Piermarini Giuseppe nato a Foligno il 18 luglio 1734 da giovine studia matematica, meccanica, anche astronomia; con tanto amore che, dietro le insistenze dell'astronomo gesuita R. Boscovich, viene mandato a Roma per un corso regolare di studi nel 1760. Ma a Roma, più che dalle scienze esatte, si sente attratto dall'architettura, alla quale si dedica interamente avendo per maestri Paolo Posi e Luigi Vanvitelli. Finiti gli studi, torna a Foligno, e vi si indugia a copiare monumenti classici e a disegnare piccoli edifici e chiese di campagna. E forse si sarebbe impigrito nella quiete provinciale della sua terra, se non gli fosse toccata la meritata fortuna d'essere chiamato dal Vanvitelli a Caserta. Là il suo grande maestro lo aveva desiderato collaboratore nei disegni e nella costruzione della Reggia, dal 1765 al 1769. Sono del tempo di questo soggiorno i rilievi dell'Arco di Traiano a Benevento.
Nel 1770, iniziò la risistemazione dell'Università di Pavia e tre anni dopo il palazzo dell'Accademia di Scienze e Belle Lettere, detta anche Virgiliana a Mantova.
Con la decisione del governo austriaco di insediare stabilmente a Milano un arciduca, venne stabilito di realizzare una dimora cittadina appropriata e una casa di campagna. Per l'abitazione cittadina, si adattò il Regio Ducale Palazzo, posto di fianco del Duomo, mentre per la residenza di campagna, si decise di costruirne una ex novo poco fuori di Monza.
Il Piermarini, a cui venne affidata l'impresa, cercò di non far sfigurare il nuovo palazzo, rinnovato in sobrie forme neoclassiche (1773-80), dinnanzi alla magnificenza del Duomo gotico, e per ovviare a questo problema realizzò la cosiddetta Piazzetta Reale, prospiciente il palazzo e allora più ampia di Piazza Duomo, uno spazio delimitato ma non chiuso, che grazie a quel vuoto urbanistico riequilibra il rapporto tra i due edifici. La Piazzetta Reale che osserviamo oggi è stata rimaneggiata nel corso dell'Ottocento e del Novecento perdendo gran parte del suo carattere originale. In particolare, le due "maniche" del palazzo (le ali laterali che si dirigono verso il Duomo) sono state accorciate drasticamente facendogli perdere gran parte della sua bellezza legata in gran parte ai rapporti proporzionali tra i corpi. La ristrutturazione del palazzo fu assai travagliata e Piermarini dovette equilibrare le richieste di stile e soprattutto di economia di Vienna (l'imperatrice Maria Teresa d'Austria e il suo architetto Nicolò Pacassi, che aveva steso un primo progetto di ristrutturazione) con le esigenze e le aspettative dei futuri abitanti: il principe Ferdinando d'Asburgo-Lorena (figlio di Maria Teresa d'Austria) e consorte.
Piermarini decise anche di riorganizzare urbanisticamente il centro cittadino, aprendo Piazza Fontana e via Santa Radegonda, asse di collegamento col Teatro alla Scala e rettificando il Corso di Porta Orientale (l'attuale Corso Venezia), asse di collegamento con Monza e con Vienna.
Intanto, nel 1771, partecipa al concorso per i disegni della sede dell'Accademia (oggi Accademia Virgiliana) di Mantova in gara col Bibbiena. La vittoria, fatta più preziosa dalla celebrità del competitore soccombente, gli viene in seguito amareggiata da artificiose contrarietà alle quali egli tiene testa, dignitosamente. La costruzione fu terminata dall'architetto Paolo Pozzo nel 1775. Verso il 1772 appresta i disegni di riforma e d'ampliamento dell'università di Pavia; ma i lavori della facciata furono condotti con varianti da lui disapprovate.
Nel 1777 inizia la Villa reale di Monza, voluta dall'arciduca Ferdinando e terminata tre anni dopo.
Questa rapidità è di per sé un titolo di merito per l'architetto; che, più maturo d'esperienza, più saldo nei mezzi finanziari, libero nello sviluppo, dà buona prova del suo equilibrato spirito d'arte, architettando un'imponente, comoda e ben disposta reggia di soggiorno e trasfondendo nei giardini, nelle visuali, nella disposizione di verdi e di acque, di viali e di sfondi, la fantasia nutrita a Caserta e il proprio criterio di una commisurata nobiltà d'effetti. Nelle ville Piermarini, in confronto di quelle del sei e del settecento, fu ritenuto moderno assai; ma l'architettura ne è un po' troppo severa: a Desio, presso Milano, la villa Cusani, trasformata poi nella villa Tittoni; a Cassano d'Adda, la grandiosa villa D'Adda ora Borromeo; in Brianza, a Ello, la villa Prinetti ora Amman, e, a Cremnago, la villa Perego di Cremnago (1782).
Parecchi furono i palazzi costruiti a Milano: Casnedi; Mellerio; Morigia in Via Borgonuovo; la facciata verso il giardino del palazzo Cusani in Via Brera; pure verso il giardino, la fronte del palazzo Litta sul corso Magenta; il portale del palazzo di Brera, del 1780; il palazzo del Monte di Pietà (1782-1783). Ma già nel 1777 aveva eretto per i Belgioioso il loro magnifico palazzo sulla piazza che ne prende il nome: primo fra tutti, anche per il carattere nell'espressione delle nuove tendenze architettoniche.
Al rinnovamento urbanistico di Milano, per impulso dell'arciduca Ferdinando, diede opera il Piermarini con la sistemazione, nel 1780, della piazza dinnanzi all'arcivescovado (del quale fece la facciata) e che fu chiamata dalla bella fontana che vi eresse, con il tracciato e il progetto di edifici per la via di S. Radegonda (1783); con la creazione rapida e felice dei giardini pubblici (la parte verso il corso) fra il 1782 e il 1787.
La sua opera universalmente conosciuta è il Teatro alla Scala, costruito nel 1776-78, un edificio di foggia neoclassica, ma ove si legge il recupero di un linguaggio morfologico rinascimentale. Dell'edificio originario, dopo i molti, successivi interventi (cominciati sin dal 1808-14 ad opera del Canonica) e la distruzione provocata dai bombardamenti del 1943, resta la facciata (salvo il pesante intervento del Botta) e l'impianto generale.
Nel 1776 ottenne la cattedra di architettura alla neonata Accademia di Belle Arti di Brera e l'anno successivo iniziò la Villa Reale di Monza. Inizialmente progettata come luogo di villeggiatura e di delizie, per volontà dell'arciduca venne pensata come un vero e proprio palazzo di corte e di rappresentanza, privilegiando soluzioni sobrie e un'organizzazione degli spazi interni funzionale e attenta alle esigenze abitative. Ancora a Monza costruì il Teatro arciducale, andato a fuoco nel 1802. Nel 1779 venne nominato Imperiale Regio Architetto.
Nel contado venne chiamato dal suo amico ebanista Giuseppe Maggiolini, per la realizzazione della facciata della Chiesa Prepositurale dei Santi Gervasio e Protasio (1780) di Parabiago. Nel 1782 lavorò all'ingrandimento del Teatro Sociale di Crema.
Nel 1798 tornò a Foligno, approntando il progetto per la cappella del Sacramento nella chiesa di San Lorenzo a Spello e realizzando interventi nel Duomo della sua città natale.
È zio per parte di madre dell'abate Feliciano Scarpellini, scienziato rifondatore dell'Accademia dei Lincei.
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