Borno è situato su di un altopiano, in una conca montana di formazione glaciale.
È limitato a nord dal gruppo del Pizzo Camino, a sud dal Monte Altissimo, mentre si apre ad ovest sulla Val di Scalve, dominata dalla Presolana, e ad est sul paese di Ossimo e sulla Media Valcamonica con ampia vista sulla catena del Tredenus, il Pizzo Badile, il Frerone ed il colle di San Glisente.
Le montagne che circondano l'abitato sono in maggioranza costituite da formazioni sedimentarie del Trirassico. Gli sconvolgimenti delle stratificazioni hanno avuto luogo ad intersecazioni di strati di ere diverse: marne, argilliti mesozoiche, calcari e calcari dolomitici fessurati, con terreni di media profondità, che si rivelano aridi a causa dell'eccessivo drenaggio. Nelle aree al solivo prevalgono formazioni mesozoiche con marne nerastre, arenarie e calcari marnosi, determinanti la formazione di terreni di media o buona profondità e tendenzialmente fertili. È presente in un'area il fenomeno geologico delle doline.
L'altopiano funge da punto di comunicazione tra la Valcamonica e la Val di Scalve attraverso il passo di Croce di Salven.
Dal punto di vista idrografico l'altopiano è percorso da numerosi corsi d'acqua. I due laghi presenti sono entranbi artificiali: il Lago di Lova, situato a nord di Borno, e il Lago Giallo, che si trova tra il passo di Croce Salven e la frazione di Paline.
L'area di Borno è prevalentemente a carattere boschivo, principalmente costituita da conifere. Si tratta di estese peccete di abete rosso con limitate aree di abete bianco e pino silvestre. È presente, anche se in parte minima, il larice puro. Tra le latifoglie troviamo il tiglio, il faggio, la betulla, il sorbo, la robinia, il noce, il castagno e il ciliegio.
Il sottobosco è caratterizzato dalla presenza di edera, mirtillo, fragola, lampone, mora, ginepro, felce, ontano, sambuco, nocciolo, rovo, e di numerose specie di fiori: la rosa di Natale, il bucaneve, la genzianella, il ciclamino, il mughetto, per citarne solo alcuni. In alta montagna prevale la presenza del rododendro e della stella alpina.
Le doline sono le forme superficiali (o epigee) più caratteristiche del paesaggio carsico, costituito da rocce calcaree. Si tratta di depressioni ad imbuto, a calice, a scodella, con pianta circolare o allungata, il cui diametro può variare da pochi a 500/600 metri.
Il parco delle doline di Croce di Salven si caratterizza per la presenza di depressioni carsiche (dette doline) formatesi in seguito allo scioglimento della roccia calcarea per reazione chimica con l’acqua piovana, resa acida dall’anidride carbonica presente nel terreno e dall’humus. Un fenomeno d’interesse scientifico che certamente merita d’essere osservato: i periodi migliori per visitare il parco sono la primavera e l’estate, quando la neve, ormai sciolta, rende nuovamente visibili le formazioni carsiche.
La vegetazione all’interno delle doline è particolarmente rigogliosa proprio per la presenza di abbondanti sali minerali e la protezione offerta ai semi dalla tipica concavità.
Il percorso dei frutti di bosco è rilassante in primavera per il tepore che fa sbocciare i primi fiori, dirompente in estate quando il forte profumo del fieno ci accompagna col frinire dei grilli; in autunno i colori accecano contro il blu del cielo e avvolgente come abbraccio in inverno.
Il tragitto è ricco di piante da frutto tipiche delle latitudini: troviamo piante di noce, cespugli di nocciole, nespole, lamponi e more.
Il percorso inizia all’inizio del paese. Si incontra subito l’opus quadratum, un’urna cineraria di epoca romana, e si imbocca una stradicciola semipianeggiante che lascia le ultime case del paese e si inoltra tra i prati verso la valle del Pànzen.
Lungo tutto il percorso si possono osservare numerose piantine di fragole, more, lamponi.
Il Percorso della memoria inizia la dalla Chiesetta della Dassa, al cui interno si trova un affresco raffigurante l’incendio di Borno avvenuto alla fine del XV secolo.
Il “percorso dell’acqua” è un itinerario sentieristico che si sviluppa nella zona a sud-ovest dell’abitato di Borno, nell’Altopiano del Sole.
Il Montanarium è un polo espositivo e dimostrativo sui mestieri e sui saperi innovativi delle Alpi ubicato a Borno, presso le superfici dell’ex vivaio forestale, integrato con il centro visitatori della vicina Riserva Naturale del Giovetto, dove è possibile approfondire le tematiche relative alle attività produttive e della cultura rurale caratteristiche del territorio alpino.
La Biblioteca del bosco è una piccolissima struttura situata in punto suggestivo e panoramico del bosco, sempre aperta, che raccoglie un’antologia di brani letterari che narrano di boschi e degli uomini che ci vivono, “per leggere di boschi, stando nel bosco”.
La Riserva Regionale dei Boschi del Giovetto nasce nel 1983, ma già in precedenza questa zona aveva destato l’interesse dei ricercatori, a causa della presenza di una particolare specie di formica. Il territorio su cui si estende la Riserva parte dal Comune di Borno e sale da 1200 m. di altitudine fino a 2300. L’area protetta è di 650 ettari, quasi completamente ricoperti da abeti rossi, e popolati da varie specie di animali: volpi, faine, scoiattoli, lepri, caprioli e diversi tipi di uccelli. Ma l’animale più interessante è un insetto particolare: la formica rufa. La Riserva del Giovetto è la prima area in Europa ad aver creato un ambiente di protezione per queste formiche, che svolgono una funzione di difesa del bosco, contrastando l’attività di specie dannose all’ecosistema. La formica rufa è preziosa per l’equilibrio biologico del bosco, al punto che alcuni formicai (che possono contenere da 200.000 a 500.000 esemplari) vengono esportati in zone in cui non sono presenti.
La facciata della Torre dei Re, posta a nord del lungo caseggiato, si presenta come una serie di muri contigui che, per l'utilizzo dello stesso tipo di pietrame e della medesima tecnica costruttiva, appare come un muraglione uniforme. Soltanto nella parte centrale della muraglia, prima della facciata che presenta un ridotto barbacane alla base, si scorgono file di pietre più grosse e ben allineate, disposte all'incirca fino a metà altezza della facciata, che fanno supporre si trattasse di una costruzione più solida e più antica rispetto alle porzioni di caseggiato antecedenti e susseguenti.
È ipotizzabile che questa parte centrale costituisse una torre difensiva visto che è posta su un dosso roccioso sottostante lo spiazzo che, prima dell'attuale parrocchiale, ospitava la cappella di S. Martino da cui dominava tutta la vallata sud d'ingresso al paese.
La Torre dei Pagà è collocata in prossimità della Piazza, nel tratto iniziale di Via Vittorio Veneto, un tempo Via Toresela (toponimo derivato dalla torre stessa), nella seconda metà degli anni '80, dopo una completa demolizione e rifacimento ex novo, si è tramutata in un falso storico e architettonico.
Misurava circa 8 m. in altezza e m. 8 x 8 alla base, mentre lo spessore dei muri raggiungeva il metro. La sua denominazione deriva dal cognome della famiglia Pagani, una delle ultime proprietarie della torre.
Il lato nord, che si affaccia su Via Veneto, presenta a piano terra una vetrina espositiva, al primo piano due finestre e una terza finestra al secondo piano. Un'altra vetrina e due finestre, una per piano, sono state ricavate anche sul lato sud, opposto a quello stradale.
La Torre dei Barète è inserita in un isolato di caseggiati, un tempo estrema periferia ovest dell'abitato bornese.
In origine la struttura sorgeva isolata, solo più tardi si sono addossati altri corpi di fabbrica, tuttavia trovandosi proprio di fronte alla torre dei Sagrestà poteva costituire parte del sistema difensivo all'ingresso del paese. Si distingue dai caseggiati attigui per la diversa dimensione delle pietre impiegate nella costruzione.
All'interno le pietre sono squadrate, grandi e l'angolo è a bisello, mentre all'esterno il muro che si affaccia su via Vittorio Veneto, ha pietre grezze e sbozzate con il metodo a ribassino solo agli angoli.
Attualmente la torre supera i 5 m. d'altezza, ma viste le misure della base di m. 7 x 7 si suppone che in origine fosse più elevata.
I resti della Torre dei Sagrestà non sono visibili dall'esterno della via omonima, ma solo dalla corte interna, dalla quale si scorge solo la facciata posta ad oriente che, a sud, è contigua alla casa e, a nord, fa angolo con il muro di un'altra abitazione.
La torre misura oltre 5 m. in altezza e m. 6 x 6 alla base. Non si conosce la data di costruzione, tuttavia se fosse coeva alla torre dirimpettaia dei Barète risulterebbe assai probabile che le due torri costituissero l'ingresso fortificato del paese.
Torrione Montanari è ubicato nel centro storico, in una posizione strategicamente importante poiché controlla il transito di Via S. Fermo e di Via Trieste, attualmente è inglobato nell'edificio denominato "Casa delle Suore". Dato che i muri delle facciate sud ed est (costruiti con conci di arenaria, granito e pietre calcaree di grandezza decrescente man mano che si sale nelle parti più alte) presentano uno spessore doppio rispetto a quelli delle rimanenti, si pensa che anche in passato doveva avere un edificio adiacente che proteggeva i due lati più deboli.
In origine, dunque, poteva essere sorto come casa-torre o come fortilizio appartenente a signorotti locali. Il torrione è alto circa 8 m. e misura m. 6 x 6 alla base. Sia il portone d'ingresso sia il balconcino del secondo piano sono realizzazioni più recenti (XVII-XVIII sec.) e sicuramente in origine tale ingresso non esisteva.
Quasi certamente il torrione era in comunicazione visiva con le altre torri del centro storico. Databile intorno ai secoli XII-XIII ha subito notevoli rimaneggiamenti nei secoli successivi. Dapprima di proprietà della famiglia Montanari, nei primi decenni del secolo XIX venne utilizzato dai frati francescani, poi divenne di proprietà della famiglia Dabeni che, trasferitasi nel Piano di Borno, lo affittò. Verso la fine dell'800 fu adibito ad albergo e dopo un periodo di abbandono (in cui secondo la tradizione bornese divenne la Casa degli Spiriti), nell'anno 1909 venne recuperato dalle suore Dorotee di Cemmo che, unitamente all'edificio adiacente, ne fecero una nuova sede della loro congregazione.
La torre detta degli Agnellini è ubicata nel centro storico in una posizione di mezza costa e su terreno in declivio. È incorporata nella casa dei Romalge che si trova anch'essa in posizione strategica in quanto controlla le due vie sopra menzionate.
Misura 8 m. in altezza, 7 m, di fronte e quasi 8 di lato. Dall'interno è visibile parte della facciata ovest. La muratura esterna è costituita da grossi conci in calcare e granito lavorati grossolanamente a bugnato. Dalle dimensioni dei conci all'estremo superiore è ipotizzabile che la torre fosse più alta.
Costruita in epoca medioevale XII-XIII secolo, faceva parte del sistema difensivo del paese (baluardo verso la Valle di Scalve) e si collegava al borgo del "castello".
La Torre dei Michéi è inglobata in un piccolo isolato costituito da più edifici di proprietà della famiglia Miorini soprannominati appunto "Michéi". La posizione non sembra strategicamente importante, la via però si trova sulla direttrice per il Lago di Lova.
Misura più di 4 metri in altezza e metri 5 per 5 alla base: è la più piccola delle torri del paese. Non si hanno notizie storiche specifiche sulla torre, tuttavia sulla spalla del portale d'ingresso della cantina adiacente si trova scolpita un'aquila imperiale che richiama il dominio milanese sulla Valcamonica.
Villa Guidetti è circondata da due splendidi parchi in cui, accanto a specie botaniche di elevato interesse naturalistico, è facile imbattersi in colonne, fregi e capitelli, testimonianza della vivacità culturale che, fin dalla sua fondazione, contraddistingue questo luogo.
Il visitatore che giunge a Borno, percorrendo la strada provinciale nonché crono-scalata Malegno-Ossimo-Borno, al bivio per Ossimo superiore volgendo lo sguardo verso Borno alla sua sinistra, potrà osservare meravigliato e compiaciuto l’eccezionale e unico polmone verde ubicato all’interno dell’abitato.
Questa macchia verde imponente e rigogliosa è il parco inferiore di “Villa Guidetti” che sviluppa, su un’area di circa 12.000 mq., alberi e arbusti cresciuti folti ed austeri grazie ad un naturale habitat di clima e di esposizione alla luce del sole, che li ha arricchiti per varietà di specie e di colore.
Appena si varca la soglia d’ingresso alla “Villa Guidetti”, di pregevole gusto architettonico edificata tra il 1927 e il 1937 da Piero Guidetti nativo di Brescia, il parco superiore vasto circa 5.000mq. e diviso per mezzo di Via Creppi di sotto dal parco inferiore, accoglie l’ospite con la piacevole ombra e protezione dei suoi alberi centenari, alpini e non oltre che da frutto.
Passeggiando per i vicoli e lasciando scorrere lo sguardo, si ha come l’impressione che a Borno il tempo si sia fermato: stele con incisioni dell’età del Rame, resti di necropoli romane, fortilizzi e torrioni medievali, palazzi e caseggiati sei-settecenteschi; e ancora, chiese ed edicole, testimoni della religiosità popolare locale ed espressione artistica di tutto rispetto.
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Casa Rivadossi è del XV secolo e seguenti con loggiato ornato da eleganti decorazioni e riportante una meridiana a numerazione araba, presenta una struttura portante in muratura continua in pietra e malta, pilastri intonacata completamente. Orizzontamenti in muratura legno, solaio piano a volta a botte copertura con struttura lignea e manto in coppi, pavimentazioni interne cotto legno pietra e ceramica, pavimentazioni esterne in pietra.
Nel centro storico, Borno, conserva ancora intatti edifici di antica origine e pregiati particolari architettonici, testimonianza di un’arte antica che aveva raggiunto alti livelli.
Tra questi, si affaccia sulla Piazza Giovanni Paolo II, il bel Palazzo Franzoni, con la data 1690 incisa su un pilastro del portico e dal bel portale seicentesco con lo stemma della nobile casata dei Federici.
In realtà, si tratta di un’abitazione rustica, probabilmente edificata sui resti di un’antica fortificazione. Al suo interno, di particolare pregio sono la fontana esagonale in pietra di Sarnico con maschera per il doccione, databile XVI-XVII secolo, e la colonnina in pietra calcarea raffigurante una maschera di fattura popolaresca.
Ballatoi in legno, antiche loggette, portali che, socchiusi, fanno intravedere fontane e cortili dal fascino antico; passeggiando per i vicoli e lasciando scorrere lo sguardo, si ha come l’impressione che a Borno il tempo si sia fermato.
Oggi palazzo Franzoni, riporta nella chiave d’arco del portale (del XVII secolo) uno stemma con camoscio rampante.
L'Ex Albergo Franzoni è decorato da moderni affreschi (che ricordano la leggenda di S. Fermo) e da una meridiana con motto. Le graziose loggette ed il portico della facciata retrostante sono del XV secolo.
Casa Bassi con affaccio sia sulla Piazza che sulle vie Don Pinotti e Fonte Pizzoli, il cui portale d’accesso al cortile reca la data 1503.
La piazza si allarga attorno alla fontana, del XVII secolo, realizzata in pietra di Sarnico e caratterizzata da una vasca principale a forma ottagonale che raccoglie gli zampilli che scendono dalle bocche di mascheroni posti a decorare le due vasche minori.
Nella Valle Camonica romana, l’abitato di Borno era uno dei centri più importanti, anche grazie alla posizione strategica, a controllo della via di collegamento con la Val di Scalve. Le restituzioni più importanti sono una necropoli ed un edificio di culto nell’area dell’ex Villa Baioni, in via Marconi, da cui derivano numerosi e preziosi oggetti di corredo (anche in oro ed argento) oggi esposti al Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica (Cividate Camuno); a Borno, del periodo romano, restano oggi visibili alcuni elementi architettonici murati all’esterno della Chiesa di S. Fiorino e un’epigrafe funeraria sulla facciata di una casa privata nel centro storico. Nella località Laghetto Giallo infine le tracce di un imponente scarico di laterizi romani testimoniano la pratica di attività artigianali, forse legate ad una fornace produttiva.
Borno rivela le sue origini più antiche nei ritrovamenti di siti cerimoniali con stele e massi incisi che si distinguono per importanza nell’intero arco alpino.
Si tratta di reperti provenienti da siti cerimoniali dell’età del Rame (IV/III millennio a.C.) oggi esposti presso il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane (Capo di Ponte).
Di tali testimonianze, a Borno, resta solo il frammento di stele incastonato nel muro esterno di un’abitazione.
La Chiesa parrocchiale santi Giovanni Battista e Martino fu realizzata fra il 1771 ed il 1781, le volte e l’altare maggiore sono decorate da dipinti di Sante Cattaneo di Salò (1780-1781). Pregevoli le tele di Lattanzio Quarena (1829) collocate su due altari laterali, il ligneo settecentesco Cristo morto della bottega dei Fantoni e il paliotto, pure settecentesco, dello scalvino Giuseppe Piccini.
L’edificio attuale della Canonica, ristrutturato alcuni decenni fa, presenta un porticato realizzato con colonne quattrocentesche in pietra di Sarnico, provenienti da un edificio demolito in piazza Roma. Inoltre nel lato che si affaccia sulla Chiesa Parrocchiale è stata inserita una lapide che riporta la data 1347.
La Chiesa di S. Antonio da Padova è l’edificio più antico presente sul sagrato, costituito da un insieme di strutture, erette e modificate in diversi periodi storici. All’interno della graziosa Chiesa di S. Antonio di Padova (XV secolo) si conservano testimonianze pittoriche fra le più antiche di Borno: le raffigurazioni cinque-seicentesche di Santi e la suggestiva lunetta affrescata da Callisto Piazza da Lodi (“Sacra Conversazione”, Madonna e Bambino tra i Santi, 1528 circa ).
Gli ospiti di Borno in inverno hanno la possibilità di praticare lo sci alpino, da discesa e di fondo, nonché il pattinaggio su ghiaccio.
A Borno si trova una piccola stazione sciistica, situata sul versante nord del Monte Altissimo. Nonostante la quota non elevata (950-1700 metri) l'esposizione nord delle piste permette alla neve di conservarsi per tutta la stagione, anche grazie ad un impianto di innevamento programmato. Caratteristica principale della località è di essere interamente immersa in un bosco di abeti, ciò favorisce la sciabilità anche in caso di brutto tempo e scarsa visibilità.
La gastronomia del territorio della Vallecamonica è ricca e varia: sono sapori antichi quelli proposti da trattorie e ristoranti locali; elaborazioni culinarie semplici e genuine che attingono alla tradizione.
Tra i primi piatti gli immancabili “casoncelli”, ravioli ripieni di carne e verdure e altri ingredienti, tagliatelle, maltagliati, talvolta con farina di castagne, gnocchi, minestre d’orzo e trippa.
Tra le carni lo stracotto d’asino, la carne salata, le salsicce dette “strinù” e i salumi di puro suino. Non mancano conigli, pollame e selvaggina, lepri e cinghiali.
Oltre alla carne, il pesce di fiume di lago, talvolta essiccato secondo metodi tradizionali. La polenta di mais o di grano saraceno è il contorno per eccellenza di molti secondi piatti così come i funghi, porcini e finferli su tutti, che si trovano in abbondanza nei boschi dell’Altopiano.
L’allevamento di bovini, caprini e ovini garantisce la produzione di ottimi formaggi. La varietà è davvero sorprendente: formagelle, “silter”, “casolet”, ricotte, “fatulì”, “bagoss” e caprini, naturali o aromatizzato con erbe.
Nelle zona del lago Sebino, ad una quota ideale, viene prodotto un olio dalle importanti caratteristiche così come nella zona dell’Annunciata, poco distante da Borno.
Da apprezzare i diversi tipi di pane, bianco o di segale, e i dolci, semplici e genuini; “spongade”, biscotti e torte con farina di castagne. Una menzione particolare va fatta per i due dolci tipici di Borno, il Bosolà e la Chisòla, che sono gli unici due prodotti ad aver ottenuto la De.C.O. (denominazione di origine comunale) a Borno.
Non mancano vini IGT, liquori e grappe, classiche o aromatizzate con bacche, frutti di bosco, erbe alpine o miele.
L'8 agosto vigilia di San Fermo si tiene festa con falò e fiaccolata;la leggenda dei tre fratelli eremiti Fermo, San Glisente e Cristina. Pellegrinaggio al santuario sul monte con discesa in notturna con fiaccole. Protezione del bestiame.
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