lunedì 20 luglio 2015

ROTA D'IMAGNA



Rota d'Imagna è un comune situato in Valle Imagna.

I primi insediamenti umani presenti sul territorio comunale sono databili all'età del bronzo, come è stato possibile stabilire grazie al ritrovamento di frammenti scheletrici e di suppellettili inseriti in un corredo funerario. Questi reperti, rinvenuti nella grotta dei Polacchi, sono ora conservati presso il museo archeologico di Bergamo.

Le successive epoche non hanno lasciato resti sul territorio, anche se probabilmente vi furono piccoli nuclei abitativi in epoca romana e longobarda.

Queste tesi paiono essere suffragate dal significato etimologico che, secondo alcuni, deriverebbe dalla voce latina rupta, inteso come una via aperta tra ostacoli. Altre ipotesi vedrebbero risalire il significato etimologico dal lemma longobardo Rothar (persona rossa di pelo), che implicherebbe quindi la presenza di genti di stirpe longobarda. Un'ultima interpretazione vorrebbe invece riferire il nome a ruota, elemento compreso anche nello stemma della famiglia Rota, che da qui ebbe origine.

È comunque in epoca medievale che il paese comincia ad assumere una fisionomia ben precisa, tanto da essere citato in documenti ufficiali per la prima volta nell’anno 1151. Composto principalmente dai nuclei di Rota Dentro e Rota Fuori, nonché da svariate contrade, vide imperversare in epoca medievale scontri cruenti, molto più che nelle altre zone della provincia bergamasca, tra guelfi e ghibellini.

Questo per il fatto che la valle Imagna, prevalentemente guelfa, era in netta contrapposizione con l’attigua valle Brembilla, schierata con i ghibellini: in tutta la zona sorsero castelli e fortificazioni, e Rota non fu da meno.

I primi scontri videro prevalere i guelfi, tanto che i ghibellini chiesero aiuto ai Visconti, signori di Milano. Questi riuscirono a sconfiggere gli avversari e ad estendere il proprio dominio sulle valli della zona. Il modo con cui infierirono sugli avversari portò i guelfi a cercare più volte la vendetta con ulteriori uccisioni.

Dopo continui ribaltamenti di fronte il dominio dei Visconti e dei ghibellini fu definitivo, seguito da ulteriori saccheggi nel 1382, nel 1398 e nel 1404. Una leggenda racconta di un raccapricciante episodio avvenuto al termine di quest'ultima battaglia che vide protagonista tale Andrea, abitante di Rota. Fatto prigioniero, venne barbaramente decapitato dalla famiglia Arrigoni, tanto che gli avversari giocarono con la sua testa, facendola rotolare con ripetuti calci.

La situazione si rovesciò quando la zona passò sotto il controllo della repubblica di Venezia che, in contrapposizione con i Visconti, sosteneva lo schieramento guelfo. Seguirono distruzioni nei confronti dei possedimenti ghibellini, mentre i paesi guelfi, tra cui Rota, ebbero un trattamento di favore come citato in documenti dell’epoca:

« I Valdimagnini per la loro integrità della fede e fedeltà alla Repubblica, difendendola contro il Duca di Milano, furono dal Doge con privilegi, grazie e favori arricchiti et onorati »
(Effemeridi di Padre Donato Calvi)
Nel corso degli anni andò acquisendo sempre maggiore prestigio la locale famiglia dei Rota, che si stabilì a Venezia e diede numerose personalità di spicco alle istituzioni lagunari. Altro personaggio di prestigio nato nel paese fu Giacomo Quarenghi, rinomato architetto e pittore vissuto tra il XVIII ed il XIX secolo.

I secoli successivi videro pochi fatti di rilievo coinvolgere la piccola comunità che, forte del proprio isolamento, seguì le vicende del resto della provincia senza parteciparvi in modo diretto.

I comuni di Rota Dentro e Rota Fuori rimasero distinti fino al 1927 quando vennero fusi nella nuova entità amministrativa Rota d'Imagna

Il recente rilancio del turismo ha fatto sì che il paese di Rota Imagna diventasse il principale centro turistico della valle. Questo grazie alla gradevole posizione si possono compiere un gran numero di escursioni adatte ad ogni tipo di esigenza: sia semplici passeggiate che percorsi impegnativi, fino alla possibilità di utilizzare proficuamente la mountain bike.

Giacomo Quarenghi (1744 - 1817), nato a Rota Imagna, fu uno dei più grandi architetti neolassici europei.
Fu chiamato in Russia dall'Imperatrice Caterina II e qui realizzò una innumerevole serie di capolavori archttetonici al servizio della corte zarista e per l'aristocrazia russa del tempo. Fu consigliere di Stato e primo architetto dell'Impero e concorse alla creazione di Pietroburgo, la nuova capitale.

La casa natale è del 1600 e conserva ancora le primitive linee architettoniche. É un edificio austero nel cui interno si trova una piccola cappella. Si trova a Cà Piatone ed è visitabile solo esternamente.

La prima chiesa di Rota Fuori era tra le più antiche di tutta la diocesi, collocata in magnifica posizione su aereo poggio proteso dal contorno dei passi e dei transiti delle falde orientali del Resegone sulla vista della Valle Imagna dispiegata fino all’orizzonte dei colli di Bergamo .
La dedicazione a S. Siro, vescovo di Pavia , è da collegarsi all’insediamento, ai tempi dei primi re di Pavia, di arimannie longobarde poste a difesa dei confini e dei passi verso il nord, dopo la sottomissione del duca ribelle di Bergamo da parte del re Agilulfo e della regina Teodolinda nell’anno 593; ed a tale data fanno richiamo le sculture bronzee alle pile dell’entrata.
Trova riferimenti storici anche la data di fondazione 1353, richiamata dalla iscrizione tardiva sopra il portale centrale, in quanto a quegli anni risale l’annessione del ducato di Bergamo al regno di Pavia con la sconfitta di Rotarit ed il prevalere del culto cattolico su quello ariano col vescovo S. Antonino di Bergamo e le predicazioni dei missionari del vescovo Damiano di Pavia. Si sa che una chiesa in luogo fu affrescata attorno al 1470 da Giovanni figlio di Antonio de’ Marinonibus di Desenzano di Albino ed a questo intervento sono riferibili, per datazione e per stile, gli affreschi riscoperti, con il romanico antico portale, nel rifacimento della facciata sotto il portico di entrata nell’anno 1995. La chiesa consacrata il 10 giugno 1511 da Vescovo Giustino Poliano è descritta da S.Carlo Borromeo, visitatore apostolico il 14 ottobre 1575, “sufficientemente ampia decorata ricca di pitture e con cinque altari “: quello maggiore volto verso oriente Sotto un’ampia cappella a volta e dipinta, a destra l’altare di S. Maria con immagine, e quello a volta con immagine di S. Antonio affiancato da un pozzo a cui si attinge acqua; a sinistra l’altare dedicato a S. Giovanni e, vicino all’ingresso in una cappella spaziosa e dipinta con l’immagine, l’altare di S. Siro. Il cimitero non recintato si trova attorno alla chiesa, il campanile risulta distaccato dalla chiesa presso la casa del parroco a circa 150 passi “assai comoda e con giardino”.  La bella chiesa attuale fu iniziata nel 1724 e compiuta nel 1765. Sul portale laterale è incisa la data 1750; il portale in facciata pure settecentesco è in pietra nera molto ben lavorata; l’arioso portico poggiante su quattro colonne in pietra assai eleganti, con l’arco centrale totalmente pensile, lo si vuole del celebre arch. Giacomo Quarenghi nativo e battezzato in questa chiesa come certifica la registrazione dell’archivio parrocchiale nel 1744. La chiesa fu consacrata il 16 luglio 1861 dal vescovo Pier Luigi Speranza che conferma l’antico titolo di S. Siro vescovo. Nel 1906 vi furono condotti importanti lavori di restauro dall’arch. Emesto Pirovano. Nel 1973 la Poliarte di Verona rinnovò tutte le vetrate su raffinati cartoni di Giacomo Marra e nel 1974 il decoratore Antonio Pasinetti riguadagnava particolare splendore alle tinteggiature ed agli ori dell’interno mentre si ristrutturava il presbiterio secondo le nuove norme liturgiche. Di particolare compimento la solenne posterla in legno e vetri policromi, dono alla parrocchiale del vescovo Giovanni Locatelli nell’anno 1989. Opere di più impegnativa consistenza hanno concluso gli ultimi anni con il rifacimento della estesa copertura del tetto in pietra di Carona nell’ anno 1995, a sostituzione delle antiche ”piode” conservate sul timpano di testa, con il restauro delle facciate e con la coperta in rame della corona dell’attuale campanile che, notevolmente distanziato dalla chiesa, sorge forse su strutture di antico castello e reca otto campane, ricollocate, dopo la requisizione nel 1942 delle precedenti del 1898 e consacrate dal vescovo Adriano Bernareggi il 16 agosto 1951. Sono poi seguiti il recupero ed il restauro degli affreschi esterni ed interni negli anni 1999-2001, ed infine la valorizzazione del magnifico sagrato in acciottolato lavorato di sasso locale, di particolare pregio conservativo degno di abbinamento e contiguità all’ originale pavimentazione in piode  a mosaico dell’interno.

La chiesa di san Gottardo in Rota Dentro si vuole costruita nel 1496.  Eretta parrocchiale il 5 maggio 1591, rimase tuttavia unita con la chiesetta matrice di San Siro in Rota Fuori fino al 1614, anno in cui il vescovo Giovanni Emo decretava la sua piena autonomia.

Il 29 settembre 1947 il vescovo Adriano Bernareggi consacrava il nuovo altare maggiore, dedicandolo a San Gottardo e sigillandovi le reliquie dei santi Pietro e Adriano.

E' una costruzione piuttosto singolare, con tetto fortemente angolato e strana facciata con moderni elementi di pietra di Berbenno.  Notevole il portale in granito serizzo con arco mistilineo.

L'interno è particolarmente carico di decorazioni e di dipinti realizzati da Tarcisio Brugnetti e Silvio Zambelli negli anni 1938-39: essi comprendono le finte architetture , i quattro Evangelisti nella volta del presbiterio, e le medaglie sulla volta della navata che rappresentano la consegna delle chiavi a san Pietro, San Gottardo vescovo, San Giovanni Bosco, S Francesco Saverio in terra di missione.

Nella chiesa ci sono molte tele: quella del Crocifisso con S. Maria Maddalena, una Crocifissione con Santi (entrambe restaurate nel 1939 da Arturo Cividini);una Immacolata; e la pala della Vergine dei Carmelo; una tela di San Francesco d’Assisi e una di Sant’Andrea . La pala di san Gottardo al centro dell’abside è un probabile Carlo Ceresa (m. 1679) ed è stata restaurata nel 1999 assieme agli altri due quadri accanto raffiguranti la vita di San Gottardo. Nella sagrestia un buon ritratto di parroco del 1732.

La Via Crucis è di Gaetano Peverada ed è stata reintegrata, dopo un furto, con cinque stazioni di Tarcisio Brugnetti .

Le statue sono di S. Giuseppe, di S. Rocco, di S. Antonio da Padova, di Maria SS. Vergine del Carmine. L’ambone è stato ricavato da un pulpito della chiesa e porta una medaglia raffigurante Gesù tra i dottori.  Un altro pulpito in legno massiccio porta scolpite statuette di Apostoli, nonché intarsi.

L’altare maggiore fu realizzato nel 1943 da Giovanni Arnoldi su disegno dell’arch. Mario Marenghi. L'altare rivolto al popolo è opera di Carlo Locatelli (di Rota Dentro, morto nel 1998) ed è del 1968.

L'altare del Carmine è in marmo nero con specchiature policromate; Il pavimento è in basalto antico con lapidi funerarie dei 1600/1700.

Il piccolo organo  è un Serassi dei 1849 (di questo, dopo la guerra,  rimase solo la tastiera e alcune canne di legno).

Il severo campanile è dei 1588.  Cinque campane vi furono consacrate .dal vescovo Giacomo Maria Radini Tedeschi il 20 marzo 1909.

La grotta dei Polacchi si trova presso la località Cà Guarinone. In questa grotta vennero fatte notevoli scoperte di carattere archeologico a seguito di alcune campagne di scavo che portarono a formulare l'ipotesi che la grotta fosse stata, nell'antica età del bronzo, un frequentato luogo di culto in cui venivano venerate le divinità delle acque. I reperti, tra cui oggetti in metallo e osso, un rasoio quadrangolare di bronzo, un vaso situliforme e abbondanti frammenti ceramici, sono conservati presso il Museo Archeologico di Bergamo.

Meritano inoltre menzione Ca' Piatone, villa signorile del XVII secolo dotata di archi e portici in pietra a vista, dove nacque Giacomo Quarenghi, e Villa Mazzucotelli con un grande giardino.

Molto caratteristici sono infine il borgo di Chignolo, piccolo nucleo di stampo rurale a cui si accede tramite un sentiero su cui si trova il Ponte del Follo, costruito con una struttura ad unica arcata in pietra.



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