Sembra una scena di guerra: invece è la strage di via d'Amelio di Palermo di 23 anni fa. Quanta cattiveria e rabbia negli esseri umani!!!!!
Il 19 luglio 1992, alle ore 16.58, una Fiat 126 rubata contenente circa 90 chilogrammi di esplosivo del tipo Semtex-H (miscela di PETN, tritolo e T4) telecomandati a distanza, esplose in via Mariano D'Amelio 21, sotto il palazzo dove viveva la madre di Borsellino, presso la quale il giudice quella domenica si era recato in visita; l'agente sopravvissuto Antonino Vullo descrisse così l'esplosione: «Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l'auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l'inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L'onda d'urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c'erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto».
Lo scenario descritto da personale della locale Squadra Mobile giunto sul posto parlò di «decine di auto distrutte dalle fiamme, altre che continuano a bruciare, proiettili che a causa del calore esplodono da soli, gente che urla chiedendo aiuto, nonché alcuni corpi orrendamente dilaniati». L'esplosione causò inoltre, collateralmente, danni gravissimi agli edifici ed esercizi commerciali della via, danni che ricaddero sugli abitanti. Sul luogo della strage, pochi minuti dopo il fatto, giunse immediatamente il deputato ed ex-giudice Giuseppe Ayala che abitava nelle vicinanze.
Gli agenti di scorta ebbero a dichiarare che la via D'Amelio era considerata una strada pericolosa in quanto molto stretta, tanto che, come rivelato in una intervista rilasciata da Antonino Caponnetto, era stato chiesto alle autorità di Palermo di vietare il parcheggio di veicoli davanti alla casa, richiesta rimasta però senza seguito.
"Cosa nostra" nacque nei primi anni del XIX secolo dal ceto sociale dei massari, dei fattori e dei gabellotti, che gestivano i terreni della nobiltà siciliana, avvalendosi dei braccianti che vi lavoravano. Cosa nostra, come tutte le altre mafie, nacque per la scarsa presenza dello Stato sul territorio, ed iniziò ad assumerne le funzioni. Si poneva con violenza quale intermediario fra gli ultimi proprietari feudali e gli ultimi servi della gleba d'Europa e, per meglio esercitare il proprio mestiere, si circondava di scagnozzi. Questi gruppi divennero rapidamente permanenti assumendo il nome di "sette, confraternite, partiti, cosche".
Dalle intercettazioni delle conversazioni in carcere di Totò Riina emerge che il telecomando usato per la strage in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino sarebbe stato piazzato nel citofono dell'abitazione della madre del giudice. Il boss l'avrebbe confidato al detenuto Alberto Lo Russo. Dalle conversazioni fra Riina e Lorusso, molto confuse e difficili da decrittare, non si capisce se l'esplosione dell'autobomba che uccise Borsellino e gli agenti della scorta sia stata provocata dallo stesso magistrato, citofonando all'appartamento della madre, o se ad azionare il congegno, piazzato nel citofono, sia stato, come ritenevano gli investigatori, il boss Giuseppe Graviano nascosto a poca distanza. Nessun pentito ha mai chiarito, finora, chi abbia azionato il telecomando usato per l'eccidio di via D'Amelio. Un mistero lungo 23 anni.
La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
Paolo Emanuele Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992) è stato un magistrato italiano.
Assassinato da cosa nostra con cinque agenti della sua scorta nella strage di via d'Amelio, è considerato uno dei personaggi più importanti e prestigiosi nella lotta alla mafia in Italia, insieme al collega ed amico Giovanni Falcone.
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