La città romana oggi giace completamente sotto l'attuale abitato. Le porzioni del teatro sinora recuperate e il buono stato di conservazione dell'anfiteatro, ancora ben percepibile nei volumi e nell'alzato, ne dichiarano tutta l'importanza locale.
La visita agli scavi è occasione per constatare direttamente quale mutamento la società degli Antichi Camuni si trovò ad affrontare con l'arrivo dei Romani.
Il Parco Archeologico del Teatro e dell’Anfiteatro, aperto dal 2003, è un Istituto di proprietà statale destinato alla pubblica fruizione, creato al fine di tutelare, conservare e valorizzare i resti archeologici del quartiere degli edifici da spettacolo dell’antico centro romano di Civitas Camunnorum.
Il Parco offre un eccezionale spaccato della città antica vantando i resti di un anfiteatro, riportato interamente alla luce nelle strutture perimetrali, e di un teatro, oggi visibile per un terzo del totale. Completano il complesso una serie di strutture e di ambienti di servizio, tra i quali un sacello e delle piccole terme.
La posizione degli edifici è splendida, sia dal punto paesaggistico che funzionale: addossati al colle del Barberino, teatro e anfiteatro si appoggiano al pendio naturale.
Il Teatro fu scoperto nel 1973. Gli scavi hanno evidenziato come l'edificio sia stato costruito con un grandioso sistema di terrazzamento della collina, in un luogo in precedenza occupato da una ricca abitazione, smantellata per fare posto all'edificio pubblico dopo la metà del I sec. d.C. La parte oggi visibile è costituita dai lunghi muri paralleli della porticus post scaenam, vale a dire del porticato retrostante la scena, destinato a luogo di passeggio per gli spettatori nelle pause tra uno spettacolo e l'altro, delle due scalinate d'accesso laterali e dell'ingresso del lato destro.
L'anfiteatro si trova in stretta vicinanza al teatro e fu scoperto casualmente ed inaspettatamente nel 1984 durante i primi lavori di scavo del teatro. L'allineamento dei due edifici risponde ad un unico progetto e li integra in maniera armonica nella griglia regolare della città. Dell'edificio sono conservati la struttura ellettica perimetrale, la tribuna destinata agli spettatori più ragguardevoli e l'ingresso (carcer) per gli animali pericolosi.
Il complesso degli edifici da spettacolo è corredato da un lungo acquedotto che attraversa tutta l'area sovrastante l'anfiteatro e che doveva in origine servire l'abitazione preesistente al teatro e in un secondo momento convogliare acqua ai due edifici da spettacolo.
Ai lati dell'anfiteatro si trovano grandi ambienti di servizio, probabilmente palestra, infermeria e caserma dei gladiatori, un piccolo edificio termale e un sacello. Quest'ultimo, adiacente all'ingresso dell'asse maggiore dell'anfiteatro, ha un alzato conservatosi in maniera straordinaria, con tracce di intonaco affrescato. La parete di fondo ha una nicchia che ospitava in origine la statua di culto, Marte, Ercole o la Fortuna, venerata dai gladiatori e pregata in modo particolare prima del pericoloso ingresso nell'arena.
La prima parte dei lavori, dal 1995 al 1997, inerenti soprattutto l'individuazione, la messa in luce e il restauro di parte del teatro romano e dell'anfiteatro, è stata realizzata grazie ad un finanziamento regionale, in collaborazione con il Comune di Cividate Camuno, la Provincia di Brescia, la Comunità Montana di Vallecamonica, il Bacino Imbrifero Montano.
Negli anni successivi (1998-2002), grazie al finanziamento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali nell'ambito dell'accordo di programma quadro tra il Ministero stesso e la Regione Lombardia sono stati completati lo scavo, la musealizzazione e l'allestimento. Tutte le operazioni sono state eseguite sotto la direzione scientifica della dott.ssa Valeria Mariotti della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia.
Il Parco archeologico offre uno spaccato straordinario della monumentalità e della grandiosità dell'antica Civitas Camunnorum, centro politico e amministrativo della Vallecamonica romana.
Gli edifici da spettacolo, addossati alla collina, ben si inseriscono nella maglia regolare dell'impianto urbanistico romano, con assi stradali ortogonali fra loro, orientati nel rispetto della luogo e secondo l'andamento del fiume Oglio.
Alle spalle del complesso degli edifici da spettacolo, attraverso la collina del Barberino, si raggiunge facilmente il santuario di Minerva in località Spinera di Breno, che rappresentava il principale luogo di culto extraurbano della città. L'area, oggi allestita a Parco Archeologico, è facilmente raggiungibile attraverso un apposito percorso ciclopedonale lungo fiume.
Lungo il fiume, ai piedi della rupe di Santo Stefano, si sviluppava il foro della città, di cui è stato recentemente scavato un settore. Le strutture emerse, riferibili ad una domus di età giulio-claudia su cui si imposta poi un edificio pubblico connesso al foro, sono state restaurate e sono oggi visibili all'interno di un'area archeologica.
Del teatro romano di Cividate Camuno è attualmente visibile circa un terzo del totale delle strutture, sulla base del quale è stata realizzata una ricostruzione grafica dell'edificio nelle sue parti essenziali, evitando di riprodurre particolari non attestati.
Il teatro aveva la cavea appoggiata al pendio della montagna nella parte centrale, mentre le due parti laterali, dette ali, erano costituite da due grandi terrapieni contenuti dai muri perimetrali.
Il terreno era sigillato da grandi gettate sovrapposte in opera cementizia, sulle quali erano disposti i gradini; l’adito era il passaggio che collegava l’orchestra alla versura e permetteva l’accesso alla parte bassa della cavea e ai suoi sedili; era coperto a volta e su di esso si disponeva la parte più a valle dei gradini del teatro.
Il muro a valle dell’adito fu contraffortato con un secondo muro in fase di costruzione della versura o subito dopo, per favorire la stabilità della costruzione. Era possibile entrare sulla scena dalla versura oppure da un corridoio di servizio interno collegato con il postscenio.
L’edificio scenico era invece collegato con l’area antistante tramite due scalinate che permettevano l’accesso alle versurae, mentre due scale più piccole, appena distinguibili, collegavano il postscenio al portico.
Il portico era aperto e presentava una columnatio, di fronte alla quale, sulla piazza, doveva essere posta una fontana nella quale si riversavano le acque provenienti dall’euripo che convogliava le precipitazioni dalla cavea e forse anche le acque dell’acquedotto che correva a monte dell’anfiteatro in direzione del teatro.
Le medesime acque potevano essere utilizzate, all’interno dell’edificio, sia per le fontane che per la creazione di giochi d’acqua.
Il teatro fu realizzato, nella zona della cavea e della versura, in pietre spaccate e malta con paramento in pietre oppure in pietre e ricorsi di laterizio successivamente intonacato. L’edificio scenico aveva anch’esso la struttura in pietre spaccate e malta, ma era rivestito nelle parti verso la piazza di lastre di calcare grigio che costituivano ovunque la pavimentazione, verosimilmente le gradinate per il pubblico e il fronte della scena di cui manca ora qualsiasi elemento.
Dei rivestimenti delle murature sono rimasti in opera pochi resti, mentre solo il pavimento dell’adito si è salvato dalla depredazione a cui fu sottoposto l’edificio poco tempo dopo la fine del suo utilizzo: i suoi elementi strutturali furono infatti ridotti in pezzi e in parte utilizzati per farne calce da costruzione, grazie ad una calcara creata in epoca tardo antica (V secolo d.C.) all’interno del portico del teatro.
L'anfiteatro si trova in stretta vicinanza al teatro e fu scoperto casualmente ed inaspettatamente nel 1984 durante i primi lavori di scavo del teatro. L'allineamento dei due edifici risponde ad un unico progetto e li integra in maniera armonica nella griglia regolare della città. L'anfiteatro fu costruito alcuni decenni dopo il teatro, con una tecnica costruttiva leggermente diversa e per certi versi meno curata nei dettagli.
L'edificio è a struttura piena su terrapieno, appoggiato a monte alla collina e a valle a un terrapieno artificiale realizzato con la terra di risulta dallo scavo dell'arena.
Le strutture sono in ciottoli e pietre spaccate legati da malta ed erano in origine interamente intonacate esternamente, mentre all'interno, il podio dell'arena aveva le murature ricoperte di lastre della stessa pietra grigia usata nel teatro e proveniente da una cava non lontana da Cividate.
Gli ingressi e i posti a sedere erano differenziati a seconda della posizione sociale dello spettatore: la parte a monte conserva una parte delle gradinate in calcare grigio destinate probabilmente agli spettatori più ragguardevoli.
Oltre agli ingressi principali, sull'asse maggiore vi erano tre aperture di servizio: la prima verso sud collega un vano secondario di incerta funzione, la seconda collega un ambiente per animali non pericolosi o luogo di attesa per i gladiatori, la terza, che costituisce un rinvenimento eccezionale e uno dei pochi esempi ancora conservato, identifica il carcer per introdurre nell'arena gli animali pericolosi. L'anfiteatro di Cividate è uno dei pochi che ha conservato il carcer per gli animali pericolosi: si tratta di un ambiente con due corridoi, destinati l'uno agli inservienti, l'altro agli animali. Le bestie venivano "ingabbiate" attraverso un sistema di pali che venivano passati attraverso una serie di pilastri in pietra dotati di fori passanti, che venivano poi sfilati al momento opportuno. Il tipo di carcer di Cividate esclude l'impiego di grossi animali esotici.
L'anfiteatro ospitava i crudeli giochi gladiatori e le venationes che vedevano l'impiego di animali.
L'anfiteatro nella sua interezza doveva avere un'altezza pari a quella della sommità dell'acquedotto che gli corre a monte, tenendo conto che vi doveva essere un muro di somma cavea a coronamento e contenimento dell'ultimo ordine di gradini. Il suo asse maggiore misurava 73 metri, mentre quello minore era pari a 65 metri.
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