Il Museo Civico di Crema e del Cremasco è collocato all'interno del convento rinascimentale di Sant'Agostino che costituisce uno degli edifici piu' suggestivi del centro storico. Le collezioni sono distribuite all'interno dell'intero complesso monumentale che si raccoglie intorno a due magnifici chiostri e compongono una ricca documentazione relativa alla storia, l'arte e la cultura di Crema e del suo territorio. Nell'antico refettorio del monastero si conserva uno straordinario ciclo di affreschi della Crocifissione e dell'Ultima Cena, realizzati da Giovan Pietro da Cemmo tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo.
Le sezioni del museo illustrano la storia del Cremasco dalla preistoria ai giorni nostri, attraverso reperti archeologici e documenti storici. Uno spazio importante è occupato dalla storia più recente di Crema, attraverso la ricostruzione della vita quotidiana nelle campagne di fine Ottocento e della storia industriale della città.
La pinacoteca espone le opere più significative della produzione pittorica cremasca dal XVII secolo ad oggi. Una parte importante delle collezioni è occupata dalla produzione dell'architetto e scenografo ottocentesco Luigi Manini, al quale si deve la realizzazione dello straordinario palazzo portoghese detto Quinta de Regaleira.
Il museo possiede inoltre una delle più importanti collezioni italiane di piroghe a livello nazionale. Le imbarcazioni, ricavate dallo scavo di un tronco d'albero, furono scoperte nei fiumi Adda, Oglio e Po nella seconda metà del secolo scorso.
Nel maggio del 1963 avvenne l'inaugurazione vera e propria: il patrimonio museale era stato suddiviso in alcune sezioni: storica, musicale, artistica, ma anche cartografica, ceramistica, numismatica, folkloristica e artigianale. Oltre alla figura di Edallo, si ricorda in particolare il coinvolgimento di Winifred Treni De Gregory e del pittore Gianetto Biondini, che curò la sezione artigianale ma soprattutto quella artistica, una delle più corpose del patrimonio museale. Nel 1965 vennero inaugurate due nuove sezioni: quella dei cimeli garibaldini e quella archeologica, resa particolarmente ricca dalla scoperta poco tempo prima di alcune tombe longobarde a Offanengo. Nel maggio del 2014 è stata inaugurata la nuova sezione di arte moderna e contemporanea, ampliata rispetto al nucleo precedente e dedicata ad opere del XIX e del XX secolo, selezionate a cura del critico d'arte Cesare Alpini.
Nel Museo sono custoditi vari esemplari di piroghe, presumibilmente di epoca altomedievale, recuperate nei greti dei fiumi Adda e Oglio e ottenute tramite escavazione dei tronchi d’albero. Tali imbarcazioni primitive sono la testimonianza dell’importanza dei corsi d’acqua per le popolazioni rivierasche, che li impiegavano abitualmente non solo per la pesca, ma anche per i trasporti e le comunicazioni, per le attività produttive e commerciali, traendone sostegno e vantaggio economico.
Il dominio longobardo in Italia ebbe termine con l’avvento dei franchi di Carlo Magno (VIII secolo), che svilupparono ulteriormente il precedente sistema curtense fondato sulla servitù della gleba ridando importanza al latifondo e alla signoria territoriale (feudo), che aveva nel castello del feudatario il proprio centro vitale. Di converso regredirono la posizione politica e il rilievo economico delle città, mentre notevole potenziamento ebbero i monasteri che, inizialmente concepiti come luoghi di isolato eremitaggio, divennero invece importanti centri per la conservazione e la diffusione della cultura e, grazie alla rivalutazione del lavoro manuale (l’ora et labora della regola benedettina), anche sicuri punti di riferimento in campo economico (in particolare per l’agricoltura) e sociale.
Il Museo vanta una ricca biblioteca specializzata nella storia, nell'arte e nell'archeologia di Crema e del territorio Cremasco. I circa 10.000 volumi della biblioteca comprendono anche due importanti fondi, il fondo Chiappa e il fondo Sala, costituiti in buona parte da libri e pubblicazioni.
Il lascito testamentario del dr. Ugo Chiappa risale al 14 luglio del 1966 ma l'ultimo blocco della donazione è pervenuto al Museo solo nel 1974.
Parte del fondo è conservata in Museo ed è costituita da reperti archeologici, materiale storico ed etnografico e documenti dell’archivio della famiglia Chiappa, databili tra la seconda metà del XVIII e i primi decenni del XIX secolo e relativi all’attività di speziali esercitata dalla famiglia fin dal XVII secolo. Parte del fondo è costituita da materiale librario (XVIII – inizi XX secolo).
Alberico Sala nasce a Vailate, paese della Gera D’Adda, nel 1923. Studia a Venezia e a Milano. Poeta, narratore, giornalista, critico cinematografico, autorevole critico d’arte e letterario. Giornalista fin dal 1945, dopo una parentesi bergamasca e un’altra romana, passa a Milano e a vent'anni è il più giovane redattore capo della stampa italiana.
Fonda il premio letterario S. Pellegrino di poesia e nel 1946 la rivista internazionale di letteratura Misura. Nel 1957 pubblica il suo primo libro di poesie Epigrafi e canti. Come scrittore ottiene prestigiosi premi e menzioni speciali. Muore a Vailate nel 1991. Il fondo donato da Alberico Sala al Museo è costituito prevalentemente da materiale librario, relativo alla storia dell'arte, ma sono presenti anche documenti personali.
Dal lato meridionale del secondo chiostro è possibile accedere alla sala dell’antico refettorio del convento, interamente affrescato da Giovan Pietro da Cemmo e dai suoi allievi, con grandi scene della Crocifissione e dell’Ultima Cena, lunette di spiccato sapore didascalico e celebrativo, rappresentazioni di Santi, Beati e dottori Agostiniani e ventiquattro tondi monocromi con Storie e Re biblici.
Nel 2008 sono state smantellate le strutture adibite all'allestimento delle mostre temporanee del Museo, restituendo la sala e gli affreschi alla visibilità originaria. Attualmente la sala viene utilizzata come spazio per le conferenze.
Entrando in Museo e percorrendo il chiostro settentrionale si resta immediatamente suggestionati dalla geometria delle architetture e dalle forme gotiche degli archi ogivali dell’antico complesso monastico. Qui sono esposti documenti della storia cittadina recente, con iscrizioni, epigrafi e monumenti del XVIII-XIX secolo. Lungo i muri del chiostro meridionale sono collocate epigrafi del XV e del XVI secolo e parte di un castello per campane.
La fototeca del Museo ha un patrimonio di circa 8000 fotografie e 150 cartoline dedicate principalmente alla riproduzione iconografica di Crema e del Cremasco.
Una parte importante della fototeca è costituita dalle fotografie del Fondo Manini, relative a momenti della vita dell’architetto e scenografo cremasco Luigi Manini e in parte scattate dallo stesso.
Un nucleo importante della fototeca è costituito dalle fotografie scattate dal maestro Giovanni Campi tra il 1910 e il 1930, che testimoniano luoghi e aspetti della città di Crema ormai scomparsi o notevolmente trasformati.
Il secondo gruppo numericamente importante della fototeca è costituito dalle fotografie della città di Crema scattate negli anni ’60 e ’70 dallo studioso di storia locale Mario Perolini. I soggetti delle fotografie del Perolini furono ripresi nel 2000 dai volontari del Fotoclub di Ombriano, che hanno condotto una nuova campagna fotografica documentando i mutamenti urbanistici e sociali della città nell’arco di quarant’anni.
Vanno inoltre menzionate le fotografie prodotte dal Gruppo Antropologico Cremasco prodotte a partire dagli ’80 e scattate da Dino Zanini e le fotografie relative alle collezioni del Museo realizzate dal fotografo Francesco Anselmi.
Le collezioni del Museo di Crema si sono formate in modi differenti: il nucleo più consistente è nato al momento della fondazione dell'istituto, con la selezione e la raccolta dei reperti e degli oggetti che i curatori del tempo ritenevano significativi per illustrare la storia e la cultura della città e del suo territorio.
In alcuni casi il Museo ha acquisito collezioni preesistenti, raccolte di oggetti e opere d'arte che erano state formate in precedenza. Al di là dell'interesse storico o artistico che rivestono i singoli oggetti, le collezioni raccontano molte cose anche del gusto e degli interessi personali e culturali di chi le ha formate.
Altri oggetti sono giunti successivamente, in seguito a scoperte fortuite (come le piroghe) o più semplicemente grazie alle generose donazioni dei cittadini.
Ancora oggi il museo incrementa le proprie collezioni mediante il prestito, lo scambio o l'acquisto di nuovi oggetti e opere d'arte. Negli ultimi anni il patrimonio museale si è arricchito notevolmente grazie all'acquisto della collezione Tinelli, una delle collezioni di macchine per scrivere di produzione italiana più significative e complete a livello nazionale, e della collezione Bacchetta, un nucleo di opere pittoriche di produzione cremasca del XIX e del XX secolo.
La sezione di Arte offre un’ampia panoramica dei maggiori artisti cremaschi e di coloro che hanno operato nei secoli sul territorio, a partire dalle importanti testimonianze del XV e del XVI secolo, con gli affreschi provenienti dalla chiesa di San Domenico in Crema, dall’ex cappella incorporata alla cascina Monasterolo di Dovera e con le opere di V. Civerchio e gli affreschi di A. Buso. Il XVI secolo è rappresentato in particolare da una Natività del Caravaggino, una Sacra Famiglia di C. Urbino e la tela dei SS. Girolamo e Francesco.
Testimonianza preziosa della chiesa di S. Agostino, annessa al convento di Crema e oggi non più esistente, sono invece le pale di Carlo Urbino, Palma il Giovane e Fra Sollecito Arisi. Dalla Basilica di S. Maria della Croce proviene inoltre un’interessante Testa di Santa, opera di A. Fondulo, attivo tra il XV e il XVI secolo. Particolarmente interessante è la serie di tavolette lignee da soffitto del XV-XVI secolo, dipinte con soggetti zoomorfi, antropomorfi e stemmi che dovevano adornare i palazzi cittadini e le dimore signorili di Crema e del territorio.
La produzione Secentesca è documentata invece dalle opere di G. G. Barbelli, T. Pombioli, A. Ferrario e G. B. Lucini e da un’interessante serie di ritratti di personaggi di casa Benvenuti. Il Settecento è il secolo di Mauro e Tommaso Picenardi, ma il Museo documenta anche l’attività di artisti esterni che testimoniano la vivacità della richiesta di produzione artistica in questo periodo.
Le collezioni testimoniano infine la produzione artistica moderna e contemporanea, con una particolare attenzione agli autori di Crema e del territorio.
La notevole variazione del paesaggio cremasco nel corso dei secoli, dovuta principalmente all’andamento delle acque, aiuta a comprendere più compiutamente le ragioni della forte discontinuità che si osserva nelle testimonianze archeologiche dalla preistoria all’età medievale.
La documentazione più antica per questa regione risale al Paleolitico ed è rappresentata dalle faune fossili recuperate nei fiumi. In Museo sono esposte le ossa della mandibola e un palco di corna di cervo rinvenute nell'Adda e il cranio di un bisonte, rinvenuto a Quinzano d'Oglio. La prima frequentazione antropica del territorio è documentata nel Mesolitico ma in Museo sono conservati strumenti in selce scheggiata e lame d'ascia in pietra levigata del Neolitico, che testimoniano per questo periodo l'esistenza di scambi a lunga distanza attraverso la pianura.
Nella Preistoria la presenza umana risulta particolarmente significativa per l’età del Bronzo, come testimoniano i ritrovamenti del cimitero del Cantuello di Ricengo e dell’insediamento di Vidolasco, che costituisce una testimonianza estremamente significativa del popolamento della Pianura in un’epoca altrimenti caratterizzata da un marcato decremento demografico.
Nel Cremasco, la presenza dei Celti è documentata archeologicamente dai cimiteri, databili tra il III e il I sec. a.C. A partire dal III sec. a.C. i Romani estendono la loro influenza all'Italia Settentrionale, mediante l'occupazione militare, la realizzazione di strade e insediamenti (Cremona viene fondata nel 218 a.C.) e la distribuzione di terre da coltivare ai nuovi coloni. Nei territori a nord del Po la politica di annessione romana è più lenta e graduale e avviene mediante la costituzione di alleanze politiche con i maggiorenti delle tribù indigene. L'influenza romana porta ad un cambiamento complessivo del quadro culturale della regione: progressivamente il latino diventa la lingua comune, vengono prodotti vasi, suppellettili e ornamenti di gusto romano e scompaiono alcuni riti funerari più antichi. Questo processo lento e graduale viene definito romanizzazione e si prolunga fino agli inizi del I. sec. a.C.
I reperti esposti in Museo testimoniano il progressivo cambiamento del rituale funerario dovuto al contatto con i Romani: nelle tombe compare vasellame di gusto romano e progressivamente scompaiono le armi, che caratterizzavano invece il corredo delle tombe celtiche maschili più antiche.
I terreni sono divisi in lotti e distribuiti ai contadini e il territorio viene occupato in modo capillare da fattorie e piccoli centri produttivi.
Nel territorio compreso tra Adda e Oglio gli insediamenti e i cimiteri di età romana sono poco documentati ma possiamo citare il piccolo centro di Camisano e la villa rustica di Gallignano. Il resto della documentazione archeologica è costituito da ritrovamenti tombali a Offanengo, Madignano, Castelleone (località Le Valli, Cassacavra e Corte Madama) e Genivolta.
La pianura padana è attraversata da un fitto reticolo di vie stradali e fluviali che consentono l'arrivo di prodotti provenienti da tutte le province dell'impero: in Museo sono esposte alcune anfore, i grossi recipienti di ceramica destinati al trasporto di olio, vino e salse di pesce prodotti lungo le coste dell'Adriatico, in Spagna e nel Mediterraneo Orientale.
Solo in età tardoantica la presenza romana sul territorio è documentata in forme monumentali: una grandiosa villa viene infatti edificata a Palazzo Pignano. Secondo una concezione tipicamente romana la villa è organizzata in una parte residenziale, dotata di un impianto di riscaldamento e decorata con mosaici policromi, e una parte destinata invece alle attività produttive del grande latifondo che doveva circondarla. In prossimità della residenza viene costruito un edificio sacro, dotato di fonte battesimale
In età altomedievale il territorio cremasco subisce le sorti degli altri territori dell'Italia Settentrionale e fu occupato dagli Ostrogoti e successivamente dai Longobardi. In Museo sono esposti i corredi delle tombe di guerrieri longobardi rinvenute ad Offanengo (VII secolo) e Castelgabbiano (VI-VII secolo).
Le collezioni del Museo si completano infine con la produzione ceramica rinascimentale e con alcuni elementi della decorazione architettonica in terracotta proveniente dal Duomo di Crema.
Nella parte espositiva fluviale sono esposte quattro delle tredici piroghe possedute dal museo, contestualizzate in un allestimento suggestivo e coinvolgente. Un tappeto multimediale interattivo ti consentirà di imparare divertendoti come si costruivano queste possenti imbarcazioni centinaia di anni fa.
Le collezioni di Storia forniscono un’interessante panoramica della storia cittadina nel periodo compreso tra il XV e il XX secolo e sono costituite da una pregevole raccolta cartografica, in cui spiccano due disegni del XVII secolo relativi alla Roggia Comuna, da manoscritti e documenti stampati ed infine da una eterogenea collezione di oggetti come monete, medaglie, timbri amministrativi e armi.
La documentazione più antica della storia di Crema è andata perduta a causa degli incendi che devastarono prima la città (1160) e successivamente il suo archivio (1449). Di questo lungo e tormentato periodo rimane la rappresentazione dell’episodio degli ostaggi di Crema, avvenuto nel corso dell’assedio di Federico Barbarossa del 1159-1160, in una grande tela ottocentesca di Gaetano Previati.
I documenti testimoniano invece il periodo di relativa tranquillità di cui godette la città dal 1449 in poi, anno in cui passò sotto il dominio di Venezia, che diede impulso allo sviluppo urbanistico, culturale ed artistico di Crema e del territorio, come testimoniano ad esempio gli stemmi di alcuni Accademici, l’attività del Teatro, già attivo nel XVII secolo e la Cappella del Duomo.
Le collezioni comprendono infine documenti estremamente eterogenei relativi al periodo Risorgimentale e ai due conflitti mondiali.
La sezione musicale del Museo di Crema documenta il ruolo rivestito da Crema dal XVII secolo fino ad oggi nella produzione musicale, grazie all’attività di due istituzioni che per secoli hanno costituito importanti punti di promozione e diffusione dell’attività musicale: la Cappella musicale della Cattedrale e il Teatro, ampliato nel 1784 su progetto di G. Piermarini e distrutto nel 1937. Alle due prestigiose istituzioni sono legati nomi di musicisti di notevole levatura come Francesco Cavalli, figlio di un maestro di cappella, compositore, organista, cantore nella Cappella Marciana di Venezia, e Giovanni Bottesini compositore, direttore d’orchestra e contrabbassista di fama internazionale.
Anche l’artigianato legato alla produzione musicale, trasse beneficio dalla presenza attiva delle due istituzioni. Lo testimoniano i diversi strumenti esposti ed in particolare i violini del liutaio cremasco A. Rovescalli e i numerosi documenti che attestano la qualità della produzione organaria cittadina attiva dalla fine del XVIII secolo fino ai giorni nostri.
Il Museo conserva infine una ricca documentazione grafica costituita da bozzetti per scenografie teatrali dei maggiori scenografi cremaschi che svolsero la loro attività anche nel teatro sociale cittadino: Luigi Manini e Antonio Rovescalli.
Un allestimento ricostruisce la dimora padronale di una cascina cremasca di fine ‘800 – inizi ‘900. In una simile tipologia abitativa potevano trovare alloggio personaggi differenti, in genere posti al vertice dell’attività contadina, come il proprietario del fondo agricolo, l’affittuario, il fattore, che lavorava per conto del padrone o il mezzadro, che lavorava la terra dividendo a metà gli utili con il proprietario.
All’interno degli ambienti espositivi vengono illustrate le tecniche per la coltivazione del lino e la lavorazione dei tessuti, per proseguire quindi nella ricostruzione della cucina, con tutti gli oggetti e gli strumenti utilizzati nel corso delle attività quotidiane: la gremola per impastare il pane, la zangola per il burro, le pentole e tutte le suppellettili che si impiegavano per cucinare e servire a tavola. Il percorso prosegue nella camera da letto, chiamata suler, posta generalmente al primo piano della casa contadina, dove oltre ai mobili tradizionalmente presenti in questo ambiente si possono osservare alcuni oggetti particolari, come il guantone per il gioco della palla e un velocipede.
Le sale Agello sono adibite alla realizzazione di mostre di arte e storia contemporanea.
Il grande cortile retrostante il Museo, sul quale si affacciano gli spazi espositivi della Sezione di Archeologia Fluviale, è occupato da un grande palco utilizzato prevalentemente nel periodo estivo per organizzare concerti, recite ed attività teatrali.
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