Secondo la tradizione ebraica, la discendenza ebraica viene fatta risalire ai patriarchi biblici Abramo, Isacco e Giacobbe che vissero a Canaan verso il XVIII secolo p.e.v.. Storicamente, gli ebrei discendono in gran parte dalle Tribù di Giuda e Simeone, e parzialmente da altre tribù israelite, specialmente quelle di Beniamino e Levi, che insieme avevano formato l'antico Regno di Giuda e il Regno di Israele. La prima menzione di Israele come popolo è stata rinvenuta iscritta sulla Stele di Merneptah che risale agli anni 1213-1203 p.e.v.
Dato l'incontro-scontro degli Ebrei con i grandi imperi dell'antichità (Egizio, Assiro, Babilonese, Persiano, Macedone) è possibile rintracciare nelle loro fonti storiche alcuni fugaci accenni a questo popolo. Per il periodo attorno all'inizio dell'era cristiana, in concomitanza con l'incontro-scontro con l'Impero Romano, sono preziosissimi gli scritti di Giuseppe Flavio.
In seguito la storia degli Ebrei si fonde con quella dell'occidente cristiano e con la sua storiografia.
La storia degli ebrei e dell'ebraismo si può dividere in cinque periodi: Antico Israele prima del giudaismo, dagli inizi fino al 586 p.e.v.; inizio del giudaismo nei secoli VI e V p.e.v.; la formazione dell'ebraismo rabbinico dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 e.v.; l'età dell'ebraismo rabbinico, dall'ascesa del cristianesimo al potere politico sotto l'imperatore Costantino il Grande nel 312 e.v. alla fine dell'egemonia politica del cristianesimo nel XVIII secolo; l'età dell'ebraismo differenziato, dalla rivoluzione francese e americana al presente.
La storia dei figli d'Israele inizia millenni avanti Cristo e continua sino a oggi: è un racconto avvincente, diverso da quello di ogni altro popolo. Gli Ebrei chiamano la storia toledot, una parola che in ebraico significa "generazioni": il passato è per loro come una lunga catena in cui ogni individuo costituisce un anello, piccolo ma indispensabile perché essa non si spezzi.
Gli Ebrei non sono una razza, e nemmeno i seguaci di una determinata religione. Costituiscono invece un popolo, che condivide una storia, un'identità spirituale e di fede (giudaismo).
La Bibbia racconta il cammino dell'uomo verso la fede in un unico Dio creatore dell'Universo e giudice. Abramo è fra i primi a ricevere la cosiddetta rivelazione, la parola di Dio, cioè, che dall'alto dei cieli gli parla e gli ordina che cosa fare. Il Dio della Bibbia è invisibile e inconoscibile, non va raffigurato per rispetto dell'immensa distanza che separa l'uomo da lui. Anche per questo, forse, Abramo è chiamato ivrih, una parola che probabilmente in origine significava "colui che sta dall'altra parte", "che ha attraversato".
Gli Ebrei sono detti dalla Bibbia anche figli d'Israele, o Israeliti: Israele è infatti il nome che prende Giacobbe, nipote di Abramo (perché figlio di Isacco suo figlio), dopo aver udito anch'egli la chiamata divina. Giacobbe è il capostipite delle dodici tribù (o grandi famiglie) che compongono il popolo ebraico: dalle due mogli, Lea e Rachele, e dalle serve Bila e Zilpa, Giacobbe ebbe infatti i dodici figli che diedero il nome alle tribù.
Partiamo dalle origini, cioè da quel lungo viaggio che Dio ordina ad Abramo: "vai per questa strada che ti dirò, verso una destinazione che ancora non conosci" gli dice Dio con una voce che viene da dentro Abramo stesso. È il racconto narrato nel primo libro della Bibbia, la Genesi. In cambio dell'obbedienza, il Signore fa una promessa ad Abramo, che ripeterà varie volte nel corso della lunga vita di questo patriarca: "renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e i granelli di sabbia sulla riva del mare".
L'altro momento cruciale delle origini è quello che ogni anno gli Ebrei celebrano con la festa di Pesach, cioè la Pasqua ebraica, che rievoca la conquista della libertà e l'esodo, cioè l'uscita dall'Egitto. Questo racconto è narrato nel secondo libro della Bibbia, detto dell'Esodo. Dopo molte vicissitudini, gli Egizi lasciarono uscire gli Ebrei, trattenuti nel loro paese. In quella notte Dio passò sull'Egitto e poi sul Mar Rosso, che si aprì davanti alle tribù guidate da Mosè, in fuga verso la libertà, e la terra promessa. Per quarant'anni, narra la Bibbia, gli Ebrei vagarono per il deserto, ricevettero la rivelazione dei comandamenti sul Sinai, e attesero di poter entrare nella terra che Dio aveva loro assegnato. Dietro questo mito delle origini c'è probabilmente la realtà storica di un'ondata migratoria verificatasi a cavallo della preistoria.
Dopo la conquista della terra promessa da parte delle tribù d'Israele, il paese è governato dai giudici e successivamente viene l'era della monarchia, con Saul, Davide e Salomone che si succedono al trono. Alla morte di Salomone, il sovrano che passò alla storia per le sue ricchezze, il suo potere e la sua saggezza, il regno però si divise in due: uno del Nord, che comprendeva dieci delle dodici tribù, e uno del Sud, con capitale Gerusalemme. Il territorio era infatti diviso in piccole regioni, ciascuna delle quali assegnata ai discendenti dei figli di Giacobbe.
Fra i momenti della storia ebraica destinati a lasciare ancora una volta un segno nella memoria del popolo vi è l'esilio di Babilonia. All'inizio del 6° secolo a.C. il regno del Sud, che comprende i territori delle tribù di Giuda e Beniamino e ha per capitale Gerusalemme, viene conquistato da Nabucodonosor, sovrano di Babilonia, il quale non si limita a prendere il potere, ma deporta gran parte della popolazione. Il regno del Nord, quello che comprendeva i territori delle altre dieci tribù, era già stato sconfitto e i suoi abitanti deportati anni addietro a opera di Salamanassar, re di Assur. Questi eventi sono narrati nel secondo libro dei Re della Bibbia. Finisce così l'epoca del Primo Regno in terra d'Israele, e comincia un breve esilio: grazie all'editto di Ciro (538 a.C.), infatti, una cinquantina d'anni dopo gli Ebrei poterono tornare alla loro terra. Dovranno passare alcuni secoli prima che il popolo ebraico viva di nuovo due svolte fondamentali.
Una prima svolta importante fu la predicazione di Gesù: un ebreo vissuto nella Palestina di allora che ha cambiato il volto del mondo. Il nome Palestina deriva probabilmente da quello dei Filistei, una popolazione di stirpe fenicia che viveva sulle coste. I primi cristiani, seguaci del messaggio di Gesù, furono Ebrei che vivevano all'epoca in quella terra e in altre regioni del Mediterraneo.
L'altro evento fu la conquista della regione da parte dei Romani, che arrivarono, dopo lunghe e travagliate successioni di potere, alla fine dell'epoca ellenistica. Conquistata la terra d'Israele, i Romani si trovarono di fronte a una situazione molto delicata e a un popolo ‒ quello ebraico ‒ piccolo ma estremamente difficile da domare. E soprattutto ben deciso a non prestare culto alle divinità pagane: furono anni di lotte, rivolte, disordini, finché nel 70 d.C. l'imperatore Tito decise di risolvere drasticamente la situazione, distruggendo il Tempio di Gerusalemme, l'unico luogo di culto in cui gli Ebrei offrivano sacrifici e preghiere al loro Dio, mettendo a fuoco tutta la città e cacciando il popolo ebraico dalla sua terra. In questa data precisa inizia dunque la seconda diaspora, che è esilio e dispersione al tempo stesso: cacciati dalla loro terra, gli Ebrei si sparpagliarono per il mondo, incominciando dalle città dell'Impero Romano.
Nella diaspora gli Ebrei hanno costituito delle piccole comunità: bisognava organizzare la liturgia (con la distruzione del Tempio, unico luogo di culto a Dio, la preghiera sostituì la pratica di offerte e sacrifici), garantire la distribuzione della carne macellata secondo le norme scritte nella Bibbia, provvedere all'istruzione dei bambini. La comunità è detta in ebraico qehillah ed è come una piccola società con le sue regole, all'interno della società più grande che detiene il potere.
Quando infatti il cristianesimo comprese che per diffondersi fra le genti era necessario penetrare nella civiltà romana, abbandonando il fronte dei vinti ‒ gli Ebrei sconfitti e privati della propria nazione ‒ per quello dei vincitori, rinnegò le proprie origini e iniziò a diffondere il disprezzo per la radice ebraica.
Furono secoli di cosiddetto antigiudaismo. Per un verso questo popolo doveva sopravvivere perché era il testimone della passione di Gesù Cristo; per l'altro era considerato colpevole di un delitto imperdonabile: la morte di Dio in croce, della quale erano invece storicamente responsabili i Romani che allora dominavano il paese. In questo modo gli Ebrei avevano rifiutato la rivelazione.
La diaspora, la dispersione del popolo ebraico, divenne così il marchio infamante, la dimostrazione della loro dannazione. La teologia e la politica, la letteratura e la fede contribuirono a diffondere questa immagine negativa degli Ebrei. Fra i tanti eventi di questa storia si possono ricordare le Crociate, che nel Medioevo fecero molte vittime innocenti: i combattenti diretti a liberare la terra santa dagli infedeli islamici che all'epoca la governavano, passando per l'Europa uccisero moltissimi Ebrei e incendiarono e distrussero le loro case.
Nel 1492 gli Ebrei di Spagna, una comunità molto numerosa e fiorente, furono posti di fronte all'alternativa tra la conversione e l'esilio. Più o meno a quell'epoca si definì la distinzione fra Ebrei vissuti nelle aree del Mediterraneo e dell'Oriente, detti sefarditi (in ebraico Sefarad significa "Spagna"), e quelli che abitavano nell'Europa del Nord, detti ashkenaziti (Ashkenaz significa "Germania"), cui si deve la creazione di una lingua con la sua grande letteratura, l'yiddish. Gli Ebrei spagnoli parlavano invece il ladino, un miscuglio di antico spagnolo ed ebraico.
Pochi anni dopo la cacciata dalla Spagna nacque in Italia il primo ghetto, a Venezia. Da molti secoli, peraltro, gli Ebrei erano costretti ad abitare in determinati quartieri e non in altri, non potevano possedere case né terreni, avevano un'assai limitata libertà di movimento.
In molte città dell'Europa agli Ebrei era concesso di abitare solo a patto che svolgessero una attività professionale all'epoca proibita dalla Chiesa. Si trattava del prestito, su pegno o a interesse, esercitato dagli Ebrei attraverso i banchi (gli antenati delle banche). Questa attività a cui furono per lo più costretti è alla radice della diceria secondo cui gli Ebrei sono avari, attaccati al denaro: ma non avevano altra scelta!
Così vissero dunque per molti secoli, finché fra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento iniziò il lungo cammino per l'emancipazione (cioè la liberazione) degli Ebrei. Un cammino fatto anche di passi indietro e difficoltà, che si completò solo nel 20° secolo. Finalmente accolti nella società degli altri, molti di loro si gettarono a capofitto in questa nuova esperienza, liberandosi di un passato travagliato. Questo spiega anche la conseguente affermazione di molti Ebrei nelle scienze, nelle arti, nella letteratura, nell'impresa e nella finanza: è lo slancio di entusiasmo da parte di un popolo sempre rifiutato, che ora vuole dimostrare a sé stesso e agli altri le proprie capacità e la propria riconoscenza per essere stato finalmente affrancato e accettato.
Durante il 1870 e il 1880 la popolazione ebraica d'Europa cominciò più attivamente a considerare l'immigrazione in Israele e il ristabilimento della nazione ebraica nella sua presupposta terra d'origine nazionale, compiendo così le profezie bibliche relative allo Shivat Tzion. Nel 1882 nacque il primo insediamento sionista — Rishon LeZion — fondato da immigrati che appartenevano al movimento "Hovevei Zion", o anche Hibbat Zion. In seguito, il movimento "Bilu" fondò molti altri insediamenti in terra di Israele.
Il movimento sionista venne fondato ufficialmente dopo la "Convenzione di Kattowitz" (1884) ed il "Congresso Sionista Mondiale (World Zionist Congress, 1897), e fu Theodor Herzl che iniziò la lotta per stabilire uno stato degli ebrei.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, sembrava che le condizioni per stabilire tale stato fossero maturate: il Regno Unito conquistò la Palestina dall'Impero Ottomano e gli ebrei ricevettero la promessa di una "Patria nazionale" dai britannici nella forma della Dichiarazione Balfour (1917), data a Chaim Weizmann.
Nel 1920 iniziò il Mandato britannico della Palestina e il Visconte Herbert Samuel fu nominato Alto Commissario della Palestina, l'Università Ebraica di Gerusalemme fu costituita e si verificarono diverse grandi ondate di immigrazione ebraica verso la Palestina. Tuttavia gli abitanti arabi della Palestina non amavano la crescente immigrazione ebraica e cominciarono ad opporsi con mezzi violenti al loro insediamento e alla politica filo-ebraica del governo britannico.
Bande di arabi iniziarono a compiere atti di violenza e omicidi contro i convogli e la popolazione ebraica. Dopo i tumulti arabi del 1920 e quelli di Jaffa del 1921, la leadership ebraica in Palestina credettero che gli inglesi non avessero alcun desiderio di confrontarsi con le bande arabe locali per i loro attacchi contro gli ebrei palestinesi. Credendo di non poter contare sull'amministrazione britannica per la protezione contro tali bande, la leadership ebraica creò l'organizzazione Haganah per proteggere le proprie aziende agricole e i kibbutz.
Altri disordini si verificarono nel 1929 e negli anni 1936-1939 avvenne la "grande rivolta araba di Palestina". A causa della crescente violenza il Regno Unito iniziò gradualmente a fare marcia indietro dall'idea originaria di uno Stato ebraico e di speculare su una soluzione binazionale o di uno Stato arabo con una minoranza ebraica.
Nel frattempo, gli ebrei d'Europa e degli Stati Uniti avevano successo nei campi della scienza, della cultura e dell'economia. Tra quelli generalmente considerati i più famosi, si annoveravano lo scienziato Albert Einstein e il filosofo Ludwig Wittgenstein. Un alto numero di Premi Nobel in questo periodo furono ebrei, fatto che accade tuttora. In Unione Sovietica, molti ebrei furono coinvolti nella Rivoluzione d'ottobre e appartenevano al partito comunista.
L'Olocausto che avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale provocò lo sterminio sistematico (genocidio) di circa sei milioni di ebrei europei da parte della Germania nazista.
Nel 1933, con l'ascesa al potere di Adolf Hitler e del partito nazista in Germania, la situazione ebraica divenne più severa. Le crisi economiche, le leggi razziali antisemite, e la paura di una guerra imminente portò molti ebrei a fuggire dall'Europa verso la Palestina, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica.
Nel 1939 iniziò la Seconda Guerra Mondiale e fino al 1941 Hitler occupò gran parte dell'Europa, inclusa la Polonia — dove milioni di ebrei vivevano a quell'epoca — e la Francia. Nel 1941, a seguito dell'invasione dell'Unione Sovietica, cominciò la "Soluzione finale della questione ebraica" (in lingua tedesca Endlösung der Judenfrage), una vasta operazione organizzata su una scala senza precedenti, finalizzata alla distruzione del popolo ebraico mediante la conseguente persecuzione e sterminio degli ebrei nell'Europa politica, che includeva il Nordafrica europeo (il Nordafrica pro-nazista di Vichy e la Libia italiana). Questo genocidio, in cui circa sei milioni di ebrei furono uccisi con metodo e crudeltà, è noto come "Olocausto" o Shoah. In Polonia più di un milione di ebrei vennero trucidati in camere a gas nel solo campo di concentramento di Auschwitz.
L'enorme scala della Shoah e gli orrori che accaddero in quel periodo, influenzarono pesantemente il popolo ebraico e l'opinione pubblica mondiale, che capirono le dimensioni dell'Olocausto solo dopo la guerra. Nel dopoguerra gli sforzi quindi aumentarono per stabilire uno stato ebraico in Palestina.
Dalla fine dell'800 nacque e si diffuse in particolare tra gli Ebrei europei il Sionismo, cioè il movimento di pensiero che mirava a ricostituire uno stato ebraico in Palestina.
Nel 1945 le organizzazioni di resistenza ebraica in Palestina si unirono e formarono il Movimento di Resistenza Ebraica chiamato anche United Resistance Movement (URM), che iniziò ad attaccare le autorità britanniche. A seguito dell'attentato dinamitardo al King David Hotel, Chaim Weizmann, presidente del World Zionist Organization ammonì il movimento di cessare tutte le attività militari fintantoché una decisione non venisse presa dall'Agenzia Ebraica. Questa sostenne la raccomandazione di Weizmann di cessare ulteriori attività belliche, decisione accettata con riluttanza dalla Haganah, ma non dall'Irgun e dall'Lehi. Il Movimento di Resistenza Ebraica venne smobilitato e ciascuno dei gruppi fondatori continuarono ad operare per conto proprio, secondo la propria politica.
La leadership ebraica decise di concentrare la lotta a sostegno dell'immigrazione clandestina in Palestina e cominciò ad organizzare massicce quantità di profughi di guerra ebrei provenienti dall'Europa, senza l'approvazione delle autorità britanniche. Tale immigrazione contribuì moltissimo agli insediamenti ebraici in Israele, sostenuti dall'opinione pubblica mondiale, e le autorità britanniche decisero di lasciare alle Nazioni Unite la decisione sul destino della Palestina. Il 29 novembre 1947, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò la Risoluzione 181(II: "Piano di partizione della Palestina") che raccomandava la partizione della Palestina in uno Stato arabo, uno Stato ebraico e la Città di Gerusalemme. I leader ebraici accettarono la decisione ma la Lega Araba ed i capi arabi palestinesi si opposero. Iniziarono quindi i conflitti israelo-palestinesi, con un periodo di guerra civile ed il conflitto del 1948.
Nel corso della guerra, dopo che le ultime truppe britanniche ebbero lasciato il suolo palestinese, David Ben-Gurion proclamò nel giorno 14 maggio 1948 (5 Iyar, 5708) la fondazione dello stato ebraico a Eretz Israel da conoscersi ufficialmente come "Stato di Israele", emettendo la Dichiarazione d'indipendenza israeliana. La guerra terminò nel 1949 e lo stato di Israele iniziò ad assorbire grandi quantità di ebrei da tutto il mondo, nell'ordine di centinaia di migliaia di immigranti.
Dal 1948 Israele è stato coinvolto in una serie di conflitti militari, tra cui la Crisi di Suez (1956), la Guerra dei Sei Giorni (1967), la Guerra del Kippur (1973), la Guerra del Libano (1982), la Guerra del Libano (2006), come anche una serie quasi costante di conflitti minori.
Dal 1977, una continua serie di iniziative diplomatiche e incontri al vertice, in gran parte senza successo, sono stati avviati da Israele, dalle organizzazioni palestinesi, dai loro vicini e altri soggetti, tra cui gli Stati Uniti e l'Unione europea, per giungere ad un processo di pace che possa risolvere i conflitti tra Israele ed i suoi vicini, e soprattutto la sorte del popolo palestinese.
Correntemente, Israele è una democrazia parlamentare con una popolazione di oltre 8 milioni di abitanti, di cui circa 6 milioni sono ebrei. Le maggiori comunità ebraiche sono in Israele e negli Stati Uniti, con grandi comunità anche in Francia, Argentina, Russia, Inghilterra e Canada.
La Oblast' autonoma ebraica, creata durante l'era sovietica, continua ad essere una Oblast' autonoma dello Stato Russo. Il Rabbino capo di Birobidzhan, Mordechai Scheiner, afferma che ci sono 4 000 ebrei nella capitale. Il Governatore Nikolay Mikhaylovich Volkov ha dichiarato che intende "sostenere tutte le iniziative meritevoli proposte dalle organizzazioni ebraiche locali". La Sinagoga di Birobidzhan è stata inaugurata nel 2004, nel 70º anniversario della fondazione della regione nel 1934.
Gli Ebrei sono un popolo dal destino molto particolare: un popolo che ha vissuto buona parte della sua storia disperso fra le altre genti, in mezzo a culture, lingue, regimi diversi. In Italia così come in Marocco, India, Argentina, Russia, Etiopia e tanti, tanti altri paesi del mondo. E pur vivendo in questa situazione per millenni, gli Ebrei hanno continuato a custodire la propria identità (a essere, insomma, diversi dagli altri, per fede, costumi, usanze alimentari).
Oggi, quasi ovunque, gli Ebrei non sono più guardati con sospetto, diffidenza e magari anche odio a causa della loro diversità, del fatto cioè di continuare a essere sé stessi invece di assimilarsi, cioè diventare come gli altri. Gli Ebrei non sono più rinchiusi nei ghetti, i quartieri della città dove erano costretti ad abitare e da dove non potevano uscire se non con un permesso speciale delle autorità. Non sono più considerati perfidi, cioè infedeli, seguaci della fede sbagliata. Conservano invece quasi sempre un senso profondo della propria identità. Inoltre ci si può anche convertire all'ebraismo, così come si diventa cristiani, buddisti, musulmani. La conversione è però un lungo cammino di studi, di raccoglimento, di colloqui: il fatto è che quando si diventa Ebrei non si assume solo una nuova religione, un nuovo modello di vita fondato sui comandamenti della legge ebraica. Si entra anche a far parte di questa stirpe, della sua storia, delle sue convinzioni.
Vi sono alcune parole fondamentali per capire gli Ebrei e la loro storia. Innanzitutto la Bibbia, che in ebraico è detta Miqrah, cioè "oggetto di lettura" (mentre i cristiani la chiamano Scritture), oppure Tanach, sigla che sta a indicare i libri Torah, cioè Pentateuco, Nebi'im, cioè Profeti e Katubim, cioè Scritti.
Sinagoga è invece una parola greca e indica il luogo dove gli Ebrei si radunano a pregare insieme: in ebraico si chiama bet ha-knesset, cioè "casa di riunione", ma è detta anche "scuola". Kasher significa "adatto", ma indica in particolare i cibi conformi alle regole alimentari della Bibbia, per esempio il divieto di consumare carne di maiale (e altre) e di mischiare latte e carne nello stesso pasto.
L'antigiudaismo è l'atteggiamento contro i Giudei che ha segnato la storia della cristianità per molti secoli: in esso si mischiavano sentimenti di disprezzo per l'infedele, che non voleva saperne di convertirsi alla nuova religione e restava invece attaccato alla propria, e di diffidenza verso il diverso che aveva usanze tutte sue. L'antisemitismo è invece un sentimento moderno, nato nell'Ottocento su basi non più religiose ma razziali, per quanto errate: in questo caso l'ebreo resta tale anche se si converte. Non conta più la fede, bensì un presunto sangue impuro. Lo sterminio nazista è il culmine di quest'odio.
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