martedì 5 maggio 2015

PERSONE DI VALSOLDA : ANTONIO FOGAZZARO

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Antonio Fogazzaro (Vicenza, 25 marzo 1842 – Vicenza, 7 marzo 1911) è stato uno scrittore e poeta italiano.

Fu nominato senatore del Regno d'Italia nel 1896. Dal 1901 al 1911 fu più volte tra i candidati al Premio Nobel per la letteratura, che tuttavia non vinse.

Nasce a Vicenza, nella casa al numero civico 111 dell'attuale corso Fogazzaro, da Mariano, industriale tessile, e da Teresa Barrera, in un'agiata famiglia di tradizioni cattoliche: lo zio paterno Giuseppe era sacerdote e una sorella del padre, Maria Innocente, era suora nel convento di Alzano, presso Bergamo.

Antonio scriverà di sé stesso: «Dicono che sapessi leggere prima dei tre anni, che fossi un enfant prodige, antipatico genere. Infatti ero poco vivace, molto riflessivo, avido di libri. Mio padre e mia madre mi istruivano con grande amore. Avevo un carattere sensibile, ma chiuso».

Nel maggio 1848, nelle giornate della prima guerra di indipendenza, la madre lo porta con la sorella minore Ina a Rovigo: Vicenza è insorta e prepara la sua difesa contro la reazione dell'Imperial regio Esercito austro-ungarico. Il padre Mariano e lo zio don Giuseppe partecipano ai preparativi della città, ma sarà tutto vano e il 10 giugno l'esercito di Radetzky entra in Vicenza.

Concluse gli studi elementari nel 1850: scriverà poi di non avere «mai studiato con gran zelo quello che dovevo studiare, anche da ragazzetto leggevo con avidità ogni sorta di libri dilettevoli; per il vero studio non avevo nessun entusiasmo. Leggevo poi malissimo, in fretta e furia, disordinatamente. Il mio libro prediletto erano le Mémoires d'Outre-tombe del Chateaubriand. Andavo pazzo dell'autore; m'innamoravo fantasticamente di Lucile del Chateaubriand, come più tardi mi innamorai di Diana Vernon, un'eroina di Walter Scott».

Nel 1856 inizia a frequentare il liceo; tra i suoi professori è il poeta Giacomo Zanella: «Fu lui che mi fece innamorare di Heinrich Heine. Io non vedevo, non sognavo più che Heine». Non si crea amici fra i suoi compagni di scuola: «Passavo per aristocratico, reputazione che ho poi avuto più o meno dappertutto per il mio esteriore freddo, riservato e soprattutto per il mio odio della trivialità» ed è un adolescente timido e romantico: «Le mie fantasie amorose erano sempre tanto fervide quanto aeree: mi figuravo di avere un'amante ideale, un essere sovrumano come Chateaubriand descrive la sua Silfide. Con le signore ero di un imbarazzo, d'una timidezza, di una goffaggine straordinarie».

Scrive modeste poesie d'occasione, conservate in un suo quaderno e in lettere familiari, come una Campana a stormo, del 1855, o La Rassegnazione, del 1856.

Terminato il liceo nel 1858, i suoi interessi lo spingerebbero verso studi di letteratura ma trova l'opposizione del padre, che non trova in lui capacità letterarie e intende farne un avvocato. Iscritto all'Università di Padova, tra alcune lunghe malattie e la stessa chiusura d'autorità dell'Università nel 1859 a causa delle proteste studentesche contro il regime austriaco, Antonio perde due anni di studi. Nel novembre del 1860 la famiglia Fogazzaro si trasferisce a Torino e Antonio è iscritto alla facoltà di giurisprudenza dell'Università sabauda. Studia poco e malvolentieri, frequenta più spesso i caffè, giocando al biliardo, che le aule dell'Università e perde anche la fede cattolica; scrisse poi di aver provato allora «una certa soddisfazione come per aver rotto una catena pesante; sentivo però anche un lontano dubbio di errare. Lo provai specialmente la prima Pasqua che passai senza Sacramenti. So di avere passato delle ore di grande agitazione interna, passeggiando per il giardino deserto del Valentino».

Continua a scrivere poesie e il giornale Universo ne pubblica alcune nel 1863: si ricordano Campana del Mezzogiorno, Nuvola, Ricordanza del Lago di Como; si laurea nel 1864 con voti modesti. Nel novembre dell'anno successivo la famiglia si trasferisce a Milano e Antonio svolge il proprio praticantato presso uno studio legale.

Fogazzaro conosceva fin dall'infanzia la famiglia vicentina dei conti Valmarana; rivide in particolare la giovane Margherita già a Torino nel 1862 e poi durante le vacanze degli anni successivi, finché i Valmarana resero visita a Milano alla famiglia Fogazzaro nel 1866, in quella che doveva essere la preparazione a una richiesta di fidanzamento, avvenuta qualche mese dopo. I due giovani si sposarono a Vicenza il 31 luglio 1866, poche settimane dopo che il Veneto, a seguito della terza guerra di indipendenza, era entrato a far parte del Regno d'Italia.

Il suo lavoro di collaboratore svogliato di uno studio legale non gli permette di mantenere se stesso e la moglie senza il soccorso economico della sua famiglia di origine. A Milano conosce Abbondio Chialiva, un vecchio carbonaro che lo introduce nell'ambiente letterario degli scapigliati, scrittori che, come Emilio Praga, i fratelli Arrigo e Camillo Boito, Iginio Ugo Tarchetti, cercavano, consapevoli del provincialismo letterario italiano, nuove strade nell'arte, rifacendosi alle tradizioni romantiche tedesche e francesi. Si lega in particolare con Arrigo Boito ma non farà mai parte di quella corrente che, per quanto confusa e velleitaria, appariva troppo ribelle ai suoi occhi di borghese conservatore e intimamente conformista.

Nel 1868 supera gli esami di abilitazione alla professione di avvocato; scrive allo zio Giuseppe il 21 maggio: «Eccomi avvocato; bell'affare per i miei futuri clienti! Intanto metto il Codice Civile in disponibilità, mando la Procedura in licenza e condanno il Codice Penale alla reclusione». Pensa infatti di dedicarsi ancora alla poesia; nel 1869 nasce Gina, la prima figlia, e intanto comincia a lavorare a un romanzo e a un poemetto in versi.

Nel 1876 esce la raccolta di versi Valsolda legata alla omonima località sul lago di Lugano, presso una piccola casa editrice milanese, giacché il maggior editore dell'epoca, il Treves, rifiuta di pubblicarla. Questa volta, all'insuccesso critico si somma la delusione del pubblico, che in quei versi non trova il tono sentimentale di Miranda, che tanto era piaciuto agli spiriti romantici del tempo; in Valsolda Fogazzaro privilegia la nota paesistica ma il suo verseggiare, pur immaginoso e musicale, è privo di note personali, ha un che di accatto dilettantesco: vi si trova del Prati e dello Zanella, dell'Aleardi, dell'Hugo e del Heine, ma la poesia è assente.

Era intanto ritornato alla fede cattolica; scriverà anni dopo che a questo passo un influsso decisivo aveva avuto un libro di Joseph Gratry, la Philosophie du Credo: «Volevo aver fede, riposarmi, ristorarmi in Dio, sola pace sicura, e tante volte non potevo. Incominciai a leggere con desiderio e speranza; ero molto commosso quando chiusi il libro».

I temi della poetica di Antonio Fogazzaro, senza dubbio una delle figure più interessanti del secondo Ottocento italiano, evidenziano il contrasto, particolarmente sentito all'interno della cultura cattolica predominante allora in Italia, tra le passioni e il senso del dovere. Già nel poemetto in versi sciolti Miranda (1874) e nella successiva raccolta di liriche Valsolda (1876) è possibile notare alcune peculiarità dello stile di Fogazzaro: sensualità nelle immagini alternata a slanci mistici e inquietudini interiori.

I romanzi Malombra (1881), Daniele Cortis (1885), Il mistero del poeta (1888) insieme alla raccolta di racconti Fedele (1887), preludono a quello che è il suo testo più noto, Piccolo mondo antico (1895), in cui la storia dei protagonisti si intreccia con le vicende dell'Italia risorgimentale. In questi anni Fogazzaro si accostò alle correnti moderniste e alle teorie positiviste ed evoluzioniste, contribuendo alla loro diffusione tramite un'intensa attività di pubblicista e conferenziere, ben presto contestata dalla Chiesa; nel 1905 le sue opere furono messe all'indice.

Nel resto della produzione dell'autore ricordiamo per la saggistica: Scienza e dolore (1898), Discorsi (1898), Il dolore nell'arte (1901); per la narrativa: Piccolo mondo moderno (1901), Il santo (1905), Leila (1910).

La Villa di Fogazzaro a Valsolda è stata la dimora privilegiata per le villeggiature estive del letterato, la casa divenne luogo del suo divertimento e del suo riposo.
Le stanze della Villa, intime e raccolte, sono colme di fotografie di famiglia e di cimeli, testimonianze dello stile di vita di una famiglia borghese sul finire dell’Ottocento: il vero e proprio Piccolo mondo antico di Fogazzaro, immerso nei paesaggi mozzafiato del Ceresio, tra lago e montagna.

Villa Fogazzaro Roi conserva al suo interno le memorie dello scrittore che qui scelse di ambientare gran parte dei suoi romanzi, tra cui il più noto “Piccolo mondo antico”, che riproduce fedelmente il paesaggio e lo spirito di questo luogo ai tempi di Fogazzaro. La Villa è di stampo ottocentesco, sia per lo stile, che per i suoi spazi raccolti, ed è costituita da un insieme di fabbricati costruiti sul primo nucleo originale del XVI secolo e da numerose stanza, di cui molte dedicate all’accoglienza degli ospiti. L’aspetto attuale degli interni si deve al meticoloso lavoro di Roi, che agli oggetti originali appartenenti alla famiglia Fogazzaro, ha affiancato mobili e manufatti provenienti da altre dimore fogazzariane e di famiglia per valorizzare l’opera e la storia del suo antenato. La camera da letto e lo studio dello scrittore, ad esempio, sono state ricostruite fedelmente grazie ai lavori di restauro portati avanti da Roi negli anni ’50 e ’60 del Novecento.

C'è il giardino con le stesse piante, conservate in modo maniacale. I cipressi, il glicine, l'olea fragrans, la vite del Canadà. C'è l'orto di Franco. Il vecchio viottolo che costeggia il lago. La terrazza. Lo sciabordio delle acque. La darsena dove nel romanzo perse la vita, annegata, la piccola Maria, la "Ombretta sdegnosa del Missisipì". I saloni, i salottini, lo studio, le camere da letto, la cucina, come se i padroni di casa fossero ancora presenti, solo usciti un attimo a fare due passi.

La proprietà di questo luogo straordinario, nel quale venne in parte ambientato nel '41 il celebre film di Mario Soldati, è stata lasciata in eredità al Fai, il Fondo per l'ambiente italiano, dal marchese Giuseppe Roi pronipote di Antonio Fogazzaro (suo nonno sposò la figlia del grande scrittore).
Nel romanzo di Fogazzaro è il paesaggio a essere uno dei protagonisti principali. Oria è la piccola frazione di Valsolda dove si trova la nuova proprietà del Fai, il lago stretto tra le montagne aspre, ripide, boscosissime, i diversi paesini che si affacciano, a mezza costa, in un angolo dimenticato d'Italia, in provincia di Como, al confine con la Svizzera. Chi vorrà ripercorrere quei sentieri avrà la sorpresa di ritrovarsi facilmente nelle descrizioni precise di Fogazzaro. Negli identici luoghi in cui si muovono i suoi personaggi, a San Mamete, Cressogno, Loggio.

Ma è all'interno della villa che la corrispondenza tra "Piccolo mondo antico" e gli spazi visitabili è totale. La casa abitata dai protagonisti, Franco Maironi e Luisa Rigey e dalla loro figlioletta Maria, di tre anni e mezzo, è descritta nel romanzo nei minimi particolari, proprio come la vediamo oggi: "... Sopra l'arco della darsena una galleria sottile lega il giardinetto pensile di ponente alla terrazza di levante e guarda il lago per tre finestre. La chiamavano loggia, forse perché lo era stato in antico. Dietro alla loggia vi ha una sala spaziosa e dietro alla sala due stanze: a ponente il salottino da pranzo tappezzato di piccoli uomini illustri di carta, ciascuno sotto il proprio vetro e dentro la propria cornice. Dai cassettoni rococò delle camere da letto alla madia della cucina, dal nero pendolo del salottino da pranzo al canapè della loggia con la sua stoffa marrone cosparsa di cavalieri turchi gialli e rossi, dalle seggiole impagliate a certi seggioloni dai braccioli spropositatamente alti...".
Il salone principale, battezzato "Siberia" dalla famiglia perché il più freddo, proprio sopra la darsena, è pieno, come tutta la casa, di oggetti ottocenteschi, soprammobili, uccelli impagliati, stampe e fotografie d'epoca. Particolarmente affascinante lo studio dello scrittore, dove sono conservati i suoi libri. E la sua scrivania da lavoro, con all'interno dei cassetti, sul legno, decine di piccoli brevi scritti originali dell'autore, come le invocazioni al figlio scomparso in giovane età. O un appunto autografo come questo: "11 agosto 1895, finito nel pianto "Piccolo mondo antico"".

Sulla porta della camera da letto di Fogazzaro, al secondo piano, il custode Giorgio Mellone, appassionato conoscitore di questi ambienti, mostra il punto in cui il poeta Giacomo Zanella, amico intimo dello scrittore, ha lasciato come ringraziamento una scritta a matita, nel 1865, che ancora oggi si legge chiaramente: "Tra tanto variar d'ombre e di luce, che sui monti e sul lago il sole induce, una cosa non muta il lieto volto, onde sempre qui vien l'ospite accolto". Versi che un altro amico dello scrittore, il maestro Gaetano Coronaro, sempre sulla medesima porta, a matita, ha messo in musica, disegnando le note e il pentagramma.

Molti i pezzi di arredamento di grande valore. In particolare le ceramiche e i servizi di piatti del Settecento, firmati dalla Manifattura Cozzi. Tappeti, mobili e un piccolo quadro di Fattori con un soldato a cavallo.

In origine la Villa apparteneva alla Parrocchia di San Sebastiano, ma a metà del XIX secolo passò alla famiglia Barrera, di cui faceva parte la madre di Antonio Fogazzaro. Nel 1900 fu acquisita dalla famiglia Fogazzaro, imparentata con gli vicentini Roi.

Il prestigioso Premio Letterario Antonio Fogazzaro, nato per promuovere la narrativa e la poesia in lingua italiana e in dialetto. Tra i più attesi appuntamenti letterari, il Premio intende diffondere la figura e l’opera di Antonio Fogazzaro, uno degli scrittori più significativi della cultura letteraria fra Otto e Novecento e la conoscenza del territorio della Valsolda, terra natale della madre dello scrittore.




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