Villa Calvi è una tipica villa urbana, posta in pieno centro storico del quale trae tutte le comodità unite a quelle del parco antistante.
Fu originariamente residenza della famiglia Sola; i Calvi, milanesi, vi soggiornarono periodicamente nel corso dell’Ottocento fino al 1886 quando il conte Carlo Calvi vendette la proprietà.
Il giardino fu acquistato con la sottoscrizione di circa 120 cittadini e aperto all’uso pubblico. La villa fu invece comperata, pare, dagli Orombelli e donata successivamente al Comune.
La villa è costituita da un corpo lineare piuttosto allungato, in gran parte attribuibile ai primi anni dell’Ottocento, in forme sobrie individuabili nell’aspetto originale nella sola facciata ovest sul giardino, essendo stata alterata quella sulla strada dalla giustapposizione di un corpo ancora assialmente strutturato analogamente alla soluzione originale ma in pretenziose forme fasciste, cosicché il loggiato architravato che vi si apriva costituisce ora solo una parte del grande atrio interno del municipio.
L’architettura originaria della villa appare molto semplice, con qualche richiamo agli elementi formali neoclassici, ma è assolutamente priva degli stilemi magniloquenti del neoclassico aulico. Il rapporto tra le sali centrali e il giardino è risolto, come in molte ville minori di campagna, semplicemente di porte-finestre, corrispondenti ad un impercettibile aggetto della fascia di gronda della porzione mediana, marcate anche da una modesta pedana; a lato di quest’ultima spiccano due statue di leoni, di notevole evidenza figurale, non connessi alla struttura della villa, ma in un certo senso funzionali alla focalizzazione assiale e prospettica della lunga facciata.
Nella testata sud è ricavata la serra, direttamente inglobata nello stesso volume della villa, distaccandosi quindi dai consueti schemi tipologici neoclassici che prevedono in genere la serra risolta in forme autonome e spesso addirittura distaccata fisicamente dal corpo della villa: la sua presenza, evidenziata da una serie di archi a pieno sesto, è di fatto abbastanza mimetizzata, tanto più che al piano superiore le si sovrappone una delle sale originali, una delle poche anzi che conserva in parte la struttura ottocentesca.
Lo schema interno è stato infatti stravolto dalla destinazione a municipio con la creazione di un grande scalone di stile fascista a fianco dell’atrio (ma esterno al vecchio loggiato) e con una galleria superiore che distribuisce ai vari uffici.
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