mercoledì 22 luglio 2015

SAN GIOVANNI BIANCO



San Giovanni Bianco è un comune della provincia di Bergamo.
San Giovanni Bianco è uno dei paesi più ricchi di storia e di cultura di tutta la Valle Brembana. La fisionomia architettonica del suo centro storico conserva le testimonianze di un passato che lo vide sempre protagonista delle vicende della Valle. Collocato in posizione strategica, alla confluenza tra il Brembo e l'Enna, il paese si distingue per la fisionomia caratteristica e inconfondibile che gli conferiscono le strette strade, il lunghi porticati, gli antichi ponti e le vecchie case allineate in fregio ai corsi d'acqua e dominate dall'alto dalla maestosa mole neoclassica della chiesa parrocchiale, innalzata nell'Ottocento sul precedente edificio di epoca medioevale. Il paese è diviso in una ventina di frazioni, più o meno consistenti, che fanno corona al capoluogo e sono distribuite in un'ampia conca dominata a nord-ovest dal massiccio del Cancervo (1.750 m) e a sud-ovest dal Ronco (Molinasco 1.100 m) e dal Sornadello (1.550 m), montagne che sono meta abituale di escursionisti non troppe impegnative e piacevoli per la varietà del paesaggio. L'aspetto preminente e' la buona conservazione dell'ambiente, ricco di estesi boschi e prati ben coltivati, dove l'espansione urbana ha interessato solo il capoluogo e le frazioni limitrofe, mentre per il resto del territorio predominano gli edifici tradizionali, spesso ristrutturati senza scapito della fisionomia originaria.
Da sempre il paese è considerato uno dei centri principali dell'intera valle Brembana, e probabilmente vide i primi insediamenti stabili sul territorio già in epoca romana.

Si sa che i Romani si stanziarono nella valle già nel II secolo a.C. ed inclusero il paese, unitamente ai borghi limitrofi, in un pagus denominato pagus brembanus.

Qui sfruttarono le risorse minerarie (principalmente ferro) presenti nei monti circostanti, e crearono numerose vie di collegamento con il vicino pagus Saturnius (posto in Val Seriana), anch’esso con una florida attività estrattiva.

Anche il nome del paese deriva dalla ricchezza mineraria del sottosuolo: infatti se San Giovanni è il patrono del paese, con l'aggettivo bianco si vuole sottolineare la grande presenza di formazioni calcaree di quel colore.

L'attività estrattiva fece la fortuna del borgo che prosperò anche durante il medioevo, quando la zona venne interessata da un crescente sviluppo demografico dovuto alle migliorate condizioni di vita, ma anche all’immigrazione di numerosi nuclei in fuga dalle lotte fratricide tra guelfi e ghibellini.

In queste zone, soggette alla dominazione della famiglia dei Visconti, era notevole l'influenza ghibellina, che tuttavia non provocò alcun tipo di scontro. I commerci vennero favoriti inoltre dalla presenza della via Mercatorum, che collegava il capoluogo con l'alta valle, nonché dalla vicinanza con la val Taleggio, che confluisce proprio all'estremità nord dell'abitato e che offriva la possibilità di raggiungere la Valsassina e la città di Lecco.

Con l’avvento della dominazione veneta i commerci ebbero un ulteriore incremento, anche grazie alla costruzione di un'altra strada, la Via Priula, che collegava Bergamo con il Canton Grigioni e che passava proprio dal centro del paese.

Le principali famiglie del paese allacciarono importanti rapporti con la Serenissima, tanto da rivestire ruoli di primo piano sia nella città lagunare che nel capoluogo orobico. Questa situazione permise anche lo sviluppo di un grande interscambio di manodopera, provocando parecchia emigrazione verso Venezia, dove la manovalanza delle genti brembane era molto apprezzata. La capacità di queste persone di lavorare indefessamente anche a fronte di scarsi guadagni fece nascere l'immagine di Arlecchino famosa maschera, le cui origini sono contese tra Venezia e Bergamo, in grado di soddisfare contemporaneamente due diversi padroni.

In questo periodo il borgo assunse una conformazione ben definita, tanto che ancor'oggi evidenzia la sua struttura originaria, risalente ad un periodo compreso tra il XV ed il XVII secolo.

Gli eventi ed i successivi regimi politici non interessarono più di tanto il paese, almeno fino alla costruzione della ferrovia della Valle Brembana, avvenuta all'inizio del XX secolo, che portò ulteriore sviluppo nella zona.

Questo paese, insieme a Camerata Cornello, fu teatro il 13 luglio 1914 della furia omicida di Simone Pianetti.

Nel 1928, durante la ristrutturazione amministrativa operata dal regime fascista, il comune di San Giovanni Bianco accorpò entro i suoi confini anche i vicini comuni di San Pietro d'Orzio, San Gallo e Fuipiano al Brembo, assumendo così l'attuale fisionomia amministrativa.

Successivamente, con la soppressione della linea ferroviaria, avvenuta nel 1967, la zona conobbe una fase di pesante difficoltà, amplificata da infrastrutture non adeguate all'utenza.

Inserito in un contesto naturalistico di grande spessore, nel bel mezzo della valle Brembana ed adagiato in una conca su cui svettano imponenti cime, tra cui il gruppo del Cancervo, offre ottimi colpi d’occhio e numerose possibilità di escursioni sui monti circostanti, adatte ad ogni esigenza: dal principiante all’utente più esperto ed esigente.

A partire dal 2007 è stata inoltre inaugurata la ciclovia della valle Brembana, che costeggia il corso del fiume Brembo, offrendo lo spunto per passeggiate o gite in bicicletta.

Il borgo conserva inoltre gran parte della sua struttura medievale: a tal riguardo si possono ancora ammirare ponti in stile romanico che attraversano i numerosi corsi d'acqua presenti sul territorio comunale, nonché il percorso della via Priula, recentemente al centro di opere di recupero volte a valorizzarne il percorso.

Nel centro abitato rivestono particolare importanza sia la Piazza Zignoni, dotata di una statua dedicata all'illustre concittadino Vistallo Zignoni, un soldato mercenario vissuto a cavallo tra il XV e XVI secolo al quale si deve la presenza della reliquia della Sacra Spina nella chiesa parrocchiale di San Giovanni. Questa reliquia sarebbe una spina appartenuta alla corona di Cristo, tuttora orgoglio del paese e motivo di profonda devozione popolare.

Nel centro storico è inoltre presente il palazzo Boselli, attualmente adibito a residenza parrocchiale. Edificato nel corso del XV secolo come residenza dell'omonima famiglia, presenta saloni finemente affrescati ed una notevole pinacoteca.

Il territorio è costellato da numerose località, alcune delle quali molto caratteristiche.
In posizione favorevole, al centro di un esteso pianoro si trova Fuipiano al Brembo, che nella varietà delle architetture, ora nobili, ora rustiche, arricchite da logge e balconi, rivela l’origine illustre delle famiglie dei Busi Cariani e dei Cavagnis. Notevole è la piazzetta centrale abbellita da una fontana con bassorilievo bronzeo, dono dello scultore Giacomo Manzù, in memoria della madre, nativa della contrada.
Da segnalare ancora la presenza, nella parrocchiale, di opere di pregio ed in particolare di tre tele del Ceresa. Poco distante, Alino, nella cui chiesa, ai piedi del Ronco, si custodiscono tele di autori diversi, tra cui è apprezzato il Cifrondi, e affreschi dei Baschenis.

Seguendo il tratto iniziale della provinciale per la Valle Taleggio, poco prima dell’imbocco dell’orrido, si raggiunge Roncaglia, contrada caratterizzata dal recente sviluppo produttivo e dal connesso ampliamento del tessuto urbano.Non mancano tuttavia richiami ad architetture tradizionali, soprattutto nei piccoli nuclei che circondano l’abitato principale, quali il Sole, Ronco Polacco, Ronco Matelli, toponimi che ne denotano la caratteristica di luoghi favorevolmente esposti e adatti alle attività agricole.Nella chiesetta in stile neogotico, dedicata a San Francesco e a Maria Ausiliatrice, si conservano alcune tele e sculture di un certo interesse.

Una serie di recenti costruzioni, aggiuntesi al nucleo originario caratterizzano Cornalita, protetta dai crinali del Sornadello ed in posizione ben esposta, attenta a significare l’antica fondazione tuttora ravvisabile nei vecchi rustici e soprattutto nella caratteristica struttura architettonica della chiesa del Corpus Domini, ritenuta la più antica del comune, che conserva all’interno, e soprattutto sui pilastri e sull’abside del portico, un pregevole ciclo di affreschi di epoca quattrocentesca.

Le moderne strade carrozzabili consentono di raggiungere agevolmente la miriade di nuclei abitati, più o meno consistenti, disseminati sul vasto territorio che si estende alla base del Cancervo. E’ tuttavia gratificante seguire le antiche mulattiere, ancora in buone condizioni, teatro per secoli dell’operoso andirivieni di generazioni di contadini e dei loro armenti. Superata l’erta della Corna Albana, lo sperone roccioso che incombe sull’abitato di San Giovanni Bianco, e lasciato sulla destra il borgo di Oneta, si incontrano i Ronchi, il cui nome testimonia della millenaria fatica per dissodare il terreno esposto in pieno sole, terrazzarlo e renderlo coltivabile. Poco più avanti, il Cassino, e poi Capatiglio, contrada viva e operosa, adagiata su un verde pianoro, con le sue case addossate l’una all’altra, le caratteristiche lobbie in legno, i portali in pietra e tutt’intorno un fiorire di moderne villette.
Sulla destra, Sentino e la solitaria chiesa di San Marco, che conserva pregevoli opere d’arte, prima fra tutte la celebre Pietà, capolavoro del Ceresa. Da qui in avanti l’itinerario assume connotazioni diverse: i prati lasciano il posto a fitti boschi di latifoglie, per lo più castagneti, separati da fresche vallette e da dossi terrazzati su cui sorgono i minuscoli nuclei di Costa Lupi, Pradavalle, Foppo, località un tempo piene di vita, ora quasi del tutto spopolate, che conservano nelle strutture cadenti solo l’eco degli abitanti che se ne sono andati da tempo, verso il fondovalle, in cerca di nuove opportunità di lavoro. Più su, seminascosta dalle morbide forme di una collinetta, la Pianca, con le case raccolte in ordine, sotto le rocce nude del Cancervo, quasi in preghiera davanti alla bella chiesa dove la devozione dei fedeli venera la Madonna della Pietà ed invoca la protezione di Sant’Antonio, plasticamente effigiato in una rara scultura lignea policroma.

Appena sopra l’abitato di San Giovanni Bianco, la vecchia mulattiera conduce ad Oneta, dove la tradizione individua la casa natale di Arlecchino. Un pugno di case antiche, alcune delle quali restaurate nel rispetto della struttura originaria, contribuiscono a dare alla contrada un’atmosfera d’altri tempi che si respira pienamente percorrendo le anguste vie porticate, sui cui si affacciano rustici portali in pietra, ballatoi in legno intagliato, strette finestre protette da inferriate. Interessante anche la chiesetta del Carmine, che custodisce alcune tele del Ceresa e vari affreschi: una deliziosa Madonna con Bambino collocata in sagrestia e altri soggetti effigiati sulle pareti dell’austero porticato, tra cui un San Giovanni Battista e un grande San Cristoforo, posto a protezione dei viandanti lungo la via Mercatorum.

La borgata di San Gallo, suddivisa in una miriade di nuclei sparsi a mezza costa.
La parrocchiale dell’Assunta vanta lo splendido polittico quattrocentesco a sei scomparti di Leonardo Boldrini da Murano, raffigurante l’Annunciazione e l’Incoronazione di Maria.
Più avanti si incontra la chiesetta della Trinità, posta sul colle omonimo, tra la quiete e il profumo dei pini, in prossimità di Dossena.

Salendo lungo la mulattiera che ricalca la via Mercatorum, si incontra prima il nucleo antico e ben conservato di Grabbia, patria del Ceresa.
Quindi si raggiunge San Pietro d’Orzio, nella la cui chiesa parrocchiale si possono ammirare, accanto a tre belle tele del Ceresa, una preziosa tavola della fine del ‘400 o di inizio ‘500, raffigurante la Pietà, opera attribuita ad Adolfo Venturi o Andrea Previtali.

La Portiera è una frazione di San Giovanni Bianco, ma si accede da Camerata Cornello (Camerata Bassa), con una carrozzabile che sale per 1 km dalla statale della valle Brembana, posta ad un altitudine di 550 metri s.l.m..

A Costa San Gallo c'è il Santuario della Madonna della Costa dalle eleganti linee barocche, eretto a seguito di prodigiosi e reiterati fenomeni che videro protagonista un’immagine della Madonna.

La Via Mercatorum era una strada medievale che collegava la città di Bergamo con l'alta val Brembana, passando per la bassa val Seriana.

Il tracciato della via Mercatorum partiva a nord della città di Bergamo, lungo la dorsale che saliva verso la bassa val Seriana, toccando i paesi di Alzano con la sua frazione Nese, e Nembro.

Da qui la strada saliva da Lonno a Salmezza, fino a raggiungere il valico di Selvino, proseguendo in quota nel territorio compreso tra Serina (dove ancora oggi una frazione di Costa Serina porta il toponimo di Trafficanti) e Dossena, per poi scendere sul fondovalle brembano a San Giovanni Bianco, fino ad arrivare a Cornello dei Tasso, per un totale di circa 70 km.
Questo tracciato evitava la bassa val Brembana a causa del fatto che tra Villa d'Almè e Sedrina, in località Botta, esisteva una zona a strapiombo sul fiume Brembo che impediva il passaggio a chiunque.

La strada si manteneva per gran parte del percorso ad un'altezza superiore ai 1000-1200 metri s.l.m., anche per evitare spiacevoli incontri con i briganti che infestavano il fondovalle brembano.

Esistevano anche piccole varianti a questo che era considerato il percorso principale: tutte modificavano il punto di inizio della salita, per ricollegarsi tra loro nel fondovalle brembano.

In tal senso in documenti risalenti al XVI secolo si attesta l'esistenza di tratti che da Alzano risalivano a Nese fino alle frazioni Burro, Brumano e Monte di Nese; oppure di una via che raggiungeva l'altopiano di Selvino mediante la valle dell'Albina, in territorio di Albino.

I primi reperti che attestano l'esistenza di questa strada risalgono al 1248 quando, nel documento Statuta Civitatis Bergomi, si fa menzione di un tracciato, utilizzato anche per fini commerciali, che toccava i comuni di Alzano Superiore ed Inferiore e Nembro, risalendo verso l'altopiano di Selvino (per viam antiquam de Selvino).

Ma il documento di maggiore importanza è indubbiamente quello, rinvenuto ad Algua, riguardante un atto notarile del 1392. In questo si attesta, per la prima volta, l'esistenza di una "via dei mercanti" (viam mercadanti), nome utilizzato per indicare questa strada dai principali storici a partire dal XIX secolo.

Un successivo atto notarile (il Calcato di Nembro) del 1445, indica le strade presenti sul territorio di Nembro, indicandone due dirette a Serina, di cui una passante per la frazione Lonno.

La manutenzione della via era garantita da tasse nei confronti dei comuni attraversati dal percorso, come attestato da un documento del 1582.

Il declino cominciò al termine del XVI secolo quando la Repubblica di Venezia costruì la via Priula per migliorare i propri commerci con la Valtellina.
La via Mercatorum però non fu mai totalmente abbandonata, tanto che ancora oggi sono percorribili lunghi tratti di questa strada, a volte addirittura inglobati nella viabilità ordinaria.

Recentemente le amministrazioni locali hanno attuato una nuova politica, volta alla rivalorizzazione dell'antica via dei mercanti.

Sia in val Seriana che in val Brembana infatti, nonostante la parziale sovrapposizione con la viabilità moderna, il tracciato è ben conservato tanto da mantenere le proprie caratteristiche e da essere spesso utilizzato per il transito pedonale. L'intero percorso presenta notevoli itinerari naturalistici, ma permette anche di visitare borghi storici di grande interesse tra cui quello medievale di Camerata Cornello, dove ebbe origine la famiglia dei Tasso, progenitori del moderno sistema postale, e che vide tra le proprie fila esponenti di notevole calibro, tra cui Torquato Tasso.

Già dai primi anni della sua presenza a San Giovanni Bianco la Sacra Spina divenne oggetto di intensa devozione da parte dei fedeli.
La devozione era alimentata anche da periodici fenomeni prodigiosi che riguardavano la reliquia.
La tradizione ricorda infatti il singolare fervore religioso con cui veniva atteso il miracolo della “fioritura” che si verificava ogni volta che il Venerdì Santo coincideva con la data del 25 marzo, festa dell’Annunciazione.
La pietà popolare non si attenuò nemmeno quando nel 1598 la reliquia fu profanata da un ladro, Bernardo Archaini, il quale, penetrato nottetempo in chiesa, sottrasse, assieme ad altri arredi, la preziosa teca nella quale era conservata la Sacra Spina, abbandonando la reliquia sul posto. Catturato e riconosciuto colpevole, il sacrilego fu processato e giustiziato secondo le terribili leggi del tempo.
Superate le conseguenze del tentato furto, il culto della Sacra Spina fu più volte riconosciuto e incoraggiato dall’autorità ecclesiastica. Nel 1648 la reliquia venne collocata nella cappella della Madonna del Rosario e nello stesso tempo venne definito il rituale della sua festa annuale, fissata nella domenica di Passione.
Di pari passo si accentuavano le pratiche di devozione, che coinvolgevano fedeli di tutta la Valle Brembana: le relazioni del tempo concordano nel segnalare lo straordinario concorso di folla che si verificava ogni anno il giorno della festa.
Le cronache rendono inoltre testimonianza di periodiche esposizioni solenni della reliquia, volute dai fedeli in occasione di gravi calamità e attestano un gran numero di grazie ricevute.
Altre date importanti costellano la storia della reliquia: nel 1770 il vecchio reliquiario fu sostituito da quello attuale, più prezioso e di grande valore artistico; nel 1883 il papa Leone XIII autorizzò la Parrocchia a celebrare la messa solenne della Sacra Corona di Spine di Cristo; nel 1885 si registrò il rinnovarsi del fenomeno della “fioritura” di cui si era perduta la memoria dopo il tentato furto del 1598.
Un concorso di popolo senza precedenti si verificò tra il 30 marzo e il 1° aprile 1895, in occasione della celebrazione del IV centenario della traslazione della Sacra Spina a San Giovanni Bianco.
La presenza dell’arcivescovo di Milano, cardinal Andrea Ferrari, dei Vescovi di quasi tutte le diocesi lombarde e di trecento sacerdoti, si accompagnò a quella di oltre 25 mila pellegrini, la maggior parte dei quali era venuta a piedi.
Per l’occasione si provvide anche alla definitiva sistemazione della reliquia nella cappella attuale e all’erezione del monumento a Vistallo Zignoni nell’omonima piazza antistante la parrocchiale.



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