Monasterolo del Castello è un comune italiano della provincia di Bergamo, in Lombardia.
È meta turistica, dato che può offrire al visitatore la pratica di attività sportive quali pesca, escursioni in barca a remi sul lago, windsurf e trekking. Numerose sono le possibilità di svago, tra cui spiagge ed un centro sportivo- turistico, ed i rinomati ristoranti disseminati lungo il litorale lacustre.
Le origini del castello sono tutt’ora controverse. Pare infatti che l’attuale struttura venne edificata in luogo di un precedente edificio risalente all’alto Medioevo adibito a monastero benedettino ed abbattuto al termine dell’VIII secolo dall’esercito dei Franchi (anche se altre ipotesi indicherebbero Federico Barbarossa).
Tale teoria è suffragata dal ritrovamento delle fondamenta di tale costruzione, tipiche dell’architettura benedettina. La nuova struttura invece è di difficile datazione, in quanto mancano documenti che ne attestino l’esistenza: fino a qualche tempo fa si pensava che il "castra monasteriolo" riportato in atti del 989 e del 1022, fosse riferito al castello in questione, mentre più probabilmente è da ricollegare al borgo medievale di Monasterolo, sito nel comune di Robecco d'Oglio in provincia di Cremona.
Il primo documento attribuibile in modo certo risale invece al 1130, epoca in cui si pensa che il maniero fosse utilizzato sia per scopi difensivi che residenziali. Si presume inoltre che la fortificazione fosse anche adibita al deposito di animali e scorte alimentari durante il passaggio di eserciti nemici, nonché come rifugio degli abitanti della piccola comunità durante tali situazioni di pericolo.
I primi proprietari furono gli appartenenti della famiglia Mozzo, a cui poi subentrò la famiglia Suardi, che ricopriva un ruolo predominante sull’intera vallata quindi i Terzi.
Nessun episodio di rilievo si verificò fino all’arrivo della Repubblica di Venezia (prima metà del XV secolo) la quale, al fine di porre fine alle lotte tra guelfi e ghibellini, ordinò la distruzione di tutte le fortificazioni. La famiglia Suardi, al fine di evitare la demolizione del castello, decise di renderlo una dimora signorile a tutti gli effetti.
I secoli seguenti videro un progressivo ma inesorabile abbandono della struttura, fino al punto da renderla fatiscente ed a rischio di crolli. Negli anni trenta venne ceduto dalla famiglia Terzi alla contessa britannica Winifred Terni De Gregory e soltanto nel 1937 vennero iniziati i lavori di restauro che, protratti fino al 1945, videro il recupero sia degli interni che dei giardini.
Il castello ha fatto da set cinematografico per il film Tutti gli uomini del deficiente della Gialappa's band, dove rappresentava la sede centrale della Totem Arts.
L’edificio, che si trova su una piccola collinetta di origine morenica posta tra l’estremità meridionale del lago di Endine e la sponda sinistra del fiume Cherio, è circondato su tre dei quattro lati da una cinta muraria, mentre a nord è delimitato dal lago e, nei secoli scorsi, da paludi. La muratura è costituita da conci grossolani e pietre poco lavorate, con dimensioni diverse a seconda dell’altezza a cui sono poste.
L’ingresso è posto nel lato a sud, ed è costituito da un portale in stile gotico a forma ogivale: da questo si accede alla cosiddetta Corte bassa, costituita da un cortile a pianta quadrata circondato da cinta muraria dotata di camminamento di ronda e merlature: queste ultime non sono altro che un motivo ornamentale, aggiunte in un secondo momento rispetto al resto della struttura. A sinistra dell’ingresso inoltre si trova un piccolo Oratorio, dedicato a Sant’Anna, risalente al XVII secolo.
La struttura prosegue quindi con la Corte alta, a forma trapezoidale: costituita da un corpo ad "L" su due piani che possiede un porticato dotato di archi e colonne nonché numerose stanze, è completata da un altro piccolo cortile a forma irregolare.
Accurati restauri hanno ridato splendore all’insieme, cosicché oggi il castello si presenta come una meta da riscoprire, racchiudendo in sé le bellezze ambientali e artistiche che costellano la Valle Cavallina. Il giardino del castello è ritenuto uno tra i più belli esistenti oggi in Italia settentrionale. Il giardino, abbozzato nel 1938 dalla contessa Terni de Gregorj Taylor, si è andato configurando ad opera degli eredi ed attuali proprietari, la famiglia Sforza Francia.
Disposto sull’altura, si apre con un prato all’inglese, circondato da una siepe modellata secondo i canoni del tardo rinascimento e del barocco.
Attorno ad esso si estende un semplice giardino paesaggistico che sfuma nella vegetazione spontanea autoctona del fondovalle lacustre. Quest’area era occupata, fino alla metà degli anni trenta, da prati e frutteti ed era percorsa da una mulattiera che, tra filari e pioppi e gelsi, saliva al castello. Di quell’antico paesaggio rimangono alcuni gelsi, noci e ciliegi ed un filare di uva americana. Tra le collezioni di alberi ed arbusti, ricchissima è quella dedicata a specie dagli spettacolari colori autunnali.
Il giardino propone una notevole ricchezza botanica: numerose specie di aceri, provenienti da diversi continenti e presenti in molte varietà, ciliegi e meli ornamentali e diverse specie di Quercus, Euonymus, Crataegus e Berberis. Si possono inoltre ammirare latifoglie raramente presenti nei giardini italiani e anche svariate piante che hanno mantenuta immutata la loro forma per milioni di anni e che vengono, a ragione, considerate veri fossili viventi. Oltre a moltissime altre specie e varietà, tra cui pini, cedri, tassi, sugli spalti del castello vi sono orti e aiuole che forniscono fiori da taglio per tutte le stagioni e, nel cortile del castello, una collezione di gelsomini in vaso.
Dedicata al Santissimo Salvatore, la chiesa parrocchiale di Monasterolo fu edificata su un precedente edificio religioso fra il 16 settembre 1636 e l’8 luglio 1653. Successivamente la struttura subì diverse modifiche ed ampliamenti. Di particolare interesse e suggestione il sagrato con il lungo sistema di cappelle settecentesche dove,a gli inizi degli anni Settanta, il maestro Trento Longaretti ha realizzato una pregevole serie di mosaici raffiguranti la Via Crucis.
Di stile neoclassico, la chiesa custodisce opere di notevole pregio artistico. Molto belle due opere di Andrea Fantoni: il bassorilievo, ultimato nel 1712, che rappresenta la natività del Cristo posizionato al centro dell’altare maggiore, e il gruppo ligneo della Beata Vergine Addolorata, realizzato nel 1731, tre anni prima della sua scomparsa. Pregevole anche l’altare maggiore dove spiccano gli stupendi intarsi marmorei eseguiti nel 1670 da Bartolomeo Manni. L’altare si eleva su due gradini, il cui fronte è ornato da un motivo intarsiato che prelude alla ricca ornamentazione del paliotto, dei fianchi e dell’alzato. A Carlo Sanz di Gorlago, detto il Tedesco, appartengono il pulpito, il confessionale ed un armadio che si trova in sagrestia.
Tutte queste opere sono state realizzate nei primi anni del ‘700.
Fra i dipinti spiccano per importanza una “Trasfigurazione di Cristo” commissionata da Pietro Giudici e Domenico Carpinoni che la ultimò nel 1656; una “Madonna del Rosario” contornata da 15 Misteri; un “Gruppo di Santi” probabilmente dello Zucco e un “San Giovanni Battista” d’autore ignoto.
I Fantoni furono una famiglia di scultori ed intagliatori, originaria di Rovetta, operante dal secolo XV al XIX e attiva principalmente nel bergamasco. Andrea, primogenito di Graziosi, capobottega già dal 1682, perfezionò l’organizzazione gerarchica del lavoro; egli fu l’esponente più importante della famiglia, riuscendo a fare convivere la severità dell’impianto iconografico con una raffinata fantasia decorativa.
Il tema della Pietà, assieme ai Compianti o Sepolcri, ricorre nella scultura fantoniana dal 1690 al 1781 ed è caratterizzato dalla struttura a composizione piramidale che permane con iconografia sostanzialmente invariata.
Nella parrocchiale di Monasterolo è il gruppo scultoreo della Pietà, attribuito ad Andrea Fantoni; in legno policromo, è ottimamente conservato e inserito in un’ancona marmorea con colonnine tortili. Anche il medaglione di marmo bianco sul paliotto dell’altare maggiore è di Andrea Fantoni; si tratta di un bassorilievo raffigurante l’adorazione dei pastori, avente sullo sfondo architetture classicheggianti e ai lati due cherubini.
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