Premana è un comune provincia di Lecco, in Lombardia legato alla tradizione della lavorazione del ferro ed è sede dell'omonimo Distretto delle forbici e degli articoli da taglio di Premana.
Premana è situato in val Varrone sulle pendici dei monti Legnone (2.610 m) e Pizzo Alto (2.518 m) nelle Alpi Orobiche tra la Valsassina e la Valtellina.
Incastonato nella sua montagna, quasi aggrappato per non cadere a Valle, compare questo originale agglomerato di case, tutte costruite l'una a ridosso dell'altra, che compongono un piccolo paese di montagna, abitato da sole 2300 anime, ma di certo non sperdute. Pur essendo l'ultimo abitato della Valvarrone, infatti, Premana è senz'altro il più popoloso, produttivo e singolare: si presenta come un dipinto di vita ideale, pacificamente immersa nelle sue montagne irradiate dal sole d'estate e coperte di neve in inverno. Attorniata da boschi e sostenuta da solide rocce, è una terra che vuole essere vista, conosciuta e capita, per essere infine ricordata e portata indelebilmente nel cuore.
Quassù si conservano intatti particolari usi che altrove sono ormai scomparsi da tempo, ma ai quali i Premanesi sono fortemente attaccati, il particolare dialetto parlato abitualmente anche dai giovani, i tradizionali costumi femminili che vengono tutt'oggi confezionati ed indossati, le tipiche feste dei Past che sono organizzate ogni estate sugli alpeggi che circondano il paese, le principali feste religiose celebrate con curate e devote processioni. Nonostante questo profondo legame con la storia e le tradizioni, la singolarità di Premana sta nel fatto di essere ancora oggi un paese industriale ed artigianale, la cui tipica produzione di forbici e coltelli è conosciuta in tutto il mondo.
Anche un ambiente difficile e inospitale come quello dell'arco alpino conobbe la presenza umana decine di migliaia d'anni prima della nostra era. Venendo a tempi più vicini, incontriamo nella zona di Premana, stando agli antichi storici romani, gli Orobi, forse imparentati con i Liguri; ma di queste genti poco più del nome non si conosce. A loro però si fa risalire l'occupazione con sedi stabili delle nostre montagne. Con loro iniziò probabilmente l'organizzazione del territorio e la suddivisione dello stesso tra le varie tribù o villaggi, tra i quali era sicuramente Premana. Erano pochi i nostri antenati ed occupavano un'ampia testata di valle, ma la fissazione dei confini con le genti vicine fu un processo lungo e laborioso. Inizialmente fu probabilmente confine meridionale alla tribù dorsale del Pizzo Cavallo e della "Deleguasche", forse lo stesso Varrone (torrente che da il nome alla valle); mentre le genti della Valsassina valicavano i monti usufruendo dei pascoli alti della Valvarrone e le popolazioni di Margno e Casargo si spostavano in Valmarcia, luoghi superflui per i nostri antenati. Nel IV secolo a.C. e forse prima, valicando le Alpi, qui giunsero i Celti, e trovarono popolazioni già organizzate sul territorio. I nuovi venuti lentamente si amalgamarono e si sostituirono alle più antiche genti; fu un processo, sembra, non traumatico, che cambiò almeno in parte usi e costumi. Furono forse i Celti coloro che individuarono e per primi sfruttarono le miniere di ferro Poi, verso la fine del II secolo a.C., ecco entrare in scena Roma. In un primo tempo impose trattati di federazione alle genti alpine e quindi, con Augusto, sconfisse quei popoli e li assoggettò definitivamente. Roma non sconvolse i ritmi di vita, gli usi e le tradizioni, solo esigeva tributi ed impose una subordinazione che solo nel corso di secoli influirà sugli ordinamenti delle popolazioni soggette.
L'agricoltura, specie in montagna, aveva scarsa importanza e l'allevamento, se c'era, era praticato come pastorizia. In questa situazione esisteva solo la proprietà collettiva, del villaggio, ma non la proprietà privata, salvo per le mura dell'abitazione. Solo quando queste genti divennero sedentarie e, con processo lento, si trasformarono in agricoltori ed in allevatori, sorse l'esigenza della proprietà famigliare. Il primo bisogno, già in epoca preromana, fu quella di possedere dei campi. Questi richiedevano un notevole impegno di lavoro ed ogni gruppo famigliare tendeva a valorizzare il proprio lavoro ed a goderne i frutti. Se la pastorizia e lo sfruttamento del bosco erano attività adatte ad una conduzione comune, così non era per la lavorazione dei campi. Con l'allevamento sorse pure la necessità di disporre di prati, cioè di foraggio per la stagione invernale; ogni nucleo famigliare aveva le sue esigenze ed era in grado di svolgere una determinata mole di lavoro del quale autonomamente pretendeva di godere.
La presenza di vene di siderite negli alti monti del Varrone diede avvio sin dai tempi antichi, già a partire dal 1200, a una fiorente siderurgia che lungo il correre dei secoli, grazie alla ricchezza dei boschi per la produzione di carbone e dell'abbondanza di acque torrentizie per azionare i mantici dei forni e delle fucine si estese su tutto il territorio orientale del Lario, da Premana a Introbio e fino a Lecco. Nel periodo che va dal XIV e il XV secolo l'attività di lavorazione del ferro subisce uno sviluppo soprattutto per due motivi: la grande quantità di ferro richiesta dall'industria armoraria (delle armi) milanese; il passaggio nel 1410 delle terre del ferro bresciane e bergamasche sotto il dominio delle Repubblica di Venezia, lasciando quindi alla Valsassina primato in questo settore. Sino al 1800 ogni angolo di montagna fu battuto dai ricercatori ansiosi di scoprire nuovi filoni metalliferi. Vene veramente fruttifere rimasero però sempre quelle dell'alto Varrone, quelle d'Artino e quelle presso il lago di Sasso in Biandino. Con la dominazione spagnola (XVI e XVII secolo) decadde l'industria armoraria a Milano, ma nelle zone, la siderurgia sviluppò una tecnologia avanzatissima nei metodi di fusione e nella produzione in serie di armi. Nonostante i provvedimenti del governo austriaco, l'attività mineraria valsassinese andò in contro a una progressiva decadenza. Nel 1845 chiuse l'ultimo forno di Premana e nel 1848 chiusero le miniere del Varrone. Una causa sostanziale di questa crisi fu il grave impoverimento del patrimonio boschivo che rendeva necessaria la ricerca di combustibile alternativo al carbone di legna. Sino a tutto il Medioevo, prima che entrasse nell'uso la polvere da fuoco, il materiale veniva scavato con il solo aiuto di mazze e di scalpelli. Centinaia di metri di gallerie furono aperti con quei mezzi primitivi. La vena scavata veniva frantumata a colpi di mazza. Il minerale quindi veniva "arrostito", in fornelli per eliminare le impurità e particolarmente lo zolfo. Prima di trasportarla la vena veniva lavata. Il carbone necessario ai forni fusori e alle fucine veniva ottenuto dalla lenta e imperfetta combustione di grandi cumuli di legna coperti di terriccio, detti "pojat", sistemati negli spiazzi dei boschi. L'ultima fumata dei forni a Premana avvenne nel 1845.
Il Museo Etnografico di Premana è stato fondato nel 1974 da Gianola Battista, affiancato dal rag. Bellati Antonio, autore di una guida al museo e di numerose pubblicazioni sulla storia e la cultura di Premana e da Codega Antonio ed ha trovato sede nell'ex villa Cazzamalli di proprietà del comune. Esso raccoglie una ricca collezione di oggetti della cultura agro-pastorale e della vita materiale ed economica della comunità ed è articolato su due piani e suddiviso in sale. Al piano terra sono conservati i documenti e si trova l'archivio fotografico, mentre al primo piano si trova la Sala del ferro articolata in tre settori: estrazione e lavorazione, la fucina e i manufatti. Vicina a questa si trova la Sala del costume in cui sono esposti, oltre ai costumi tradizionali, gli attrezzi per la tessitura e per alcuni lavori artigianali e quelli della cucina. Al secondo piano si trova la Sala della agricoltura divisa in tre parti: agricoltura e allevamento, lavorazione del latte e falegnameria.
Le origini della chiesa di San Dionigi risalgono all’epoca paleocristiana, è separata dal nucleo abitativo e posta in una posizione di grande panoramicità, che è prova della funzione strategica difensiva svolta da Premana, situata al confine tra Alta Valsassina e la Valtellina.
Il Corpo dell'edificio si espande prima verso est, in epoca medioevale, con la trasformazione della torre in campanile; poi a nord e a sud con l'edificazione di cappelle minori, nei primi anni del 600; quindi a ovest con la costruzione di due navate minori.
La prima visita pastorale a Premana é quella di San Carlo Borromeo del 1566.
Gli atti della visita pastorale parlano di una chiesa di bell'aspetto, a navata unica rettangolare, e un presbiterio affrescato. Nella parte est e sud, la chiesa è attorniata dal cimitero, ora sepolto.
Il nuovo cimitero a valle del paese sarà istituito solo nel 1821 e fino a tale anno le sepolture erano effettuate all'interno della parrocchiale.
Risale circa al 1600 la costruzione delle nuove cappelle con l’apposizione di una pala con i santi Rocco, Bernardino e Sebastiano, e di un’altra in onore di Maria con due santi vescovi a lato (sant'Ambrogio e san Dionigi).
A queste opere si aggiungeranno, nel tardo seicento, delle pregevoli tele dedicate a san Dionigi e agli evangelisti.
In seguito, tre nuove campane sostituiscono le due piccole, ed il campanile viene dotato anche di un orologio; infine, nel 1672, viene acquistato un organo di buona qualità.
Nel 1678, provenienti da Venezia, arrivano alla parrocchia le spoglie di Sant'Ilario martire. La struttura della chiesa non subirà interventi di rilievo fino al 1843, quando viene eretta una nuova facciata. La chiesa sopravvive in questo stato (nonostante due valanghe che la colpiscono l'11 gennaio 1863 e nel 1888) fino alle modifiche sostanziali di ampliamento degli anni 1929-30.
L'aspetto più interessante e curioso di Premana è senza dubbio il territorio che la circonda, dai boschi di castano, di betulle e di pini che si staccano dal fondo valle fino agli alti pascoli alle cime delle montagne che la circondano e che delimitano il paese.
Gli itinerari escursionistici sono molteplici. Tutte montagne che si possono raggiungere nell'arco di una giornata, non presentano grandi difficoltà ma vanno affrontate con prudenza e con abbigliamento adatto.
Sparsi un po' ovunque su tutta la superficie del territorio, undici alpeggi o "Mont" come qui vengono chiamati, erano in passato, e sono tuttora ma in minima parte, adibiti alla monticazione estiva del bestiame bovino e caprino. Da quando però gli allevatori si sono ridotti a poche unità in seguito al notevole sviluppo in paese dell'artigianato dei ferri da taglio, sono diventati essenzialmente la residenza estiva delle famiglie premanesi in vacanza. Fin dai tempi remoti è sempre esistita fra le varie comunità alpigiane una sorta di simpatica rivalità campanilistica che tendeva a mettere in evidenza i pregi e le bellezze del proprio "Mont" a rimarcare difetti e manchevolezze degli altri.
Camminando per i sentieri non può certo passare inosservata la presenza dei ‘giargiööi’ (cappellette), espressione della grande devozione religiosa dei premanesi.
Eretti in parte come ringraziamento per lo scampato pericolo, oppure costruiti per ripararsi dalla pioggia o per riposarsi durante il viaggio.
Ol ‘giargiööl’ funge anche da piccola chiesa, infatti diventa il ritrovo per celebrare la S.Messa oppure recitare il S.Rosario.
Premana è anche un importante punto di partenza per escursioni e gite ai vari laghetti e alpeggi, nonché base per ascensioni alpinistiche sulle vette del territorio. E' uno dei paesi più ricchi di tradizioni, fra queste, la più antica è rappresentata dai "past", feste sugli alpeggi che si tengono nella stagione estiva.
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