La beata Giuliana Puricelli (Busto Arsizio, 1427 – Varese, 15 agosto 1501) è stata una religiosa italiana, fondatrice dell'Ordine delle Romite Ambrosiane. A lei e a Luigi Gonzaga è intitolata la chiesa parrocchiale del quartiere di San Luigi e Beata Giuliana a Busto Arsizio, oltreché una scuola elementare.
Giuliana nacque nel 1427 da una famiglia di contadini abitanti a Cascina Verghera, tra Busto Arsizio e Gallarate. Il luogo viene identificato da alcuni (ad es. il Bondioli) nella Cascina dei Poveri (Rione Beata Giuliana) nel territorio del comune di Busto Arsizio, da altri con Verghera, frazione del comune di Samarate (ad es. il Sevesi per il quale la beata senz'altro appartenne alla famiglia Puricelli).
Il padre, uomo rozzo e violento, non voleva che la figlia si consacrasse al Signore e la voleva assolutamente maritare. Il 14 ottobre 1454, festa di san Callisto, all'età di ventisette anni Giuliana, recatasi di nascosto al Sacro Monte di Varese, si mise sotto la direzione spirituale della beata Caterina da Pallanza che da qualche anno vi conduceva vita eremitica. Iniziò, con l'autorizzazione di Sisto IV, il 10 agosto 1476 la vita monastica in un convento eretto presso il santuario di Santa Maria del Monte o Sacro Monte di Varese. Giuliana, semplice conversa, essendo analfabeta, visse eroicamente in umiltà, spirito di penitenza, ubbidienza e servizio del prossimo, offrendo, tramite la ruota del monastero, l'acqua fresca ai pellegrini assetati - cosa questa che le Romite Ambrosiane fanno ancor oggi - nutrendo nel suo cuore una devozione profonda a Gesù crocifisso ed alla Beata Vergine Maria, finché la morte non la rapì il 15 agosto 1501 all'età di settantaquattro anni, dopo quarantasette anni di vita religiosa, dei quali ventidue passati in eremitaggio e venticinque in monastero.
Il culto fu confermato, insieme con quello della beata Caterina da Pallanza, la festa di Pentecoste del 1729, dal vescovo di Bobbio in qualità di delegato dell'arcivescovo di Milano, Benedetto Odescalchi; nel 1769 esso venne riconosciuto come esistente ab immemorabili dalla Sacra Congregazione dei Riti e da Clemente XIV.
Il corpo della beata, dapprima sepolto nel cimitero, il 23 ottobre 1650 fu traslato solennemente nel coro del monastero delle Romite Ambrosiane; in seguito, nel 1729, in occasione della conferma diocesana del culto, fu traslato insieme a quello della beata Caterina, in un oratorio appositamente eretto presso il vicino santuario mariano, ove attualmente si trovano, esposti alla venerazione dei fedeli.
Nel 1673 i bustocchi sovvenzionarono con 50 scudi le esigenze edilizie del monastero di Varese e ottennero in cambio la camicia indossata dalla beata nel giorno della sua traslazione all'interno della chiesa interna del monastero avvenuta nel 1650, la seconda reliquia di Giuliana a giungere a Busto Arsizio (la prima fu il velo, ottenuto in seguito ad una richiesta nel 1653).
Il culto tributatole sin dalla morte venne riconosciuto dalla Congregazione dei Riti il 12 settembre 1769 e papa Clemente XIV lo confermò il 16 settembre successivo.
Il 15 ottobre 1762 il prevosto Pietro Borroni fece la ricognizione del velo e della camicia della beata e il canonico Antonio Lavazza, notaio ecclesiastico, stese un attestato che certificava l'originalità delle due reliquie (all'epoca erano molte le false reliquie, tanto che la Chiesa decise di operare questo tipo di indagine critica e selettiva). Nella seconda metà degli anni Settanta del Settecento nacque l'idea di dedicare alla beata Giuliana Puricelli un altare all'interno della Basilica di San Giovanni Battista. Il 5 settembre 1778 si decise che ogni 29 (giorno della celebrazione del martirio di San Giovanni Battista) e 30 agosto si sarebbero esposte all'interno della basilica le reliquie della beata. L'altare all'interno della basilica fu fortemente voluto da un comitato popolare del quale faceva parte anche il pittore e architetto Biagio Bellotti. Fu lo stesso Biagio Bellotti a ridisegnare l'esistente cappella di Sant'Ambrogio e a dipingere il quadro, ornato da marmi, raffigurante Sant'Ambrogio insieme alla beata Giuliana che viene incoronata dalla Madonna; ai loro piedi è dipinto un paesaggio che sale dalla pianura verso la montagna varesina. Nell'angolo della pala Bellotti dipinse un testo che ricorda la propria paternità dell'opera e il contesto culturale in cui fu prodotta:
(LA)
« D.O.M.
B.V. JULIANE CULTU
PROBATO
NATALI PAGULO
PENITUS ADSERTO
NOVISSIMUM
PATRIÆ MON(UMENTUM)
VO(VIT) PIN(XIT) POS(UIT)
CAN(ONICUS) OL(IM)
B(LASIUS) B(ELLOTTUS)
MDCCLXXX »
(IT)
« Nell'anno 1780 Biagio Bellotti, già canonico, promise dipinse e collocò questo ennesimo omaggio dei concittadini ad onore del grande Iddio e della beata Giuliana vergine, dopo che la Chiesa ebbe approvato il culto di lei e che fu irrefutabilmente individuato il cascinale dov'ella era nata. »
(Biagio Bellotti, pala d'altare della cappella si Sant'Ambrogio e Beata Giuliana, Basilica di San Giovanni Battista a Busto Arsizio)
Da quel momento la cappella assunse la doppia denominazione e l'aspetto visibile ancora oggi.
Nel 1951 l'associazione culturale La Famiglia Bustocca scelse la beata Giuliana come sua patrona.
Il Martirologio Romano fissa per la sua memoria la data del 15 agosto.
Nel Santuario di Santa Maria di Piazza, probabilmente su iniziativa del curato e storico Pietro Antonio Crespi Castoldi, nell'ultimo lustro del Cinquecento venne inserita la statua della Beata Iuliana de Busto tra le 32 statue lignee che adornano il tiburio della chiesa, opera dello scultore milanese Fabrizio De Magistris e poi dipinte a biacca nel 1602 in modo che apparissero simili al marmo.
Negli stessi anni venne dipinto alla Cascina dei Poveri un affresco, andato poi perduto, raffigurante la Madonna venerata da Caterina da Pallanza e Giuliana inginocchiate e con la scritta "Hic Juliane natale solum" (qui è nata Giuliana).
Nella Basilica di San Giovanni Battista di Busto Arsizio si trova ancora oggi un affresco risalente alla seconda metà del Seicento e opera del pittore Antonio Crespi Castoldi, il Riposo durante la fuga in Egitto. È collocato nel transetto della basilica, sopra la porta d'ingresso alla sagrestia e raffigura la beata inginocchiata sopra un sasso (che probabilmente simboleggia il Sacro Monte di Varese) che ne riporta il nome e la patria bustese, nell'atto di meditare sulla scena della fuga in Egitto e di ricevere dal Bambino Gesù un giglio, simbolo di purezza.
Nel 1668 un grande quadro, andato poi disperso, probabile opera di Antonio Crespi, fu posto alla Cascina dei Poveri come pala d'altare dell'oratorio di San Bernardino, che era stato costruito dieci anni prima: rappresentava la beata Giuliana insieme a San Bernardino da Siena.
Accanto al campanile della basilica di San Giovanni Battista di Busto Arsizio si trova una statua della santa, opera di Biagio Bellotti del 1782, restaurata nel 2012 dall'associazione La Famiglia Bustocca.
Nel XVII secolo fu realizzata una statua-reliquario, collocato nella basilica di San Giovanni per accogliere una particola della pelle della beata, concessa nel 1837 dal cardinale arcivescovo Karl Kajetan von Gaisruck.
Nel 1908 la fabbriceria della basilica di San Giovanni Battista affidò al pittore Carlo Grossi l'incarico di affrescare la chiesa, specificandogli di includere anche la beata. il pittore dedicò quindi a Giuliana un medaglione nel transetto di destra, Gloria della beata Giuliana.
Una delle leggende che la riguardano afferma che dopo la sua morte Carlo V conquistò la Lombardia. Qualcuno parlò ai soldati di alcuni tesori nascosti nel cimitero delle monache. Questi andarono e scoperchiarono le tombe; ma quando ebbero aperto la tomba della Beata Giuliana la santa levò la mano per poi farla ricadere nella posizione in cui si trova tuttora. Il gesto della santa fu accompagnato da una scossa di terremoto che fece fuggire gli invasori.
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