Il santuario di Santa Maria di Piazza (detto anche santuario della Beata Vergine dell'Aiuto) è situato nel centro storico di Busto Arsizio dove sorgeva una precedente chiesa dedicata alla Madonna, che a sua volta aveva sostituito una cappella risalente all'epoca della cristianizzazione. Questo splendido santuario fu costruito rapidamente tra il 1515 e il 1522.
La devozione degli abitanti di Busto Arsizio per la Madonna dell’Aiuto risale ai tempi del Medio Evo. Nella primitiva chiesa di Santa Maria di Piazza, sui resti della quale è stato costruito nel 1517 l’attuale grandioso Santuario, era venerata un’Immagine rappresentante la Vergine, che si era miracolosamente manifestata il 30 gennaio 1346.
Le caratteristiche di questa immagine sono riconoscibili in un affresco della fine del Quattrocento che si trovava nel cortile di una casa della zona.
Il dipinto, trasportato su tela, andò distrutto nel 1943 durante un bombardamento di Milano, mentre si trovava nello studio del restauratore. Fortunatamente ne è rimasta un’ottima e fedele fotografia.
La Madonna, seduta in trono, tiene in grembo il Bambino nudo, avvolto da un lembo del mantello della Madre, con in mano un oggetto rotondo, forse una mela, come nelle delicate Madonne delle rose di Luca della Robbia, o una palla che potrebbe significare il globo del mondo. Alla sinistra è raffigurato l’Arcangelo San Michele, e alla destra San Giovanni Battista, secondo la disposizione topografica delle tre principali chiese di Busto: «A levante sta San Giovanni, ad occidente l’arcangelo San Michele e in mezzo della piazza la Beata Vergine».
La «Chiesa piccolina» era molto cara ai borghigiani ai quali ricordava la continua protezione della Madonna, come la cessazione dell’assedio posto a Busto da Francesco Sforza nel dicembre del 1448. Ma il tempo e soprattutto le tristi vicende storiche la ridussero a rudere cadente, per cui si rese necessario un rifacimento iniziato nel 1517.
Per opera di valenti architetti della scuola del Bramante, in soli cinque anni, sorge il maestoso tempio che noi ammiriamo, vanto di Busto Arsizio. Sul portale di ponente è riportata la gioia della ricostruzione con i versi del poeta: «O Vergine, fa’ che fiorisca con tutta la sua posterità questo popolo che ti ha elevato la splendida chiesa».
L’antica statua della Madonna dell’Aiuto che si venera nel Santuario di Santa Maria di Piazza presenta alcune varianti rispetto alla raffigurazione dell’affresco primitivo. Il Bambino non sostiene più la palla sulla palma della mano, rivolta verso l’alto, ma la impugna e l’abbassa verso il manto della Madre.
La Madonna solleva la mano destra, prima appoggiata in grembo, nel gesto caratteristico di chi vuole arrestare qualche cosa. La tradizione, passata di generazione in generazione, vuole che l’Immagine della Madonna, portata in processione per le vie del borgo durante la terribile peste di San Carlo del 1576, abbia improvvisamente fatto cessare il contagio, alzando la mano destra. In ricordo del miracolo, i fedeli di Busto Arsizio avrebbero fatto scolpire la statua della Madonna con la destra alzata.
Così pure, nell’antica Immagine, la Madonna ed il Bambino non portano la corona. Dopo la protezione sperimentata durante la terribile peste del 1630, la peste descritta dal Manzoni ne “I Promessi Sposi”, gli abitanti di Busto pensarono ad incoronare la Vergine ed il Bambino.
La sera della festa dell’Ascensione, il 9 maggio 1632, come scrive il cronista del tempo, «si cantò il Vespro solennemente et musicalmente, finito che fu si portò la Beatissima Signora nostra intorno intorno a tutta la piazza processionalmente cantando l’Hinno Misterium Ecclesiae, e poi fu riposta al suo luogo di prima, avendola incoronata con figliolo di due Corone d’Argento assai Magnifiche, avendo zoiellata (ingioiellata) la santissima Vergine, il figlio insieme di preziosi anelli, coralli, agnus Dei, et Crocette non poche»
Escluso Bramante per ragioni di data, due nomi compaiono nei documenti, se pur citati in modo generico, quello di un Antonio da Lonate (autore del modello per il duomo di Vigevano) e quello di "magistro Tomaxio ingeniero", probabilmente Tommaso Rodari, il noto scultore e architetto attivo nel duomo di Como, allievo di Giovanni Antonio Amadeo. Il primo avrebbe impostato la pianta centrale, per la quale si è ipotizzata l'esistenza di un disegno bramantesco, "Bramanti secutus exemplar"; il secondo avrebbe eseguito i due portali a ovest e a sud, e forse l'elegante loggiato nel tamburo sotto la cupola simile al tiburio del santuario della Beata Vergine dei Miracoli a Saronno.
Internamente, la parte bassa, quadrata, che è tagliata negli angoli da archi diagonali formanti nicchie e cuffie, rimanda ai numerosi studi di chiese a pianta centrale compiuti da Leonardo mentre il tamburo ottagonale con una ghiera di nicchie (la corona dei 12 santi) e le otto unghie della volta di copertura riecheggiano gli esempi di Santa Maria Incoronata di Canepanova a Pavia e dell'Incoronata a Lodi e di Santa Maria della Croce a Crema).
All'esterno, il rigoroso volume cubico scandito da lesene è sormontato da un tiburio con gugliotti e lanterna che interpreta in forme più leggere ed eleganti la tipologia della tradizione lombarda.
All'interno si possono ammirare opere di scultura e dipinti di Gaudenzio Ferrari (come l'Ultima cena, nell'altare di destra), Bernardino Luini ed una copia della perduta Madonna delle Vittorie di Giovan Paolo Lomazzo. La cupola fu affrescata nel 1531 da Giovan Pietro Crespi, nonno di Giovan Battista Crespi detto Il Cerano.
Della statua della Madonna esiste una copia esatta in Uruguay a Montevideo, nella chiesa del quartiere popolare del Cerro.
Dipinto tra il 1539 e il 1540 da Gaudenzio Ferrari, il grande polittico dell'Assunta fu offerto nel 1541 al santuario da Donato Prandoni, consigliere della comunità bustese. Originariamente esso fu collocato sulla parete di fondo del presbiterio, dove copriva un oculo, per poi essere trasferito nella posizione odierna (sulla parete settentrionale) in occasione dei lavori di restauro compiuti tra il 1939 e il 1943.
Il polittico è dominato dal Padre Eterno, raffigurato con le braccia aperte per accogliere Maria, portata in cielo da angeli che accompagnano il nimbo su cui siede e la incoronano regina.
Negli scomparti laterali vi sono i santi maggiormente venerati in quel tempo a Busto Arsizio. A sinistra si trovano le immagini di san Giovanni Battista con l'Agnus Dei e di san Gerolamo, titolare del convento femminile che sorgeva presso la chiesa di San Giovanni Battista; a destra vi sono invece san Michele Arcangelo che alza la spada contro il demonio e san Francesco d'Assisi. La ricca cornice dorata appoggia le quattro colonne, fasciate di rami e di foglie, su una predella con dipinti ed è divisa in tre parti da due piedritti: a sinistra è raffigurata la natività di Maria, al centro la presentazione al tempio e lo sposalizio, a destra si vede invece la Sacra Famiglia.
Gli affreschi della cupola: “cielo stellato”, opera di scuola pittorica locale databile 1531. In particolare, sarebbero opera di Giovanni Piero e Raffaele Crespi.
A Giovanni Battista della Cerva sono tradizionalmente attribuiti, nel presbiterio, l’Annunciazione, e l’Adorazione dei Magi e l’Adorazione dei pastori e nella cuffia d’angolo di destra un Concerto di angeli, opere databili 1542.
L’opera pittorica considerata unanimemente di maggior prestigio è il polittico dell’Assunta di Gaudenzio Ferrari (1475-1546) realizzato nel 1541, con figure di Santi e scene della vita di Maria, opera che diede il titolo alla chiesa. Il polittico oggi è collocato sulla parete nord ma fino al 1940 nell’abside.
Vi è poi il dipinto di Giovanni Paolo Lomazzo (1538-1600) raffigurante la Madonna col Bambino fra s. Paolo e s. Michele, realizzato nel 1571 (altare di Sinistra), una “ultima cena” realizzata in collaborazione fra G. Ferrari e G.B. della Cerva (altare - cappella a destra del presbiterio). l’Annunciazione, affresco strappato (1664) e Madonna con Bambino forse di Francesco Melzi (primo 500) sulla parete destra; Madonna con Bambino, santi Gervaso, Protaso, Caterina Giustina, quattro monache di Giacomo Raibolini detto il Francia (1554) sulla parete sinistra.
Sopra l’altare sinistro, dedicato una volta a santa Caterina, sono visibili tracce di decori vegetali dipinti da Biagio Bellotti.
In sagrestia si trovano i dipinti: Madonna adorante il Bambino e san Paolo in lettura ( Geminiano Benzoni).
Il campanile era in origine una torre civica, tanto è vero che tuttoggi, unitamente a parte delle campane, è di proprietà comunale. Doveva essere la residua delle sette torri originarie, posto che l’antico nome della chiesa precedente l’attuale era “Santa Maria delle sette torri” (secondo le cronache dei primi del 1600 del canonico Crespi Castoldi). Si ipotizza che – a difesa del nucleo centrale del villaggio, attorno all’attuale quadrilatero racchiuso da via Solferino e via Cavour – fossero state erette, appunto, sette torri che servissero da avvistamento. L’unica chiesa, pertanto, venne chiamata Santa Maria delle sette torri.
Sta di fatto che la torre è crollata il 25 marzo 1578, colpita da un fulmine.
Nel 1584, quando l’attuale santuario era ormai da tempo completato, venne ricostruita la nuova torre in mattoni. Nel 1884 si demolirono i fabbricati addensati fra il santuario e la vicina chiesa di sant’Antonio abate, in cui avevano anticamente trovato sede anche la Scuola dei Poveri ed il Comune. Così facendo si isolarono sia il campanile che la chiesa di Sant’Antonio. La torre in mattoni del 1584, piuttosto bassa rispetto alla chiesa, venne pressoché raddoppiata in altezza da Carlo Maciachini nel 1886-88, il quale riprese nella parte alta del campanile i medesimi motivi di cui alla cupola e del lucernario del santuario.
L’orologio solare è stato disegnato nel 1942.
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