chiesa di Cristo, che gli ha sempre riservato fin dai tempi antichissimi, un culto e devozione particolare, considerandolo sempre presente nella lotta che si combatte e si combatterà fino alla fine del mondo, contro le forze del male che operano nel genere umano. Dopo l’affermazione del cristianesimo, il culto per san Michele, che già nel mondo pagano equivaleva ad una divinità, ebbe in Oriente una diffusione enorme, ne sono testimonianza le innumerevoli chiese, santuari, monasteri a lui dedicati; nel secolo IX solo a Costantinopoli, capitale del mondo bizantino, si contavano ben 15 fra santuari e monasteri; più altri 15 nei sobborghi.
Tutto l’Oriente era costellato da famosi santuari, a cui si recavano migliaia di pellegrini da ogni regione del vasto impero bizantino e come vi erano tanti luoghi di culto, così anche la sua celebrazione avveniva in tanti giorni diversi del calendario.
Perfino il grande fiume Nilo fu posto sotto la sua protezione, si pensi che la chiesa funeraria del Cremlino a Mosca in Russia, è dedicata a S. Michele. Per dirla in breve non c’è Stato orientale e nord africano, che non possegga oggetti, stele, documenti, edifici sacri, che testimoniano la grande venerazione per il santo condottiero degli angeli, che specie nei primi secoli della Chiesa, gli venne tributata.
La celebrazione religiosa era all’8 maggio, data praticata poi nella Sabina, nel Reatino, nel Ducato Romano e ovunque fosse estesa l’influenza della badia benedettina di Farfa, a cui i Longobardi di Spoleto, avevano donato quel santuario.
Ma il più celebre santuario italiano dedicato a S. Michele, è quello in Puglia sul Monte Gargano; esso ha una storia che inizia nel 490, quando era papa Gelasio I; la leggenda racconta che casualmente un certo Elvio Emanuele, signore del Monte Gargano (Foggia) aveva smarrito il più bel toro della sua mandria, ritrovandolo dentro una caverna inaccessibile.
Visto l’impossibilità di recuperarlo, decise di ucciderlo con una freccia del suo arco; ma la freccia inspiegabilmente invece di colpire il toro, girò su sé stessa colpendo il tiratore ad un occhio. Meravigliato e ferito, il signorotto si recò dal suo vescovo s. Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto (odierna Manfredonia) e raccontò il fatto prodigioso.
Il presule indisse tre giorni di preghiere e di penitenza; dopodiché s. Michele apparve all’ingresso della grotta e rivelò al vescovo: “Io sono l’arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta, io stesso ne sono vigile custode. Là dove si spalanca la roccia, possono essere perdonati i peccati degli uomini…Quel che sarà chiesto nella preghiera, sarà esaudito. Quindi dedica la grotta al culto cristiano”.
Ma il santo vescovo non diede seguito alla richiesta dell’arcangelo, perché sul monte persisteva il culto pagano; due anni dopo, nel 492 Siponto era assediata dalle orde del re barbaro Odoacre (434-493); ormai allo stremo, il vescovo e il popolo si riunirono in preghiera, durante una tregua, e qui riapparve l’arcangelo al vescovo s. Lorenzo, promettendo loro la vittoria, infatti durante la battaglia si alzò una tempesta di sabbia e grandine che si rovesciò sui barbari invasori, che spaventati fuggirono.
Tutta la città con il vescovo, salì sul monte in processione di ringraziamento; ma ancora una volta il vescovo non volle entrare nella grotta. Per questa sua esitazione che non si spiegava, s. Lorenzo Maiorano si recò a Roma dal papa Gelasio I (490-496), il quale gli ordinò di entrare nella grotta insieme ai vescovi della Puglia, dopo un digiuno di penitenza.
Recatosi i tre vescovi alla grotta per la dedicazione, riapparve loro per la terza volta l’arcangelo, annunziando che la cerimonia non era più necessaria, perché la consacrazione era già avvenuta con la sua presenza. La leggenda racconta che quando i vescovi entrarono nella grotta, trovarono un altare coperto da un panno rosso con sopra una croce di cristallo e impressa su un masso l’impronta di un piede infantile, che la tradizione popolare attribuisce a s. Michele.
Il vescovo san Lorenzo fece costruire all’ingresso della grotta, una chiesa dedicata a s. Michele e inaugurata il 29 settembre 493; la Sacra Grotta è invece rimasta sempre come un luogo di culto mai consacrato da vescovi e nei secoli divenne celebre con il titolo di “Celeste Basilica”.
Attorno alla chiesa e alla grotta è cresciuta nel tempo la cittadina di Monte Sant’Angelo nel Gargano. I Longobardi che avevano fondato nel secolo VI il Ducato di Benevento, vinsero i feroci nemici delle coste italiane, i saraceni, proprio nei pressi di Siponto, l’8 maggio 663, avendo attribuito la vittoria alla protezione celeste di s. Michele, essi presero a diffondere come prima accennato, il culto per l’arcangelo in tutta Italia, erigendogli chiese, effigiandolo su stendardi e monete e instaurando la festa dell’8 maggio dappertutto.
Intanto la Sacra Grotta diventò per tutti i secoli successivi, una delle mete più frequentate dai pellegrini cristiani, diventando insieme a Gerusalemme, Roma, Loreto e S. Giacomo di Compostella, i poli sacri dall’Alto Medioevo in poi.
Sul Gargano giunsero in pellegrinaggio papi, sovrani, futuri santi. Sul portale dell’atrio superiore della basilica, che non è possibile descrivere qui, vi è un’iscrizione latina che ammonisce: “che questo è un luogo impressionante. Qui è la casa di Dio e la porta del Cielo”.
Il santuario e la Sacra Grotta sono pieni di opere d’arte, di devozione e di voto, che testimoniano lo scorrere millenario dei pellegrini e su tutto campeggia nell’oscurità la statua in marmo bianco di S. Michele, opera del Sansovino, datata 1507.
L’arcangelo è comparso lungo i secoli altre volte, sia pure non come sul Gargano, che rimane il centro del suo culto, ed il popolo cristiano lo celebra ovunque con sagre, fiere, processioni, pellegrinaggi e non c’è Paese europeo che non abbia un’abbazia, chiesa, cattedrale, ecc. che lo ricordi alla venerazione dei fedeli.
Apparendo ad una devota portoghese Antonia de Astonac, l’arcangelo promise la sua continua assistenza, sia in vita che in purgatorio e inoltre l’accompagnamento alla S. Comunione da parte di un angelo di ciascuno dei nove cori celesti, se avessero recitato prima della Messa la corona angelica che gli rivelò.
I cori sono: Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Potestà, Virtù, Principati, Arcangeli ed Angeli. La sua festa liturgica principale in Occidente è iscritta nel Martirologio Romano al 29 settembre e nella riforma del calendario liturgico del 1970, è accomunato agli altri due arcangeli più conosciuti, Gabriele e Raffaele nello stesso giorno, mentre l’altro arcangelo a volte nominato nei testi apocrifi, Uriele, non gode di un culto proprio.
Difensore della Chiesa, la sua statua compare sulla sommità di Castel S. Angelo a Roma, che come è noto era diventata una fortezza in difesa del Pontefice; protettore del popolo cristiano, così come un tempo lo era dei pellegrini medievali, che lo invocavano nei santuari ed oratori a lui dedicati, disseminati lungo le strade che conducevano alle mete dei pellegrinaggi, per avere protezione contro le malattie, lo scoraggiamento e le imboscate dei banditi.
Per quanto riguarda la sua raffigurazione nell’arte in generale, è delle più vaste; ogni scuola pittorica in Oriente e in Occidente, lo ha quasi sempre raffigurato armato in atto di combattere il demonio.
Sul Monte Athos nel convento di Dionisio del 1547, i tre principale arcangeli sono così raffigurati, Raffaele in abito ecclesiastico, Michele da guerriero e Gabriele in pacifica posa e rappresentano i poteri religioso, militare e civile.
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