La Madonna in Campagna è un santuario del comune di Gallarate, in provincia di Varese.
Il 21 novembre 1601, Festa della Presentazione al tempio di Maria, tra i fedeli raccolti in preghiera dinnanzi all'immagine della Madonna del latte venerata in una cappella campestre fuori dal borgo di Gallarate, lungo la strada per Milano, avvennero miracolose guarigioni. Il popolo decise ben presto di costruire sul luogo un tempio mariano; la sera del 19 dicembre 1602 venne posta la prima pietra del nuovo Santuario.
Nel 1630 la grave epidemia di peste di cui parla Alessandro Manzoni nei suoi Promessi Sposi, dopo aver infierito a Milano, mieté numerose vittime a Gallarate e nei dintorni. I borghigiani fecero allora voto, se fossero stati liberati dal flagello, di celebrare con un solenne pellegrinaggio la ricorrenza del 21 novembre; ad essi si unirono nel voto gli abitanti di Verghera e di Buscate. L'anno successivo, in novembre, il morbo si estinse. Nacque così la festa votiva delta Presentazione, la Rama di Pomm, celebrata ancora oggi con grande affluenza di popolo e con l'offerta della cera al Santuario da parte delle autorità civiche.
Il 16 maggio 1666 venne eretta in Santuario la "confraternita dei Trinitari". Nell'aprile, il ticinese Giovan Battista Rigoli iniziò l'altare maggiore che verrà concluso nel 1686 dal gallaratese Giuseppe Rosnati, protostatuario del duomo di Milano.
Monumentale è l'impianto del complesso, ricco di preziosi marmi e di intarsi policromi. Le statue del Rosnati sono di squisita fattura, felice compendio di classica bellezza e levità pienamente barocca. Al centro dell'ancona, dentro una splendida cornice, è posta l'antica immagine della Madonna del Latte. Ignoto ne è l'autore, un tardo seguace del Foppa operante a cavallo tra il XV ed il XVI secolo. Nel 1954 il nob. Arch. Don Ulderico Forni di Milano intervenne nel restauro definitivo del tabernacolo dell'altar maggiore e nell'intero rifacimento in puro stile barocco del fonte battesimale che è posto sul lato sinistro dell'ingresso centrale del Santuario.
Il 26 gennaio 1669 venne eretta in Santuario la "confraternita della Mercede", il cui stemma campeggia al centro dall'altare maggiore. In essa confluirono anche i confratelli della Trinità. II tempio si arricchì di opere d'arte, tra cui:
Lo sposalizio mistico di Santa Caterina d'Alessandria, con i santi Giuseppe e Fermo (cerchia dei cremonesi fratelli Campi, prima metà del XVI secolo);
la gloria di San Raimondo del gallaratese Carlo Cane (1608-1679) unica opera documentata oggi rimasta del pittore;
la Madonna dei Mercedari, già stendardo processionale della confraternita, attribuita al Nuvolone (1608-1670);
la settecentesca Madonna di Caravaggio, vicina al fare barocchetto del bustese Biagio Belotti;
l'olio su tela di Scuola Lombarda del XVII secolo nel fastigio dell'altar maggiore, raffigurante la Trinità;
la bella "Annunciazione" di scuola emiliana del XVII secolo, lungo la navata;
la grande tela della "Madonna delle sette spade" di anonimo, risalente presumibilmente al periodo a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.
Nel 1801 venne eretta in Santuario una nuova confraternita, detta della Divozione. Il confratello Francesco Ambrosoli donò al tempio l'artistico grande Crocifisso in legno policromo del secolo XVI, proveniente dal soppresso monastero delle Clarisse di Milano; l'interno del Santuario assunse così l'attuale veste neoclassica. Sei anni dopo, su progetto di Gaetano Borgomaneri, venne innalzata l'attuale facciata.
Il campanile è costruito in laterizio e alto 33 metri. Venne iniziato nel 1756 e terminato l'anno successivo. L'attuale concerto campanario, che sostituisce uno più antico, è stato installato nel 1946.
Sul finire del XVI secolo, fuori i fossati del borgo di Gallarate, sorgeva lungo
l’antica strada per Milano una cappelletta dedicata alla Madonna delle Grazie, chiamata dal popolo “il gesiolo”.
Il modesto edificio era costituito da una piccola aula rettangolare con dipinta sulla parete di fondo, sopra un semplice altare, la Vergine allattante il Figlio.
Al gesiolo, spesso i contadini ed i borghigiani gallaratesi venivano, mossi da una spontanea devozione.
Sul principio dell’anno 1601, a seguito di alcune guarigioni ritenute miracolose dal popolo, la devozione alla Madonna del gesiolo crebbe anche tra la gente dei paesi d’intorno che numerosa accorreva in pellegrinaggio.
L’autorità diocesana, informata dal prevosto di Gallarate, dopo aver effettuato sopralluoghi ed interrogato numerosi testimoni, dichiarò che i fatti accaduti al gesiolo non avevano alcunché di miracoloso: pur tuttavia, visto che la devozione di gallaratesi non scemava, anzi aumentava, con il consenso dell’Arcivescovo,Cardinale Federico Borromeo, autorizzò la costruzione del Santuario la cui prima pietra fu posata “il giorno di giovedì, decimo nono del mese di dicembre 1602” con grande solennità, presenti il prevosto Orazio Bertarino con il Capitolo della Basilica di Santa Maria Assunta, le confraternite e gran moltitudine di popolo.
“Ed io vidi questo, sia lode a Dio”: così annotava sulla sua rubrica il notaio gallaratese Maurizio Finali, primo storico del Santuario.
L ’11 novembre del 1608, la chiesa era visitata dal Cardinale Federico Borromeo in visita pastorale alla Pieve di Gallarate. La cappella maggiore, chiusa da un assito in legno, risultava terminata nelle strutture mentre la navata era ancora priva di copertura. Sopra un altare provvisorio, dove celebrava la Messa ogni giorno il canonico G.M. Bonomi, primo cappellano del Santuario, era stata trasportata la venerata effige della Madonna, staccata con il muro sottostante dall’antico gesiolo.
Nel 1622, il 25 settembre, coperta la navata e principiata la decorazione interna del tempio, si volle dare una più degna collocazione all’affresco che, tolto dall’ancona di legno, fu collocato solennemente in una ricca cornice marmorea attorno alla quale poi verrà eretto il monumentale altare maggiore.
L’anno 1628, un esercito alemanno scende in Italia alla conquista di Mantova. Tra queste truppe di ventura serpeggia da sempre la peste. Dopo aver infierito su Milano l’epidemia dilaga inarrestabile in tutta l’alta Lombardia.
Nel luglio del 1630, nonostante gride e quarantene, il morbo entra anche a Gallarate. Tutto il borgo ed i villaggi d’intorno ne sono contagiati. Solo a Gallarate, abitata da circa 2500 anime, i decessi superano il numero di 450. In tanta impotente desolazione i gallaratesi si rivolgono all’antica Madonna del gesiolo facendo pubblico voto, se liberati dal contagio, di celebrare solennemente la festa della Presentazione, il 21 novembre, venendo in pellegrinaggio alla Madonna in Campagna.
A loro si uniscono anche gli abitanti di Verghera che, con atto pubblico redatto dal notaio gallaratese Cesare Lomeno in data 17 dicembre 1630, promettono di venire in pellegrinaggio il 21 novembre di ogni anno. Nel novembre dell’anno successivo il flagello scompare. Nasce la festa votiva della Rama di Pomm.
Nasce la festa votiva della Presentazione, poi popolarmente chiamata della "Rama di Pomm", dalla antica usanza di vendere sul sagrato del Santuario le mele infilzate sui rami spinosi di Gleditzia (anche detto albero di Giuda) che nei tempi andati cingeva campi ed orti attorno al Santuario. Tale tradizione si ricollega ad una gentile leggenda che racconta di un melo selvatico fiorito miracolosamente in quel lontano novembre 1631 a fianco del Santuario.
Al voto di quel lontano 1631 i gallaratesi non vennero mai meno, nemmeno negli anni giacobini della dominazione napoleonica.
Già nella realtà del rione, ancor prima della nascita della parrocchia erano sorti punti di ritrovo, sia con scopi ricreativi che sportivi e culturali. E’ il caso del “Club da l’umbrela” nato nel 1919 e della sportiva “MIC”; due associazioni che tanto impegno ed attività profusero nel riannodare i rapporti tra la gente anche al di fuori dello stretto ambito rionale.
E’ attorno a questa genuina e poliedrica realtà associativa che nasce dopo la seconda guerra mondiale, l’idea della disputa del PALIO a Madonna in Campagna. Si era negli anni 1947 – 1948 ed occorre dire che già gli abitanti del popoloso quartiere si fronteggiavano in gare sportive come il calcio, il tiro alla fune. I vecchi raccontavano che a scontrarsi erano due ZONE del rione: quella che comprendeva i residenti dal campanile in su, cioè verso la città, e quelli che abitavano il quartiere dal campanile in giù, cioè verso la periferia. Si pensò quindi di dare una suddivisione più articolata ed il rione fu quindi diviso in quattro contrade corrispondenti grosso modo alla configurazione geografica delle rispettive popolazioni.
Nell'anno 1948, nel clima di ritrovato entusiasmo del dopoguerra e della novella Parrocchia, costituita il 1° gennaio 1941, nasce il Palio dei quattro rioni: i Cittaditt da la Campagna, i Drizuni dal Tirasegn, i Paisaan Quadar ed i Privilegiàa dal Campanin.
Gara culminante della tenzone è sempre la tradizionale corsa con gli asini, con gli immancabili ed esilaranti colpi di scena.
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