La Valle di Scalve è la valle del torrente Dezzo, tributaria laterale occidentale della Valle Camonica.
È situata nella parte nord-orientale della Provincia di Bergamo (comuni di Azzone, Colere, Schilpario e Vilminore di Scalve) ed in quella nord-occidentale di quella di Brescia (comune di Angolo Terme). A nord essa confina con la Provincia di Sondrio.
Vilminore è il centro principale della Valle. Colere e Schilpario sono famose stazioni di sport invernali.
La valle del Dezzo è un catino a cui è stato realizzato un beccuccio per far fuoriuscire l'acqua. I fianchi rocciosi delle montagne creano le pareti di questa "bacinella" che, quindi, formando una barriera naturale modificano le correnti che interessano le vallate limitrofe contribuendo a formare un clima particolare .Al contempo , questa barriera, limita il passaggio di grossi mammiferi, quali il cervo, e impedisce l'insediarsi di altri che, nella preistoria, hanno costituito fonte di sostentamento. I valichi che si aprono fra le cime della barriera calcarea meridionale sono difficilmente praticabili,se sfruttati nel senso dell'entrata in valle di Scalve. Si passa da pendii moderati ed erbosi, sul versante camuno, a ripidi avvallamenti rocciosi o addirittura canaloni, sul versante scalvino.
Sul versante opposto, verso nord e la Valtellina, pur avendo montagne con quote più elevate la situazione cambia. I passi sono più "morbidi" sul versante della val di Scalve dove, tra l'altro, restano sgombri dalla neve per più tempo. La presenza di abbondante acqua e, conseguentemente una copertura arborea più ricca e appetibile, consente a grossi mammiferi, quali ad es. i camosci, di trovare un terreno idoneo per il pascolo e la riproduzione.
Ai lati est ed ovest fra la balze rocciose di splendide montagne, come la Presolana o la conca dei Campelli troviamo due valichi tra i più comodi da percorrere, naturalmente a piedi: passo dei Campelli e passo dello Scagnello.
Il greto del torrente Dezzo contrariamente ad altri alvei di fiumi, non può essere considerata un mezzo utilizzato per la comunicazione o il passaggio ne animale ne umano. Percorrendo quello che è stato definito l'Orrido della Via Mala per capire che era impossibile risalire questa via d'acqua.
La Valle di Scalve è interamente percorsa dalla Strada statale 294 della Valle di Scalve, che parte da Darfo Boario Terme, in Val Camonica, e risale il corso del torrente Dezzo fino ad arrivare al Passo del Vivione, che la mette in comunicazione con il comune di Paisco Loveno, situato in un'altra valle laterale della Val Camonica; di questa strada è particolarmente notevole la cosiddetta Via Mala bergamasca, ovvero un tratto di circa 8 chilometri (fra Angolo Terme e la località Dezzo di Scalve) in cui essa è stata scavata nella viva roccia di una forra, percorsa da un impetuoso torrente e serrata tra due pareti rocciose dalle quali scendono numerose cascate.
Alla valle si accede anche da Borno (SP 59, che porta nuovamente in Val Camonica) e dal Passo della Presolana (SS 671, che porta in Val Seriana e che costituisce la via più rapida per Bergamo).
Il settore facente parte del comune di Angolo Terme era segnalato anche col nome di "Val d'Angolo".
La valle venne colonizzata anticamente dagli antichi Camuni, dai quali deriva l'attuale nome.
Come asserito infatti da studiosi quali Daniele Raineri e Michele Grammatica, il termine Scalve deriverebbe dal celtico Skalf, traducibile in fessura, caratteristica riconducibile alla natura della valle stessa che si presenta, a chi risale dalla valle Camonica tramite il corso del torrente Dezzo, come un'angusta fessura tra i monti. A suffragare tale ipotesi vi è il dialetto locale, nel quale la valle è detta Al de Scalf.
Dai romani era conosciuta come Vallis Decia (nome derivante dal torrente che la solca, il Dezzo, che nella parlata locale viene chiamato Decc) e veniva sfruttata per le numerose miniere di ferro.
I secoli successivi videro la zona passare sotto il controllo del Sacro Romano Impero guidato da Carlo Magno, che donò l’intera zona ai monaci di Tours.
La Val di Scalve storicamente fu guelfa grazie a due nobili famiglie locali: i Capitanei e gli Albrici.
Nel VII secolo inizia la contesa del monte Negrino contro i vicini di Borno. Si concluderà nel XVII secolo.
Nel 1026 i terreni della val di Scalve erano del Vescovo di Bergamo.
Nel 1047 Enrico III elegge Darfo a Corte Regia, e permette che gli abitanti della Val di Scalve continuino l'antica usanza di commerciare il ferro dietro pagamento annuale alla corte reale di Darfo di 1000 libbre di ferro, con la pena per i trasgressori di 100 libbre di oro. In tal modo dovette essere residenza di un rappresentante o vicario imperiale.
Nel 1109 imperversava in Val di Scalve una banda di saccheggiatori guidata da Alboino degli Alboini di Lozio.
Nel 1179 gli uomini di Scalve ottengono dal vescovo di Bergamo Guala la libertà di ricerca e di estrazione dalle miniere.
Nel 1195 il console di Scalve e il rappresentante delle vicinie, nominati per la prima volta, si recano a Bergamo per richiedere ad un console della città di trasferirsi a Scalve (Vilmaggiore e Vilminore) per delinearne i confini.
Il 6 novembre 1222 la valle è ceduta dal vescovo di Bergamo Giovanni Tornielli e affidata ai Capitanei. Gli scalvini non accettano l'infeudazione e si ribellano. Il 29 marzo 1231 si ha un accordo nel quale i Capitanei avrebbero ceduto i diritti feudali alla Valle (con alcune eccezioni) la quale non avrebbe imposto fodro, gabelle o dazi ai signori e ai loro discendenti, e avrebbe versato un riscatto di 2.400 lire imperiali, più il canone che i Capitanei dovevano al vescovo di Bergamo.
La Comunità di Scalve aveva due consigli, quello Generale e quello di Credenza, più tutte le vicinie dei vari abitati.
Nel 1372 vennero stilati per ordine dei Visconti di Milano degli statuti di valle.
Nel 1428 la Comunità di Scalve chiese ed ottenne l'annessione alla Repubblica di Venezia. Per questo ottenne come ricompensa una grande autonomia amministrativa e l'esenzione dalla milizia.
Nel 1586 si riporta che la valle fosse abitata da 13.000 "anime" in 778 famiglie (fuochi), ma le cifre si ritengono gonfiate.
Soltanto nel 1797, con la fine della Serenissima e l’avvento della Repubblica Cisalpina, la comunità venne di fatto smembrata, ed i borghi principali acquisirono la propria autonomia comunale. Successive modifiche, operate dai vari regimi che si susseguivano nella valle, cambiarono i confini territoriali, ma non intaccarono l’autonomia comunale dei paesi.
Nel 1858 si contavano circa 4000 abitanti.
In epoca recente la prosperità della zona fu garantita dalle sopra citate miniere (le ultime furono chiuse negli anni sessanta del XX secolo e sono oggi visitabili dai turisti): basti dire che nel 1586 la popolazione della Comunità grande di Scalve era stimata in 13000 persone, ovvero oltre il doppio di quella attuale.
Nella storia recente il fatto più importante della storia scalvina è sicuramente il crollo della Diga del Gleno, una tragedia avvenuta il 1º dicembre 1923 e che uccise un gran numero degli abitanti dei comuni della valle.
All'inizio i roccoli scalvini erano più di trenta.
Costituiscono la testimonianza di un'antica tradizione, che si perde negli anni. Di alcuni sono visibili soltanto i ruderi (Busmino, Basulì, Pierì, Maj, Oselandina della pieve di Vilminore); altri sono ancor bene conservati, mentre di taluni rimane solo il casello. In passato esisteva un roccolo (temporaneo) al Passo della Manina, con casello in legno, da anni scomparso. Molti appartenevano alla parrocchia, come quelli situati nel comune di Azzone. Il "sentiero lungo" permette di visitarne alcuni, rappresentando un notevole spunto per osservare questi impianti arborei, effettuando nel contempo una magnifica escursione in ambiente alpino. Un tempo situati in posizioni strategiche per il passaggio degli uccelli migratori e, perciò, bene in vista, attualmente, con l'avanzare della vegetazione quasi tutti questi roccoli si trovano ormai nascosti dal bosco e, quindi, risultano difficili da scoprire. Sono per lo più situati a quote comprese tra i 1500 ed i 1900 m. e la maggior parte di essi si trova sulla bastionata calcarea meridionale, nei comuni di Schilpario e Azzone. Il più in alto è quello di Cimalbosco, situato sopra al bivio tra la strada che va al Passo del Vivione e quella in terra battuta che si dirige verso il Passo dei Campelli. Ha un casello piuttosto piccolo ed un breve giro di piante, come erano i tipici roccoli di alta montagna.
Del roccolo del Pizzo (del Pis) e di Busmino (1683 m.) rimangono solo i ruderi, situati uno tra Epolo e la Val Voja, e l'altro tra le valli di S. Elisabetta e quella di Sopracroce, sopra la strada che da Schilpario porta alle miniere di ferro.
Poco rimane del roccolo di Ezendola (1676 m.) vicino a Epolo.
Pure del roccolo del Basulì, situato a circa 1625 m. sopra Barzesto rimane quasi solo il ricordo o poco altro.
Sicuramente si tratta di impianti che funzionavano nell' Ottocento o agli inizi del Novecento.
Il roccolo della Clusorina sorge a 1510 m. sul versante sinistro orografico della Valle di Scalve, posto su un promontorio che guarda verso Schilpario, situato in mezzo al bosco e ancora funzionante. Lo si scorge bene da Vilmaggiore. La sua "armada" o "sigaler" è abbastanza visibile lungo il profilo della costa di bosco davanti alla vetta del Pizzo Camino.
Molto caratteristico il roccolo delle Streghe, situato su di un colletto sopra Azzone. E' piccolo, abbastanza ben conservato e molto caratteristico, in mezzo ad un prato, con una vista magnifica sulla valle e verso il massiccio della Presolana. Lo si scorge in lontananza scendendo dal Passo della Presolana prima di giungere all' abitato di Dezzo.
In fila uno sopra all' altro lungo una costa di bosco si trovano i tre roccoli di Monte Nuovo, ben riconoscibili, anche se la vegetazione li ha quasi del tutto inglobati. Incontriamo in successione, salendo dal basso, il roccolo di Giacomo Bettoni (Nuare), il roccolo della parrocchia di Azzone ed il roccolo di Modesto Lenzi. Si tratta di impianti di dimensioni modeste, tipici dell' alta montagna. Nella zona situata tra Azzone ed il Giovetto si incontrano alcuni altri impianti: il roccolo di Stenterello (Carlo Lenzi), lungo una costa di bosco che scende sopra Azzone ed il roccolo della Stadera (Romolo Bettoni) a quota 1629 m., sopra le Some, o meglio, sopra le malghe del Negrino, situato sulla costa della Stadera.
Più in basso è situato il roccolo in località Plan del Sec.
Poco lontano dall' abitato di Azzone, in località Castelletti,si trova il roccolo della parrocchia, ormai con un casello ristrutturato e mal riconoscibile in mezzo ad un bosco invadente.
Sopra Vilminore di Scalve si trova il roccolo di Cricoi, un tempo noto per le abbondanti catture di cesene; attualmente, ne rimane il casello di recente ristrutturato e situato su di un ripiano del fitto bosco. Dall'abitato di Pianezza si segue un sentiero in piano tra i prati e, poi nel bosco verso Est; si cammina per una trentina di minuti e, poi, lo si incontra su di una dorsale del bosco in una posizione molto bella. Le caratteristiche del casello sono ben conservate. E' un tipico roccolo di montagna, con un casello piccolo e molto essenziale. Godeva, in passato, della vista sul Pizzo Camino e sul versante settentrionale della Presolana. Attualmente, le piante ne hanno ridotto la visuale.
Da non dimenticare i roccoli situati sopra il Passo del Giovetto : il roccolo de Mes a 1309 m. nel mezzo del bosco, il roccolo del Passo del Giovetto (1275 m.), trasformato in abitazione, il roccolo del Planes, con le piante che si confondono con il sottostante bosco, in mezzo ad una magnifica radura con vista stupenda sulla Presolana specie di primo mattino, non lontano dalla malga Freisa ed il roccolo del Tone Gat, il più alto a 1707 m., ora trasformato in abitazione di quota.
Situati in provincia di Brescia, ma vicini alla Val di Scalve i tre roccoli di Prave sono posti in una posizione magnifica, quasi di fronte al Passo della Presolana, ormai sopraffatti dal bosco che li circonda.
Ancora ben conservato il casello del roccolo del Polzone (1500 m.) sopra Colere, funzionante fino agli anni '70 situato al limite del bosco, mentre si ricorda un vecchio roccolo situato sulla costa di Valnotte, di cui non rimane più nulla.
Sulla strada che porta da Vilminore a Teveno si incontrano il roccolo di S. Carlo, sopra l'omonima chiesetta (a dieci minuti dalla strada), e quello di Pezzolo, con un casello cadente ma molto grande, importante e con alberi secolari.
A Vilminore si incontra l’importante casello del roccolo della Pieve, altro bell' impianto datato, funzionante fino agli anni '70 e di proprietà degli eredi della signora Matilde Bonicelli.
A Vilminore si trovava in passato pure un altro impianto di cattura, posto vicino al paese, noto ai tempi con il nome di "Oselandina".
Due i roccoli che si incontrano al Passo della Presolana: il roccolo Imberti situato sui pendii che salgono verso la Presolana, un tempo isolato, ed ora stritolato dalle abitazioni che sorgono in parte, ed un altro roccolo, situato sotto il passo scendendo verso il Dezzo, un tempo impianto di cattura per studio degli uccelli migratori. Attualmente i due roccoli sono stati trasformati in abitazioni.
L'unico roccolo al momento in funzione in Val di Scalve, è quello della Clusorina (1510 m.). Gli altri costituiscono un piccolo patrimonio architettonico, che vale la pena conservare e proteggere, per non dimenticare un'antica ed importante tradizione bergamasca.
Di effetto spettacolare sono qui i popolamenti dei tigli e dei tassi che rivestono, abbarbicandosi, la verticalità delle rupi.
Nella parte mediana della Valle le condizioni climatiche favoriscono il costituirsi di boschi in cui prevalgono latifoglie che richiedono umidità e freschezza persistenti ma moderate ed escursioni termiche non eccessive: faggi, aceri, frassini. Gradualmente salendo, tra le latifoglie sempre più si inseriscono le conifere: abete rosso, larice, abete bianco, finché, avvicinandoci ai limiti superiori della vegetazione arborea, le conifere tendono a divenire esclusive componendo boschi puri o quasi puri.
In alto, il bosco dirada, diventa luminoso ed aperto sfumando nel pascolo. Con gli ultimi esemplari nani di abete rosso e di larice convivono il pino mugo l'ontano verde, il ginepro e numerosi altri arbusti che compongono la tormentata boscaglia efficacemente chiamata degli "arbusti contorti", espressione estrema della vegetazione arboreo-arbustiva.
I boschi in generale ed il legno in particolare sono stati uno dei fattori che hanno fatto la fortuna della valle o che, comunque, ne hanno consentito lo sviluppo economico nel passato.
Il legno, di provenienza esclusivamente locale, era la materia prima fondamentale per la costruzione di tutti gli attrezzi in uso nella vita quotidiana, di buona parte delle abitazioni, dei mezzi di trasporto, per le attività produttive. Oggi abbiamo dimenticato, ma per rendersene conto è sufficiente visitare il Museo Etnografico di Schilpario e guardare con attenzione tutti gli oggetti esposti. Anche gli attrezzi metallici, molto numerosi, indirettamente dipendevano dal legno, perché era con il legno che si puntellavano e rinforzavano le volte pericolanti delle numerosissime miniere, ed era con il carbone di legna che si tostava il minerale di ferro e successivamente lo si fondeva nei forni e lo si lavorava nelle fucine.Gli alberi ed il legno erano altresì' fondamentali nelle attività agricole, basti pensare a tutti gli attrezzi utilizzati, allo strame per il bestiame, al fuoco necessario per le attività casearie.
Il fuoco del legno era ovviamente indispensabile anche per sopravvivere ai freddi intensi dell'inverno, quando ancora non c'erano metano, gasolio e nemmeno case ben coibentate. Insomma, la foresta e le piante erano un patrimonio fondamentale per la popolazione, e per questo i nostri antenati avevano nel corso dei secoli imparato a conoscere il bosco, a rispettarlo, ad utilizzarlo con raziocinio, codificando regole di coltivazione ben precise.
A differenza che nelle vallate vicine, grazie anche al clima particolarmente umido che consente notevoli accrescimenti, gli scalvini non esercitavano il taglio a raso, cioè completo su una superficie, ma il taglio a scelta, cioè utilizzando solo alcuni degli alberi maturi del bosco, rilasciando gli altri per un nuovo prossimo taglio.
In tal modo, il suolo non s'impoveriva, i paesi venivano protetti dalla caduta di frane e di valanghe ed il bosco poteva rinnovarsi naturalmente, senza la necessità di piantagioni artificiali come nel caso del taglio a raso. Ciò nonostante, secoli di sfruttamento hanno ovviamente modificato la composizione e la struttura delle foreste originarie, comprimendone le superfici forestali più rustiche, più amanti della luce, in generale, più utili alle attività umane, quali l'abete rosso ed il larice, a scapito soprattutto dell'abete bianco e del faggio.
Dal dopoguerra tutto è cambiato. Lo spopolamento, il venir meno delle pratiche agricole e della presenza dell'uomo sul territorio hanno comportato anche il progressivo abbandono del bosco.
Questo da un lato ha avuto riflessi positivi, perché ne ha consentito la parziale rinaturalizzazione, ne ha aumentato notevolmente le superfici, ha permesso un grosso incremento della densità che garantisce maggiore protezione nei confronti dell'azione erosiva delle acque.
Dall'altro lato, i boschi abbandonati repentinamente sono squilibrati dal punto di vista strutturale ed ecologico, e pertanto a rischio di malattie, di danni da neve e da vento, oltre al fatto che non sono sicuramente un bel biglietto da visita per il turista che vuole passeggiare o raccogliere funghi al loro interno, essendo, come si usa dire, "sporchi".
Questi fenomeni negativi sono stati accentuati dall'estrema frammentazione della proprietà, in Val di Scalve per l'85% privata, a differenza delle vicine vallate, dove prevalgono i boschi comunali, in genere più curati perché attingono a finanziamenti pubblici per le ripuliture, nonché a causa del pauroso calo del valore economico del legname, che non rende più conveniente i tagli.
La Via Mala è una tra le arterie montane più panoramiche e spettacolari d’Europa, un emozionante “portale” di ingresso alla vasta area del Parco delle Orobie. Si tratta della Strada Provinciale ex SS n. 294 che, a cavallo delle province di Brescia e Bergamo, attraversa i comuni di Angolo Terme, Azzone, Colere, Vilminore di Scalve e Schilpario. La strada, di costruzione relativamente recente (il progetto risale infatti al 1861) è caratterizzata da due elementi d’eccezione: l’ubicazione e la modalità costruttiva: si snoda, infatti, a mezza costa lungo la forra della valle, una forra di origine glaciale molto profonda e stretta, incisa dallo scorrere costante delle acque del fiume Dezzo. Qui si può ammirare la grande varietà di rocce, la complessità delle strutture tettoniche e l’evoluzione geomorfologica del paesaggio montano.
Il tracciato stradale, portato a termine nel 1864 ed in alcuni punti coraggiosamente scavato nella roccia, rappresentava la nuova e più moderna alternativa al precedente sentiero, largo appena 80 cm, utilizzato fino al 1860 con le slitte per il trasporto a valle dei minerali ferrosi cavati dalle miniere scalvine.
Per godersi al meglio lo spettacolo di questa rara bellezza della natura si suggerisce un’escursione lungo il tratto messo in sicurezza e riqualificato di recente con strutture volte alla valorizzazione e alla fruizione di diversi punti panoramici
L’accesso a questo interessante itinerario è situato in località Casa Cantoniera, provenendo dalla Val di Scalve l’ingresso è subito dopo la terza galleria a sinistra.
Il primo progetto fu presentato nel 1838, ma per varie cause esso non venne messo in cantiere, nonostante avesse ottenuto tutte le approvazioni necessarie. Il secondo progetto, datato 1857, venne definitivamente approvato nel 1861, dando così il via l'anno successivo alla costruzione della strada. L'opera venne completata nella primavera del 1865, e ufficialmente inaugurata il giorno di Capodanno del 1866.
La strada prese il nome di via Mala, ispirandosi all'omonima strada svizzera che scende dal passo dello Spluga e raggiunge Coira, che presenta caratteristiche simili. Infatti, la strada della Val di Scalve è stata scavata nella viva roccia di una forra, percorsa da un impetuoso torrente (il fiume Dezzo) e serrata tra due pareti rocciose dalle quali scendono numerose cascate.
Nonostante l'importanza che questa arteria rivestiva (e riveste tuttora) nella viabilità della valle, pare che l'amministrazione pubblica non ne avesse particolare cura. A prova di ciò basti ricordare che la strada venne chiusa per diversi mesi nel 1960 a causa di cedimenti strutturali causati dal disgelo, con conseguente blocco delle comunicazioni e ingenti danni economici. I vari interventi, necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria della strada, venivano effettuati solo dopo reiterati solleciti da parte degli amministratori locali all'autorità competente, che nel frattempo era diventata l'ANAS, subentrata alla Provincia di Bergamo.
Con l'aumento del volume del traffico e del numero dei veicoli circolanti, SS 294 si rivelò, nel tratto tra Angolo Terme e Dezzo di Scalve (fraz. di Colere), carente dal punto di vista della capacità e palesemente insicura. Allo scopo di renderla più scorrevole e conformarla agli standard di sicurezza, venne interessata da una serie di lavori tra il 1985 e il 1990. In queste occasioni molti tratti furono allargati, e vennero realizzate ex novo delle varianti in galleria per aggirare i tratti che non potevano essere ampliati per mancanza di spazio. Oggi la SS 294, da Boario Terme a Schilpario, pur restando una strada di montagna è funzionale e sicura.
In seguito al decreto legislativo n. 112 del 1998, dal 2001 la gestione è passata dall'ANAS alla Regione Lombardia che ha provveduto al trasferimento dell'infrastruttura al demanio della Provincia di Bergamo e della Provincia di Brescia per le tratte territorialmente competenti.
La strada statale 294 inizia a Boario Terme (221 m) staccandosi dal vecchio tracciato della strada statale 42; tocca le frazioni Sciano (325 m) e Gorzone (353 m); oltrepassa il Dezzo, attraversandolo per l'unica volta in tutto il percorso, prima di entrare nel centro di Angolo Terme (411 m). Dopo averlo attraversato, in falsopiano percorre a mezza costa un tratto di valle ancora piuttosto aperto, prima di immettersi nella gola scavata dal Dezzo, che inizia al chilometro 6,500.
Il percorso attraverso la gola (via Mala Bergamasca) è lungo circa 8 chilometri, durante i quali la strada corre a tratti parallela al fiume, a tratti alta sopra di esso, comunque sempre in leggera salita (pendenza media 2,5%). In alcuni punti essa è scavata nella viva roccia. Ai lati dell'imbocco di alcune delle gallerie che caratterizzano questa tratta, è possibile scorgere i vecchi tronchi di strada, stretti e pericolosi, che era necessario percorrere prima della realizzazione delle varianti in tunnel. Questi tronchi dismessi stanno per essere riaperti al traffico, ma solo come piste ciclopedonali e itinerari naturalistici.
L'ambiente, severo ma al tempo stesso spettacolare, è reso ancora più suggestivo dalla presenza di numerose cascate che si gettano dall'alto delle pareti che rinserrano la gola.
Al chilometro 10,500 si abbandona il territorio camuno (provincia di Brescia) per entrare in provincia di Bergamo della quale fa parte l'alta Val di Scalve.
Al termine della gola (chilometro 14,500 circa, a una quota di 730 metri sopra il livello del mare) inizia un tratto in falsopiano; in località Dezzo di Scalve (frazione divisa tra i comuni di Colere e Azzone posta a 750 m) si staccano, sulla destra rispetto alla direzione di salita, le strade provinciali SP 59 diretta a Borno e SP 60 diretta ad Azzone, entrambe particolarmente ripide, mentre sulla sinistra confluisce la strada statale 671 della Val Seriana per il passo della Presolana, che consente, tra l'altro, di raggiungere la località sciistica di Colere.
La strada lambisce il Dezzo, transitando accanto al Santuario della Madonna di Colere (ricostruito dopo il disastro del Gleno del 1923), e inizia a salire con pendenze piuttosto accentuate; si supera Sant'Andrea (843 m), dove si stacca sulla sinistra la provinciale per Vilminore di Scalve, e Dezzolo (890 m), poco oltre il quale un ulteriore bivio permette di raggiungere Vilmaggiore di Scalve.
La valle piega decisamente verso est, permettendo la vista dei massicci montuosi del Pizzo Camino e del Cimone della Bagozza che dominano l'alta valle, mentre voltando le spalle alla direzione di salita la scena è dominata dal Pizzo della Presolana che prima era nascosto alla vista.
Si superano Barzesto (1077 m), e Ronco (1075 m), raggiungendo quindi Schilpario, centro di villeggiatura estiva e di sci nordico adagiato nel fondovalle, a 1124 metri di quota. Fino a non moltissimi anni or sono, la strada principale ne attraversava il centro storico: oggi esiste una sorta di circonvallazione.
Superato Schilpario la strada, più stretta, inizia a risalire l'alta valle, verso il passo del Vivione. Tra boschi di conifere, passando dinnanzi agli ingressi di vecchie miniere di ferro oggi dismesse, perviene a Fondi di Scalve (m 1265), dove ha inizio l'ascesa vera e propria al passo, circa 8 chilometri, caratterizzati da sede stradale particolarmente ristretta, alcune serie di tornanti, pendenze non trascurabili (media 7%, massima oltre il 12%).
Tra scenari alpestri, dominati dalle pareti calcaree del Pizzo Camino e del Cimone della Bagozza si perviene al valico, posto a 1828 m sullo spartiacque tra la Val di Scalve e la Val Paisco, tributaria della Val Camonica.
Il primo tratto della Val Paisco è amministrativamente ancora bergamasco; la strada oltrepassa il confine, rientrando nella provincia di Brescia, al chilometro 41,300, in corrispondenza del ponte sul torrente Sellero che scende dalla cima omonima e che forma una suggestiva cascata ben visibile dalla strada stessa.
La discesa lungo la valle percorsa dal torrente Allione è lunga circa 15 chilometri, nei quali la sede stradale si mantiene piuttosto ridotta come dimensioni ma comunque abbastanza larga per potervi transitare con qualsiasi autovettura; gran parte del percorso è immerso in boschi di conifere. Si supera il bivio per Grumello e Loveno, due piccole frazioni del comune di Paisco Loveno, la cui sede è Paisco (843 m) a cui si perviene circa 4 km più avanti.
Gli ultimi 6 chilometri di strada sono in netta discesa, attraverso boschi di castagno; al termine del suo percorso la SS 294 si immette di nuovo nella strada statale 42 del Tonale e della Mendola in località Forno d'Allione (515 m), nel comune di Berzo Demo.
Il tratto che va da Schilpario al bivio per Grumello e Loveno, in Val Paisco, è normalmente chiuso nel periodo invernale (da dicembre ad aprile), ma può accadere che abbondanti nevicate in periodo autunnale o primaverile avanzato possano far anticipare la chiusura o posticipare l'apertura della strada.
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