Santa Giuletta è un comune dell'Oltrepò Pavese, situato parte in collina, parte nella pianura sottostante.
Abitata già dalle popolazioni Liguri e Galli, in seguito sede di un insediamento romano, Santa Giuletta vanta un’antichissima tradizione vitivinicola, al punto da essere descritta, in documenti databili attorno all’anno 1000, come uno dei territori collinari più vitati dell’Italia del Nord. Gli studiosi dell’orto botanico di Pavia scoprirono qui, nel 1879, uno dei primissimi focolari di peronospora, fungo di origine americana che distrusse quasi tutto il patrimonio viticolo italiano. Appartenuto al feudo di Broni (XIII secolo), il territorio fu in seguito sottoposto al controllo di altri feudatari: i Beccarla nel quattrocento; i Trotti e gli Isimbardi nel settecento. Ebbe la funzione di capo di mandamento durante il regno sabaudo e si distinse infine per l’impegno nella lotta partigiana durante l’ultimo conflitto mondiale.
Il nucleo più antico, detto Castello, sorge sulla collina; il nucleo più moderno, detto La Villa, attuale capoluogo, si trova ai piedi della collina, e si estende fino alla ex-statale 10 Padana Inferiore. Il punto più alto di Santa Giuletta è il Monte Zavo (346 m s.l.m.), dal quale venne estratta l'arenaria sufficiente alla costruzione di alcune parti di San Michele (Pavia), San Pietro in ciel d'oro (Pavia) e per la certosa (Certosa di Pavia). Un altro colle di Santa Giuletta è il Monte Campone (351 m s.l.m.), posto sull'esatto confine tra Santa Giuletta, Pietra de' Giorgi e Mornico Losana. Santa Giuletta ha una stazione sulla linea ferroviaria Alessandria – Piacenza (vedi stazione di Santa Giuletta). Un monumento nazionale, la torre Griziotti è situato tra Orto (frazione di Santa Giuletta) e Monteceresino (Frazione di Santa Giuletta). Sul territorio sono presenti diverse zone boschive, alcune anche discretamente grandi, come il bosco di Castello (Frazione di Santa Giuletta) e il bosco di Monteceresino (Frazione di Santa Giuletta). Santa Giuletta è attraversata dalla A21 Torino-Piacenza-Brescia, anche se non dispone di un'uscita di questa. Dal centro di Santa Giuletta, parte una strada che corre parallela alla SS10 che conduce a Redavalle, Cassino Po e infine sulla strada provinciale 198 dello Scuropasso, da questa si possono raggiungere: a destra il Passo del Carmine e Zavattarello, a sinistra Broni. Il paese è inoltre toccato dalla SP139, che percorre la Val Sorda, appena retrostante alla collina di Castello, del Monte Zavo e al Monte Campone.
Santa Giuletta si trova al centro dell'Oltrepò Pavese, nel punto d'inizio dell'Appennino Ligure e della fine della Pianura Padana. È attraversato dal Torrente Verzate e tocca la Val Sorda a Sud quasi fino a toccare il Rile Zuso, anche se questo non è compreso nel territorio comunale; altri rili, come quello solforoso che scende dalla vallata di Redavalle o quello che forma la vallata di Santa Giuletta sono di minore importanza, assieme ad altri ancor più piccoli e insignificanti. La pianura ha una particolare geologia che causa talvolta, a determinate profondità, il ritrovamento di acque salate o calde, sulle colline il fenomeno si ripete analogamente, solo che le acque talvolta estratte sono solforose.
Santa Giuletta, formata storicamente da due distinti centri abitati detti il Castello e la Villa, si costituisce come entità unitaria attorno alla sua chiesa, dedicata a Santa Giuletta e risalente indubbiamente all'alto medioevo. Probabilmente derivò dalla separazione di una più antica chiesa dei Santi Quirico e Giulitta, sorta nella parte orientale della pieve di Casteggio (allora nella diocesi di Piacenza), la cui origine va ricercata nel transito dei corpi dei due martiri da Marsiglia (ove erano giunti per opera di Sant'Amatore, vescovo di Auxerre) a Roma, avvenuta per volontà di papa Vigilio attorno al 550 d.C. La strada Romera passante per Santa Giuletta fu sempre la via dei pellegrinaggi dalla Francia meridionale a Roma. Dalla stessa originaria chiesa di San Quirico e Giulitta sarebbe derivata anche la vicina parrocchia di Corvino San Quirico.
Non è noto quando sorsero i due centri abitati attuali (la chiesa si trova a mezza strada tra essi); certamente si riferisce al Castello il diploma del 1164 che pone anche Santa Giuletta sotto la giurisdizione di Pavia, che ne fece la sede di una podesteria o squadra. Il territorio dell'attuale comune coincide grosso modo con tale podesteria, che a sua volta fu sempre costituita solo da tale comune. Nel XIV secolo cadde sotto la signoria dei Beccaria del ramo di Santa Giuletta, e fu regolarmente infeudato nel 1412. Nel 1631 apparteneva ancora ai Beccaria, divisi in quattro rami: a quei tempi ormai la Villa aveva superato il Castello come popolazione (32 famiglie contro 25). Nel 1694, per estinzioni o rinunce da parte dei vari rami dei Beccaria, il feudo passò in condominio alle famiglie Trotti e Isimbardi (da cui la locale cascina Isimbarda), entrambe col titolo di Conti di Santa Giuletta, che sopravvissero alla fine del feudalesimo (1797). Negli anni cinquanta la sede comunale era passata alla Villa, ormai detta Santa Giuletta per antonomasia.
Nel 1953 l'antico oratorio di San Colombano, alla Villa, divenne parrocchia autonoma, separata da Santa Giuletta che restava parrocchia del Castello.
Alla fine degli anni settanta, avvennero diversi cedimenti del suolo sulle colline di Santa Giuletta, molte abitazioni e filari di viti furono distrutti e un discreto pezzo di strada dovette essere ricostruito. Per ovviare al problema recentemente si sono costruiti drenaggi appositi.
Tra gli anni '50 ed la fine degli anni '60 Santa Giuletta conobbe un'intensa attività industriale legata alla produzione di bambole. Per questa ragione divenne famosa come “paese delle bambole”e fu definita, in alcuni giornali dell’epoca, “la Norimberga italiana”. La prima fabbrica ad operare in tale settore fu la “Fata”, nata a Milano all'inizio del Novecento. Nel 1929 la società Fata venne acquistata dai cugini Teresio Garbagna e Luigi Porcellana, nativi di S. Giuletta e già azionisti all'interno della ditta. Nel 1933 una piccola parte di produzione venne trasferita a S. Giuletta, probabilmente per insegnare il mestiere alle giovani operaie del paese. Questa data rappresenta l'inizio della fabbricazione di bambole nel piccolo paese oltrepadano. Le prime "bambole economiche" furono realizzate in una piccola stanza al primo piano del palazzo Giandolini , in cui lavoravano 7 operaie. Le bambole avevano il corpo di stoffa riempita di "rivia", termine dialettale che indicava dei sottili trucioli di legno, ed avevano la testa in cartone pressato. Gli occhi erano dipinti così come la bocca. Nel 1936 la società trasferì l'intera produzione a S. Giuletta mantenendo a Milano la sede legale ed i magazzini. Nel 1940 Teresio Garbagna si ritirò dalla società e Luigi Porcellana rimase unico proprietario. In breve tempo la fabbrica Fata divenne una ditta di tutto rispetto con una produzione in continua crescita. Fu anche la fucina in cui si formarono i successivi imprenditori e gran parte delle maestranze del settore. Infatti a partire dagli anni '40 nacquero numerosissime altre fabbriche: LIALA (nata nel 1945), DIVA (nata nel 1949) e poi SILBA, ALBA, GIULIETTA, LILLY, MIVA, FARIDA, ROSSELLA, LIANA, MILENA e MONEL.
Dalle prime bambole in cartapesta si passò, verso la fine degli anni '40, a quelle in polistirolo e in polietilene e alla fine degli anni '50 si utilizzò il vinile. Le numerosissime fabbriche del paese producevano bambole non solo per il mercato italiano ma anche per quello estero. Nello stesso periodo sorsero anche alcune ditte complementari: la Società Italiana Materie Plastiche S.I.M.P. di Desimoni & Bezoari, lo Scatolificio Montagna-Barbieri per gli imballaggi, la G.B.D. per le voci, la Grossetti per gli occhi e nel 1956 la LAMPO-FILO per la produzione di capelli in nylon (chiusa nel 2010). Nel frattempo, seguendo una nuova domanda di mercato, alcune aziende trasformarono e diversificarono la propria produzione sempre nel campo del giocattolo. La ditta Rossella nel 1961 passò alla lavorazione di pupazzi in “peluche”e testa in gomma. Anche la Monel dal 1961 produsse bambole e pupazzi in peluche. Nel 1971 la ditta SAPIA iniziò la produzione di giocattoli interamente in plastica. Negli anni '50-'60 quindi tutte le forze lavoro attive a S. Giuletta erano impegnate nelle diverse fasi della lavorazione delle bambole. Quando si avvicinava un appuntamento importante, quale l’annuale “Fiera Campionaria” di Milano, in ogni fabbrica un gruppo scelto di operaie lavorava in gran segreto per creare nuovi modelli capaci di conquistare il mercato.
Vale la pena ricordare che fino agli anni '60 la bambola più che un giocattolo fu considerata un oggetto di pregio addirittura da mettere in bella mostra sul letto delle giovani spose in segno di buon augurio. Che questo fenomeno della “bambola sul letto”fosse largamente diffuso è dimostrato dal gran numero di bambole abbigliate da “damina” che furono vendute non solo in Italia ma anche all’estero. Spesso i militari di ritorno in patria le portavano come souvenir alle loro famiglie. Anche il loro costo era piuttosto elevato potendo raggiungere 10.000 lire quando un’apprendista percepiva 20 lire all’ora.
Purtroppo l’avvento di nuove tecnologie e la concorrenza di zone a produzione più economica (Veneto) determinarono negli anni successivi la progressiva chiusura di tutte le fabbriche di bambole.
Per ricordare questa attività che rese famoso il paese a livello internazionale, nel 2005 è stato realizzato il Civico Museo della bambola e del giocattolo. Vi sono raccolte bambole, immagini fotografiche, etichette, cataloghi, stampi in gesso, strumenti di lavoro e materiale vario dagli anni Trenta agli anni Ottanta del secolo scorso.
Vista la posizione è ben chiaro che l'economia di Santa Giuletta si basi prevalentemente sulla vite: diverse sono le aziende addette a produrre vino. Però è moto importante sapere che non è stata sempre e solo di vino l'economia del paese.
Nel secolo scorso vi era una fabbrica -chiusa nel 1997- che produceva acido tartarico, sempre dalla vite e distillati vari. In più, sempre nel secolo scorso, furono in molte le fabbriche aperte per la produzione di bambole, l'ultima delle quali ha chiuso pochi anni fa.
Sicuramente il turismo ha portato economia e lavoro al paese in una diversa e minor misura: sono in un numero discreto i turisti provenienti specialmente da Milano che si recano in paese, o meglio, sulle colline della frazione Castello per passare i fine settimana.
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