Lumezzane è un comune della provincia di Brescia che sorge nella Val Gobbia, una laterale della Valle Trompia. Il monte più alto è la Corna di Sonclino (1352 m). Il fiume principale è il Gobbia (9 km). Lumezzane (e la Val Gobbia) è zona montana di collegamento tra la Valtrompia e la Valsabbia, nonché punto di transito verso la costa occidentale del Lago di Garda.
Centro fortemente industrializzato, è particolarmente sviluppato nel settore della metallurgia in generale e della torneria, rubinetteria, casalinghi in acciaio inossidabile e stampi in particolare.
Il 3 ottobre 2012 ha ricevuto il titolo di città consegnato dal prefetto di Brescia durante una cerimonia ufficiale.
Il comune ha molte frazioni, alcune molto storiche altre nate in tempi più recenti, ma tutte caratterizzate da forte identità, a cominciare dagli abitanti che molto spesso parlano della frazione più che del comune come luogo di residenza. Le frazioni di Lumezzane sono: Cargne, Dosso, Faidana, Fontana, Gombaiolo, Lumezzane Gazzolo, Lumezzane Pieve, Lumezzane Sant'Apollonio, Lumezzane San Sebastiano, Mezzaluna, Montagnone, Mosniga, Piatucco, Premiano, Renzo, Rossaghe, Sonico, Termine, Valle, Villaggio Gnutti, Passo del Cavallo (a circa 750 m di altitudine, sul confine con Agnosine ovvero la Val Sabbia).
L'etimologia del nome Lumezzane forse deriva da Lume sano, in relazione all'esposizione al sole dei centri abitati; forse ancora da Mettianae, cioè terra della famiglia dei Mettii; oppure da Lemedane che, dal latino Limitare, significherebbe presidio romano posto al confine del territorio. Infine, per ciò che attiene lo stemma, esso costituisce l'insieme di più segni distintivi. Lumezzane Pieve ebbe infatti come stemma il sole circondato da raggi e Lumezzane Sant' Apollonio Il sole che sorge dietro le montagne. Al cessare del feudo degli Avogadro, Lumezzane Pieve assunse come nuovo stemma quello dei feudatari: scudo d'argento con tre fasce contromerlate sormontato dalla corona. Alla sua nascita Lumezzane San Sebastiano assunse tre spade.
Tre sono le testimonianze certe della presenza romana a Lumezzane: le lapidi della frazione di Pieve, la moneta imperiale rinvenuta a Piatucco e, infine, l'acquedotto Lumezzane - Brescia. Fino all'avvento dei romani non si hanno notizie certe rispetto particolari insediamenti umani, ma i recenti studi portano a supporre che quando i tecnici romani iniziarono l'opera di costruzione dell'acquedotto trovarono senza dubbio stanziamenti di gente di antica stirpe retica. A nord della frazione di Pieve, infatti, è conservato il toponimo "Castello" che non si riferisce nella tradizione locale ad un "castrum" romano ma ad un castelliere preistorico.
Nel IV secolo D.C. hanno inizio le disastrose invasioni dei Visigoti e degli Unni; caduto l'impero romano nel 476 i triumplini e con essi i Lumezzanesi passano sotto il dominio degli Ostrogoti a cui successero i Longobardi ed a questi i Franchi. Alterne vicende caratterizzano la vita della comunità nei secoli; nel 1406 Lumezzane passa ai Malatesta che assegnano l'abitato alla Quadra di Mompiano facendo in modo che il paese graviti così su Brescia mantenendosi indipendente dalla Val Trompia. Nel 1427 Lumezzane diventa Quadra autonoma con l'avvento della Repubblica di Venezia che concede poi il capoluogo a Pietro Avogadro. La famiglia bresciana dominerà su Lumezzane fino al 1797 anno della caduta della Serenissima. A partire dai primi anni dell'Ottocento il paese conosce una graduale ripresa economica e sociale dopo gli anni difficili del dominio degli Avogadro.
Il comune di Lumezzane venne creato nel 1927 dalla fusione di tre comuni fino ad allora autonomi: Lumezzane Pieve, Lumezzane San Sebastiano e Lumezzane Sant'Apollonio.
Lumezzane, prima solamente cittadina, dal 3 ottobre 2012 è diventata ufficialmente città.
Parte fondamentale della differenziazione del dialetto lumezzanese rispetto al resto della provincia è una "h aspirata" al posto della "S" e una specie di "th" all'inglese al posto della "D", uniti ad una cadenza molto caratteristica.
Proverbiali sono la behscia blö (corriera) ol din don baiòc (flipper), din don cadena (calcio balilla) e cahitù che huna (juke box) e molti altri, tra cui il mitologico "Nigutì de le penè róhe", "cicem i goh", "mei odhèl de boh che odhèl de gabbia", hic hac de hoc hec höl höl a hecà a hic franc al hac (cinque sacchi di legna secca sul solaio a seccare a cinque lire al sacco).
La Torre Avogadro è il manufatto architettonico più antico del territorio di Lumezzane, che testimonia la signoria della famiglia Avogadro sul feudo di Lumezzane.
La torre di origine medioevale, che dalla sua posizione domina l'unico accesso alla valle, disponeva anche di un deposito chiamato "Fenaroli" in onore al matrimonio che aveva portato il feudo, nel 1740, ai Fenaroli Avogadro. A metà del novecento sarà sede di una scuola elementare, successivamente sarà trasformata in cornice per iniziative culturali.
L’Osservatorio astronomico Serafino ZANI, voluto dalla famiglia Zani per ricordare il papà Serafino, è ubicato sul colle S. Bernardo di Lumezzane a 830 mt. sul livello del mare ed è sorto per divulgare l’astronomia al pubblico e alle scuole e per favorire le attività degli studiosi del settore.
Nelle escursioni alla ricerca delle bellezze della Città di Lumezzane, ci si imbatte in due fontane poco distanti, ma con una sorte ben diversa l’una dall’altra.
Una, infatti, è più esposta al pubblico e maggiormente conosciuta, mentre l’altra è situata in un luogo più nascosto.
Le fontane sono nate dalla volontà della stessa persona, il Buccelleni, rappresentante di un’illustre famiglia del passato, ma mentre una è sempre circondata da bambini e persone ed ha sempre il marmo lucido, l’altra è in un angolo dimenticato ma è bella come l’altra.
La fontana più conosciuta si trova nel centro storico, la Pieve, della parrocchia di San Giovanni Battista.
Vecchie case affiancate a anacronistici edifici moderni, affiancano la piazzetta dove sorge.
E’ sormontata da un obelisco sulla cui base sono incise queste parole:
" Per tutti a spese di me. Vincenzo Buccelleni- 7 Luglio 1667".
L'altra fontana è in un cortile come tanti altri a Lumezzane, ad aspettare che qualcuno si ricordi di lei.
Vi si accede da un passaggio con il soffitto a volta. La fontana è sotto una tettoia, addossata al muro.
L’acqua sgorgava da due cannelle metalliche, una esiste ancora, lavorata a motivi floreali.
E’ sormontata da una nicchia, dove forse si trovava un’immagine sacra, a protezione del luogo.
Ai lati due piccoli incavi nel muro: forse per posarvi il necessario per lavare.
Sul muretto della fontana troneggia lo stemma dei Buccelleni. Dalla fontana ora non sgorga più acqua ed è all’abbandono.
L’usura del tempo è evidente e una delle poche testimonianze artistiche della Valle Gobbia, esistenti al di fuori delle chiese, rischia di andare perduto irrimediabilmente.
Il grande lavatoio dell'Iris viola era luogo di incontro e di feste chiacchierine. L'acciottolato era tipico di tutte le ripide strade interne agli abitati di Lumezzane. Era nella contrada di Montagnone, in uno slargo allora acciottolato a ridosso del muro con due fori laterali per infilarci “el gambù”, un pezzo di legno curvo al quale appendere i secchi in ferro stagnato, sotto “el santilì” della Madonna con un folto ciuffo di iris viola che, sbucando dal tetto sovrastante, ne decorava il tettuccio.
Renzo è un piccolo borgo ai piedi delle montagne che circondano la Valgobbia.
Fino a qualche anno fa resisteva, con la sua grazia leggera, l'arco del Seicento, che univa due vecchie case della frazione.
Ora non c'è più, questo pezzetto di storia resta solo nella memoria e negli archivi storici.
Nel fondovalle, addossata a vecchie case diroccate, si trova una vecchia ruota in ferro che veniva azionata dall'acqua impetuosa per dare energia al fodhenèt, un'antica officina come ce n'erano tante nella Valgobbia.
Questi macchinari rudimentali erano mossi dall'acqua presa direttamente dal suo alveo naturale, diversamente dai moderni e sofisticati impianti industriali che in molti casi abbisognano del trattamento dell'acqua attraverso filtri e sistemi anticalcare.
Sulla destra, accanto all'albero spoglio, è abbandonata una ruota più piccola, forse appena sostituita da quella più grande e quindi… più energica.
I primi Lumezzanesi che potevano costruirsi una vera casa avevano l'abitudine di far dipingere sui muri un'immagine sacra; chi aveva più possibilità faceva costruire nelle vicinanze della propria abitazione una piccola cappella in onore di un Santo, della Madonna o del Sacro Cuore.
Ancora oggi queste cappelle o santelle sono frequentate dai Lumezzanesi che se ne prendono cura per mantenerle belle nel tempo.
Ogni frazione è devota ad un proprio Santo; per esempio a Gazzolo si onora S. Antonio, al Dosso si onora S. Pellegrino.
Non meno importanti sono le varie santelle sparse per il paese e soprattutto quelle immerse nel verde delle montagne, meta preferita di tante persone che amano pregare da sole nel raccoglimento del silenzio di questi monti.
Una di queste santelle si trova nei pressi di S. Bernardo, monte caro ai Lumezzanesi.
Uno fra i principali coefficienti della fortuna industriale di Lumezzane è stata l'acqua che ha permesso di alimentare le officine locali. Il principale corso d'acqua è il torrente Gobbia che ha corrente propria e continua con un regime costante che ha reso possibile il sorgere, lungo le sue sponde, di numerose officine che sfruttavano l'energia idraulica, l'unica disponibile in origine.
Oggi Lumezzane è una cittadina industriale, con numerose industrie metalmeccaniche e siderurgiche, affiancate da laboratori artigianali che danno alla valle un'impronta dinamica. Tra le nuove costruzioni e i capannoni industriali, però, occhieggiano ancora frammenti della Lumezzane di una volta, quando le giornate erano scandite da ritmi più lenti.
Il terreno su cui Lumezzane sorge appartiene al periodo triassico, quando le alture si elevarono nell'età mesozoica, corrispondente al secondo periodo di assestamento della superficie terrestre.
La valle di Lumezzane è incisa in rocce sedimentarie, prodotto del consolidamento di sedimenti deposti dall'acqua di fiumi, laghi, mari, dal vento e dai ghiacciai.
La valle di Lumezzane era ampia, a fondo piatto, sul quale poi un impetuoso torrente, il Gobbia che dà il nome alla valle, specie in prossimità del versante sinistro, ha agito in profondità sul terreno morenico e poi sui terreni sottostanti, dando alla valle la forma attuale, più stretta dove vi erano calcari e calcari marnosi, e più ampia e con versanti meno ripidi dove il torrente si trovò ad attraversare terreni di argille e di marne.
Incontrata una grande frana, il Gobbia ha vagato spostando il suo alveo sulla destra e alternando periodi di prevalente erosione ad altri di prevalente deposito e ha accumulato alluvioni ghiaiose, rimaste poi sepolte dai detriti franati o comunque scesi dal versante sinistro.
L'intervento dell'uomo, con discariche ed opere murarie, ha costretto il torrente a portarsi tutto a sinistra, confinandolo nel suo alveo attuale.
Il terreno di Lumezzane è composto di dolomie, calcari, arenarie e marne.
Sono principalmente sedimentarie stratificate, di origine marina, documentata dai fossili di animali marini presenti al loro interno.
Pesci ganoidi sono stati trovati a Lumezzane San Sebastiano e nello scavo di Lumezzane Piatucco; alghe calcaree o giroforelle, quasi a formare scogliere madreporiche, si sono rinvenute nella zona del Monte Prealba.
I fossili hanno permesso di dare un età a queste rocce; risalgono al periodo triassico e la loro età è compresa tra i duecentoquaranta e duecentoventi milioni di anni fa.
La dolomia che affiora, aspra e frastagliata, impedisce una vegetazione abbondante.
Oltre i mille metri ci sono rari abeti e pini. La vegetazione è molto folta solo sul lato sinistro e sulle pendici dei monti meridionali è particolarmente diffuso il bosco ceduo con castagno, faggio, quercia, noce, nocciolo, olmo, frassino, corniolo e carpino.
Forse la presenza dei numerosi faggi un tempo ha dato il nome alla frazione di Faidana (faggetana, fagitana, fagus-faggio, valle ricca di faggi).
Un tempo era presente a Lumezzane l'allevamento dei bachi da seta, grazie alla presenza dei gelsi, oggi quasi scomparsi.
Sui monti è possibile ammirare numerosi fiori. La bastionata del Ladino si rivela fonte inesauribile di scoperte in tutte le stagioni perchè, in virtù delle caratteristiche delle rocce calcaree, vi trovano habitat molti fiori di montagna che sono vanto di reputati giardini botanici naturali.
I fiori del Ladino anticipano di qualche mese le fioriture in quota, concedendo il massimo splendore a partire già dal mese di aprile.
A primavera si possono così osservare nei prati la primula, l'aquadegia, il non ti scordar di me; nei boschi cedui crescono il dente di cane, la scilla, il mughetto, l'iris, la peonia che, per le sue dimensioni, è certamente il fiore più sontuoso.
Nelle zone soleggiate prevalgono invece la globulana, la daphne, la genziana e varie orchidee; e sulle rocce si aggrappano gli splendidi ciuffi di primula auricula, comunemente conosciuta in loco come"viola gialla".
Sui versanti a sud si può trovare inoltre l'asfodelo, tipico del Mediterraneo; invece, nei pendii a Nord, persisterà la fioritura dell'anemone primaverile, chiaro residuo d’epoche glaciali.
Con la stagione più calda sbocceranno i gigli martagone, rosso o di S.Giovanni, il lino alpino, il geranio e il garofano selvatico.
E' un elenco parziale dei fiori del Ladino; altri ancora se ne possono scoprire, basta camminare lentamente e guardare con attenzione.
La principale società di calcio del comune è l'Associazione Calcio Lumezzane, fondata nel 1948, che milita in Lega Pro e disputa gli incontri allo Stadio Tullio Saleri.
La squadra di rugby locale è il Rugby Lumezzane, fondata nel 1964, disputa il campionato di Serie A.
A Lumezzane era presente una società di pallacanestro, la Basket Lumezzane, fondata nel 1963 che ha cessato l'attività nel 2009.
È presente anche una società di tennis che partecipa al campionato di serie A2 femminile.
Lumezzane è stata per due volte luogo di arrivo di tappa del Giro d'Italia: nel 1993 con la 15ª tappa, vinta da Davide Cassani e nel 1999 con la 16ª tappa, vinta da Laurent Jalabert.
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