martedì 12 maggio 2015

LE CITTA' DEL LAGO D' IDRO : ANFO

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Anfo (in origine Damphus) è un comune italiano della provincia di Brescia, in Lombardia, sul Lago d'Idro. Il comune appartiene alla Comunità Montana della Valle Sabbia.
Anfo sorge sulla sponda destra del lago d'Idro o Eridio, alla foce del torrente Re che scende dal monte Melino.

Anfo, data la sua posizione geografica, è fiorente località turistica e possiede buone capacità ricettive.
La montagna che sovrasta l'abitato invoglia a bellissime escursioni (Baremone, Meghè, Zeno, Porle, Brele e Monte Censo), che conducono a punti panoramici con ampie vedute del bacino del lago d'Idro e, nei giorni più limpidi, offrono uno splendido colpo d'occhio sul gruppo del Brenta.Vi si possono gustare piatti tipici locali come la tinca coi roei (piselli), i filetti di pesce persico, le aôle e la polenta taragna.

Le rive, paludose e malsane, dove oggi sorge l'abitato di Anfo, furono lentamente bonificate in periodo medioevale dai frati Benedettini del monastero di S. Pietro in Monte Orsino di Serle, che le cedettero poi ai padri Bianchi di S. Francesco Romano di Rodengo Saiano, quindi ai Padri di S. Lorenzo Giustiniano di Monte Oliveto in Brescia.
Alla loro opera tenace, difficle e insalubre, si deve la prima trasformazione degli acquitrini in prati e coltivi, la regolarizzazione dei torrenti, il consolidamento dei terreni franati dai monti che avvolgono il comune alle spalle.
Il nome Anfo appare per la prima volta in documenti del secolo XI. Era un povero paese di contadini e boscaioli. Solo nel 1429 poté acquistare, da gente di Bagolino, la montagna di Baremone per l'alpeggio, ove ancora oggi si continua a fare, con metodi tradizionali, il formaggio detto "Bagoss".
Ma l'alpeggio e il taglio della legna, pure favorito dall'industria del ferro fiorente in Valle Sabbia, non potevano corrispondere alle esigenze economiche della popolazione, per cui, nel 1531, gli abitanti azzardarono affrontare la pesca nel lago, malgrado i severi divieti stabiliti dal comune di Idro che, da tempo immemorabile, vantava diritti di pesca, di navigazione e difesa del lago stesso.
La contesa fra i due comuni rivieraschi (Anfo e Idro) assunse spesso aspetti drammatici, sia per il puntiglio dei contendenti, sia perché inclusi in diverse guirisdizioni amministrative (Idro dipendeva dal Provveditore di Salò, Anfo dai Rettori di Brescia), sia infine perché, approfittando della situazione, i conti di Lodrone colsero il momento propizio per estendere la loro presenza sul lago d'Idro.
I Lodroni infatti costruirono in quegli anni la rocca di S. Giovanni e le pescherie nel golfo di Camerella a Bondone, che affittarono a pescatori di Anfo.
Inoltre fecero costruire forni di ferro in Anfo, sollevando le gelosie e le preoccupazioni dei Bagolinesi. Questi ricorsero al Doge che, accogliendo l'istanza, impose ai Lodroni di abbandonare i forni. Così, dopo varie vicende, la contesa si concluse nel 1555 con un compromesso proposto dal conte Lodovico Calini al Provveditore di Salò e ai Rettori di Brescia; ma solo il 10 ottobre 1579 fu firmata la scrittura fra i due comuni, per cui, nel nome dello Spirito Santo, dovevano rimettere tutte le offese, controversie e dispiaceri passati.

Un documento particolarmente importante per la conoscenza della vita comunale di Anfo è dato dagli Statuti, riformati verso la metà del secolo XVI, essendo stati dispersi i precedenti in periodi tempestosi.
Lo studio e la stesura degli Statuti erano stati affidati a tre cittadini: Gottardo Brunori, Girolamo Mabellini e Bartolomeo Zanetti.
Dagli Statuti risulta che il comune era amministrato da sei consoli eletti dall'assemblea dei vicini, convocata il primo gennaio di ogni anno: ognuno dei consoli restava in carica due mesi, era aiutato da consiglieri, dal notaio e da altri ufficiali eletti a seconda delle necessità.
Appartenevano al comune l'osteria e il molino, oltre all'amministrazione del lascito di G. Battista Treboldi.
Gli Statuti erano severi nel mantenere il rispetto dell'autorità, imponendo l'osservanza di feste religiose, il buon comportamento durante le funzioni, "il bando alle bestie che fossero andate sul sagrato", la partecipazione con la croce alla processione della Pieve di Idro nel giorno dell'Ascensione.
Caduta la Repubblica Veneta, Anfo fu incluso nel Distretto XVII di Vestone.

Si suppone che il luogo fosse occupato nell'antichità dagli indigeni. Non vi sono però documenti che certifichino l'utilizzo della Rocca d'Anfo in epoca romana, dunque la storia va fatta iniziare dall’alto Medioevo. Dove oggi sorge il sito eretto nel 1450 dalla Serenissima Repubblica di Venezia, allora esisteva una fortezza deputata al controllo dei passaggi di merci e persone lungo al via di collegamento fra la pianura bresciana e il territorio teutonico. Alcuni ricercatori ritengono che la Rocca sia stata edificata su una preesistente fortezza di origine longobarda.

La Rocca d’Anfo è un complesso militare fortificato eretta nel secolo XV dalla Repubblica di Venezia nel Comune di Anfo, sul lago d’Idro, e posta a guardia del vicino confine
di Stato con il Principato vescovile di Trento. Edificata sul pendio del monte Censo su una superficie di 50 ettari, la Rocca fu rimaneggiata più volte dagli ingegneri di Napoleone Buonaparte e da quelli italiani, ma perse il suo valore strategico nel 1918, quando il Trentino passò definitivamente al Regno d'Italia . Dopo il 1860 l'esercito austriaco in contrapposizione alla Rocca, iniziò la costruzione del Forte d'Ampola a Storo e di quello di Lardaro. Adibita dall’esercito italiano a caserma per l'addestramento dei militari di leva, la Rocca fu anche luogo di detenzione e polveriera; fu dismessa nel 1975, ma restò vincolata al Ministero della Difesa fino al 1992.

La costruzione della fortezza di Rocca d’Anfo fu voluta nel 1450 dalla Repubblica di Venezia, che governò il territorio bresciano della Val Sabbia dal 1426 al 1797. Il compito di progettare e sovraintendere ai lavori di costruzione fu affidato al conte Gian Francesco Martinengo, “valoroso condottiero e valente ingegnere militare”. di Barco di Orzinuovi. In questo modo si cestinarono definitivamente i progetti originari dei Visconti di Milano, precedenti dominatori di queste terre, che prevedevano la fortificazione del confine con il Trentino lungo il fiume Caffaro a nord del rio Riperone, o l’eventuale ripristino e ampliamento del luogo fortificato posto sul dosso di Sant’Antonio di Caster situato nel Comune di Bagolino nei pressi di Monte Suello. I lavori durarono fino al 1490 e secondo alcuni ricercatori il nuovo complesso difensivo fu edificato su una precedente fortezza di origine longobarda.
Nel periodo veneziano, tutte le esigenze della Rocca, così come per tutte le altre fortificazioni, erano supervisionate dai Collegio dei Savi, poi dal 1542 la Serenissima diede l'incarico a due senatori con il titolo di Provveditori alle fortezze, portati a tre nel 1579. Il comando militare della struttura era affidato ad un patrizio con il titolo di provveditore, alle cui dipendenze vi era un capitano, una trentina di soldati e qualche bombardiere. Il presidio militare era soggetto per la milizia al capitano di Brescia e, per la logistica, al Podestà.
Delle originarie edificazioni viscontee sono ancor visibili solamente la doppia cinta muraria superiore, in quanto, con l’avvento dell’era napoleonica, le mutate tecniche belliche imposero una completa revisione di tutta la struttura fortificata.

Il generale François De Chasseloup-Laubat (1754-1833), ispettore delle fortificazioni, a seguito della pace di Lunéville sottoscritta dalla Francia e Austria il 9 febbraio 1801, ordinò al fine di completare la difesa e l'occupazione dell'Italia la fortificazione di Peschiera, Taranto, Alessandria, Mantova e la Rocca d'Anfo. L'ordine d'operazione era giunto direttamente da Napoleone Buonaparte preoccupato di garantire il controllo alle sue truppe della strada che univa Trento alla città di Brescia.
Il Primo Console di Francia si era subito reso conto dell'importanza strategica della vecchia fortezza per la "difesa dello Stato", ma la Rocca mostrava i segni decadenti di tante guerre sostenute. Quindi Napoleone diede ordine al suo generale François De Chasseloup-Laubat di provvedere all'ammodernamento delle disastrate strutture "senza ritardi e senza riguardo per la stagione".
Il progetto fu affidato ad ingegneri del genio militare di grande esperienza: prima al barone colonnello, comandante del Corpo Ingegneri, François Nicolas Benoit Haxo (1774-1838) e successivamente al colonnello François Joseph Didier Liedot. Gli ingegneri militari napoleonici abbandonarono saggiamente le strutture venete dando il via ad un grandioso progetto di ampliamento che aveva come fulcro il costone roccioso leggermente posto più a nord.
Questi affrontarono l’opera approntando preliminarmente una cartografia particolareggiata del luogo, adattando mirabilmente le strutture alla natura scoscesa e selvaggia del territorio, secondo le nuove teorie della famosa “Ecole Polytechnique” dell’esercito francese di Parigi. Il Liedot distribuì le varie batterie su piccole terrazze ricavate dallo scavo della roccia e proteggendole per mezzo di una grande Lunetta (la Rocca Alta) nella parte superiore dotata di casematte di artiglieria e fucileria. La strada Trento-Brescia che passava alla base della Rocca, secondo il progetto mai realizzato, doveva essere interrotta da profondi fossati e resa transitabile da ponti levatoi.
I progetti elaborati dai due tecnici francesi rappresentano una tappa fondamentale nella storia della cartografia. I lavori ebbero inizio nel 1802 e in soli 10 anni, nel 1812, furono portati a termine. La spesa sostenuta di militari francesi di 2,5 milioni di franchi testimoniano lo sforzo di fare della Rocca d’Anfo una delle più grandiose e possenti fortezze d’Europa. La caduta dell’impero napoleonico impedì il completamento dell’opera nella sua parte medioinferiore. Le integrazioni delle strutture, fino all’assetto definitivo attuale, vennero effettuate prima dagli Austriaci e poi portate a termine dal Regno d'Italia, dal 1860 al 1914 circa.

La Rocca è costituita da una trincea fortificata in direzione del paese di Anfo, difesa da una caserma detta Rocca Vecchia, a sua volta sovrastata dalla batteria veneta; entrambe dominate da un corpo di guardia, posto a 200 metri sul livello del lago e collegato alla batteria da un muro con feritoie e gradini. Verso il “nemico” Trentino si sviluppava una serie di batterie e casermette, sovrapposte a scalinata. A nord esisteva uno scosceso burrone.
Queste batterie di difesa erano chiamate:
batteria Tirolo, a 100 metri sul lago;
batteria Rolando, a 150 metri sul lago;
batteria Belvedere Superiore a 250 metri sul lago.
ridotto costituito da una Lunetta, detta Rocca Alta, che collegava i due fronti precedenti, a 200 metri sul lago, e conteneva una caserma e una batteria casamattate;
a 50 metri, sotto la Lunetta, c’era la batteria Bonaparte, poi ribattezzata Anfo, a difesa dela strada fra Rocca Vecchia e la batteria Tirolo.
sul tutto ad una altezza di 300 metri, sovrastava una torre rotonda a due piani.
Trincee, piazzole, rampe, strade coperte, polveriere, stalle per i muli, alloggi per la truppa e cisterne dell’acqua completavano la logistica della fortezza.
Il complesso di queste costruzioni militari è distribuito in una fascia di terreno di forma triangolare, di cui un lato corrisponde all’incirca ad un chilometro di riva del Lago d’Idro. Il resto si sviluppa sul versante orientale del monte Censo, fino quasi alla sua cima, con un dislivello che varia dai 371 metri sul livello del mare dalla riva del Lago ai 1050 metri dal vertice.

Di notevole interesse turistico la parrocchiale, l'oratorio di S. Antonio, la conca di Barèmo e la vetta del Cènso (per ammirare la vallata da Treviso a Condino con super vista sull'intero lago d'Idro). E' meta di notevole flusso turistico estivo ( campeggi e residence). E' del tutto privo di industrie.

Tra i personaggi recenti più illustri spicca la figura della serva di Dio, suor Irene Stefani, morta in concetto di santità il 31 ottobre 1930, di cui attualmente si è concluso il processo per la causa di beatificazione.



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